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In ambito europeo l’estensione dei diritti fondamentali oltre lo Stato costituzionale si produce con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo in cui le <<Alte parti contraenti riconoscono a ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione>> (art. 1). I diritti riconosciuti dalla Convenzione sono qualcosa in più di meri obblighi reciproci tra gli Stati ; essi danno origine, per gli Stati, a un obbligo di “prevenzione 87

e rimedio” di fronte a qualsiasi ipotesi di lesione dentro la giurisdizione. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha il potere di ricontrollare le violazioni effettive dei diritti garantiti dalla Convenzione e allo stesso tempo, e qui risiede la sua peculiarità, la normativa statale che in astratto, vale a dire

Corte eur. dir. uomo, 18 gennaio 1978, Ireland v. United Kingdom, § 239.

senza essere applicata e pertanto senza poter prevedere una lesione effettiva, prevede misure direttamente contrarie alla Convenzione. Il tipo di obbligo definito dalla Convenzione più che meri obblighi reciproci tra gli Stati contraenti condiziona il concetto di lesione “ogni violazione addotta di qualsiasi previsione della Convenzione da parte di un altro Stato” e determina la funzione della Corte europea dei diritti dell’uomo. La Corte non si limita a tutelare un interesse soggettivo effettivamente pregiudicato dall’amministrazione dello Stato che ha sottoscritto la Convenzione. La Corte va oltre e sviluppa un tipo di controllo astratto che incide sulla propria creazione di diritto degli Stati, quando dalla sua attività normativa risulta una “lesione immediatamente chiara”. Il riconoscimento dei diritti fondamentali nella Convenzione e la sua garanzia mediante la Corte europea estende la protezione dei diritti molto oltre il ristretto ambito della Costituzione statale. I rapporti tra Corte Costituzionale, Corte di Giustizia e Corte edu avvengono secondo un carattere dialogico ed è proprio in riferimento ai diritti inviolabili della persona che la Corte Costituzionale italiana ha adottato la teoria dei controlimiti , prevedendo, con ciò, di far rientrare sul suo controllo 88

il sindacato esclusivo di intangibilità dei diritti inalienabili della persona, pareggiando il primato dei principi del diritto comunitario e del suo effetto diretto nel nostro ordinamento. La Corte di Lussemburgo afferma che il diritto comunitario attinge dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dai diritti nazionali così come interpretati dai giudici interni. Su tale affermazione è possibile sviluppare due considerazioni di ordine generale: la prima è che la Corte incontra delle difficoltà circa l’individuazione di un minimo comune denominatore delle diverse tradizioni costituzionali e, nel fare ciò, ridefinisce la portata e lo standard di protezione dei diritti fondamentali evitando che ci possa essere una fungibilità tra la garanzia prevista a livello nazionale e quella prevista a livello comunitario. Nonostante ciò, la teoria dei controlimiti non deve essere vista come un ostacolo all’integrazione tra ordinamenti, ma come un ulteriore elemento di confronto. Tra le Corti deve instaurarsi un rapporto circolare di valori e di principi condivisi da tutti gli Stati appartenenti per mettere in opera un sistema integrato e multilivello di protezione dei diritti fondamentali, riservando alla Corte Costituzionale la competenza esclusiva nella tutela dei diritti non rientranti in ambito europeo. Per i diritti fondamentali, oggetto di integrazione comunitaria e internazionale, invece, bisogna auspicare un maggior dialogo tra le Corti, un reciproco adeguamento, istituendo un doppio senso di marcia senza che nessuno Stato abbia la pretesa di

Tale teoria è professata anche dal tribunale costituzionale federale tedesco, dal Consiglio costituzionale francese e dal

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Tribunale costituzionale spagnolo ed in altre Costituzioni quali quella finlandese e svedese. Su questo argomento, Cfr. G.F. FERRARI, Rapporti tra giudici costituzionali d’Europa e Corti europee: dialogo o duplice monologo?, in G.F. FERRARI, Corti nazionali e Corti europee, Napoli, Esi, 2006.

pronunciare l’ultima parola affinchè si possa mettere in campo l’indispensabile presupposto circolare e dialogico. Per fare ciò bisognerebbe rinunciare a cercare forzatamente un nucleo di radici comuni, di identità comune che possano fondare la cittadinanza europea, ma far sì che i cittadini europei si riconoscano e accettino un nucleo di diritti e principi fondamentali comuni , al 89

di là delle differenze linguistiche, religiose e culturali.

Inizialmente gli organi comunitari ritenevano che i principi fondamentali rappresentassero dei fattori di conflitto costituzionale90tra i diversi Paesi aderenti, tanto da affermare che in caso di contrarietà di un atto comunitario con i diritti fondamentali, quest’ultimo non fosse di per sé invalido. Il rapporto tra le Corti e gli eventuali contrasti sono stati affrontati e risolti non sul piano politico ma attraverso il ragionamento giuridico, il dialogo tra le Corti. In merito ai diritti fondamentali, nel rapporto tra Corte Costituzionale e Corte di Giustizia si sono sviluppate due dottrine: la prima si basa sulla compatibilità tra la tutela dei diritti fondamentali e gli obiettivi della Comunità europea, mentre la seconda non pone i principi costituzionali tutti sullo stesso livello, prevedendo che alcuni di essi abbiano carattere supremo non potendo essere lesi dal diritto comunitario . I diritti fondamentali, a livello comunitario, devono essere bilanciati con gli obiettivi 91 perseguiti dalla Comunità europea e la loro tutela rappresenta un limite all’azione delle istituzioni comunitarie e dei governi nazionali in quanto esecutori di normazione o politiche comunitarie. Essi, quindi, fungono da controlimite.

Il campo dei diritti fondamentali nello spazio europeo si è arricchito in tal maniera che il giurista europeo deve lavorare con tre parametri nella definizione del contenuto dei diritti fondamentali- la Convenzione, i diritti fondamentali dell’Unione (nella Carta o nella giurisprudenza) e i diritti fondamentali garantiti mediante la Costituzione statale. Uno dei cammini intrapresi è l’esistenza di una tradizione costituzionale comune, condivisa da tutti gli Stati dell’Unione. Una specie di dna costituzionale che forma il magma a partire dal quale si costruiscono gli edifici giuridici sovrastatali. Senza dubbio l’appello alle tradizioni costituzionali comuni e alla CEDU ha prodotto delle conseguenze applicative: servì alla Corte di Giustizia come strumento per costruire teoricamente il riconoscimento dell’ordinamento comunitario dei diritti fondamentali come principi generali.

Cfr., A. SCHIAVELLO, Integrazione europea, ragione pubblica, negoziazione. Qualche riflessione a partire dalla

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questione del richiamo alle “radici cristiane” nel Preambolo della Costituzione europea, in Identità, diritti, ragione

pubblica in Europa, a cura di I. TRUJILLO e F. VIOLA. Bologna, Il Mulino, 2007.

Cfr., N. MACCORMICK, La sovranità in discussione. Diritto, stato e nazione nel “commonwealth” europeo (1999),

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Bologna, Il Mulino, 2003, cap. VII.

Cfr., G. ITZCOVICH, Teorie e ideologie del diritto comunitario, Torino, Giappichelli, 2006.

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