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Il nuovo armamento del Pallavicino al servizio dell'avanzata asburgica nella

Capitolo II – Il fenomeno corsaro nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno: tra squadre di galere e

II. 2.3 «Il più beneficiato uomo de napoletani dal ViceRé»: il Capitano Pesante e le

II.3 Il Cavalier Pallavicino: un oneglino nella schiera di Carlo III

II.3.4 Il nuovo armamento del Pallavicino al servizio dell'avanzata asburgica nella

Francesco Pallavicino fu nuovamente libero di corseggiare nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno ma lo sfinito Residente Imperiale era ancora in attesa di ricevere il pagamento promesso e chiedeva al Principe di Liechtenstein come avrebbe dovuto regolarsi con i diritti percepiti, desiderando sapere se li poteva impiegare per «rimborsar[si] delle spese»445: egli

vantava, infatti, un certo credito nei confronti dell'esausta Camera Imperiale. Ma, con il Pallavicino che tornava ad insistere sulla riduzione della percentuale dovuta446, Molinari si

rammaricava con il Duca Moles, divenuto il suo interlocutore di fiducia nell'affrontare il problema: quest'ultimo dal 1707 faceva parte sia della Junta de Guerra sia della Junta de

Italia istituite da Carlo III447.

Tuttavia il corsaro, dopo aver danneggiato irrimediabilmente la barca nell'attacco sferrato al nemico francese, verso la fine del maggio 1707 perse anche la tartana che venne catturata e condotta a Napoli da una galera della squadra di quel Regno448: ma il Cavalier Pallavicino non

441ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Conte Schlick, 10 aprile 1707.

442ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 24 aprile 1707.

443ASM, Carteggi Consolari, 6, lettere di Molinari al Cavalier Pallavicino e al Console Crowe, 30 aprile 1707. 444ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe di Liechtenstein, 7 maggio 1707.

445ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe di Liechtenstein, 7 maggio 1707. 446ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Duca Moles, 22 maggio 1707.

447J. ALBAREDA SALVADO, La guerra de Sucesión, cit., pp. 258-259. Lo stesso Duca Moles espresse al Molinari la sua perplessità nell'apprendere che le nuove prede marittime realizzate dal Pallavicino erano state vendute a Livorno con l'assistenza del Console inglese, al quale il corsaro aveva anche pagato la percentuale spettante a Carlo III. Cfr. ASM, Carteggi Consolari, 19, lettera del Duca Moles a Molinari, 22 giugno 1707. Il peso di questa figura nel governo di Carlo III in Italia è reso in maniera efficace nel recente volume di R. QUIRÓS ROSADO, Monarquía de Oriente: per alcuni spunti biografici si vedano le pp. 63-64.

448ASG, Archivio Segreto, Lettere Consoli, 2683, lettera del Console Gavi alla Repubblica di Genova, 25 maggio 1707.

si arrese così facilmente, dedicandosi all'armamento di una nuova nave449.

Nei giorni immediatamente seguenti la conquista del Regno di Napoli, il Principe Eugenio di Savoia dispose il rinforzo di quel territorio attraverso la spedizione dal Finale di «mortari, cannoni, bombe» ed individuava nella barca del Cavalier Pallavicino il bastimento più idoneo ad assolvere tale compito: se questi non avesse avuto la possibilità di eseguire gli ordini, l'incarico sarebbe stato affidato al Capitano Agostino Bochiardo di Finale che, da qualche tempo, navigava in corso di conserva con il Cavaliere di Malta.

La piccola e strategica enclave del Marchesato del Finale – appena rientrata nell'orbita asburgica ed in stretta dipendenza con l'Impero – riprese ad essere protagonista attiva della guerra di corsa nello scacchiere del Mediterraneo occidentale: lo dimostra efficacemente il fatto che, quando Francesco Pallavicino si era rassegnato a riconoscere al sovrano la somma dovuta sulle prede marittime, egli versò il denaro non al Residente Imperiale a Genova bensì al Barone La Marre, Governatore del Marchesato. Se il corsaro aveva operato correttamente poiché il denaro sarebbe stato trasmesso alla Camera Imperiale, di fatto aveva inferto uno smacco personale al Molinari, il quale assistette impotente alla fine di questa storia e commentò con toni mesti: «io ho travagliato, e gli altri han raccolto»450.

Il Residente Imperiale fu costretto a mettere da parte la propria amarezza e celare il proprio astio poiché nei mesi seguenti dovette tenere i contatti sia con il Cavalier Pallavicino – che, nel frattempo, venne posto a capo di due galere armate in Napoli451 – sia con il Console

Crowe, il quale continuò ad assistere il corsaro occupandosi del nuovo armamento che si stava attuando. Questo tema venne trattato di frequente nei Carteggi Molinari nell'estate del 1707 poiché, come prevedibile, sia Cosimo III sia la Repubblica di Genova tentarono di opporsi, in maniera più o meno riuscita, alla sua realizzazione all'interno dei loro territori richiamandosi ai bandi emessi nel 1702, la cui violazione avrebbe compromesso la neutralità dei porti toscani e liguri.

Non a caso, i maggiori dettagli non solo sull'armamento in sé ma sulla composizione stessa dell'equipaggio provengono dalle carte prodotte dai governi dei due Stati neutrali che vigilarono sull'evolversi della situazione al fine di poter replicare con cognizione di causa alle lamentele ricevute dai rappresentanti delle Due Corone452 e, allo stesso tempo, assicurarsi che

i loro sudditi non avessero alcuna implicazione in una simile faccenda. Una speranza, questa, facilmente disattesa: almeno un bandito genovese si era imbarcato con il Cavaliere di Malta ma la Repubblica – prima di ordinare lo sfratto del Pallavicino dai porti genovesi – riuscì ad arrestare altri sudditi che avevano collaborato con lui a vario titolo, cercando di prevenire ulteriori doglianze da parte degli ambasciatori di Filippo V e Luigi XIV. Le fonti genovesi accennano anche a un coinvolgimento di fiorentini – alcuni a formare l'equipaggio, altri agevolando l'acquisto a Livorno della nuova nave – ma di ciò non si ha riscontro negli archivi toscani453.

Ma, più delle cifre di questo nuovo armamento o delle discussioni maturate nell'ambito diplomatico secondo una sequenza collaudata, meritano di essere brevemente considerate le difficoltà che conobbe la sua messa a punto perché rappresentative di alcune dinamiche interessanti. Innanzitutto, l'armamento vene richiesto con sollecitazione dal Generale Daun il quale era in procinto di assediare Gaeta e necessitava di rinforzi via mare: Eugenio di Savoia

449ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Duca Moles, 9 giugno 1707. 450ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Segretario Arnaldi, 3 luglio 1707.

451ASF, Mediceo del Principato, 2542, lettera del Governatore di Portoferraio alla Segreteria di Guerra, 23 settembre 1707.

452ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettere del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 19, 28 e 31 ottobre 1707.

– nonostante le truppe imperiali avessero ormai ottenuto la resa di Napoli – ordinò che questo, dissimulato, dovesse compiersi in uno dei porti della Repubblica di Genova. Effettivamente nel Regno di Napoli non si disponeva ancora di un network consolidato e sicuro cui affidarsi per assolvere tale compito, in cui erano impegnate diverse figure: il Generale Daun da Napoli incalzava l'arrivo della nuova nave e del suo Ammiraglio, il Principe Eugenio da Milano trasmetteva le direttive da seguire, Molinari da Genova coordinava la rete di contatti, il Console Crowe da Livorno si relazionava con il Cavalier Pallavicino e gestiva gli acquisti di cui avrebbe dovuto fornire un dettagliato resoconto; infine La Marre, Governatore del Marchesato di Finale, avrebbe dovuto mettere a disposizione cannoni e forza lavoro.

Il fattore economico fu uno degli ostacoli che rallentò l'esecuzione dei lavori poiché per essi era necessario disporre nell'immediato di contanti, mentre le lettere di cambio ricevute da Molinari potevano essere pagate solamente a distanza di qualche tempo, all'incirca una quindicina di giorni454. Se nell'area alto-tirrenica era presente un sistema efficace nel

sovrintendere all'armamento, lo stesso non si poteva dire per le risorse da impiegare: Molinari compativa il Cavaliere di Malta scrivendo che l'armamento doveva «farsi per necessità in un porto, mancante d'ogni cosa»; e non era semplice allestire di tutto punto una nave da 40 cannoni455. Se in tema di munizioni era stato possibile, seppur con lentezza, ovviare a questo

intoppo grazie all'intervento di Crowe e Molinari, vi fu un impedimento maggiore da affrontare: la mancanza di marinai. I finalini – coloro che naturalmente sarebbero stati preposti ad imbarcarsi sulla nave – opposero resistenza e solamente pochi di loro si lasciarono convincere: se ne stupivano sia Pallavicino sia Molinari, poiché «sendo […] sudditi di Sua Maestà, non avrebbero dovuto fare difficoltà a prender soldo su d'una nave, armata per l'immediato servigio della Maestà Serenissima»456.

A tal proposito – in assenza di ulteriori delucidazioni dalle fonti a disposizione – si avanzano due supposizioni che possono anche coesistere tra loro: il riconquistato ruolo di Finale come porto corsaro e l'avversione dei finalini nei confronti dei Pallavicino. Nel primo caso, l'atteggiamento dei finalini verrebbe giustificato con la possibilità, grazie al rilancio della guerra di corsa dallo stesso Marchesato, di ottenere profitti forse maggiori rispetto al semplice soldo accordato per il lavoro a bordo della nave. Tuttavia, se anche questi fossero stati eguali o leggermente inferiori, vi erano altri due elementi che rendevano conveniente l'impiego sulle feluche armate al Finale: la vicinanza al proprio territorio di origine – con la possibilità di proseguire altre attività intraprese, parallelamente alla vita sul mare – cui si univa un grado di rischio innegabilmente inferiore rispetto a quello che si sarebbe potuto riscontrare nell'area del Basso Tirreno dove più vivo – e privo della protezione rappresentata dalle maglie della diplomazia – era destinato a diventare il conflitto che opponeva un Regno di Napoli asburgico a un Regno di Sicilia borbonico. La seconda ipotesi chiama in causa un aspetto che a lungo è stato trascurato dalla storiografia ma che, invece, merita di essere rivisto: si sta facendo allusione al campo dei sentimenti e degli stati d'animo nutriti dai singoli individui, i quali non devono essere considerati come piatte pedine all'interno di uno scacchiere gestito da altri ma come protagonisti attivi, animati da impulsi e passioni che ne determinano le azioni457. In questo senso, dunque, non può essere tralasciato l'astio che la

marineria del piccolo Marchesato avvertiva nei confronti del Pallavicino essendo stata, fino a qualche mese prima, oggetto di arresti, perquisizioni e violenze; in poche parole era stata oggetto di preda marittima.

454ASM, Carteggi Consolari, 7, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 29 settembre 1707. 455ASM, Carteggi Consolari, 7, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 5 novembre 1707. 456ASM, Carteggi Consolari, 7, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 10 novembre 1707.

457Spazio al campo dei sentimenti e delle motivazioni dei singoli è stato dato, attraverso alcuni rapidi esempi, da L. LO BASSO, Gente di bordo..., cit., pp. 150-159.

Per troncare questo inconveniente, Molinari cercò di assoldare dei genovesi: ne aveva già reperito un buon numero quando due fuggitivi dalla stessa nave svelarono che questa fosse «destinata al corso in Levante», vanificando gli sforzi del Residente Imperiale poiché nessun marinaio intendeva «esporsi a due pericoli e de' Francesi, e de' Turchi»458. La partenza della

nave da Genova era davvero urgente – il Conte Daun, con toni severi, si lamentava di questo ritardo ingiustificabile459 – ma solamente verso la fine di novembre, il Cavalier Pallavicino

arrivò a Napoli, per porsi al servizio del Generale Daun460: il Principe Eugenio di Savoia

impose al Governatore La Marre di «valersi della forza, per far prendere soldo» ai finalini, i quali avevano dovuto recarsi a Porto Venere per l'imbarco461. Non che l'equipaggio fosse

composto esclusivamente da gente del Finale: il Provveditore della Dogana di Livorno constatò la presenza a bordo di circa 200 uomini, «la maggior parte farabutti, ladroni, e canaglia d'ogni sorte di nazione»462.

Se il Cavalier Pallavicino non partecipò all'attacco di Gaeta, egli diede un contributo importante all'avanzata delle truppe imperiali nei punti nevralgici della zona centrale del Tirreno: il Generale Wallis aveva ottenuto la resa di Port'Ercole e Orbetello – dove era sbarcato un migliaio di soldati tedeschi per rinforzare Talamone e Porto Santo Stefano463

mentre lui avrebbe reso «alla divozione di Sua Maestà […] la fortezza di Piombino». Si attendeva con trepidazione anche la resa di Porto Longone464, che però non sarebbe mai

avvenuta.

Si assistette, nell'arco di pochi mesi, ad una significativa ridefinizione dei territori controllati dagli Asburgo e dai Borbone: questi ultimi avevano perso il controllo dei domini spagnoli nella penisola italiana che – con eccezione del Ducato di Milano, occupato dalle truppe imperiali già nell'estate del 1706 – fino a quel momento erano rimasti integralmente sotto il loro governo. Gli Austrias, tra l'estate 1707 e l'inverno 1708, avevano riconquistato il Marchesato del Finale, la maggior parte dello Stato dei Presìdi e il Regno di Napoli: la situazione era indubbiamente vantaggiosa e, per quanto concerne il tema di questa ricerca, si presentava decisamente più favorevole allo sviluppo della guerra di corsa. Nel febbraio del 1708 si assistette all'arresto – compiuto nei pressi di Piombino da una galeotta al comando del Cavalier Pallavicino – di una tartana maltese che non aveva pagato i diritti per il passaggio in quel Canale465: la gestione delle prede marittime avveniva a Porto Santo Stefano dove erano

state condotte sia la tartana maltese sia una feluca genovese, fermata dallo stesso Pallavicino

458ASM, Carteggi Consolari, 7, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 30 ottobre 1707.

459Egli scriveva nelle sue lettere che al Cavalier Pallavicino erano stati somministrati «con la mayor

puntualidad los medios necesarios» e che «la urgencia por la qual se ha mandado aprestar no permite esta retardazion». ASM, Carteggi Consolari, 22, lettera del Conte Daun a Molinari, 8 novembre 1707. Molinari,

dal canto suo, non si dava per vinto cercando di persuadere i genovesi tramite una promessa scritta che, una volta arrivati a Napoli, avrebbero ottenuto licenza, il pagamento del soldo e un quantitativo di denaro per ritornare a casa: il Residente era certo che a Napoli non si sarebbero incontrati problemi nel reclutamento di nuova forza lavoro ma a nulla erano valsi i suoi sforzi; i genovesi temevano «d'essere sforzati continuare il servizio». ASM, Carteggi Consolari, 7, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 5 novembre 1707. 460ASM, Carteggi Consolari, 22, lettera del Conte Daun a Molinari, 29 novembre 1707.

461ASM, Carteggi Consolari, 7, lettera di Molinari a La Marre, Governatore del Marchesato di Finale, 5 novembre 1707.

462ASF, Mediceo del Principato, 1620, lettera del Provveditore della Dogana di Livorno alla Segreteria di Stato, 21 novembre 1707.

463ASG, Archivio Segreto, Lettere Consoli, 2684, lettera del Console Gavi alla Repubblica di Genova, 4 gennaio 1708.

464ASM, Carteggi Consolari, 7, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 5 febbraio 1708.

465ASF, Mediceo del Principato, 2229, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 11 febbraio 1708.

al Monte Argentario.466

466ASF, Mediceo del Principato, 1621, lettera del Provveditore della Dogana di Livorno alla Segreteria di Stato, 13 febbraio 1708.

Capitolo III – La guerra di corsa nel Mar Ligure e nell'Alto

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