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LA CONFISCA ANTIMAFIA: NATURA PREVENTIVA O SANZIONATORIA

CAPITOLO IV LA CONFISCA DEI BENI NELLA DOTTRINA E NELLA GIURISPRUDENZA NAZIONALE E SOVRANAZIONALE

13. LA CONFISCA ANTIMAFIA: NATURA PREVENTIVA O SANZIONATORIA

Nello scenario giuridico italiano si è molto discusso, e in parte ancora si discute, sulla natura giuridica della confisca come misura di prevenzione patrimoniale. In dottrina e in giurisprudenza si è molto dibattuto se la confisca in esame dovesse rientrare tra le sanzioni penali o tra le misure amministrative; il dibattito è alimentato anche dalla spinta che si è avuta sia dall’Unione Europea sia dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo . In dottrina sono state elaborate 318

diverse tesi sulla natura preventiva o sanzionatoria della confisca di prevenzione. In diverse

Spetta alla pubblica accusa l’onere di dimostrare la disponibilità in capo all’indiziato dei beni intestati a terzi, sulla

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base di elementi di prova. Nel caso in cui i parenti riescano a superare la presunzione, provando di aver acquistato i beni - a titolo gratuito o oneroso- si procederà, tranne se in malafede, nei confronti di altri beni di valore equivalente rispetto a quelli acquistati sempre che gli stessi siano sproporzionati o di origine illecita e che nel patrimonio del proposto ci siano altri beni con queste caratteristiche.

Cass., Sez. Un., 7 maggio 2013, n. 10532.

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La Corte Edu, difatti, in numerose sentenze ha fissato regole e canoni applicativi, fissando i principi minimi di

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occasioni, si è affermato la natura preventiva dell’istituto in esame, ponendo in risalto la funzione di neutralizzare la situazione di pericolosità <<derivante dal permanere della ricchezza nelle mani di chi la utilizza per produrre altra ricchezza e perpetuare l’attività delinquenziale >>. Altra parte 319

della dottrina afferma la natura sanzionatoria o ibrida in considerazione degli effetti che provoca, parlando di sanzione amministrativa o penale. Sulla natura giuridica di tale misura la dottrina è ancora divisa. Un primo orientamento sostiene che la confisca debba essere considerata unicamente come misura di prevenzione a carattere patrimoniale, con la finalità di interrompere il legame tra il soggetto e il suo patrimonio essendo, quest’ultimo, causa di ulteriore pericolosità . Secondo un 320

altro orientamento il procedimento di prevenzione può essere classificato a doppio binario, sulla base della precedente normativa che prevedeva l’applicazione congiunta di misure personali e patrimoniali dove le prime rispondevano a esigenze preventive mentre le seconde a esigenze afflittive coincidendo, in questo modo, con delle vere e proprie sanzioni . Tale tesi, oggi, non può 321

essere presa in considerazione per il fatto che è venuto meno il vincolo di applicazione congiunta tra le due misure e, difatti, un recente orientamento della Corte di Cassazione prevede che, venuto meno il legame tra le due misure, “il venir meno, per eventi successivi, dell’accertata pericolosità sociale del prevenuto, non ha influenza alcuna sulla confisca del patrimonio a lui riconducibile e ritenuto frutto o reimpiego delle sue attività illecite” inoltre <<la predetta misura, pur se applicata nell’ambito del procedimento di prevenzione, non ha natura di provvedimento di prevenzione, ma costituisce una sanzione amministrativa diretta a sottrarre in via definitiva i beni di provenienza illecita alla disponibilità dell’indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, equiparabile, quanto al contenuto e agli effetti, alla misura di sicurezza prevista dall’art. 240, secondo comma, c.p. >>. Parte della giurisprudenza sottolinea la funzione sanzionatoria della confisca di 322 323

prevenzione mentre altra parte è divisa in due orientamenti: il primo richiede la presenza di una <<correlazione temporale tra gli indizi di carattere personale e l’acquisto, dovendosi verificare se i beni siano entrati nella disponibilità del proposto non già anteriormente, ma successivamente o almeno contestualmente al suo presunto inserimento nel sodalizio criminoso >>; per il secondo 324

Cfr., G. FIANDACA, voce Misure di prevenzione (profili sostanziali), in Digesto delle Discipline Penalistiche, vol.

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VIII, Torino, 1994, 123. Ibem.

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A. GIALANELLA, Il punto su misure di prevenzione patrimoniali e tutela dei terzi: nuovi passi della lunga marcia

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verso un orizzonte di riforma, CD, n. 1-2, 2002. Cass. pen., sez. II, 14.03.2012, n. 21894 (rv. 252829).

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Cass. pen., sez. I, 15.06.2005.

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Cass. pen., sez. I, 04.07.2007, n. 33479.

non deve esserci una correlazione temporale, ma è sufficiente la presenza di <<un mero nesso di pertinenzialità tra i beni di cui non sia provata la legittima provenienza e soggetti portatori di pericolosità sociale, tale da includere i beni acquisiti dal proposto in epoca antecedente a quella a cui si riferisce l’accertamento dell’indizio della pericolosità, purché sia avviato un processo per l’applicazione della misura personale >>. Sulla questione è intervenuta sia la dottrina che la 325 326

giurisprudenza della Corte di Cassazione, entrambe, in un primo momento, concordi nel definire 327

la confisca di prevenzione come misura atipica a carattere sanzionatorio, anche se successivamente l’oggetto della disputa non era soltanto il carattere o meno sanzionatorio della misura in questione, quanto evidenziare la diversità dei presupposti su cui si fondava ciascuna tesi. Se lo scopo preventivo era comune sia alle misure di prevenzione che alle sanzioni, ciò che deve essere indagato sono i presupposti riconosciuti dall’ordinamento per l’applicazione di una sanzione o di una misura di sicurezza.

La Suprema Corte ha ritenuto legittima la misura di prevenzione antimafia sui beni di soggetti genericamente pericolosi, creatori e fruitori di proventi di qualsiasi reato . Non conviene con 328

questa interpretazione la dottrina, secondo la quale la lettura data dalla Suprema Corte non concilia né con l’evoluzione storica del quadro normativo di riferimento né con la ratio delle riforme che hanno investito la materia della prevenzione. Secondo la dottrina, infatti, quanto affermato dalla Corte di Cassazione non può che valere per le misure personali previste dalla legge n. 575/65, dato che quelle patrimoniali sono entrate in vigore circa sette anni dopo con l’entrata in vigore della legge n. 646/82. La lettura data dalla dottrina maggioritaria sembra coerente anche con le riforme apportate nel 2008 e nel 2009, dal momento che le misure di prevenzione patrimoniali possono essere applicate a una cerchia ampia di persone con pericolosità “qualificata”, e non più “semplice”. Nel passaggio storico tra il 2008 e il Codice Antimafia, le misure si applicano “a coloro i quali, sulla

Cass. pen., sez. I, 29.05.2009, n. 34456.

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Cfr., V. MAIELLO, <<Confisca, Cedu e diritto dell’Unione tra questioni irrisolte ed altre ancora aperte>>, in cui

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l’autore inserisce la confisca di prevenzione tra le sanzioni penali, con conseguente applicazione del principio di irretroattività. Su quest’ultimo punto di avviso contrario, D. PIVA, <<La proteiforme natura della confisca antimafia

dalla dimensione interna a quella sovranazionale>>, in www.penalecontemporaneo.it, secondo la quale alla misura di

prevenzione in oggetto “non si applica il principio di irretroattività della legge penale sancito dall’articolo 25 della Costituzione, bensì l’articolo 200 c.p., ossia che tali misure devono essere regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione, in quanto, al pari delle misure di sicurezza, sono applicate non quale dritta conseguenza di un determinato fatto ma per la condotta di vita del soggetto sviluppatasi nel tempo, tale da farne desumere uno stato di pericolosità sociale”.

Cass. pen., sez. I, 15.02.1988.

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Corte di Cass., Sez. I, 17 settembre 2008 n. 36748; Cass., sez. I., 4 febbraio 2009, n. 6000; Cass., sez. I, 5 febbraio

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base di elementi di fatto, si ritiene vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi dei delitti indicati nelle tre macrocategorie individuate nell’art. 1 legge n. 575/65 cioè: associazione mafiosa e similari; delitti di cui all’articolo 51, comma 3 bis, c.p.p. e delitto di cui all’articolo 12 quinquies, comma 1, legge n. 356/92. Tali misure non potranno essere applicate nei confronti dei soggetti qualificati dalla pericolosità generica e meglio individuati nell’articolo 1, comma 1, n. 2 legge n. 1423/56. Il Giudice che deve applicare al caso di specie una misura di prevenzione deve compiere tre operazioni, ossia controllare se: il soggetto abbia una pericolosità “qualificata” derivante dall’appartenenza a associazioni mafiose; i beni siano frutto o reimpiego di delitti di associazioni mafiose e, infine, il valore dei beni sia sproporzionato ai redditi dichiarati o all’attività economica lecita svolta al momento dell’acquisto e del pagamento dell’immobile.

Il ragionamento seguito dal giudice delle prevenzioni è di tipo inferenziale: egli parte dalla premessa maggiore, ossia dall’indizio, e da questo svolge la sua inferenza che lo conduce a un’asserzione o una negazione del tema da provare, ossia la pericolosità sociale qualificata. Le regole che disciplinano il giudizio di prevenzione, proprio per la natura di questo giudizio, non coincidono con quelle utilizzate per la prova indiretta, cioè la gravità, la precisione e la concordanza. Nel giudizio di prevenzione non sono richieste perché: al posto della gravità vi è la pericolosità sociale qualificata; della precisione e concordanza vi sono i fatti che non devono essere certi, concreti, ma indizi. La non precisione dei fatti (indizi) rende imprecisa la conclusione (probabilità) del ragionamento; ed infatti, <<tanto più basso sarà il tasso di consulenza fornito fornito dalla inferenza che su questo indizio si basa per ricavarne il giudizio prognostico di pericolosità sociale del proposto. Il tasso di inattendibilità del ragionamento sillogistico diventa direttamente proporzionale all’assoluta indeterminatezza della premessa maggiore >>. 329

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