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strettamente connessa al problema dell’identità dello schizo- frenico. L’“Io” (ma io potrei dire: l’identità) che fa problema nello schizofrenico non è l’io che “è già stato”, ma invece la possibilità futura di essere “se stesso”.

Nei termini della analisi di P. Ricoeur la identità pre-schizofre- nica, protesa in una temporalità verso il futuro, è in realtà una ricerca di essere se stessi, di un ipse sempre sfuggente e che si sposta di continuo balenando in un futuro sempre da rag- giungere e mai raggiunto. È una identità cui fa difetto proprio il sostegno della medesimezza dell’idem.

Il punto essenziale per lo schizofrenico, è piuttosto il problema della sua propria possibilità di essere lui-stesso, quello della ga- ranzia di poter diventare lui-stesso, in altre parole, si tratta del rischio di poter essere alienato al non-io. È questo il senso fe- nomenologico della temporalità ante festum, dell’anticipazio- ne e del precedere nell’avvenire, propri della schizofrenia. Ciò corrisponde a una identità umbratile, volatile, a mio parere in quanto segnata dalla precaria costituzione dell’Altro, di costitu- irlo come soggetto, e ciò si proietta nella difficoltà di individua- zione del sé, visto che la costituzione dell’Altro è co-costitutiva della ipseità stessa.

la temporalità nelle neuroscienze cognitive M. Zampini

CIMeC, Centro Interdipartimentale Mente e Cervello, Università di Trento

La percezione dello scorrere del tempo, del momento in cui accadono gli eventi, della loro successione e della loro durata non sempre corrisponde alla realtà. In altre parole, il tempo psicologico, come noi soggettivamente lo percepiamo, non è una perfetta riproduzione del tempo fisico, che può essere mi- surato oggettivamente. La percezione temporale è una funzione complessa che coinvolge processi cognitivi diversi, quali, ad esempio, l’attenzione e la memoria. Nonostante sia un tema di estrema importanza per chi si occupa dello studio della mente, le basi neurali della percezione temporale sono ancora relativa- mente sconosciute. Solo negli ultimi anni, grazie all’approccio integrato delle neuroscienze cognitive si è iniziato a fare dei progressi dal punto di vista conoscitivo. In particolare, è grazie alla psicologia sperimentale che si è iniziato a comprendere co- me gli esseri umani riescano a percepire e codificare intervalli temporali, mentre è grazie alle moderne tecniche di neuroim- magine, che si è cominciato a capire come i neuroni e le aree cerebrali siano coinvolti nell’elaborazione temporale.

una metamorfosi della temporalità, cioè del modo in cui viene vissuto e concettualizzato il tempo. La metamorfosi del vissuto temporale è la chiave di lettura di questa triplice trasformazio- ne che caratterizza la post modernità. In particolare, su tutti e tre questi livelli possiamo cogliere il trionfo della dimensione temporale dell’istantaneità. L’ipotesi che viene esplorata  è la seguente: la patomorfosi psicopatologica, la mutazione antro- pologica e la metamorfosi socio-legislativa che caratterizza- no la tarda modernità sono interpretabili come fenomeni tutti quanti sottesi da una comune e radicale modificazione del mo- do di vivere e concettualizzare il tempo, cioè dal predominio dell’istantaneità.

la temporalità dell’umore normale e patologico M. Rossi Monti

Università di Urbino

Nella tradizione di ricerca della psicopatologia fenomenologi- ca i più importanti quadri psicopatologici sono stati ripensati in termini di disturbo della temporalità. Sviluppando in senso fenomenologico-dinamico le acquisizioni di questa importante tradizione di ricerca si intende fermare l’attenzione sulle alte- razioni della temporalità tipiche della patologia borderline di personalità, mettendo a fuoco sia le caratteristiche della “insta- bilità affettiva”, sia quelle dell’umore disforico, vero e proprio “motore” del funzionamento borderline.

la temporalità della schizofrenia A. Ballerini

Clinica Psichiatrica, AOU Careggi, Firenze

Per la indagine fenomenologica le declinazioni del tempo “vis- suto” sono uno degli elementi costitutivi dei vari modi di essere. Il problema è affascinante e complesso proprio nell’ambito dei disturbi schizofrenici: in primo luogo perché di essi ci manca una definizione soddisfacente e accettata; secondo, perché an- che se la maggior parte dell’osservazione psicopatologica sulla schizofrenia si è incentrata sui fenomeni produttivi e in primis sul delirio, in verità la malattia schizofrenica assomiglia a un percorso nel quale il delirare appare comunque secondario; e, terzo, in maniera forse più accentuata che in altre sindromi psicopatologiche la struttura della temporalità schizofrenica, caratterizzata da uno sproporzionato prevalere del futuro, è

lo studio delle vie nocicettive nella fibromialgia: dal dolore sine materia alla sofferenza neuropatica M. De Tommaso, E. Vecchio, M. Delussi, V. La Volpe, F. Girolamo

Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso, Università “Aldo Moro” di Bari

introduzione: la fibromialgia è una sindrome caratterizzata da

dolore muscolo-scheletrico diffuso, disturbi del sonno e fatica. Le sue cause sono a tutt’oggi ignote, sebbene studi clinici e psi- cofisiologici concordino per l’ipotesi di meccanismi di sensitiz- zazione centrale connessi a cause diverse. I potenziali evocati da stimolo laser costituiscono un metodo oggettivo per valuta- re la funzione della via afferente nocicettiva. Lo studio di tali potenziali ha consentito di definire il dolore fibromialgico co- me sotteso da integrità della via afferente e da iper-attivazione centrale connessa a fenomeni di ridotta abitudine. Tuttavia, la eterogeneità di tale sindrome pone dubbi rispetto a un’origine univoca dei sintomi. Scopo dello studio è quello di esaminare il pattern dei potenziali evocati laser in un’ampia coorte di pa- zienti, alla luce del quadro clinico e di indagini morfologiche dell’innervazione cutanea periferica

Metodi: sono stati reclutati 50 pazienti affetti da sindrome fi-

bromialgica, in accordo ai criteri del Collegio Americano di Reumatologia del 1990, rivisti nel 2010. Tutti i pazienti sono stati sottoposti alla valutazione clinica descritta in studi pre- cedenti (de Tommaso et al. 2011), nonché alla registrazione dei potenziali evocati da stimolo laser, registrati con 62 canali posizionati sullo scalpo secondo il sistema 10-20 Internaziona- le., e ottenuti da stimolazione del dorso della mano dx e di un

tender point. Sono stati reclutati anche 20 soggetti di controllo,

comparabili per sesso ed età. In un sottogruppo di 12 pazienti è stata anche effettuata la biopsia di cute, mediante prelievo dalla zona sovrarotulea, dal polpastrello del II dito della mano dx e dall’avambraccio (Nolano et al. 2003).

risultati: l’ampiezza del complesso di vertice N2-P2, consen-

tiva di individuare 3 distinti gruppi di pazienti, caratterizzati rispettivamente da 1) aumento di ampiezza, 2) ampiezza nei limiti e 3) ampiezza ridotta. Il primo gruppo era anche caratte- rizzato da significativo incremento dei livelli di ansia e dei di- sturbi del sonno, mentre l’ultimo gruppo si contraddistingueva per elevati valori alla scala DN-4 utilizzata per la rilevazione del dolore neuropatico. In questo ultimo gruppo, la biopsia di cute indicava la presenza di ridotta rappresentazione delle fibre amieliniche e autonomiche.

discussione: l’analisi di tali risultati sembra indicare, nell’am-

bito della sindrome fibromialgica, la possibile coesistenza di sottogruppi con diversa base fisiopatologica per i quali l’appro- fondimento neurofisiologico e morfologico può contribuire a

allostasi, strategie adattative e personalità:

sickness behavior e sickness syndrome

A. Federici1, A. Loiacono2, V. Pace2, M. Pennelli2, C. Catalano2, M.F. De Caro2, O. Todarello2, M. De Tommaso2

1 Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana; 2 Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso; Università di Bari “Aldo Moro”

L’omeostasi è l’insieme dei processi di sopravvivenza attuati conservando identiche a se stesse le funzioni vitali, ed è in ne- cessario equilibrio con l’allostasi, che è l’insieme dei processi di sopravvivenza attuati mediante il cambiamento. Nell’ambi- to dell’allostasi, la gestione stereotipata, istintuale e molto po- tente delle dinamiche del cambiamento, come nella reazione di attacco o di fuga, è a sua volta in necessario equilibrio con strategie adattative più fini ed evolute, basate su alti livelli di integrazione emozionale-cognitiva.

Gli aspetti della personalità che determinano lo stile indivi- duale di confronto con gli eventi stressanti possono essere considerati espressioni di alto livello dei complessi e dinamici equilibri neurofisiologici della allostasi.

Si è recentemente proposto di inserire tra i noti schemi inna- ti della allostasi, come quello di attacco/fuga, lo schema di “sickness behavior”, proprio dell’animale ferito, consistente in ricerca di isolamento e rifugio, inappetenza, ridotta risposta agli stimoli ambientali, torpore, e abbassamento della soglia del dolore, favorente l’immobilità delle parti ferite. Esso sa- rebbe attivato nel sistema limbico da afferenze vagali, stimo- late in periferia dai processi infiammatori delle parti ferite, e avrebbe funzione protettiva favorevole alla guarigione. La reazione di attacco/fuga, adattativa nella forma animale e istintiva, nelle complesse integrazioni emozionali-cognitive sottese alla personalità umana può entrare a far parte di com- portamenti come quelli di ansia, con aspetti disadattativi e correlati somatoformi come l’ipertensione arteriosa. È stato proposto che, allo stesso modo, la reazione di “sickness beha- vior” possa sostenere l’insorgere di una “sickness syndrome” quando entri a far parte di quadri clinici in cui il paziente ri- sponde agli eventi stressanti manifestando dolore fisico o psi- chico, inappetenza e riduzione dell’interazione con il mondo circostante, come ad esempio la depressione e l’emicrania. Una simile dinamica potrebbe avere un ruolo nella genesi del- la fibromialgia, sindrome dolorosa cronica multifattoriale e di difficile interpretazione.

MerColedì 15 FeBBraio 2012 - ore 16.00-18.00

Sala BraMante

s10 - neurofisiopatologia, personalità e tratti cognitivi

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