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coordinatori

ire a esacerbare l’impiego di tali pratiche educative violente. In questo contributo intendiamo indagare in che misura le ca- ratteristiche di personalità dei genitori, come l’irritabilità, pre- dispongono al ricorso a pratiche disciplinari di tipo aggressivo e incidono sugli esiti internalizzanti ed esternalizzanti dei figli. Inoltre sulla base degli studi che hanno evidenziato l’impor- tanza della qualità della relazione genitori-figli come fattore di moderazione degli effetti negativi di tali pratiche, intendiamo approfondire il ruolo di protezione del calore genitoriale.

Metodi: questo contributo si inserisce all’interno di un più am-

pio progetto di ricerca longitudinale denominato “Parent beha- vior and child adjustment across cultures” che coinvolge 9 pa- esi: Cina, Colombia, Italia, Giordania, Kenya, Filippine, Svezia, Tailandia, e Stati Uniti. Campione: 194 triadi familiari italiane residenti a Roma e Napoli, i cui bambini hanno un’età media di 11 anni.

Obiettivi specifici di questo contributo sono:

1. indagare le relazioni tra irritabilità, punizione severa, ca-

lore affettivo ed esiti internalizzanti ed esternalizzanti dei bambini;

2. approfondire il ruolo di mediazione svolto dalle pratiche

disciplinari severe nella relazione tra irritabilità ed esiti in- ternalizzanti ed esternalizzanti;

3. approfondire il ruolo di moderazione del calore affettivo ri-

spetto alle relazioni descritte al punto 2.

risultati e conclusioni: i risultati hanno evidenziato che l’irri-

tabilità e l’uso di pratiche educative severe contribuiscono a spiegare gli esiti disadattavi dei bambini; tuttavia non è stato riscontrato un effetto di mediazione delle pratiche educative severe. Inoltre, mentre il calore affettivo materno risulta essere un fattore protettivo rispetto agli esiti internalizzanti, il calore affettivo paterno rappresenta un fattore protettivo rispetto agli esiti esternalizzanti.

traumi precoci e psicosi: modelli teorici ed evidenze cliniche

D. La Barbera

Dipartimento di Biomedicina sperimentale e Neuroscienze cli- niche, Università di Palermo

Un evento è traumatico quando minaccia la salute e il benes- sere di un individuo, quando lo rende impotente di fronte a un pericolo, quando viola gli assunti di base della sopravvivenza ed evidenzia l’impossibilità di controllare e prevedere gli eventi (Eisen & Goodman, 1998). Le circostanze che accompagnano un evento traumatico includono solitamente abuso, intrappola- mento, impotenza, sofferenza, confusione e/o perdita (Saakvit- ne et al. 2000). Secondo l’International Society for Traumatic

Stress Studies, se si considera l’intera popolazione mondiale,

un numero di bambini compreso tra il 14 e il 43% ha vissuto almeno un evento traumatico nella propria vita (ISTSS, 2000). L’esperienza traumatica sembra agire quale “fattore aspecifi- co” (Steinberg & Avenevoli, 2000) a partire dal quale possono avere origine conseguenze psicopatologiche di diversa natura e severità: paure, sintomi dissociativi, enuresi, aggressività, de- pressione, disturbi d’ansia (PTSD, disturbo d’ansia generaliz- zato, disturbo d’ansia da separazione), disturbi della condot- ta, disturbi dell’attenzione, abuso di sostanze (Pine & Cohen, 2002). Recenti studi hanno evidenziato la presenza di eventi traumatici infantili in anamnesi di soggetti affetti da disturbi del- lo spettro psicotico. In particolare uno studio di Fisher (2010) ha evidenziato, suddividendo i traumi per tipologia (fisico, ses- suale o psicologico), età (infanzia o adolescenza) e durata, che l’abuso perpetrato dalla madre in età infantile è associato a un rischio maggiore di sviluppare un disturbo psicotico. Studi di popolazione, effettuati su un campione di adolescenti, hanno mostrato che l’esposizione a un evento traumatico (abuso fisi- co, abuso sessuale, violenza domestica, bullismo) incrementa il rischio di manifestare esperienze simil-psicotiche (Kelleher et al. 2008). Vengono riportati i dati relativi alla presenza di eventi traumatici infantili in un campione di soggetti valutati all’esor- dio psicotico, all’interno dello studio S-GAP (Sicilian Genetic

del danno fisico (paura) o da contaminanti (disgusto), o lo sco- raggiamento del danneggiamento intenzionale delle proprietà (rabbia). Il riconoscimento delle emozioni in sé e negli altri co- stituisce momento importante sul piano della cognizione, so- prattutto nell’espressione di condotte di natura sociale. In par- ticolare, il riconoscimento delle emozioni consente di identifi- care ed elaborare quei segnali sottili che siano informativi delle intenzioni e degli scopi altrui, e anche permette di formulare previsioni sul futuro comportamento dell’interlocutore. Distur- bi della cognizione emotiva sono descritti nell’autismo e nelle psicosi, e in disturbi quali l’anoressia nervosa, la fobia sociale e alcuni disturbi di personalità. La difficoltà a riconoscere in sé e negli altri gli stati emotivi interferisce con la programmazione delle condotte sociali, ma può avere un più sottile effetto pa- toplastico sul piano della regolazione degli stati emotivi stessi. L’aumentata sensibilità allo stress in pazienti con diagnosi di psicosi, ad esempio, può essere riflesso di una difficoltà a ridi- rigere il flusso delle emozioni quando sia attivato da un even- to stressante, anche minore. Diverse metodiche di intervento psico-sociale sono state sviluppate allo scopo di promuovere la consapevolezza emotiva nei pazienti e migliorare la loro capacità di regolazione delle emozioni. Evidenze preliminari suggeriscono che queste strategie di intervento sono gradite ai pazienti con psicosi, e possono risultare in una attenuazione dei sintomi di natura affettiva.

Bibliografia

Chadwick P, Hughes S, Russell D, et al. Mindfulness groups for distress-

ing voices and paranoia: a replication and randomized feasibility trial.

Behav Cogn Psychother 2009;37:403-12.

Myin-Germeys I, van Os J. Stress-reactivity in psychosis: evidence for

an affective pathway to psychosis. Clin Psychol Rev 2007;27:409-24.

dai protocolli di trattamento al programma personalizzato

A. Meneghelli, A. Cocchi

A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano – Scuola ASIPSE, Milano

Nella letteratura, linee guida, review sistematiche, metanalisi, studi naturalistici, per il trattamento del complesso, variegato ed eterogeneo quadro psicopatologico delle psicosi all’esor- dio, nel suo insieme di sintomi strettamente psicotici e affettivi, disturbi cognitivi, alterazioni comportamentali, comorbidità, schemi disfunzionali, difficoltà sociali, i trattamenti multicom- ponenziali, risultano essere la soluzione terapeutica gene- ralmente adottata. In essi, in corrispondenza a un modello di

l’esplorazione clinica della vulnerabilità psicotica: dimensioni e strutture latenti

A. Raballo

Centre for Subjectivity Research and Hvidovre Psychiatric Centre, University of Copenhagen, Denmark e DSM-DP, Ausl di Reggio Emilia

L’ingresso nel registro psicotico rimane un evento clinicamente elusivo e non di rado riconoscibile solo retrospettivamente allo

zenit di una traiettoria psicopatologica complessiva. Cogliere

le transizioni da assetti disfunzionali aspecifici a stati mentali a rischio piú connotati in senso morboso richiede non solo la familiarità con le attuali criteriologie internazionali (per esem- pio criteri Ultra-High Risk della PACE clinic o criteri per gli stati prodromici del German Research Network on Schizophrenia) ma anche la capacità di discernere il carattere potenzialmente sindromico delle variegate fenomeniche iniziali. In questa pro- spettiva l’assessment tramite specifici strumenti di valutazione (quali ad esempio CAARMS, SIPS/SOPS, ERIraos, SPI-A) rimane un presidio essenziale non solo per lo screening e il monito- raggio, ma anche per un più articolato e trasparente decision

making condiviso. In particolare la valutazione degli assetti di-

mensionali e delle configurazioni sintomatologiche subcliniche consente di integrare l´attuale modello categoriale (che rimane fondato sulla dicotomia tra stati mentali a rischio vs. non a ri- schio) con un framework descrittivo più aderente alle specifici- tà cliniche dell’esordio.

Bibliografia

Raballo A, Larøi F. Clinical staging: a new scenario for the treatment of

psychosis. Lancet 2009;374:365-7.

Raballo A, Nelson B, Thompson A, et al. The comprehensive assess-

ment of at-risk mental states: from mapping the onset to mapping the structure. Schizophr Res 2001;127:107-14.

Ruhrmann S, Schultze-Lutter F, Salokangas RK, et al. Prediction of psy-

chosis in adolescents and young adults at high risk: results from the pro- spective European prediction of psychosis study. Arch Gen Psychiatry

2010;67:241-51.

dalla cognizione emotiva alla regolazione delle emozioni A. Preti

Centro Medico Genneruxi, Cagliari; Cattedra di Psicologia Clinica, Università di Cagliari

La socio-neuro-biologia concepisce le emozioni come rispo- ste automatiche coinvolte nella reazione alle sfide ambientali critiche per la sopravvivenza, quali, ad esempio, l’evitamento

MerColedì 15 FeBBraio 2012 - ore 11.40-13.40

Sala MaSaccio

s3 - dalla valutazione multidimensionale al case formulation:

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