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L'armamento in corso del 1707: l'accordo tra il Capitano di Giustizia e i finalin

Capitolo III – La guerra di corsa nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno: l'attività dei corsar

IV.2 Gli anni di Filippo V: la negazione della guerra di corsa privata

IV.2.3 L'armamento in corso del 1707: l'accordo tra il Capitano di Giustizia e i finalin

I difficili mesi tra il settembre 1706 e il marzo 1707 – vale a dire, tra l'ingresso di Eugenio di Savoia a Milano, la successiva vittoria a Torino fino ad arrivare all'ordine di ritiro delle truppe franco-spagnole disposto da Luigi XIV727 – probabilmente determinarono mutamenti

nella strategia delle Due Corone. Solamente nel gennaio 1707 venne disposto, per il Marchesato del Finale, l'armamento in corso di una barca: a tale scopo, il Capitano di Giustizia ordinò ad alcuni patroni finalini di consegnare «li canoni delle loro barche»728. Era

un ordine che non intendeva conoscere dilazioni: se non fosse stato osservato, i patroni avrebbero dovuto versare – a titolo di pena – 500 scudi alla Regia Camera729.

Il Capitano di Giustizia del Marchesato, «havendo […] bastante informatione della persona di patrone Francesco Benzo q. Gerolamo», decise di affidargli tale incarico, stipulando con lui e con Gio. Batta Rossano q. Federico una convenzione che precisava diritti e doveri del servizio da loro prestato. Il nome di Francesco Benzo non è nuovo a questa ricerca: implicato nel caso di contrabbando insieme al genovese Sturla e responsabile dell'arresto – previa autorizzazione ottenuta dal Governatore del Marchesato – di una barca con carico spettante a mercanti oneglini. Ma, in realtà, la sua esperienza in materia di prede marittime risaliva ancora più indietro negli anni e, precisamente, al tempo della Guerra della Lega d'Augusta

724ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1679, 8 maggio 1705.

725Sulla questione delle patenti di corsa concesse da Piombino e sull'interessante conflitto maturato tra Camera del Marchesato e Camera dello Stato di Piombino in merito al pagamento del quinto si veda T. DECIA,

Contra infieles y enemigos..., cit., pp. 75-90.

726ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1679, 8 luglio 1705.

727Nel marzo 1707 il Re Sole aveva concluso un trattato con Giuseppe I in base a cui gli cedeva – oltre a una serie di fortezze e il Ducato di Milano – lo stesso Marchesato del Finale. A. SILLA, Storia di Finale..., cit., p. 606.

728Si trattava di Gio. Andrea Finocchio, Agostino Bochiardo, Lorenzo Giordano e Giulio Bergallo. 729ASCF, Camera, Atti camerali, 46, 22 gennaio 1707.

quando – pur non avendo alcuna lettera di marca intestata a proprio nome – aveva scelto di lanciarsi in quest'attività utilizzando la patente rilasciata al fratello maggiore il quale, invece, aveva cessato di dedicarsi alla guerra di corsa. Una situazione irregolare e per nulla isolata che, di fatto, veniva tacitamente approvata dal Governatore del Marchesato730. Nei primi anni

del XVIII secolo, Francesco Benzo era un patrone che commerciava a Rio, nell'Isola d'Elba, in Sicilia, in Spagna ma, soprattutto, in Sardegna, dove era solito acquistare grano. Proprio in occasione di uno di questi viaggi cadde lui stesso nelle mani dei «barbari africani»731,

riuscendo tuttavia a salvare la propria persona: forse questa spiacevole vicenda fu all'origine del suo desiderio di riarmarsi in corso, secondo la formula non esplicitamente dichiarata ma largamente utilizzata dai patroni finalini che consisteva nell'armamento «in corso e mercanzia». D'altronde, patron Benzo – come, del resto, il fratello maggiore Pietro Battista – si interessava da tempo nella compravendita di bastimenti di vario genere: nonostante la preda subita, egli aveva a disposizione almeno un'altra barca – la Angelo Custode, una tartana di portata 1500 cantari – di cui risultava proprietario insieme ad altri finalini732. Probabilmente,

patron Benzo era in affari con lo stesso Rossano: la scelta del Capitano di Giustizia non deve essere stata casuale733.

Guardando alla natura dell'accordo, Gio. Batta Rossano «tanto a suo proprio, che a nome de suoi compagni, et partecipi» si impegnò ad osservare in maniera puntuale i capitoli della convenzione pattuita, garantendo anche a nome di patron Francesco Benzo al quale venne affidata la barca Nostra Signora della Concezione. Ogni mese, il Capitano di Giustizia pagava al Rossano la somma di 2.200 lire della moneta di Genova, versate anticipatamente. Secondo gli accordi, patron Rossano doveva armare a proprie spese il bastimento, in base alle disposizioni pervenute al Capitano di Giustizia, con sei pezzi di cannone, ventri petrieri e una quantità non precisata di fucili e sciabole «per provvigione de marinari» a bordo: questi ultimi avrebbero dovuto essere almeno quaranta, oltre agli ufficiali. Inoltre, il Rossano si impegnava a provvedere a tutto il necessario per il mantenimento dell'armamento, intendendo con ciò «biscotto, vino, formaggio, oglio» che andavano somministrati giornalmente all'equipaggio734.

Patron Benzo, invece, era responsabile della disciplina a bordo del bastimento e del quieto vivere tra marinai e ufficiali. Inoltre doveva impegnarsi a condurre le prede realizzate esclusivamente a Finale: solo in caso di maltempo, gli sarebbe stato permesso l'approdo nel

730Su Francesco Benzo si rimanda a T. DECIA, Contra infieles y enemigos.., cit., pp. 138-140 e pp. 170-173. 731ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2390B, 9 agosto 1703.

732Il 3 agosto 1702 patron Domenico Vacca q. Gio. Batta aveva comprato la quarta parte della tartana da Andrea Rombo q. Gregorio. Gli altri proprietari erano Bartolomeo Saccone, Gio. Batta Bogno e Pietro Cortese. ASS,

Notai distrettuali, Notai del Finale, 2051, 13 agosto 1702. A distanza di poco tempo, Domenico Vacca si recò

dallo stesso notaio, Carlo Francesco Collatto, per dichiarare che la metà della quarta parte del legno acquistato recentemente spettava al cugino, Francesco Benzo. ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2051. 733In tal senso ci indirizza anche un altro dato: nel marzo 1711 la moglie di Gio. Batta Rossano, Maria Maddalena Cappellini, tenne a battesimo la figlia che Francesco Benzo aveva avuto dalla moglie Paola Maria Martino; forse un indizio della volontà di rafforzare, anche sul piano personale, i legami che univano i due uomini sul piano professionale. Archivio Storico Diocesano di Savona (d'ora in avanti ASDS), Finale Ligure, Marina, Parrocchia di San Giovanni Battista, Atti di nascita, n. 7, anni 1700-1712.

734I viveri venivano somministrati sulla base di razioni, specificate in una istruzione allegata ai capitoli della convenzione. In base ad essa, ad ogni marinaio spettava una razione di biscotto di once 24 e un'amola e mezza di vino mentre ai soldati spettava una razione di biscotto di once 18 e un'amola e mezzo di vino. Nelle giornate di domenica, lunedì, martedì e giovedì venivano aggiunte 6 once di riso e 3 once di lardo per ogni marinaio e soldato; il mercoledì, venerdì e sabato 6 once di fave e 3 once di formaggio per ogni marinaio e soldato. Per ogni razione di sette uomini veniva preventivato l'utilizzo di mezzo quarto di pinta di olio. Inoltre, al Capitano di fanteria venivano riconosciute 4 razioni al giorno, al Tenente, Secondo Tenente e ai due Sergenti 2 razioni a giorno, al patrone della barca 2 razioni e mezza, al tenente della barca 2 razioni, allo scrivano, al nocchiere, al pilota e al capitano della lancia 1 razione e mezza.

porto di Genova, dove avrebbe dovuto rivolgersi immediatamente agli inviati delle Due Corone; in ogni caso, in seguito alla realizzazione di una preda marittima, doveva occuparsi della redazione di un inventario puntuale della stessa. In caso di «disgratia […] alla barca», Patron Benzo sarebbe stato ritenuto responsabile e avrebbe dovuto restituire le «paghe avanzate, e non mature» della mesata per cui aveva ricevuto il pagamento anticipato.

Esclusivamente, «a titolo di regallo», veniva riconosciuto «alla gente di detto armamento, e barca la decima parte delle prede», calcolata al netto della vendita, dopo aver dedotto dal totale le spese per il rifornimento di palle di cannoni e polvere da sparo; queste ultime messe a disposizione direttamente dalle Due Corone735.

La guerra di corsa conobbe, dunque, quella precisa regolamentazione tipica degli armamenti che venivano realizzati attraverso l'investimento della Regia Camera: Filippo V aveva optato per la guerra di corsa ma, in fin dei conti, non si trattava ancora di un fenomeno generalizzato. Eppure, se l'instrumento notarile preso in esame consente di conoscere l'interesse nutrito per la guerra di corsa in quel particolare momento storico, sfortunatamente dalle fonti consultate per i primi mesi del 1707 – vale a dire, dal momento in cui Francesco Benzo aveva ottenuto l'incarico fino all'evacuazione del presidio finalese da parte delle Due Corone – non è stato possibile estrapolare alcuna notizia riferibile a casi di preda marittima.

IV.3 Il ritorno degli Austrias: una nuova stagione corsara per i patroni

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