• Non ci sono risultati.

ARGOMENTI ERMENEUTICI E COMPARATIVI NELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE EUROPEO

CAPITOLO II RAPPORTO TRA LE CORTI: ARGOMENTI ERMENEUTICI E COMPARAT

7. ARGOMENTI ERMENEUTICI E COMPARATIVI NELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE EUROPEO

Nonostante le diversità che le due Corti hanno nell’operare concretamente, il loro agire è spinto da un obiettivo comune quale la necessità di mettere in relazione il modo di intendere i diritti fondamentali rispetto ai valori e ai principi posti a fondamento della Costituzione. Nel fare ciò la Corte edu si avvale, attraverso l’attività comparativa, di un catalogo scritto di diritti lasciando un margine di discrezionalità agli Stati, mentre la Corte dell’U.E. ha introdotto tra i suoi obiettivi la tutela dei diritti fondamentali contemperandola con la salvaguardia degli obiettivi dei Trattati, delle specificità dell’identità costituzionale della Comunità, successivamente, Unione europea. Ciò che accomuna le due Corti è senza alcun dubbio l’orientamento ermeneutico sottostante il loro operato.

Nella prima fase della loro giurisprudenza le Corti consideravano la diversità ordinamentale come un fatto accertabile oggettivamente per poi considerarla come una valutazione, frutto di un’analisi comparata dei diversi significati normativi emergenti.

Quando si riflette sull’uso interpretativo della comparazione ci si riferisce alle condizioni affinchè una certa soluzione possa entrare a far parte dell’ordinamento cui il giudice dovrà fare riferimento. Autori come Betti e Saleilles puntano la loro attenzione sull’aspetto dell’adattamento del diritto alle soluzioni proposte dal diritto straniero e/o comparato; tale adattamento incontra e risente delle difficoltà provenienti dall’integrazione materiale e formale del diritto. Per Saleilles si tratta di trovare la compatibilità del diritto straniero con le condizioni di esperibilità tecnica di una certa soluzione, mentre per Betti si tratta di trovare la coerenza ermeneutica tra la massima di decisione straniera e l’ordinamento della lex fori: per entrambi gli autori il problema della massima di decisione non si ferma di fronte agli aspetti di una compatibilità formale tra le norme, ma va oltre risolvendo problemi legati alla coerenza, all’adeguatezza e alla pertinenza della soluzione straniera con l’intero ordinamento interno.

Anche la nozione di «società democratica» con il passare del tempo muta significato in quanto passa da essere intesa come un luogo ideale in cui poter valutare eventuali limiti da apporre ai diritti fondamentali a assumere il valore di cornice in cui includere i valori accolti dalla Convenzione. Inizialmente per la Corte edu la <<società democratica>> racchiudeva i contenuti che provenivano dall’indagine comparativa considerato il margine di apprezzamento lasciato agli Stati; successivamente serviva per valutare tali risultati alla luce della sostenibilità o meno delle soluzioni da parte degli Stati aderenti. E’ solo di recente che tale nozione assume il ruolo di quadro

fondamentale di riferimento dell’argomentazione comparativa ed è proprio su di essa che i giudici di Strasburgo «movimentano i richiami ai diritti degli Stati membri, contribuendo così ad alimentare una dialettica che vede nella costruzione di significati condivisi dagli stessi la premessa per la definizione di uno standard di tutela». Ciò permette alla Corte di valutare le prassi nazionali che continuamente e ripetutamente si formano nei diversi Stati nel corso del tempo: tale nozione funge sia come criterio di stabilizzazione delle prassi all’interno degli Stati sia come funzione di orientamento interpretativo, di eterointegrazione basata sulla comparazione nel rispetto dei valori presenti nei singoli ordinamenti e nella Cedu. Inizialmente le tradizioni costituzionali comuni e la Cedu venivano utilizzati in chiave anti- comparativa individuando i limiti entro cui potessero avvenire sia la creazione di nuovi diritti fondamentali sia il rafforzamento della tutela già esistente attraverso una compatibilità sistematica con i principi presenti nei Trattati. L’attività di comparazione, operata dal giudice al fine di decidere un caso specifico, è orientata in base al fine da raggiungere, per emettere una sentenza giusta. Su questo orientamento si inserisce il pensiero di Tullio Ascarelli144 in riferimento al rapporto tra interpretazione e comparazione che, seppur strettamente legate all’interno delle argomentazioni dei giudici, seguono due strade epistemologiche diverse: l’interpretazione è un’operazione intellettuale legata al dover essere, mentre la comparazione, come scienza pratica, riproduce l’essere del diritto considerando le norme nella loro effettività e non come premesse per l’applicazione al caso concreto. La Corte di Strasburgo e la Corte di Lussemburgo non hanno elaborato un unico metodo di interpretazione comparativa, ma di sicuro tendono a individuare la finalità da perseguire con la comparazione: colmare le lacune dei vari ordinamenti attraverso delle massime di decisione che siano mezzi di unificazione tra i vari Stati e criteri su cui fondare un giudizio equo. Questo perché il metodo comparativo e interpretativo devono essere sempre funzionali alla realizzazione degli obiettivi prefissati dalle Corti. Il giudice, preso atto dei dati normativi, prima di effettuare una loro valutazione oggettiva, deve attribuire un senso a tali dati; successivamente sceglie di dar prevalenza a una parte o a un interesse elaborando la costruzione di una pretesa oggettiva. Respinta una visione formale e/o qualitativa dell’argomentazione comparativa, gli argomenti non debbono andare a coincidere con i margini di autonomia degli ordini giuridici e/o con il rapporto conflittuale che una simile dialettica può

Cfr., T. ASCARELLI, Prefazione agli studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, Milano, Giuffrè, 1925;

144

T. ASCARELLI, Premesse allo studio del diritto comparato, in Saggi giuridici, Milano, Giuffrè, 1949; T. ASCARELLI,

L’idea di codice nel diritto privato e la funzione dell’interpretazione, in Saggi giuridici, Milano, Giuffrè, 1949; T.

ASCARELLI, Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, Milano, Giuffrè, 1952; T. ASCARELLI,

innescare, né con la consapevolezza che le soluzioni devono lasciare aperta la strada a un confronto derivante da altri modi di intendere i diritti fondamentali. Il nuovo diritto comune possibile, che non rescinde il suo legame con la tradizione classica del ius commune e si serve di tecniche dialogiche della ragione, in cui la capacità di controvertere, di selezionare e di valutare le soluzioni diverse - se resta affidata a un’ermeneutica comparativa consapevole della complessità dei quadri di riferimento e di rigore con cui deve adottare le proprie scelte - si misurerà proprio sul grado del consenso che è in grado di ottenere nei vari uditori coinvolti e non solamente sul rispetto di esigenze sistematiche. All’interno del dialogo tra i giudici nazionali, sovranazionali e europei, in effetti, c’è chi lo intende come capacità di favorire una globalizzazione dei valori giuridici e politici che sono alla base dei diritti fondamentali e chi sostiene che tale rapporto sia del tutto eccezionale non incidente sul riconoscimento dei diritti nei diversi ordinamenti.

8. IL RAPPORTO TRA INTERPRETAZIONE E COMPARAZIONE GIURIDICA PER LA

Outline

Documenti correlati