Capitolo III – La guerra di corsa nel Mar Ligure e nell'Alto Tirreno: l'attività dei corsar
III.3. Livorno e Portoferraio
III.3.2 Quale legittimità per sudditi e navi di Carlo III? Il dibattito a Livorno
Nel momento in cui era apparve palese che l'andamento del conflitto stesse per conoscere una svolta, all'interno degli Stati che avevano optato per la neutralità si avviò una discussione per ragionare su un problema alquanto rilevante sul piano diplomatico – che nel caso toscano avrebbe inciso sui rapporti tra Cosimo III, Filippo V e Luigi XIV: il comportamento da adottare con le navi che esponevano stendardo di Carlo III e con le figure che svolgevano il ruolo di rappresentante per il sovrano della Casa d'Austria.
Verso la fine del marzo 1707, parlando con il Segretario di Guerra delle mosse del governo mediceo – una volta venuto al corrente delle decisione assunte nella vicina Repubblica di Genova – il Governatore di Livorno confidò che «l'Amico di Genova» lo aveva informato del fatto che i Collegi non avevano ancora stabilito alcunché576. Di fatto, per Livorno, la questione
570AHN, Estado, Leg. 5035/1, 24 marzo 1708.
571ASF, Mediceo del Principato, 2229, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 16 aprile 1708.
572Per un breve inquadramento sulla sua figura e carriera politica si rimanda a A. TEDESCO, Juan Francisco
Pacheco V Duca di Uceda, uomo politico e mecenate tra Palermo, Roma e Vienna nell'epoca della Guerra di Successione Spagnola, in A. ALVAREZ OSSORIO, B. J. GARCIA GARCIA, V. LEON SANZ, La perdida de Europa, cit., pp. 491-498. Ampio spazio al suo ruolo di ambasciatore durante la Guerra di Successione è
stato dato nella già citata opera di M. OCHOA BRUN, Emabajadas rivales..., cit..
573La notizia era giunta anche a Livorno dove pareva prossimo l'arrivo del «signor Duca di Tursi, con la sua squadra di galere» con «inalborato lo stendardo di Napoli». ASF, Mediceo del Principato, 2229, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 21 marzo 1710.
574AHN, Estado, Leg. 2989, 19 luglio 1710.
575LO BASSO, Gli asentisti del re..., cit.,, pp. 425-428.
576ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 30 marzo 1707.
divenne impellente qualche mese dopo, quando iniziarono a circolare voci sull'armamento che si stava realizzando, a Napoli, di due navi poste sotto il comando del noto Capitano Giuseppe Pesante577: il Governatore temeva che egli, una volta giunto nel porto labronico, potesse
pretendere un trattamento simile a quello goduto in passato, quando il Console Silva aveva dichiarato che le sue navi erano di «armamento regio». Prendere ad esempio Genova non era possibile: la Repubblica non si era ancora trovata a dover gestire un caso analogo578. Pertanto,
il Segretario Montauti ribadì le disposizioni del dicembre 1705, quando – in seguito all'entrata del pretendente asburgico a Barcellona – il problema aveva riguardato esclusivamente i legni catalani e maiorchini: Tornaquinci avrebbe dovuto persuadere i comandanti dei bastimenti con bandiera di Carlo III «a non fare ne pretendere saluto veruno» e troncare in tal modo ogni dilemma579. In un secondo momento, la questione venne ulteriormente precisata: qualora
fossero comparsi bastimenti «con bandiera di Carlo Terzo, o con quella di Spagna, ma a devozione del medesimo» sovrano, i Governatori dei porti toscani avrebbero dovuto astenersi «da farli salutare, ancorché alcuno di essi [fosse] il primo a salutare la piazza»580.
D'altronde, le misure cautelari prese per evitare dissidi con le Due Corone parvero non essere sufficienti, essendo bastato molto meno per sollevare le proteste del Console di Francia. Quest'ultimo si lamentò con Tornaquinci perché nel porto di Livorno era stato consentito a una nave di preda inglese di caricare dei cannoni su una tartana che pareva diretta alla Spezia per armare il nuovo bastimento del Cavalier Pallavicino «con bandiera dell'Arciduca»: il Console Gibercourt aveva asserito che le Due Corone «non la riconoscevono» e che «non dovevasi riconoscere» nemmeno da altri. Nella replica a tale doglianza, il Governatore di Livorno citò precedenti analoghi senza, tuttavia, andare a toccare il nocciolo della questione: egli si richiamava a episodi riguardanti il palese o supposto armamento di legni spagnoli o francesi e non, come avrebbe dovuto, il problema della bandiera, vero oggetto della discussione581.
La situazione incontrò una svolta nel 1710 quando il Granducato di Toscana iniziò a mostrare segni di inclinazione per il riconoscimento di Carlo III come re di Spagna: a partire da quel momento, si ordinò di trattare le navi con bandiera di questo sovrano «conforme quelli degl'altri potentati»582. Una scelta con ricadute di non poco conto, come si avrà modo di
577La morte del celebre Peppe Fumo era avvenuta probabilmente in quei giorni: già nella lettera del 19 agosto si scriveva che le sue navi sarebbero state comandate da un «Cavaliere di Malta tedesco»: successivamente si faceva il nome del Cavalier Pallavicino.
578ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 10 agosto 1707. Sfugge – differentemente da quanto evidenziato da Zamora Rodríguez nel suo lavoro sul consolato spagnolo a Livorno – la percezione delle pressioni esercitate da Silva nei provvedimenti che sarebbero stati presi dal governo mediceo: l'impressione è che si tratti più di un confronto maturato tra Governatore e Segretario di Guerra su un questione che avrebbe potuto determinare impegni per lo Stato mediceo. F.J. ZAMORA RODRÍGUEZ, «La 'pupilla dell'occhio della Toscana'..., cit. p. 158.
579ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Segretario di Stato al Governatore di Livorno, 20 agosto 1707.
580ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Portoferraio alla Segreteria di Guerra, 23 settembre 1707. L'attraente tema dei saluti portuali a Livorno è stato di recente trattato da A. BIAGIANTI,
Saluti di mare. La costruzione del cerimoniale marittimo nel porto di Livorno (1648-1714), in «Annali
dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici», XXXI, 2018, pp. 211-246. In maniera interessante, Zamora Rodríguez – considerando il gioco di forza che si sviluppava tra Granducato di Toscana e Repubblica di Genova, in riferimento al rilievo internazionale dei porti toscani e liguri – ha accennato all'importanza dei saluti portuali nel mantenimento di una «balanza de poderes» tra gli Stati italiani. F.J. ZAMORA RODRÍGUEZ, «La 'pupilla dell'occhio della Toscana'..., cit. pp. 45-46.
581ASF, Mediceo del Principato, 2231, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 31 ottobre 1710.
582ASF, Mediceo del Principato, 2231, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 29 aprile 1710.
constatare più avanti.
Anche l’operato dei consoli fu a dir poco confuso, e aggiungeva altri elementi di conflitto giurisdizionale. Prendiamo l’esempio del Console Norbis, «un console imperiale che agiva in virtù di patente, autorità e protezione dell’imperatore, ma che nonostante ciò era chiamato a esercitare l’impiego non per gli Stati e i sudditi dell’Impero [...] bensì dei sudditi del Regno di Spagna»583. La situazione era resa ancora più sdrucciolevole dal mancato riconoscimento, da
parte del Granducato di Toscana, del titolo monarchico per Carlo III: quando agli inizi del 1707 si sospettò che Norbis avesse ricevuto la patente consolare anche da questo sovrano e che, presso la sua abitazione, volesse «inalborare pure l'arme di Spagna», il primo pensiero del Governatore di Livorno fu legato al timore di «entrare in impegni» con le Due Corone584;
allo stesso modo – «non potendo [...] dubitare» che il Granduca non riconoscesse «la maestà di Filippo Quinto per Re delle Spagne, e di Napoli, benché [...] tiraneggiata per alcuna parte dall'arme de i tedeschi» – si comportò il Governatore di Portoferraio quando si presentò a lui un soldato spagnolo, Giuseppe Velardes, che sulla base di una patente concessagli dal Conte di Martiniz voleva esercitare la carica di Console in quella piazza per conto di Carlo d'Asburgo585.
Poi c’era il problema del riconoscimento della qualifica consolare da parte degli operatori marittimi che facevano riferimento alle due potenze in lotta. Se nel caso dei pochi «tedeschi che faccino figura», il Console Norbis accettò di buon grado che questi preferissero la protezione del Console d'Olanda586, così non fu per i patroni provenienti dal Marchesato del
Finale che scelsero di far riferimento al collega inglese Crowe: il Console Imperiale chiese al Governatore di «ritenere con la forza» i patroni finalini che non volevano pagargli i diritti spettanti sull'ancoraggio. Per cercare di offrire una motivazione a questo rifiuto, si può pensare che anche i patroni del Finale, come i pochi tedeschi presenti a Livorno, nutrissero dei dubbi sulla capacità della Corte di Vienna di risolvere eventuali controversie con i rappresentanti degli altri Stati e, pertanto, preferissero affidarsi ad una figura più esperta587. Lo
stesso Console Inglese cercò di agevolare il collega, dolendosi del fatto con Tornaquinci: quest'ultimo, ben lungi dal volersi ingerire in simili affari, lo invitò a sbrigarsela tra loro e, per maggior precauzione, ordinò al Capitano della Bocca di non esigere dai patroni di «nazione» finalina la percentuale sugli ancoraggi spettante al Console, lasciando che ognuno di loro lo desse «a chi più li piace[va]»588.
Dietro alle schermaglie, in certi casi, c’era una posta in palio importante: le prede marittime. Il Console Crowe, come si è potuto notare, sulla faccenda degli ancoraggi si era schierato dalla parte del collega, senza rivendicare alcunché: probabilmente, si trattò per
583M. AGLIETTI, «Politica, affari e guerra..., cit., pp. 361-362.
584ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 29 gennaio 1707.
585ASF, Mediceo del Principato, 2542, lettera del Governatore di Portoferraio alla Segreteria di Guerra, 7 ottobre 1707.
586M. AGLIETTI, «Politica, affari e guerra..., cit., p. 365.
587ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 15 e 18 aprile 1707.
588ASF, Mediceo del Principato, 2228, lettera del Governatore di Livorno alla Segreteria di Guerra, 18 aprile 1707. Il Capitano della Bocca si occupava delle prime pratiche da sbrigare all'arrivo dei bastimenti nel porto di Livorno: il capitano del legno doveva salire a bordo della lancia e ivi recarsi, dove «senza poter mettere piede a terra, e tenuto a debita distanza» consegnava all'impiegato i documenti di bordo che li esaminava in maniera scrupolosa. A. ADDOBBATI, Commercio, rischio, guerra..., p. 69. Oltre ai controlli della Sanità, il Capitano aveva il compito di stilare una lista dei bastimenti approdati e riscuotere gli ancoraggi dovuti: egli incassava anche la percentuale spettante ai consoli, ai quali li versava in un secondo momento.
quest'ultimo di una questione di poco conto, specie se confrontata con il vero oggetto della contesa tra i due uomini, vale a dire la guerra di corsa. Infatti, non va dimenticato che questo fosse l'obiettivo di tipo economico-commerciale che il Console Imperiale intendeva perseguire a Livorno e che, proprio su questo aspetto, si scontrò con Crowe per il caso del Cavalier Pallavicino: è possibile che il Console d'Inghilterra non intendesse rinunciare ai profitti che ne derivavano e che facevano gola allo stesso Norbis. Negli stessi mesi, da un lato i due consoli si fronteggiarono su questo tema mentre dall'altro si accordarono per gli ancoraggi. È verosimile che, ancora nei primi mesi del 1708, il Console Imperiale non avesse raggiunto il proprio scopo: in merito ad una preda commessa da alcune feluche napoletane a danno di un battello francese, il Governatore si relazionò con Norbis e questi, a sua volta, con il Viceré di Napoli589.