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La Riviera di Ponente: il porto sabaudo di Oneglia e il ruolo del Console di Carlo

Capitolo III – La guerra di corsa nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno: l'attività dei corsar

III.1 L'attività corsara lungo le coste liguri

III.1.2 La Riviera di Ponente: il porto sabaudo di Oneglia e il ruolo del Console di Carlo

Quanto alla Riviera di Ponente, come già anticipato, la presenza di corsari al servizio di Carlo III fu molto più diffusa rispetto a quanto si riscontrava nell'area ad Est di Genova nonostante le dinamiche individuabili siano, per certi versi, simili: perlopiù gli arresti vennero perpetrati a danno dei legni genovesi anziché dei nemici francesi e, pertanto, le prede legittime si ridussero ad un numero irrilevante. La maggior dinamicità di quest'area è indubbiamente dovuta alla possibilità di contare su approdi sicuri: non solo il Marchesato del Finale ma anche lo scalo sabaudo di Oneglia. Alcuni corsari napoletani, nel luglio 1709, arrestarono al largo di San Remo la gondola del patron Viale di Cervo – che, con un carico di vino, stava rientrando da Marsiglia – e la portarono ad Oneglia479; nel maggio 1711 due

galeotte di Valencia catturarono nei pressi dell'approdo sabaudo – dove, successivamente, condussero – un pinco di San Remo480. Ma, naturalmente, volendo ampliare lo sguardo oltre il

Mar Ligure, il covo di Oneglia rappresentò la destinazione ideale per le scorrerie condotte nelle insidiose acque francesi come accadde, nel giugno 1709, ad una feluca napoletana che era riuscita a predare una barca francese carica di grano «nelle vicinanze d'Arles»481. Lo scalo

dei Savoia non fu, infine, un mero rifugio temporaneo: per alcuni corsari – ad esempio, un «certo Capitan Antonio» napoletano – divenne il luogo in cui dimorare per un lasso di tempo più o meno prolungato482.

Non bisogna credere, però, che per i corsari di Carlo III il disbrigo delle prede ad Oneglia filasse sempre senza intoppi: se il Governatore del luogo ordinò di procedere allo sbarco del grano presente nelle stive del pinco di San Remo, arrestato dai corsari valenciani, poiché privo delle polizze di carico483, non poté dichiarare legittima la presa a danno di patron Viale.

Il corsaro, non pago della sua dichiarazione, partì immediatamente «alla volta del mezzogiorno», portando con sé il patrone e due marinai della gondola genovese, sperando di ottenere un giudizio diverso. A fare giustizia, tuttavia, furono gli abitanti di Cervo che riuscirono ad armare due coralline e a sottrarre la preda al corsaro napoletano: quest'ultimo si vide costretto a rientrare nello scalo di partenza, trattenendo con sé i genovesi. Il Governatore di Oneglia fu allora pressato dai Collegi della Repubblica per il rilascio dei malcapitati ma questi, lasciando «intendere il disgusto» che provava, non poté fornire che una risposta: «essendo detto corsaro patentato dal Re Carlo Terzo, non haveva da ingerirsi in dett'affare»484.

Se il Governatore si conformò alle norme che disciplinavano il corso marittimo, c'era anche chi in Oneglia agì in senso opposto: si trattava dell'Intendente Sciapellani, che si scontrò con l'ira del Governatore perché teneva «segrete corrispondenze», in un'osteria di S. Stefano [al Mare], con Francesco Maria Sardi – un suddito della Repubblica di Genova che, dal marzo 1707, esercitava la funzione di Console per conto di Carlo III a San Remo485 – e «altri

ministri». Nello specifico, il Sardi era solito fornire avvisi sui movimenti dei «bastimenti alla spiaggia di San Remo […] per tentarne la preda da dividersi fra [...] loro»: ciò spiegherebbe

479ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1683, 19 luglio 1709. 480ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 19 maggio 1711.

481ASF, Mediceo del Principato, 2230, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 29 giugno 1709.

482 Si trattava probabilmente di Antonio Manzo, corsaro che verrà citato anche nelle prossime pagine. ASG,

Archivio Segreto, Maritimarum, 1683, 3 settembre 1709.

483ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 19 maggio 1711. 484ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1683, 19 luglio 1709.

per quale motivo i corsari napoletani gravitassero intorno allo scalo di Oneglia486. Proprio a

San Remo, nel luglio 1711 venne venduta – presumibilmente con l'assistenza dell'interessato Francesco Maria Sardi – una preda francese realizzata dai corsari di Piombino, i quali furono costretti dal Commissario del luogo al rilascio di due feluche arrestate al largo di Porto Maurizio. I corsari armati a Piombino lasciarono intuire di voler «prendere li bastimenti, che [venivano] dalla volta di Francia»: poiché molti genovesi erano soliti importare vino da quel paese, il Commissario di San Remo temeva che potessero subire molestie nel viaggio di rientro a Genova487; come effettivamente accadde a una feluca di Lerici proveniente da

Marsiglia che era stata trattenuta al largo di Albenga, e condotta a Finale, sul sospetto che trasportasse dispacci della corte di Luigi XIV488. I timori del Commissario erano dovuti agli

assalti compiuti nei giorni precedenti dagli stessi corsari, i quali tra S. Stefano e Porto Maurizio colpirono due legni “nazionali” provenienti dalla Provenza e una feluca di Lerici: quest'ultima aveva a bordo un corriere spedito ad Antibes dal Marchese di Monteleón e la sua preda diede origine a un caso che impegnò la Repubblica di Genova, costretta al ruolo di arbitro tra le pretese, da un lato, del Marchese Aribert – inviato di Carlo III a Genova489 – e del

Governatore La Marre di Finale, e dall'altro del Marchese di Monteleón e del Console Arpe490.

Ma, tornando a considerare le figure di Sciapellani e Sardi, dopo che queste pratiche illecite vennero alla luce, l'Intendente oneglino – graziato della carcerazione – scontò solamente un irrigidimento nei rapporti con il Governatore, palesato dal fatto che non venne più invitato nell'abitazione di quest'ultimo quale «comensale, come spesso seguiva per l'adietro». Quanto al Console Sardi, nonostante avesse pregiudicato tanto il commercio quanto la «pubblica quiete», gli Inquisitori di Stato – pur dubitando che egli godesse di un permesso del governo genovese per esercitare la carica di Console per Carlo III – ritennero opportuno astenersi dall'intentare un processo nei suoi confronti mentre Filippi, il notaio sanremese che era stato coinvolto nella questione da Sardi, doveva essere incarcerato491. In suo favore, tuttavia,

intervenne celermente il Marchese Aribert il quale – lasciando avvertire il peso della diplomazia – giustificò Filippi gettando la responsabilità su Sardi, protetto dalla sua qualifica consolare: quest'ultimo, d'altronde, aveva «adempito litteralmente gli ordini dati […] dal Marchese Aribert, e dal Governatore del Finale». Il Marchese Aribert, in una supplica rivolta ai Collegi per intercedere a favore del notaio, scrisse: «non torni all'orecchio di Sua Maestà, che chi ha l'onore di servirla, ha la disgrazia d'esser perseguitato da' Tribunali di questa Serenissima Repubblica»492.

Verso la fine del 1712, un corsaro catalano sottrasse ad un patrone genovese alcune casse di manna, una pianta impiegata a scopo medico: il corsaro versò al patrone l'ammontare del nolo che il patrone avrebbe dovuto incassare a Marsiglia – in casi simili, generalmente, veniva meno ogni pretesa o protesta da parte del predato – ma, nonostante ciò, il Sardi si erse improvvisamente a difensore dei diritti dei suoi connazionali e, insieme al figlio, si adoperò per ottenere la restituzione delle casse di manna che il riottoso catalano «in niun modo volea restituirli»493. Parrebbe che il Console volesse scrollarsi di dosso quell'immagine che

riguardava lui e i membri della sua famiglia, noti per essere «tutti poco ben affetti al loro

486ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 7 luglio 1711. 487ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 11 luglio 1711. 488ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 19 luglio 1711.

489Sulla sua figura si rimanda brevemente a M. OCHOA BRUN, Emabajadas rivales.., pp. 105-106. 490ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 3 luglio 1711.

491ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 10 settembre 1711. 492ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 2 settembre 1711. 493ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1686,4 novembre 1712.

Principe Naturale», la Repubblica di Genova494. Per interpretare questa nuova disposizione

d'animo si potrebbero chiamare in causa le ambizioni nutrite da questo personaggio ambiguo, nel momento in cui la situazione politica internazionale volgeva ormai chiaramente a favore delle Due Corone e Sardi intendeva mantenere per la sua famiglia un ruolo di prestigio anche alla fine della guerra. Lo dimostra efficacemente una lettera, conservata nell'Archivo Historico Nacional di Madrid e risalente all'estate 1713, con cui Angelo Maria Sardi495 scrisse

a Filippo V per manifestare il suo desiderio di servire il sovrano e dimostrargli «el zelo y

amor» portato alla sua figura auspicando che il sovrano lo onorasse «con el nombramiento, y patente de Consul […] en el Puerto de San Remo»: il consenso dei Collegi sarebbe stato

fondamentale per ottenere l'incarico. Il Consejo de Estado, tuttavia, rigettò la sua richiesta spiegando che la Corona spagnola disponeva già di un Console nella città di Genova e ridimensionando notevolmente il ruolo vantato da San Remo durante la Guerra di Successione Spagnola, riducendolo ad un «arraval», ovvero mera periferia, «de aquella Capital», Genova496.

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