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coordinatore

la dimensione ossessiva nella schizofrenia M. Tonna1, L. Ferrari2, A. Monici2, A. Affaticati1, C. Marchesi 1 2

1 Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, AUSL di Parma; 2 Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università di Parma

introduzione: il rilievo di sintomi ossessivo-compulsivi nei pa-

zienti schizofrenici è stato da sempre motivo di riflessione psi- copatologica. La loro presenza è stata classicamente considera- ta un fattore prognostico favorevole, ma nell’ultima decade tale concezione è stata posta in discussione ed appare problematica la validità clinica del sottotipo “schizo-ossessivo”.

Obiettivo del presente studio è pertanto quello di giungere a una più approfondita valutazione psicopatologica dei fenomeni ossessivi in pazienti schizofrenici, indagandone eventuali pecu- liarità formali o di contenuto, e di vagliare la validità clinica (in particolare il decorso) del sottotipo “schizo-ossessivo”.

Metodi: sulla base dei criteri diagnostici del DSM-IV-TR, sono

stati selezionati tra i pazienti che sono stati assistiti presso la Clinica Psichiatrica dell’Università di Parma dal gennaio 2011 quelli affetti da schizofrenia e DOC. A tutti i pazienti sono state somministrate la Positive and Negative Symptoms Scale (PANSS), la Leyton Obsessional Inventory, la Yale-Brown Ob-

sessive Compulsive Scale (YBOCS), la Strauss-Carpenter Raiting Scale (SCRS) e la scale per la Valutazione Globale del Funzio-

namento (VGF).

risultati: al momento sono inclusi nello studio 34 pazienti schi-

zofrenici e 12 pazienti ossessivi. Nei pazienti schizofrenici il livello di funzionamento, espresso in punteggi SCRS e VGF, è risultato inversamente proporzionale alla gravità della sintoma- tologia ossessiva (punteggio YBOCS) (SCRS: b = -0,31; p = 0,03; VGF: b = -0,28; p = 0,04), dopo aver controllato per età, sesso, durata di malattia e gravità dei sintomi schizofrenici (punteggio totale PANSS).

Non è al momento possibile verificare se esistano diversità for- mali e di contenuto tra sintomi ossessivi dei pazienti schizofre- nici e dei pazienti ossessivi per l’eseguita numerica di questi ultimi.

Conclusioni: i dati preliminari del presente studio sembrano

contraddire la concezione che i sintomi ossessivi nella schi- zofrenia possano frenare o mitigare il decorso processuale del disturbo, agendo come fattore di protezione da una più pro- fonda destrutturazione della personalità, in quanto a maggior gravità dei sintomi ossessivi corrisponde un peggior livello di funzionamento sociale.

dati: 1) il rischio di complicanze depressive nei pazienti DOC aumenta con l’avanzare dell’età del soggetto e con la durata di malattia, 2) il disturbo ossessivo-compulsivo privo di compli- canze affettive si caratterizza soprattutto per un ridotta associa- zione con eventi psicosociali stressanti.

I risultati verranno presentati e discussi alla luce dei dati pre- gressi e dei dati clinici più recenti sull’argomento.

dall’ossessione al delirio. la fenomenologia come continuità di senso

A. Ballerini

Clinica Psichiatrica, AOU Careggi, Firenze

In questo l’intervento io propongo dal punto di vista di una psico- patologia antropo-fenomenologica alcune riflessioni sul problema delle relazioni fra ossessione e delirio, il problema cioè della vicinanza-distanza fra Ossessione e Rivelazione. Come è noto, il problema del rapporto delirio-ossessività è stato risolto dalla psicopatologia classica in chiave descrittiva stabilendo regole di differenze, che sono divenute anche ben note dicotomie noso- grafiche. Binswanger (1957) scriveva che l’antropoanalisi cerca invece di mettere in luce quello che delirio e ossessione hanno in comune e che rende comprensibile il passaggio dall’una all’altra. Il mio tentativo è riprendere il tema dei rapporti tra ossessività e delirio ponendo particolare attenzione ai processi che con- ducono all’attualizzarsi dei significati, della realtà, percepita o pensata. Per la indagine fenomenologica i significati si di- spiegano alla coscienza quale un orizzonte possibile. Esistono peraltro dei vincoli che ci richiamano come una molla verso i significati più abituali, più maneggevoli, mentre i significati più allusivi e fisiognomici – che pure coesistono – tendono a restare alla periferia dell’orizzonte.

Le osservazioni del passaggio ossessivo-delirante ci hanno in- dotto a vedere la noesi ossessiva come esperienza limite verso il delirare, e tale transizione appare avvenire lungo un gradiente di coscienza di attività nel costituire i significati degli ogget- ti mondani. È possibile delineare un continuum esperienziale relativamente al parametro “coscienza di attività dell’Io” vs. “coscienza di passività dell’Io”: la prima esasperata nella os- sessione interpretativa, la seconda nell’altra figura del circolo ossessivo che è la “consapevolezza simbolica”.

Più oltre, al di là delle macerie della coscienza di attività e del vissuto di passività, si pone il modo di essere del delirante, ove la passività è una constatazione dell’osservatore, non una espe- rienza del soggetto.

difficile definizione, poiché la psicopatologia tedesca, nel periodo della sua massima fioritura, non le ha considerate nel novero delle patologie di interesse psichiatrico. Il Craving rimane l’elemento centrale della tossicodipendenza rappresentando il principale responsabile del comportamento recidivante. Si qualifica come disturbo psicopatologico dell’attività, lavora in funzione del tempo e si manifesta con modalità impulsive ed istintuali nella ricaduta. Questa non sarebbe più da vedere come fenomeno incidentale, ma piuttosto come espressiono finale di un processo graduale, silente e indipendente dal vissuto del soggetto. La formazione di un “nuovo impulso acquisito” nel processo tossicomanico avviene nella dimensione della ricerca della gratificazione, è sottesa dalla stimolazione del sistema dopaminergico mesolimbico, e si distingue qualitativamente dallo spettro ossessivo-compulsivo, che attiene piuttosto all’evitamento del danno. Il collegamento più evidente tra il craving e la psicopatologia classica risiede nella ripetitività. Nel percorso tossicomanico avviene un processo di regressione di tale ripetitività, che si sgancia dalla motivazione, dal vissuto soggettivo, dall’ambiente, e continua a esistere in quanto tale, come sistema autonomo e afinalistico. Il discontrollo degli impulsi è solo uno degli aspetti clinici del fenomeno tossicodipendenza che si caratterizza anche per un complesso di sintomi psichiatrici. Si apre l’ipotesi di un continuum entro il quale l’assetto tempera- mentale del soggetto viene inevitabilmente e irrimediabilmente modificato dall’impatto con la sostanza. Essa sarebbe, al pari di sesso, età e ambiente di vita, un fattore in grado di orientare in senso più prettamente patologico l’espressione delle dimensioni temperamentali che mostrano uno stretto legame col genotipo. Di particolare interesse a questo proposito è il temperamento ciclotimico-sensitivo-ansioso, che rappresenterebbe terreno fertile per lo sviluppo della tossicodipendenza. Questa impostazione teo- rica fornisce interessanti chiavi interpretative in ambito terapeutico. L’idea di un trattamento uniforme per i vari tipi di tossicodipen- denza dovrebbe essere abbandonata, perseguendo invece quei programmi terapeutici mirati a stabilizzare nel tempo le funzioni psichiche dei singoli tossicodipendenti.

i farmaci anticraving: panoramica e specificità dell’azione cerebrale

P.P. Pani

Direzione Sociosanitaria ASL Cagliari

Tradizionalmente il craving è stato considerato l’elemento psichi- co che lega in maniera lineare l’esposizione a stimoli emotiva- mente “significativi” al processo della ricaduta. Questo modello, cosiddetto “lineare”, spiega solo in parte la relazione esistente fra craving e ricaduta. Sappiamo infatti che la ricaduta non è neces- sariamente preceduta dal craving e che i pazienti attribuiscono la responsabilità della ricaduta a numerose altre condizioni. D’altra parte, non necessariamente la comparsa del craving è seguita

Psicopatologia del craving: piacere patologico o desiderio patologico?

M. Pacini

Sapienza Università di Roma

Il “craving” è il segnale con cui si designa un atteggiamento, una cognizione e un comportamento caratteristici di situazioni in cui la persona lamenta di non avere il controllo sul modo e le conseguenze del suo ricorso a strumenti di auto-stimolazione, chimici o meno. Letteralmente traducibile come “smania” o “fame” nel senso di appetito, si tratta di un termine che non ha una solida tradizione di descrizione psicopatologica, tan- to da essere spesso utilizzato come sinonimo di desiderio, in circostanze anche non patologiche, o di ricerca smaniosa di qualcosa che risolva una situazione di disagio.

Diversa è la natura psicopatologica della smania di alleviare il dolore e del desiderio della sostanza da cui si è dipendenti, cosic- ché mentre il terreno dell’uso anti-astinenziale corrisponde a un uso non patologico, il craving vero è quello relativo alla ricerca dell’effetto euforizzante. Anche il craving “negativo”, quello che si manifesta in corso di astinenza anche con un valore di auto- medicazione, è semplicemente motivato anche dal malessere, ma sostanzialmente sussiste sempre come ricerca di un effetto “positivo” in maniera urgente e esclusiva rispetto alla sostanza. La manifestazione essenziale del craving è comportamentale, quindi riguarda non tanto il desiderio in termini emotivi o co- gnitivi, quanto la tendenza comportamentale, sintonica, urgente, specifica e non intenzionale. Al di là del generico piacere antici- patorio, il desiderio in termini di emozione associata al craving, o di anticipazione dell’euforia indotta dalla sostanza, possono essere presenti ma non sono essenziali. Non è essenziale neanche la motivazione ragionata, o il ragionamento strumentale sull’effetto della sostanza, anche se il craving induce un cognitivo funzionale all’attuazione del comportamento. Questi elementi caratterizzano il craving e le sue varianti fenotipiche nelle sindromi che su di esso sono imperniate, ovvero le dipendenze e alcuni disturbi del controllo degli impulsi, e nelle sindromi che lo prevedono come elemento incostante, reversibile e accessorio, ovvero in generale tutti i quadri affettivi-impulsivi.

il craving fra nuova e vecchia psicopatologia I. Maremmani

Clinica Psichiatrica, Università di Pisa

Le tossicodipendenze per molto tempo sono state trascurate dalla psichiatria tradizionale per il prevalere di correnti di pensiero ideo- logizzate, e solo recentemente sono state riconosciute come malat- tie mentali dotate di una propria autonomia nosografica. Nonostante tale acquisizione la loro natura, in senso psicopatologico, resta di

saBato 18 FeBBraio 2012 - ore 15.00-17.00

Sala Perugino

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