Capitolo III – La guerra di corsa nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno: l'attività dei corsar
III.1 L'attività corsara lungo le coste liguri
III.1.3 La Riviera di Ponente: corsari maiorchini e napoletani
Tra le presenze corsare che animavano il Mar Ligure merita di essere brevemente considerata quella del maiorchino Pietro Antonio Rocca che, al comando di una galeotta, agì, nell'agosto 1709, insieme a due brigantini della stessa nazione497: le sue azioni si
concentrarono nella zona di Alassio poiché egli era solito dimorare «all'Isola d'Albenga», cioè all'Isola Gallinara. Una breve analisi della sua figura consente di iniziare a comprendere la diversità delle dinamiche che attraversarono le due Riviere della Repubblica di Genova. Il corsaro, dopo aver tentato di predare «poco distante dalla case» una tartana di Ceriale, venne imprigionato ad Alassio498; la carcerazione era dovuta sia alla volontà di punire il maiorchino
per l'azione compiuta sia al bisogno di proteggere la navigazione di «due barche cariche di grano per San Remo e Ventimiglia»: i Collegi ordinarono infatti al podestà di Alassio di rilasciare il corsaro solamente dopo aver ricevuto dai patroni genovesi un «responsale» che attestasse l'avvenuto sbarco del prodotto «in Ventimiglia, o in altri luoghi del Dominio»499.
494ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1685, 7 luglio 1711.
495È presumibile si tratti di un parente di Francesco Maria, se non addirittura dello stesso figlio citato nella documentazione.
496AHNM, Estado, Leg. 661/2, Exp. 27, 15 luglio 1713.
Sul generale declino del porto di San Remo all'inizio del XVIII secolo si rimanda a R. STILLI, Un porto per
Sanremo: difficoltà tecniche e problemi politico-finanziari, in G. DORIA, P. MASSA PIERGIOVANNI (a
cura di), Il sistema portuale della Repubblica di Genova..., pp. 294-295, saggio al quale si rinvia anche per avere una panoramica generale sulla difficile storia del porto di San Remo e sui problemi affrontati dalla comunità locale in riferimento ad essa nel corso dell'età moderna.
497Al tema della guerra di corsa a Maiorca ha dedicato numerosi studi lo storico maiorchino G.A. LÓPEZ NADAL. Tra i suoi lavori si ricordano El corsarisme mallorquí a la Mediterrània occidental, 1652-1698. Un
comerç forçat., Direcció General de Cultura, Palma de Mallorca, 1986; El corsarisme com a institucio marítima; els judicis de preses a Mallorca (1654-1687), in «Pedralbes. Revista d'Historia Moderna», n. 13, 2
(1993), pp. 93-102; El Capità Jaume Canals i els negocis per mar, «Bolletí de la Societat Arqueològica Lulliana, Revista d'estudis històrics», 65 (2009), pp. 141-154; infine, dello stesso autore e A. MOREY TOUS,
El corso como servicio a la Corona y opotunidad de negocio para los particulares. La escuadra de Mallorca (1660-1684), in «Revista de Historia Industrial», 73 (2018), p. 11-42.
498ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1683, 22 agosto 1709.
499ASG, Archivio Segreto, Litterarum, 1753, 27 agosto 1709, lettera della Repubblica di Genova al Podestà di Alassio.
Nel frattempo, dal carcere, il corsaro maiorchino scrisse al figlio del Marchese Aribert500 il
quale si era occupato di intercedere per la sua liberazione: il Marchese promise a nome di Pietro Antonio Rocca che «lungo la Riviera di Genova, e sotto il tiro del suo cannone» non avrebbe più molestato i legni genovesi. Un rilascio avvenuto, dunque, dietro una «promessa giuratoria» su cui gli stessi Collegi non si fecero grandi illusioni – il caso di Giuseppe Pesante (Peppe Fumo) e degli altri corsari napoletani durante la Guerra della Lega d'Augusta era certamente ancora vivo nella memoria dei patrizi di governo501 – poiché, già ai primi di
settembre, il Podestà di Alassio tornò a scrivere circa una nuova preda, avvenuta in distanze non consentite, a danno di un «pinco nationale» condotto alla Gallinara502. Probabilmente si
trattò nuovamente di Pietro Antonio Rocca, il quale in seguito si spostò verso la Corsica e la Sardegna: nei pressi di Ajaccio riuscì a impadronirsi del legno di un patrone genovese – fuggito a terra con i suoi uomini temendo un attacco da parte dei turchi – mentre non diede alcun fastidio all'alassino Angelo Negro «suo conoscente», incontrato «sotto ad una torre detta il Trabucco nell'Isola dell'Asinara in Sardegna»503. La promessa che i Collegi genovesi
avevano preteso da Aribert servì loro per cercare di disporre, sul piano diplomatico, di un peso maggiore nel confronto richiesto ai rappresentanti di Carlo III: violata la parola data, non si permise alcun indugio da parte del Marchese al quale venne chiesto di provvedere all'indennizzo del patrone genovese «con la restituzione del suo bastimento, merci e robba»504.
Nel Ponente ligure, oltre al corsaro maiorchino, venne segnalata anche la presenza di un «felucone corsaro d'Evisa» (Ibiza) che, nell'estate 1709, cercò di impadronirsi di due pinchi di Laigueglia505 mentre per i mesi conclusivi del conflitto compaiono tra le carte i nomi di
corsari catalani: a loro sono attribuili i pochi casi di preda contro i nemici francesi506. Per uno
di questi isolati episodi – due barche francesi catturate da un maiorchino – le carte consentono un approccio ad un aspetto che, finora, non ha avuto modo di comparire in questa esposizione, vale a dire le caratteristiche dell'economia che ruotava attorno alla guerra di corsa in ambito terrestre: non certo per mancanza di fonti bensì perché non avrebbe potuto essere altrimenti, trattandosi perlopiù di assalti a barche con bandiera neutrale e quindi, in quanto tali, prede non legittime e soggette al rilascio. Invece, per il caso accennato, risalente al luglio 1713, a fare l'acquisto dei due bastimenti predati fu un savonese, tal Garibaldo: si trattava probabilmente dello stesso patrone che, più volte, sia durante la Guerra di Successione Spagnola sia durante la Guerra dei Nove Anni era caduto nelle grinfie dei corsari507. In questa occasione, compariva
non più come vittima bensì come mercante che beneficiava di un acquisto realizzato a prezzi vantaggiosi: tali ruoli, dunque, erano facilmente interscambiabili e compenetrabili tra loro.
Al di là di queste sporadiche presenze appena considerate, i corsari più attivi continuarono ad essere i napoletani che, nell'agosto 1712, arrestarono numerosi legni genovesi: le galeotte al comando di Andrea e Costanzo Persico attaccarono, nel tratto costiero compreso tra Genova e l'estremo ponente ligure, due leudi che trasportavano grano a Marsiglia –
500ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1683, 24 agosto 1709. 501T. DECIA, Contra infieles y enemigos..., cit., pp. 111-113.
502ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1683, 7 settembre 1709. La stessa fonte dà per scontato che la preda sia stata condotta a Finale: per correttezza si segnala che, neanche per questo caso, è conservata documentazione del Tribunale competente in materia.
503ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1683, 20 settembre 1709. 504ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1683, 9 ottobre 1709.
505ASF, Mediceo del Principato, 2230, lettera scritta da Genova al Governatore di Livorno, 31 agosto 1709. 506ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1686, 14 gennaio 1713.
507Per il periodo oggetto di questa ricerca patron Francesco Garibaldo era stato fermato più volte da diversi corsari: dai finalini nel 1704 e nel 1708 [ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1678, 27 febbraio 1704 e 1682, 19 settembre 1708], dagli oneglini nel 1706 [ASG, Archivio Segreto, Maritimarum, 1680, 31 agosto 1706]. Per il periodo precedente si rimanda a T. DECIA, Contra infieles y enemigos..., cit., p. 95 e 115-116.
mandandoli di presa nel porto di Livorno – mentre furono costrette al rilascio di una barca e di una tartana che, a causa del maltempo, avevano toccato i porti corsi di Bastia e Calvi508; forse
fu una di queste galeotte corsare a condurre a Livorno altri due legni neutrali intercettati tra Savona e Marsiglia. Il Provveditore della Dogana del porto labronico riportò la notizia spiegando che «la barca che porta li cedrati a Marsiglia, non [era] mai partita» e commentò la scelta del suo comandante con parole che non lasciano alcun dubbio sul dinamismo della guerra di corsa in questo periodo: «credo che l'averà indovinata […]; conviene accomodarsi a tempi, e aver pazienza»509.