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Il caso del Cavalier Pallavicino come emblema del gioco di forza tra gli Alleati e

Capitolo II – Il fenomeno corsaro nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno: tra squadre di galere e

II. 2.3 «Il più beneficiato uomo de napoletani dal ViceRé»: il Capitano Pesante e le

II.3 Il Cavalier Pallavicino: un oneglino nella schiera di Carlo III

II.3.3 Il caso del Cavalier Pallavicino come emblema del gioco di forza tra gli Alleati e

Come anticipato, il Cavalier Pallavicino non smise di dedicarsi alla guerra di corsa: nel febbraio 1707 il suo armamento realizzò alcune prede a danno di francesi, da lui «rimesse

sua figura si rimanda a P. BIANCHI, Sotto diverse bandiere. L'internazionale militare nello Stato sabaudo

d'antico regime, Franco Angeli, Milano, pp. 67-87.

419ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe di Liechtenstein, 3 febbraio 1707. Effettivamente, il Cavalier Pallavicino si era ostinato nel sostenere di non essere «obbligato a pagare verun diritto alla Maestà» di Carlo III oppure aveva dichiarato esplicitamente «di non volerlo pagare» salvo attenuare questa posizione affermando di non voler «pagare, che dieci per cento» – una replica che si spiega tenendo in considerazione che questa era la percentuale che il Duca di Savoia pretendeva da coloro ai quali aveva concesso la facoltà di armarsi in corso – e, infine, chiedere al Residente Cesareo di mostrargli la patente che lo autorizzava «esiggere [...] tale diritto». Cfr. ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe di Liechtenstein, 1° gennaio 1707 .

420ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Console Norbis, 28 febbraio 1707.

421ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 14 marzo 1707.

422ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe di Liechtenstein, 8 gennaio 1707. 423ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 3 febbraio 1707.

424ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 9 gennaio 1707.

425Non è chiaro, tuttavia, se il governo mediceo fosse a conoscenza della vera portata dell'accaduto: dall'analisi delle fonti toscane emergono semplicemente le risoluzioni prese contro il patrone napoletano – tal Scipionetta di Procida – il figlio del quale era stato incarcerato. Il Barone Ursini Cappa, invece, veniva descritto semplicemente come colui che, ritrovandosi a Livorno «in occasione del suddetto successo», aveva presentato un memoriale a difesa dei connazionali – arrestati ed importunati «per impostura delli ministri del Duca d'Angiù» sulla base di meri sospetti – affinché potessero offrire la loro versione dei fatti. Cfr. ASF,

nelle mani del console degl'Inglesi»426, Christopher Crowe, il quale aveva ricevuto l'incarico

dalla Regina d'Inghilterra di «assistere a tutte le occurrenze degli alleati». Il console inglese cercò di difendere il corsaro dalle pretese dei predati – i quali asserivano che l'arresto fosse avvenuto nelle acque territoriali toscane, violando la neutralità voluta dal Gran Duca – e lo dipinse inverosimilmente come persona di «indole modestissima» e senza altro interesse se non quello di «pretendere che quello a lui concede una netta giustizia»427: a dimostrazione di

ciò, la preda venne restituita in seguito ad un accordo tra i consoli inglese e spagnolo428, caso

unico sul totale delle catture compiute dal Pallavicino nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno. Non è casuale che ciò fosse avvenuto quasi contemporaneamente alla ricezione degli ordini in merito al ritiro della patente al Cavaliere Pallavicino, di cui Norbis rese partecipe il Console Crowe: sarebbe stato difficile credere che questi potesse essere stato così bendisposto, nello spazio di pochi giorni, a giungere ad un'intesa con il Console Silva. Una tale disposizione d'animo trova la giusta chiave di lettura nella considerazione che egli era al momento impegnato in una questione ben più seria, cioè il tentativo di far valere la propria superiorità rispetto al Console Norbis – tenuto a confrontarsi con lui a causa dell'assenza a Firenze un ministro plenipotenziario quale suo diretto superiore429 – nell'occuparsi del caso.

Tra le ragioni avanzate dal Console inglese ve ne era una di particolare importanza, vale a dire l'incarico da lui stesso ottenuto dal Segretario di Stato di Carlo III di proteggere i bastimenti con la bandiera del Re Cattolico: secondo Crowe, ciò non autorizzava Norbis a ingerirsi in questioni attinenti i legni aventi stendardo spagnolo. Di fatto, le argomentazioni del Console inglese trovavano il reale fondamento nel fatto che egli avesse finanziato l'armamento del corsaro430: anche in questo caso, dunque, è innegabile la complicità tra corsaro e console,

questa volta con ricadute particolarmente pregnanti.

Nel frattempo, il Pallavicino venne a conoscenza di ciò che «si maneggiava contro di lui»431. ad informarlo era stato un tal Vincenzo Bussotti di Livorno, forse in affari con il

corsaro. L'elemento di interesse di questo particolare è dato dal fatto che si collegava al tentativo del Console Norbis di coinvolgere il governo mediceo nella questione chiedendo un'agevolazione nell'arresto del Cavaliere, come Francesco Terriesi, il Provveditore della Dogana di Livorno, lo aveva incoraggiato a fare432. Invece, il Granduca era stato fermo nel

voler evitare impegni, ordinando al Governatore della città di ricorrere proprio al Bussotti: questi, senza lasciar intuire che gli fosse «stata ordinata una tal parte», doveva far capire al Pallavicino la sorte che lo attendeva, consigliandogli di «non far venire la sua barca in codesto porto per sfuggire ogni impegno», come sarebbe stato inevitabile venendo presentate «le instanze a nome dell'Imperatore […] fratello del medesimo Carlo III»433.

426ASF, Mediceo del Principato, 1620, lettera del Provveditore della Dogana di Livorno alla Segreteria di Stato, 11 febbraio 1707.

427ASF, Mediceo del Principato, 2287, lettera del Console Crowe alla Segreteria di Guerra, 28 febbraio 1707. 428Ciò sarebbe avvenuto in maniera particolare, in seguito ad un accordo tra i Consoli d'Inghilterra e di Spagna i

quali avevano stabilito di nominare ciascuno un perito per «far stimare la tartana predata, et a seconda del valor di essa, dare un beveraggio al Cavalier Pallavicino a titolo di bastimento abbandonato, e restituire questo al suo primiero patrone». ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno, 4 marzo 1707.

429M. AGLIETTI, Politica, affari e guerra..., cit., p. 364. Nonostante ciò, come indicato da Aglietti, generalmente Norbis preferiva affidarsi al Console d'Olanda che reputava meritevole di fiducia.

430ASM, Carteggi Consolari, 19, lettera del Console Norbis a Molinari, 16 marzo 1707. 431ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe di Liechtenstein, 24 marzo 1707. 432ASM, Carteggi Consolari, 19, lettera del Console Norbis a Molinari, 16 marzo 1707.

433ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Segretario di Stato Montauti al Governatore di Livorno, 25 marzo 1707. Non si trattava della prima volta in cui il Governatore di Livorno si rivolgeva a questa figura: le fonti toscane attestano che già in altre occasione si era rivolto al Bussotti per trasmettere al Pallavicino avvisi ed inviti a tenere comportamenti più moderati e consoni al rispetto della neutralità del porto. ASF, Mediceo

Norbis commentò amareggiato: «Non può credere quanto [Cosimo III e il suo entourage] lo temino [il Cavalier Pallavicino], caso che mutasse bandiera. Certo è, che dove prima gli facevano ogni opposizione, tutto facilitano presentemente per non irritarlo. Il peggio è, che di questo istesso sentimento sono i Consoli Aleati, e non il solo Inglese» – che, non a caso, era ricorso all'Ammiragliato d'Inghilterra protestando contro Molinari e Norbis – «ma anco l'Olandese», il quale non approvava «il privarsi di detto Cavagliere e forze obbligarlo a prendere diverso partito»434. Se quest'ultimo espresse un giudizio basato su una valutazione

specifica, vale a dire la necessità, per gli Alleati, di non ridurre il numero dei corsari attivi in quell'area del Mediterraneo – e, particolarmente, non perdere un elemento come il Pallavicino che si era distinto non poco per il suo dinamismo – il Console Crowe era giocoforza maggiormente implicato nella faccenda: il palese interesse nel proteggere il corsaro era reso evidente dal fatto che fosse stato lui a suggerirgli di «fare tutti i passi imprudenti, et arditi» sulla questione dei diritti; e con ciò spiega anche per quale motivo il Molinari avesse tenuto i contatti con Norbis, anziché con Crowe per quanto ufficialmente «Console pro interim» di Carlo III435.

Molinari informò il sovrano del favore con cui l'annullamento della lettera di marca era stato accolto dalla Repubblica di Genova e dallo stesso Principe Eugenio di Savoia436 e, al

contempo, cercò di convincere Norbis del fatto che i timori dei Consoli alleati fossero del tutto infondati: egli riteneva impensabile che il Cavaliere potesse «ardir tanto di abusarsi della patente annullata» e non credeva che egli sarebbe passato nello schieramento avverso perché avrebbe commesso «in un tempo stesso due gravissimi delitti, l'uno di fellonia contro del suo sovrano, e l'altro di disubbidienza contro la proibizione del Gran Maestro di Malta»437.

Il destino volle che proprio in quei giorni, il Cavalier Pallavicino, come anticipato, perdesse l'unità maggiore del suo armamento, a causa dell'esplosione di un cannone difettoso che ne sfondò la prua. Molinari, con parole impietose – «Iddio ha vindicate tante azioni biasimevoli, commesse dall'uno [Pallavicino] e dall'altro approvate [Crowe]»438 –, ne informava il Principe

Eugenio lamentandosi per non aver ancora ottenuto il pagamento dei diritti a causa delle continue dilazioni del Console inglese, il quale aveva perso con il naufragio i sogni di nuovi profitti.

Nel frattempo, il Residente Imperiale avvisò il Crowe del fatto che la Repubblica di Genova avesse «dati gli ordini a tutti i Commissari de' suoi Porti di non considerare più il Cavalier Pallavicino, come patentato»439. Con quest'ammonizione che lasciava presagire un

processo per pirateria che avrebbe coinvolto lo stesso rappresentante dell'Inghilterra, si assistette a un deciso mutamento di tono nello scambio di missive tra Molinari e Crowe, divenuto d'un tratto estremamente cauto e accondiscendente nei confronti del suo interlocutore440 tanto da spingere il Residente Imperiale a renderne partecipi i suoi numerosi

corrispondenti – che, per mesi, erano stati subissati dalle sue lagnanze – e ad affermare che

del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 25 marzo 1707.

434ASM, Carteggi Consolari, 19, lettera del Console Norbis a Molinari, 16 marzo 1707. 435ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe di Liechtenstein, 24 marzo 1707. 436ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari a Carlo III, 24 marzo 1707.

437ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Console Norbis, 20 marzo 1707. Non è noto in che termini fosse intervenuto l'Ordine di Malta nei confronti del Pallavicino ma si sa che il Gran Maestro gli aveva proibito di montare il suo bastimento (Cfr. ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe Eugenio, 20 marzo 1707) come dimostra il fatto che nei primi mesi del 1707 le prede venivano compiute non dal Pallavicino stesso – il quale soggiornava a Livorno e a l'Avenza (Massa), dove si occupava dell'armamento di nuove feluche – bensì dal suo Tenente, Salvador Piana di Oneglia.

438ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Principe Eugenio di Savoia, 25 marzo 1707. 439ASM, Carteggi Consolari, 6, lettera di Molinari al Console Crowe, 3 aprile 1707.

«ogni cosa resta[va] aggiustata»441.

Quando sembrava che il Cavalier Pallavicino fosse pronto a saldare i suoi debiti con Molinari e riconoscere i dovuti diritti al sovrano442, si assistette ad un ribaltamento della

situazione: il Principe Eugenio di Savoia lo autorizzava a riprendere l'attività corsara443,

stimando quanto fosse necessario «disturbar la comunicazione della Francia con l'Italia per via di mare», essendo questo il percorso più facile e meno dispendioso per i nemici444. Ci sono

due ipotesi che possono essere formulate per cercare di spiegare per quale motivo il Pallavicino – che, di fatto, ancora non aveva versato un soldo alle casse spagnole – fosse stato reintegrato nel suo incarico: nessuna delle due esclude l'altra. La prima induce a pensare ad un'ingerenza degli Alleati nella questione come, in qualche modo, le proteste avanzate dallo stesso Console d'Olanda lascerebbero intuire: anche su questo piano, dunque, Carlo III avrebbe dovuto scontare la sudditanza nei confronti dell'Inghilterra, tratto caratterizzante della Guerra di Successione Spagnola. La seconda, invece, chiama in causa più da vicino il Principe Eugenio di Savoia: è verosimile che uno stratega della sua portata avesse riflettuto sul ruolo- chiave che il Cavaliere Pallavicino avrebbe potuto svolgere via mare nell'attesa resa del Regno di Napoli mentre non vi era la stessa necessità di coprire le acque del Mar Ligure e dell'Alto Tirreno con i legni al comando del controverso Cavaliere di Malta poiché – da quando il Marchesato del Finale aveva riconosciuto re Carlo III – queste iniziavano ad animarsi delle veloci feluche dei corsari finalini.

II.3.4 Il nuovo armamento del Pallavicino al servizio dell'avanzata asburgica nella

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