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L’ISTITUTO DELLA CONFISCA NELLA COMPARAZIONE TRA UNIONE EUROPEA E CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

CAPITOLO IV LA CONFISCA DEI BENI NELLA DOTTRINA E NELLA GIURISPRUDENZA NAZIONALE E SOVRANAZIONALE

7. L’ISTITUTO DELLA CONFISCA NELLA COMPARAZIONE TRA UNIONE EUROPEA E CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

Il modello della confisca senza condanna è stato ripreso anche in Europa da alcuni documenti quali: la risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 che, al punto 8 prevede <<l’utilizzo 257

efficace di strumenti quali la confisca in assenza di condanna, con l’attenuazione dell’onere della prova sull’origine dei beni in possesso delle persone condannate o imputate per i reati connessi alla criminalità organizzata e la confisca nel caso di intestazione dei beni a terzi>>;

Nella risoluzione del Parlamento europeo del 2011, vi è l’auspicio dell’adozione di una vera e propria actio in rem nella lotta alla criminalità organizzata. L’invito rivolto agli Stati è quello di elaborare norme per l’utilizzo efficace degli strumenti della confisca, anche in assenza di condanna; l’attenuazione dell’onere della prova sull’origine dei beni, in seguito alla condanna di una persona per reati gravi, compresi quelli attinenti a fenomeni di criminalità organizzata; per consentire il sequestro e la conseguente confisca nel caso di intestazione di beni a terzi. La direttiva contiene, inoltre, anche una nozione più estesa di provento di reato in modo da includere la possibilità di confiscare non solo i proventi diretti, ma tutti gli utili valutabili, anche indiretti, che derivano dai proventi di reato. Questo orientamento è stato ripreso dalla Corte di Cassazione italiana che, nella decisione Miragliotta stabilisce che <<l’indiretto profitto…., siccome frutto di reimpiego da parte

Cfr., A. BALSAMO C. LUCCHINI, La risoluzione del 25 ottobre 2011 del Parlamento europeo: un nuovo

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del reo del denaro o di altre utilità direttamente ottenuti dai concussi, nei limiti in cui fosse possibile tracciare il legame causale tra i diretti profitti e gli utili derivati ”, anche se solo un 258

anno dopo esclude la confiscabili degli utili, restringendoli ai soli surrogati. La direttiva impone, 259

all’articolo 4, l’adozione di <<misure necessarie per poter procedere alla confisca totale o parziale dei beni che appartengono a una persona condannata per un reato laddove, sulla base di fatti specifici, l’autorità giudiziaria ritenga molto più probabile che i beni in questione siano stati ottenuti dal condannato mediante attività criminali analoghe, piuttosto che da attività di altra natura >>. Riferendoci alla natura delle attività poste in essere, la direttiva non intende fare 260

riferimento allo stesso tipo di attività, bensì alla stessa gravità o gravità analoghe nei confronti dello stesso bene tutelato o beni omogenei.

La proposta di direttiva non prevede alcun limite temporale per l’accertamento dell’eventuale correlazione temporale tra il momento dell’acquisto dei beni e i reati per i quali il soggetto è stato condannato, o tra le attività illecite e i reati accertati.

L’articolo 5 introduce la “confisca senza condanna” statuendo che <<Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per poter procedere alla confisca dei proventi e strumenti di reato in assenza di una condanna penale a seguito di un procedimento che, se l’indagato o l’imputato avesse potuto essere processato, avrebbe potuto portare a una condanna penale>>. La direttiva prevede l’applicazione dell’actio in rem solo per quelle situazioni in cui non si può precedere in personam perché ad esempio il reo è deceduto, è affetto da malattia permanente o quando la fuga o la malattia non consente di agire in tempi ragionevoli. Non è una vera e propria actio in rem ma un procedimento autonomo da applicarsi quando non si può procedere con quello in personam. La confisca antimafia prevista dall’ordinamento giuridico italiano soddisfa quanto richiesto dalla Direttiva, andando addirittura oltre estendendo il campo di applicazione della misura.

L’articolo 6 fa riferimento alla confisca nei confronti dei terzi, la cui applicazione prevede il soddisfacimento di due requisiti: il requisito oggettivo, ossia che “i proventi di reato o i beni siano trasferiti a titolo gratuito o in cambio di un importo inferiore al valore di mercato del bene” e il

Corte di Cass. Sez. Unite, 6 marzo 2008, n. 10280.

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Corte di Cass. Sez. Unite, 25 giugno 2009, n. 38691.

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In riferimento alla “natura dell’attività” compiuta dal soggetto, il giudice dovrebbe ritenere che il soggetto abbia

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compiuto altre attività della medesima natura che non riesce a provare ai fini della condanna, ma dalle quali il soggetto ha tratto i proventi del suo patrimonio. Il legislatore presume che il soggetto abbia svolto la medesima attività, o simili, in maniera continuativa, pressoché professionale accumulando nel tempo quei cespiti patrimoniali consolidati nel suo patrimonio non riconducibili al reato oggetto di condanna. Cfr. A. M. MAUGERI, La proposta di direttiva UE in

materia di congelamento e confisca dei proventi del reato: prime riflessioni, in Diritto penale contemporaneo, 2/2012,

requisito soggettivo che il terzo deve essere consapevole dell’origine illecita dei beni e, se si tratta di origine lecita, del fatto che vengono trasferiti per sottrarli alla confisca, oppure che, in mancanza di tale consapevolezza, si deve trovare in una situazione di incauto affidamento nel senso che una persona ragionevole nella sua stessa posizione avrebbe sospettato, in base a circostanze e fatti concreti, dell’origine illecita dei beni oppure, nel caso di altri beni, che erano trasferiti al fine di evitare la confisca. Spetta al terzo provare la sua buona fede e il suo affidamento incolpevole, nonché la mancanza di collegamento tra il proprio diritto e l’attività illecita del proposto.

L’articolo 7 prevede il congelamento dei beni da confiscare, che deve essere confermato dall’autorità giudiziaria, al fine di garantire la loro confisca conto le operazioni poste in essere dall’interessato di dispersione, occultamento o trasferimento dei beni prima della decisione dell’autorità giudiziaria.

L’articolo 8 prescrive il diritto di informare prontamente l’interessato per potergli garantire l’esercizio del diritto di difesa. Nel caso di applicazione dell’articolo 7, poiché il provvedimento può essere emesso inaudita altera parte, spetterà all’autorità competente, successivamente all’adozione della misura, darne tempestiva informazione all’interessato.

La proposta della Commissione europea del 12 marzo 2012 relativa “al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione Europea” per contrastare la criminalità organizzata privandola dei suoi proventi a livello transnazionale. Viene riconosciuta la necessità di inserire la misura della confisca senza condanna riconosciuta dai giudici di Strasburgo nel rispetto del principio di proporzionalità e dei delle garanzie procedurali, anche nei confronti dei terzi, al fine di “obbligare i criminali a modificare le loro pratiche e rendere, così, più difficile l’occultamento dei beni”.

La risoluzione adottata dal Parlamento europeo il 23 ottobre 2013 sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di danaro, raccomandazioni in merito ad azioni e iniziative da intraprendere invita gli Stati membri ad adottare modelli di confisca senza condanna nel quadro del diritto civile. Precisamente, stabilisce che <<nei casi in cui sulla base di elementi di prova disponibili e subordinatamente alla decisione dell’autorità giudiziaria, possa essere stabilito che i beni in questione derivano da attività criminali o siano impiegati per svolgere attività criminale>> (punto 27) ; <<nel rispetto delle garanzie costituzionali nazionali e fatti salvi il diritto di proprietà e il diritto di difesa, possono essere previsti strumenti di confisca preventiva applicabili solo a seguito di decisone dell’autorità giudiziaria>> (punto 28); chiede alla Commissione una proposta legislativa che possa disporre le misure operative per rendere efficaci i provvedimenti di sequestro e di confisca adottate dalle autorità giudiziarie italiane e dagli Stati membri in ambito civile. Nel 2013

sono stati avanzati degli emendamenti proposti nella Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni al Parlamento europeo, per modificare alcuni articoli, o parte di essi: in particolare modo ci riferiamo agli articoli 1 e 7 ter.

La Corte europea dei diritti dell’uomo riconduce la confisca antimafia tra le misure di prevenzione e non tra le sanzioni penali perché altrimenti si snaturerebbe la natura di tale istituto e si richiederebbe l’applicazione di principi e di garanzie tipiche del processo penale. A detta dei giudici di Strasburgo le misure di prevenzione non possono essere paragonate alle sanzioni penali per diversi motivi perché: mentre le prime non presuppongono un reato, ma evitano la commissione dello stesso le seconde, per poter essere applicate, richiedono l’accertamento di un reato e la colpevolezza del soggetto che lo ha commesso ; sono misure necessarie e adeguate all’interesse pubblico e non 261

possiedono i requisiti individuati, precedentemente, dalla Corte Edu per qualificare una sanzione penale, ossia la qualificazione nel diritto interno, la natura della sanzione e la severità della sanzione . La Corte edu, dunque, affermando i principi contenuti nell’articolo 1 Protocollo 262

addizionale alla Convenzione prevede l’ingerenza nel godimento del diritto al rispetto dei beni è resa possibile dal secondo comma che prevede che gli Stati possano adottare <<quelle leggi che giudicano necessarie per disciplinare l’uso dei beni in relazione all’interesse generale”, desumendosi tale interesse dallo scopo di impedire “un uso illecito e pericoloso per la società di beni la cui provenienza lecita non è stata dimostrata >>. L’ingerenza degli Stati, secondo la 263

Corte, è proporzionata in quanto posta per evitare il dilagarsi del fenomeno della criminalità organizzata; per tale motivo agli Stati è riservato un margine di apprezzamento sia sulla valutazione del problema in relazione alla tutela dell’interesse pubblico sia sulla esigenza o meno di una normativa per disciplinare le modalità di applicazione delle misure di prevenzione. Per far fronte alla necessità di ridurre l’aumento della criminalità organizzata la confisca in questione è considerata uno strumento indispensabile per combattere le associazioni mafiose . Prima di 264

dichiarare la violazione dell’articolo 1 Protocollo 1, prima parte del §1, che sancisce il principio di pacifico godimento dei propri beni occorre verificare se la privazione risponde ai requisiti indicati nella seconda parte del §1 (la conformità alla legge, la quale deve essere precisa, accessibile e che si

Corte eur. dir. uomo, sent. del 22.2.94, caso RAIMONDI; dec. 15.6.99, caso PRISCO.

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Corte eur. dir. uomo, sent. 8.6.76, caso Engel.

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Corte eur. dir. uomo, sent. 22.2.94, caso Raimondi; dec. 4.9.01, caso Riela; 5.7.01, caso Arcuri; 5.1.10, caso

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Buongiorno; dec. 6.7.11, caso Pozzi; dec. 17.5.11, casi Capitani e Campanella. Corte eur. dir. uomo, dec. Arcuri e sent. Bongiorno.

possano prevedere le conseguenze); il rispetto dei principi di diritto internazionale; bilanciamento tra interesse pubblico e interesse individuale; se lo Stato abbia previsto un intervento conformemente all’interesse generale per cui occorre una base legale; un interesse generale che giustifichi la regolamentazione e la proporzionalità tra il fine e la necessità invocata. Il parametro della proporzionalità, ossia di un giusto equilibrio tra esigenze collettive e esigenze individuali, è forse il parametro che assume più rilevanza nella tutela dei diritti fondamentali dell’uomo. L’applicazione di tale parametro alla confisca antimafia fa discendere l’interesse generale a che la proprietà dei beni del proposto non continui a produrre, a costui o all’associazione, vantaggi a danno della collettività. E’ su questa base che i giudici di Strasburgo hanno considerato legittimo, proprio perché non sproporzionato, il sacrificio del diritto di proprietà. Afferma la Corte edu che <<la misura controversa rientra nell’ambito di una politica di prevenzione della criminalità e ritiene che, nell’attuazione di tale politica, il legislatore debba avere un ampio margine di manovra per pronunciarsi sia sull’esistenza di un problema di interesse pubblico che richiede una normativa che sulla scelta delle modalità applicative di quest’ultima >>. Allo Stato è riservato un ampio 265

potere nel disciplinare i presupposti della confisca in tutti i casi in cui tra gli interessi generali emerge la prevenzione alla criminalità, che rappresenta lo scopo per cui vengono applicate le misure di prevenzione.

8. L’ISTITUTO DELLA CONFISCA NELLA COMPARAZIONE TRA CONVENZIONE

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