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CAPITOLO IV LA CONFISCA DEI BENI NELLA DOTTRINA E NELLA GIURISPRUDENZA NAZIONALE E SOVRANAZIONALE

2. LA CONFISCA URBANISTICA E LA CORTE EDU

Per quanto attiene al diritto penale l’articolo 7, comma 1, Cedu sancisce il principio di legalità attribuendo al concetto di pena un significato autonomo rispetto a quello previsto per gli illeciti e per le sanzioni penali dal diritto interno. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha elaborato un concetto autonomo di pena per assicurare la piena effettività dei diritti sanciti dagli articoli 6 e 7 della Convenzione, non fermandosi a definizioni di tipo formale o nominalistico‑394. La nozione di

pena, anche se è rimessa alla discrezionalità del Giudice europeo, deve rispettare i principi di irretroattività e di legalità , favorendo sia l’accessibilità della norma e della relativa 395

giurisprudenza sia la possibilità per il cittadino di prevedere, al momento della commissione del reato, le conseguenze sanzionatorie . 396

Articoli 2 e 3 della Legge 24 novembre 1981, n. 689.

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Corte di Cass., 26 giugno 2008, n. 37472.

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Si tratta di un criterio ermeneutico coerente con la giurisprudenza europea, ma anche della necessità di inserire

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nell’ordinamento interno gli standard comuni introdotti dalla decisione quadro 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005 del Consiglio dell’Unione europea, relativa alla confisca dei beni, strumenti e proventi di reato.

Sulla base delle differenze del sistema delle fonti tra ordinamenti di common law e di civil law il principio

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richiamato non richiede la presenza di una norma scritta, ma fa riferimento al diritto e non soltanto alla legge, comprendendo sia il diritto scritto che quello non scritto.

Cfr., E. NICOSIA, Convenzione europea dei diritti dell’uomo e diritto penale, Torino, Giappichelli, 2006, pg. 171.

A conclusione diversa è giunta la Corte europea dei diritti dell’uomo, che inquadra la confisca urbanistica tra le sanzioni penali alla luce di un nuovo e autonomo concetto di pena, al fine di garantire una maggiore tutela prevista dagli articoli 6 e 7 della Convenzione. Dalla lettura del paragrafo 1 dell’articolo 7 Cedu si evince che per valutare l’esistenza di una pena occorre verificare: se la misura imposta sia a seguito di una sentenza di condanna per reato; la natura e lo scopo della misura; la sua qualificazione nel diritto interno o dalla giurisprudenza; le relative procedure per la sua adozione e l’esecuzione nonché la sua gravità e grado di afflittività. Ciò si rinviene in due pronunce dei giudici di Strasburgo, rispettivamente del febbraio e del giugno del 1995 , in cui viene ribadito il potere della Corte di andare “al di là delle apparenze” e valutare 397 398

essa stessa se una data misura costituisca o meno una pena ai sensi della norma. Dall’applicazione di tale criteri la Corte è giunta alla conclusione secondo cui la confisca in questione è una vera e propria sanzione penale applicabile in forza dell’articolo 7 Cedu. In seguito a tali pronunce, la Corte ha elaborato uno statuto europeo della confisca, in cui si rinvengono dei principi minimi che un provvedimento di confisca deve rispettare. Sulla base di una valutazione autonoma del concetto di pena, il Giudice europeo ha stabilito che le misure rientranti nella categoria delle pene devono essere poste in ossequio ai principi di irretroattività, se sfavorevoli al reo; di presunzione di innocenza ; del giusto processo e di legalità, ossia riconoscere al cittadino la possibilità di 399

accedere alla norma o alla giurisprudenza e di poter prevedere, al momento della commissione del fatto, le relative conseguenze sanzionatorie. Il principio di legalità, nel sistema Cedu a metà strada tra i sistemi di civil law e di common law, non richiede necessariamente la presenza della norma scritta, dal momento che l’attività della Corte non si lega al concetto più ristretto di “legge”, ma al concetto più ampio di “diritto”: l’articolo 7 Cedu si riferisce, quindi, sia al diritto scritto che a quello non scritto . E’ importante notare, inoltre, che il principio di legalità e il principio di 400

irretroattività costituiscono un momento di collegamento tra la giurisprudenza della Corte di Strasburgo e quella della Corte di Lussemburgo sotto tre profili: l’estensione di tali principi al di là degli illeciti e della nozione di pena presente nel diritto interno; l’applicazione di tali principi al

Corte eur. dir. uomo, 09/02/95, Welch c. Regno Unito; 08/06/95, Jamil c. Francia; in dottrina Cfr. A. BERNARDI,

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Commento sub articolo 7 Convenzione europea dei diritti dell’uomo…, in Bartole- Conforti- Raimondi, Commentario alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Cedam, 2001, p. 272.

Cfr., M. PANZARASA, Confisca senza condanna? Uno studio de lege data e de iure condendo sui presupposti

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processuali dell’applicazione della confisca, in Riv. it. dir. e proc. pen., fasc. 4, 2010, p. 1672.

Corte europea dei dir. uomo, sez. I, 25/09/08, Paraponiaris c. Grecia.

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E’ a partire dalla sentenza resa sul caso Sunday Times c. Regno Unito del 26 aprile 1979 che la Corte utilizza una

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nozione europea di legalità che comprende sia il diritto di origine legislativa quanto il diritto di origine giurisprudenziale.

diritto giurisprudenziale; la previsione della legalità non più circoscritta alla norma, ma estesa alle fonti legali e alla relativa giurisprudenza.

3. L’INTERPRETAZIONE DELL’ARTICOLO 44, COMMA 2, DEL D.P.R. 380/01 TRA GIUDICI INTERNI E GIUDICI DI STRASBURGO

In riferimento all’interpretazione della disposizione in esame, in tema di interpretazione sistematica prevista dall’articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, il significato della disposizione normativa deve essere attribuito non guardando alla norma singolarmente nel suo significato letterale, ma inserendola all’interno del sistema ordinamentale, prendendo come riferimento i principi costituzionali e quelli del diritto internazionale e sovranazionale espressi dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Ciò come conseguenza del carattere aperto del nostro ordinamento che impone al giudice di interpretare le norme in modo conforme a quanto interpretato dai giudici di Strasburgo e, ove ciò non fosse possibile, sollevare questione di legittimità costituzionale della norma stessa, così come interpretata dal diritto vivente. In riferimento all’interpretazione conforme a Costituzione dell’articolo 44, comma 2, d.p.r. 380/01, la Corte di Cassazione riconosce il valore vincolante dei principi sanciti dalla Convenzione, secondo l’interpretazione data dalla Corte edu. Tale orientamento è ribadito anche dalla Consulta che, con le sentenze gemelle e, a seguito degli orientamenti consolidati nella nostra giurisprudenza, riconosce l’importanza del nuovo articolo 117, comma 1, della Costituzione avente la funzione di colmare la lacuna circa l’esistenza del parametro costituzionale che conferisce l’obbligo per il legislatore di rispettare le norme della Cedu, rendendo possibile un rinvio mobile alla norma individuata di volta in volta per dare contenuto agli obblighi generali internazionali evocati . La Cedu, quindi, non è un insieme di obblighi e di diritti reciproci 401

assunti dagli Stati contraenti, ma è un sistema di tutela uniforme dei diritti fondamentali, la cui interpretazione è attribuita, inizialmente, ai giudici nazionali lasciando ai giudici di Strasburgo l’interpretazione centralizzata della Cedu che, a norma dell’articolo 32, comma 1, della Convenzione, è competente per tutte le questioni di interpretazione e di applicazione della

Cfr., R. CONTI, La Corte dei diritti dell’uomo e la Convenzione europea prevalgono sul giudicato e- sul diritto-

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Convenzione e dei suoi Protocolli . La Corte costituzionale, qualora sia sollevata questione di 402

legittimità costituzionale rispetto al primo comma dell’articolo 117 della Costituzione per contrasto insanabile in via interpretativa tra norma interna e norma Cedu, deve accertare l’esistenza del conflitto normativo e verificare che le norme della Convenzione garantiscano un livello di tutela almeno equivalente rispetto a quello garantito dalla Corte Costituzionale: questo alla luce del bilanciamento tra accordi internazionali e natura della Costituzione . A seguito di ciò, la Corte 403

costituzionale, avendo rilevato che in base al diritto vivente la confisca possa essere applicata a norma dell’articolo 44, primo comma, TUE, ha riconosciuto a tale misura natura penale trovando, quindi, applicazione quanto disposto dall’articolo 7 della Convenzione per cui nessuno può essere condannato per un’azione o per un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno ed internazionale con conseguenza che non può esservi confisca per l’imputato assolto, per estinzione del reato né per i terzi estranei al reato. Secondo la Corte, quindi, tale misura è di natura penale sia perché, a differenza di altre misure, non implica l’esecuzione di attività materiali sullo stato dei luoghi, producendo la privazione della proprietà dei trasgressori e non, sia perché la funzione di supplenza del giudice penale ha natura eccezionale presupponendo sempre una espressa disposizione di legge, non potendo essere estesa a altre ipotesi di contravvenzioni edilizie non espressamente previste . 404

La Convenzione differisce dagli accordi internazionali, la cui interpretazione è rimessa alla Parti contraenti salvo, in

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caso di controversia, la composizione del contrasto mediante negoziato o arbitrato.

Come osserva la Cassazione nella sentenza n. 349/07 il nuovo testo dell’articolo 117, primo comma, Cost. serve a

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colmare una lacuna che, in armonia con le costituzioni degli altri Paesi europei, si collega ai principi già presenti nel testo costituzionale che garantivano l’osservanza, da parte dello Stato, degli obblighi internazionali. Il parametro dell’articolo 117 Cost. impone non solo il rispetto delle norme internazionali, ma anche il rispetto degli altri parametri costituzionali nel caso di norme nazionali incompatibili con le norme Cedu e con gli obblighi internazionali. Ciò dà vita a un rinvio mobile alla norma convenzionale.

L’ordinanza in questione distingue le fattispecie previste dall’articolo 31 e dall’articolo 44 del d.p.r. 380/01: secondo

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l’articolo 31 il giudice penale può disporre la demolizione del bene, ma non la confisca, quest’ultima intesa come conseguenza non dell’illecito urbanistico, ma a tutela dell’ottemperanza all’ingiunzione a demolire evitabile con la spontanea ottemperanza. (Tar Lecce Puglia, III, 6 giugno 2008, n. 1658, in “Foro amm. Tar”, 2008, 6) mentre nell’articolo 44 il giudice penale, accertato il reato di lottizzazione abusiva, non è vincolato alle scelte della Pubblica Amministrazione avendo un potere autonomo, senza nulla prevedere circa la demolizione dell’opera abusiva, pronunciandola in caso di assoluzione, tranne per la formula «perché il fatto non sussiste», nei confronti dei terzi estranei al reato.

4. IL BILANCIAMENTO TRA TUTELA DEL TERRITORIO E DIRITTO DI PROPRIETA’

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