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LE MISURE DI PREVENZIONE E LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO La Corte europea dei diritti dell’uomo inquadra la confisca antimafia tra le misure di prevenzione e

CAPITOLO IV LA CONFISCA DEI BENI NELLA DOTTRINA E NELLA GIURISPRUDENZA NAZIONALE E SOVRANAZIONALE

6. LE MISURE DI PREVENZIONE E LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO La Corte europea dei diritti dell’uomo inquadra la confisca antimafia tra le misure di prevenzione e

non tra le sanzioni penali, altrimenti dovrebbero applicarsi le garanzie e le regole tipiche del processo penale, previste dall’articolo 7 Cedu, incompatibili con il sistema delle misure di prevenzione. Le misure di prevenzione, anche i per i giudici di Strasburgo, hanno natura e funzione distinte dalle sanzioni penali: mentre queste ultime tendono a sanzionare la violazione di una norma penale e sono subordinate all’accertamento di un reato e alla colpevolezza dell’imputato, la misura di prevenzione non presuppone un reato e tende a prevenire la commissione da parte di soggetti ritenuti pericolosi . Per la Corte, la confisca antimafia rientra tra quelle misure, non 250

necessariamente a carattere penale, necessarie e adeguate alla protezione dell’interesse pubblico. Proprio per questo la Corte ha ribadito la differenza tra misure di prevenzione e sanzione penale alla luce della loro natura e della loro funzione: la sanzione penale tende a sanzionare la violazione di una norma penale ed è subordinata all’accertamento di un reato e alla colpevolezza dell’imputato mentre le misure di prevenzione non presuppongono la commissione di un reato e tendono a prevenire la commissione da parte di soggetti ritenuti pericolosi . La Corte europea ha ben 251

delineato le caratteristiche delle misure patrimoniali (sequestro e confisca) <<finalizzate a impedire un uso illecito e pericoloso per la società di beni la cui provenienza legittima non è stata dimostrata >>. Alla Corte è ben chiara la ragione delle misure patrimoniali, fondate su 252

“presunzioni di fatto o di diritto”, cui la Convenzione non vi si oppone in via di principio, essendo assicurata una garanzia giurisdizionale effettiva. Inoltre, la misure di prevenzione della confisca antimafia è una misura necessaria e adeguata per la protezione dell’interesse pubblico non rientrante tra le sanzioni penali perché non rispondente ai tre criteri precedentemente individuarti dai giudici di Strasburgo per classificare una sanzione penale (la qualificazione nel diritto interno; la natura della sanzione e severità della sanzione) . Secondo la Corte edu l’ingerenza nel godimento del 253

diritto al rispetto dei beni, garantito dal primo comma dell’art. 1 Protocollo I, secondo cui <<Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale>>, è consentita dal secondo comma che lascia agli Stati il diritto di adottare <<quelle leggi che giudicano necessarie per disciplinare l’uso dei beni in relazione

Corte eur. dir. uomo, sent. 22 feb. 1994, caso Raimondo; dec. 15 giugno 1999, caso Prisco.

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Corte eur. dir. uomo, 22 febbraio 1994, caso Raimondo c. Italia; dec. 15 giugno 1999, Prisco.

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Corte eur. dir. uomo, sent. 5 luglio 2001, Arcuri c. Italia.

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Corte eur. dir. uomo, 8 giugno 1976, caso Engel.

all’interesse generale>>, desumendosi l’interesse generale dall’obiettivo di <<impedire un uso illecito e pericoloso per la società di beni la cui provenienza lecita non è stata dimostrata >>. 254

L’ingerenza degli Stati non è ritenuta dalla Corte sproporzionata al legittimo scopo perseguito, consistente in una politica di prevenzione della criminalità per la cui attuazione il legislatore deve avere ampio margine di manovra sia sull’esistenza di un problema di interesse pubblico, che richiede una normativa, sia sulla scelta delle modalità applicative di quest’ultima. Tale ingerenza va valutata tenendo conto che <<il fenomeno della criminalità organizzata ha raggiunto, in Italia, dimensioni davvero preoccupanti. I guadagni che le associazioni mafiose ricavano dalle loro attività illecite danno loro un potere la cui esistenza mette in discussione la supremazia del diritto nello Stato. Quindi, i mezzi per combattere questo potere economico possono essere indispensabili per poter efficacemente combattere tali associazioni >>. Riferendosi alle misure di prevenzione 255

la Corte Edu ha sempre richiamato l’articolo 6 della Convenzione- in materia di giusto processo- , nella parte civile, tenuto conto dell’oggetto patrimoniale . Per la loro applicazione ha affermato 256

alcuni principi secondo cui: non è compito della Corte conoscere degli errori di fatto o di diritto assertivamente commessi da un organo giudiziario interno, salvo nel caso e nella misura in cui essi potrebbero aver leso i diritti e le libertà tutelati dalla Convenzione; l’ammissibilità delle prove dipende essenzialmente dalle norme del diritto nazionale e spetta in linea di principio ai giudici interni, in particolare ai tribunali, di interpretare tale legislazione.

Da non dimenticare, dunque, è il monito- sempre più insistentemente lanciato dalla Corte Edu- secondo cui non bisogna abbandonare il canone del giusto processo per giustificare in tutti i modi la lotta ai fenomeni criminali.

Il ruolo della Corte è limitato alla verifica della compatibilità con la Convenzione degli effetti di tale interpretazione. E, per quanto attiene il procedimento di applicazione delle misure, la Corte pone in evidenza due aspetti, uno formale e l’altro sostanziale. Sul piano formale il controllo ha ad oggetto la sussistenza di una garanzia giurisdizionale effettiva, ossia verifica che: la parte sia stata rappresentata da un avvocato di fiducia, abbia partecipato alla procedura, abbia avuto la possibilità di presentare le memorie e i mezzi di prova necessari per tutelare i suoi interessi e che la procedura si svolga in contraddittorio dinanzi ai tre organi di giudizio. Sul piano sostanziale verifica che: i giudici italiani non fondino il propri convincimento sulla base di semplici indizi, ma che accertino e

Corte eur. dir. uomo, sent. 22 feb. 1994, caso Raimondo; dec. 4 sett. 2001, caso Reila; 5 luglio 2001, caso Arcuri;

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sent. 5 gen. 2010, caso Bongiorno; dec. 6 lug. 2011, caso Pozzi; dec. 17 mag. 2011, casi Capitani e Campanella. Corte eur. dir. uomo, sent. Bongiorno e decisione Arcuri c. Italia.

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Corte eur. dir. uomo, Arcui c. Italia; Riela e altri c. Italia; dec. Bocellari e Rizza c. Italia.

valutino oggettivamente i fatti esposti dalle parti in riferimento alla partecipazione del proposto ad associazioni di tipo mafioso; gli aspetti patrimoniali; la disponibilità di risorse finanziarie sproporzionate rispetto alle entrate del soggetto, nonché le relazioni intercorse tra le persone coinvolte.

La Corte europea si è pronunciata anche per le garanzie attribuite ai terzi nel procedimento di applicazione di misure di prevenzione, non riscontrando la violazione dell’articolo 6 Cedu. Dalle argomentazioni della Corte si ricava che l’ingerenza dello Stato nel godimento dei beni della persona sottoposta a misura di prevenzione non è sproporzionata rispetto al legittimo scopo perseguito, tenuto conto della discrezionalità che gli Stati hanno quando disciplinano “l’uso dei beni conformemente all’interesse generale”. Ciò in riferimento ai terzi che hanno potuto partecipare al procedimento e vedere tutelati adeguatamente i loro interessi.

7. L’ISTITUTO DELLA CONFISCA NELLA COMPARAZIONE TRA UNIONE EUROPEA E

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