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Capitolo II – Il fenomeno corsaro nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno: tra squadre di galere e

II. 2 Giuseppe Pesante alias Peppe Fumo, corsaro con bandiera di Filippo V

II.2.1 Un freno posto ai corsari imperiali

Verso la fine del marzo 1704, venne annotato l'arrivo a Livorno della barca S. Antonio di patron «Giuseppe Pesante detto per sopra nome Fumo di Napoli» che stava convogliando una galeotta francese e la preda marittima realizzata da quest'ultima313; il patrone napoletano si

306Archivo Historico Nacional de Madrid (d'ora in avanti AHNM), Estado, Leg. 660/2, Exp. 136. 307ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1681, 4 marzo 1707.

308ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1678, 1° settembre 1706.

309Tenendo in considerazione che il palmo equivale a circa 25 centimetri, Giuseppe Pesante aveva una statura di circa 1,75 metri.

310ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1678, 4 aprile 1704.

311L'accenno contenuto nel già citato saggio di Luca Lo Basso (Finale porto corsaro spagnolo) ha rappresentato lo spunto per dedicare un po' di spazio alla sua figura nella ricerca condotta dalla sottoscritta e recentemente confluita nella monografia Contra infieles y enemigos de Su Majestad: i finalini e la guerra di corsa durante

la dominazione spagnola, alle pagine 97-100 e 116-118.

312Notevoli suggestioni potrebbero derivare, per quanto concerne la guerra di corsa intra-europea, dalla consultazione delle serie archivistiche fiorentine già considerate per questa ricerca ma, naturalmente, guardando agli anni della Lega d'Augusta. Non è pertinente, invece, studiare il periodo della guerra d'Olanda poiché, in base alle informazioni che si possono ricavare da questa testimonianza, Peppe Fumo sarebbe stato troppo giovane per intraprendere la “carriera” di corsaro.

Altrettanto utili potrebbero rivelarsi eventuai indagini a Napoli, da dove si potrebbero ricavare notizie sull'attività corsara contro i barbareschi: da questo punto di vista, si potrebbe considerare un arco cronologico più esteso trattandosi di un conflitto che prosegue senza soluzione di continuità.

trovava al comando di una «barca, e galeotta, armata al corso con bandiera spagnuola». Il Capitano corsaro – che era partito da Napoli alla volta di Genova per consegnare alcuni dispacci del Viceré all'inviato spagnolo di stanza a Genova – si trovava «verso il Crovo» [Capo Corvo] quando venne raggiunto da «una feluga spedita da Genova dal medemo signor Inviato» che gli trasmise l'ordine di portarsi «in busca della feluga corsara imperiale [del Paganetto]»314, dopo pochi giorni condotta di preda nella rada livornese315.

L'episodio – che potrebbe apparire come un semplice “regolamento di conti” tra corsari nemici – aveva immediati risvolti in chiave politica e diplomatica, innanzitutto da parte del governo toscano, poiché il Capitano Pesante non aveva agito con i legni sottoposti al suo comando bensì aveva noleggiato a Livorno due feluche pescherecce napoletane, inducendo Mario Tornaquinci ad annoverare tale azione come un armamento avvenuto all'interno del porto labronico. Il Console Silva difese il corsaro napoletano motivando il noleggio delle due feluche – sopra cui non aveva fatto altro che trasferire «della sua gente, e le provisioni prese dalla sua barca» – con l'impossibilità di utilizzare la barca e galeotta sottoposte al suo comando «a causa del tempo», precisando come le due feluche gli avrebbero garantito, qualora fosse stato oggetto di assalti da parte del corsaro Paganetto, una maggiore capacità di difesa316. La scelta del corsaro riflette un pensiero ben preciso in termini di strategia navale:

«la furia del tempo» – di cui ci parla una fonte genovese, rimandandoci con la mente ad un clima burrascoso – rese necessario utilizzare legni di dimensioni ridotte rispetto alla barca e alla galeotta per andare in caccia del nemico o semplicemente tutelarsi da attacchi ricevuti. In condizioni meteorologiche avverse, le fonti attestano che la barca e la galeotta avevano difficoltà a viaggiare – spesso erano costrette a rientrare in porto – mentre le feluche riuscivano a proseguire la navigazione senza problemi.

Riprendendo a considerare le ricadute in ambito diplomatico, anche la Repubblica di Genova si trovò interessata nella faccenda e non solamente per il fatto che lo scontro tra i legni nemici avvenne proprio al confine delle acque sottoposte alla giurisdizione ligure, ma per il coinvolgimento di alcuni sudditi genovesi. Il Commissario di Sarzana, ligio alle disposizioni dei Collegi, non appena ebbe notizia della presenza in Bocca di Magra del bastimento imperiale, ordinò ad alcuni soldati di fermare la feluca corsara e porsi a guardia della stessa. Aveva avuto ragione, dunque, il Vice-Console Pleunus quando rifiutò di credere che una tale azione fosse stata voluta dalla Repubblica di Lucca. Ciò significa che nel momento in cui i napoletani assalirono la feluca imperiale colpirono, seppur inconsapevolmente, non l'equipaggio corsaro – che aveva ricevuto ordine di scendere a terra – bensì le sentinelle genovesi che si trovavano di guardia. Le carte relative agli interrogatori rivolti a queste ultime non possono essere riportate in maniera minuziosa ma non si può evitare di rendere merito al fatto che rappresentino una testimonianza tanto pregnante quanto particolareggiata del momento dell'attacco e della violenza che, inevitabilmente, vi fece seguito. Infine, non si può tralasciare il fatto che il Capitano Fumo – dopo aver scoperto di aver aggredito i sudditi della Serenissima – provvide a far medicare i feriti e rassicurarli su un

Segreteria di Stato, 27 marzo 1704. Nel documento si precisa che la barca di patron Pesante non aveva realizzato alcuna presa. Altro elemento utile che si ricava da questa carta è l'allusione all'unione delle forze franco-spagnole – già evidenziato nel paragrafo precedente – non solo per quanto riguarda le squadre di galere ma anche per quanto concerne il naviglio privato.

314ASF, Mediceo del Principato, 1616, lettera del Provveditore della Dogana di Livorno alla Segreteria di Stato, 4 aprile 1704.

315ASF, Mediceo del Principato, 2225, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 3 aprile 1704.

316ASF, Mediceo del Principato, 2225, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 31 marzo 1704.

pronto rilascio, garantendo la restituzione di tutto quanto sottratto: quest'ultimo particolare, tuttavia, non fu seguito alla lettera e diversi genovesi si lamentarono per la mancata restituzione dei loro effetti personali317.

La questione, infine, ci permette di chiarire un altro particolare vale a dire l'unione della barca di patron Lusorio alla nave corsara inglese: se, dopo aver percorso in solitaria le acque alto-tirreniche, era stato indotto a questa opzione, ora se ne possono comprendere appieno le ragioni. I due bastimenti, tuttavia, non si mossero sempre di concerto e ciò rese possibile l'avverarsi dei timori del Capitano genovese: il corsaro – che non si accontentò di essere riuscito a recuperare la tartana francese predata dal Lusorio – aveva intenzione di sferrare il suo attacco al nemico e catturarlo, come in effetti avvenne nei pressi di Viareggio318.

Se nell'esito della vicenda può aver avuto un ruolo determinante la differente esperienza maturata dai due Capitani, non si può ridurre ad essa la scelta di Gio. Antonio Lusorio di abbandonare la barca e porsi in salvo a terra. È plausibile che la consapevolezza della minor pratica si fosse accompagnata ad una riflessione in termini strategici: il tempo di bonaccia impediva alla barca, bastimento a vela, di rispondere efficacemente al nemico mentre la galeotta, bastimento a propulsione mista, poteva supplire a questa carenza attraverso la forza dei rematori che avrebbero reso possibile manovrare il legno anche in condizioni meteorologiche statiche.

Peppe Fumo – questo l'appellativo che ricorre più frequentemente nelle carte – condusse le due prede imperiali nel porto spagnolo di Porto Longone319 dove è possibile che i due

bastimenti, essendo già strutturati per la guerra di corsa, fossero nuovamente destinati ad essa: si ricordi che, da tempo, il Console Silva aveva chiesto al Viceré di Napoli di mandargli delle patenti “in bianco”, ovvero prive del nome dell'intestatario, da concedere ad aspiranti corsari del luogo.

Nel frattempo, da Firenze si ordinò di castigare il corsaro napoletano – partito dal porto senza richiedere la licenza, indifferente agli avvertimenti che gli erano stati lanciati dalla torre – non ammettendolo alla pratica per qualche giorno, in attesa delle scuse formali da parte del Console Silva, in modo tale da salvaguardare la reputazione del molo mediceo – e, di riflesso, del governo toscano – e porsi al riparo dalle fastidiose e ben note ripercussioni in ambito diplomatico. In secondo luogo, l'attenzione del Segretario di Stato venne rivolta a quei marinai della barca imperiale che si erano salvati e che si temeva volessero tornare in Livorno: con la scusante che essi avevano violato le disposizioni dell'Ambasciatore Cesareo, Montauti suggeriva di «disseminar la voce» – avvalendosi di «persona confidente» che avrebbe dovuto muoversi «con destrezza, e senza dare apparenza di dove possa venire» circa il dubbio in merito alla possibilità per costoro di «continuare la lor dimora» nella città livornese, potendo giudicarli a tutti gli effetti come «ladroni di mare»320, inducendoli ad

allontanarsi dalle terre toscane. Non che questa fosse gente così facilmente impressionabile: se coloro che avevano giocato un ruolo di prim'ordine al comando delle barche corsare imperiali si erano recati a Vienna, come già accennato, per presentare querela sulle perdite subite, alcuni dei loro sottoposti, senza porsi alcuno scrupolo, andarono «sopra la barca di Peppe Fumo» – dimostrando che il ritorno economico non conosceva rivali – mentre altri si proposero ad un patrone maltese del quale, purtroppo, non è nota la natura delle attività

317ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1678, 7 aprile 1704.

318ASF, Mediceo del Principato, 2225, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 21 aprile 1704.

319ASG, Archivio Segreto, Lettere Consoli, 2683, lettera del Console Gavi alla Repubblica di Genova, 23 aprile 1704.

320ASF, Mediceo del Principato, 2225, lettere del Segretario di Stato al Governatore di Livorno, 26 e 28 aprile 1704.

marittime intraprese321.

II.2.2 Le stravaganze e gli eccessi a danno degli Stati neutrali: le ricadute in ambito

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