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La guerra di corsa come attività marittima “integrativa”: l'esempio di Francesco

Capitolo III – La guerra di corsa nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno: l'attività dei corsar

IV.3 Il ritorno degli Austrias: una nuova stagione corsara per i patroni finalini

IV.3.3 La guerra di corsa come attività marittima “integrativa”: l'esempio di Francesco

Si torni ora a considerare una delle figure attive in veste di corsaro già nel periodo precedente al ritorno degli Austrias nel Marchesato, Francesco Benzo: egli, analogamente a quanto era accaduto a Pietro Saccone, non ebbe sorte migliore. Nel dicembre 1707 patron Benzo arrestò una barca francese compiendo una preda che si presumeva legittima. La

1710 risultava debitore anche nei confronti di un altro finalese, Francesco Burone, il quale gli aveva venduto a credito 8.000 lire di «pannine» per la bottega del Formento. In quegli anni, la vendita di panni era fiorente per i mercanti finalesi che la commerciavano sia al dettaglio, all'interno delle loro botteghe, sia inserendosi nei mercati delle Langhe: i legami con i piemontesi si rafforzarono proprio in quegli anni. P. CALCAGNO,

«La puerta a la mar»..., cit., p. 293 e 300.

778ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2268, 10 gennaio 1712. 779ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2267, 27 giugno 1710.

780Non è noto quale grado di parentela intercorresse tra le due famiglie: Agostino Bochiardo era figlio di Bartolomeo, mentre Gio. Batta era figlio di Stefano. Il consuocero di Agostino Bochiardo, dunque, non va confuso con Gio Batta q. Gio Andrea, proprietario della casa dove il Capitano Bochiardo viveva in affitto. 781ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2270, 21 aprile 1714.

«tartanotta» era vecchia e non era in condizioni perfette ma, per corsari abituati ad arrestare patroni neutrali ed avvantaggiarsi esclusivamente dell'eventuale carico spettante a nemici, non era certo una preda da disdegnare. Invece, venne a luce che il patrone predato era al servizio dell'armata di Carlo III e di quella anglo-olandese: non per volontà, naturalmente, ma perché il territorio dove abitava era stato invaso dai nemici, la sua casa era stata svaligiata dai soldati e, di fatto, lui era stato costretto a porsi al loro servizio per il trasporto di soldatesca e di viveri782. Per questo motivo, è presumibile che al corsaro non restasse altra alternativa se non

il rilascio: dopo questo episodio, il Tribunale delle Prede Marittime non offre altre informazioni sulla sua figura. Il libro della Confraternita di Sant'Erasmo in cui venivano annotati i viaggi compiuti dai patroni locali registra un suo viaggio «in corso» il 1° aprile 1707, proprio nel momento cruciale del passaggio del Marchesato dai Borbone agli Asburgo: sfortunatamente, le registrazioni non precisano i dettagli della vicenda né proseguono oltre l'estate di quell'anno783.

Egli si dedicò – particolarmente tra il 1708 e il 1709 – alla vendita di diversi bastimenti ma non dovette trattarsi di navi derivanti da preda marittima: allo stato attuale delle ricerche, risulta che le prede commesse dai finalini – o da altri corsari spagnoli che giungevano al Finale – furono tutte a danno di legni genovesi784. Sicuramente egli continuò ad essere molto

attivo nei viaggi di carattere commerciale e il fatto che nella sua impresa investissero persone appartenenti ad alcune delle famiglie più benestanti del Marchesato pare un chiaro indicatore del fatto che egli fosse un mercante affidabile e in grado di realizzare una certa fortuna sul mare. Nel luglio 1712, Gio. Batta Buraggi q. Bernardo di Finale dichiarò di aver ricevuto da patron Benzo le lire 500 e i relativi «utili marittimi decorsi sino alla giornata presente in

782Il patrone predato era Donato Rosa di Caneva [Cannes] il quale era stato arrestato al largo della Bordighera mentre stava rientrando a Nizza. Trattandosi di un bastimento impiegato per gli scopri sopracitati, a bordo non erano presenti merci di alcun tipo anche perché, per cercare di salvare i propri beni dalla furia dei soldati, il patrone aveva trasferito a bordo del legno alcuni mobili ed utensili che si trovavano in casa, nel tentativo di limitare le perdite. ASCF, Camera, Tribunale del Prede Marittime, 110, fascicolo 5 settembre 1707.

783ASDS, Finale Ligure Marina, Parrocchia di San Giovanni Battista, Manoscritti, Sala 3, Sezione IV, 14. 784Nell'estate 1708 patron Benzo vendeva a patron Gio. Batta Sebera di Laigueglia la tartana Nostra Signora

del Rosario «ancorata nella spiaggia del Finale», di portata 400 cantari circa, per la somma di lire 1.000

sborsate dall'acquirente al momento della stipula dell'atto. ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2266, 22 agosto 1708.

Nella primavera del 1709, patron Benzo e Giuseppe Vacca q. Geronimo (che interveniva anche a nome della sorella Rosalia, vedova di Pietro Cortese) nominavano come loro procuratore il finalese Gio Batta Bovagno [Boragno] q. Angelo per far stimare la barca S. Raffaele che si trovava nel porto di Savona e farne seguire la vendita. ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2266, 6 aprile 1709. Una misura che, evidentemente, si era resa necessaria in seguito a una lite maturata tra i proprietari del legno: infatti, poche settimane prima patron Benzo era stato nominato a sua volta procuratore da Angelo Antonio Olivero q. Antonio di Alassio il quale lo aveva incaricato di «presentare nelli atti civili di questa curia di Finale una istanza, o sia protesta […] contro li partecipi della barca nominata S. Raffaele, appellata La Fidelara che di presente si ritrova nel porto di Savona». Patron Olivero chiedeva al Benzo di impegnarsi nella causa fino alla fine, «tanto in prima, quanto in seconda, ed ulteriori instanze», per ottenere il credito di lire 655.2.8 che egli vantava nei confronti di tali partecipi, come riconosciuto nella «sentenza arbitrale fatta dal signor Agostino Ferro, registrata in atti del notaio Gio. Francesco Rossiano sotto li 21 cadente». Dunque, con tutta probabilità, i comproprietari nella S.

Raffaele avevano fatto stimare il legno per saldare il debito con patron Olivero. ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2055, 23 marzo 1709.

I legami tra Francesco Benzo e Angelo Antonio Olivero non si erano limitati a quell'episodio: nel maggio di quello stesso anno, il primo aveva venduto al secondo la tartana Santissima Annonciata, di portata 400 cantari, che era ancorata nel porto di Alassio. La somma pattuita era di 100 scudi d'argento «della stampa, e corona di Genova», che equivalevano a 7 lire e 2 soldi l'una, per un totale di 710 lire. ASS, Notai distrettuali,

Notai del Finale, 2266, 2 maggio 1709. Nel 1711 fu patron Olivero a svolgere il ruolo di procuratore per

conto del Benzo: il finalino vantava un credito nei confronti dei fratelli Alvise e Lorenzo Lombardo di Alassio, per ragioni non specificate. ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2737, 11 novembre 1711.

diverse partite come appare dal conto firmato d'ordine di detto patron Benzo»: si trattava di una somma che il Buraggi aveva investito quasi dieci anni prima, nell'ottobre 1703785. A

credere nella sua impresa furono anche alcuni membri di un'altra importante famiglia della marineria finalina, quella dei Da Travi: Francesco Benzo e Nicola Bochiardo q. Vincenzo ricevettero, nel dicembre 1713, lire 449.7.10 da parte di Gio. Antonio e Gio. Batta Da Travi q. Bartolomeo nei confronti dei quali risultavano creditori per un quantitativo di grano acquistato ad Alassio786. Non che il patrone finalino non fosse mai coinvolto in controversie e

liti con le persone con le quali era in affari ma, evidentemente, non si trattava di nulla che potesse minare la solidità della fiducia riposta in lui787.

Infine, per dimostrare che patron Benzo era riuscito a distinguersi nelle attività marittime pare illuminante l'instrumento notarile riguardante la dote concessa alla sua primogenita che aveva contratto matrimonio con Bernardo Bonavia q. Gio. Antonio «del loco di Alassio habitante in Finale»788: lire 1.000 «oltre le robbe descritte» in una «lista annessa»,

sfortunatamente non conservata. La cifra, in realtà, era in linea con le doti versate da altri patroni del Finale che avevano raggiunto un certo grado di agiatezza: a destare interesse è il fatto che la somma fosse stata interamente sborsata al momento del rogito notarile e non, come accadeva generalmente, con l'anticipo di una parte e l'impegno a versare la restante entro un certo numero di anni789. Questa opzione venne scelta, invece, per il matrimonio di

un'altra sua figlia, Maria Angela: stessa dote ma, questa volta, patron Benzo pagava 400 lire al momento della stipula dell'atto notarile, impegnandosi a corrispondere le restanti 600 lire entro tre anni, riconoscendo un interesse del 4% annuo790. È naturale interrogarsi su che cosa

potesse aver indotto Francesco Benzo ad agire diversamente: certamente, egli affrontò investimenti economici rilevanti. Ad esempio, nel 1719 si era accordato con Benedetto e Gio. Batta Carassa q. Gio. Bernolfo di Calizzano in merito alla barca Immacolata Concezione che avevano fatto «fabricare nella […] spiaggia di Finale»: patron Benzo risultava proprietario per metà, l'altra metà era dei fratelli Carassa. La portata del bastimento era notevole – 2.000 cantari – e la sua realizzazione era costata 2.500 pezzi da otto reali791. Una riflessione su

quanto il passaggio del Marchesato del Finale alla Repubblica di Genova avesse contribuito a quella che dà la netta sensazione di essere una riconversione commerciale è prematura da

785ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2668, 26 luglio 1712. Anche in questo caso è possibile notare come le relazioni d'affari andassero di pari passo con la costruzione delle rete di alleanze familiari e sociali: nell'agosto 1702, Ferdinando Buraggi – fratello di Gio. Batta – aveva tenuto a battesimo Maria Angela, figlia di patron Benzo.

786ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2391B, 11 dicembre 1713.

787Nel novembre 1717 il Capitano Gaetano Burlo, per ordine del Governatore del Finale, cercava di risolvere una controversia maturata tra il Benzo e patron Giacomo Coppello q. Geronimo di Lavagna, stabilendo che il primo dovesse pagare al secondo 112 lire. ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2392B, 19 novembre 1717. I contatti tra i due uomini, tuttavia, non cessarono: pochi mesi dopo, patron Benzo e il genero Bernardo Bonavia facevano quietanza allo stesso patron Coppello relativamente al pagamento di un carico di legname. ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2270, 23 marzo 1718.

788Il paese d'origine dello sposo è un'ulteriore conferma dell'abilità del Benzo di costruire un rete di alleanze familiari, sociali e professionali anche al di fuori del Marchesato.

789ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2268, 6 febbraio 1712. 790ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2740, 5 novembre 1733.

791I tre uomini avevano stabilito che il legno dovesse essere patroneggiato dallo stesso Benzo «o chi per lui»: le due parti ne correvano «il risico marittimo per detta sua metà sì alla destra, che alla sinistra del mare» e patron Benzo prometteva che alla fine di ogni viaggio avrebbe consegnato ai due fratelli «li veri, e reali conti» e pagato gli eventuali utili derivanti dall'impresa. Nell'atto si stabiliva anche che «in caso di discordia, o divisione tra detti parti» la barca sarebbe stata posta «a partito» e deliberata al miglior offerente. Inoltre, si lasciava libero il Benzo di vendere il legno se lo avesse desiderato a patto di riconoscere ai due fratelli Carassa la metà della somma ottenuta dalla transazione. ASS, Notai distrettuali, Notai del Finale, 2270, 20 giugno 1719.

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