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anche le caratteristiche di alessitimia, di focalizzarsi in mo- do selettivo sui sintomi somatici della depressione (Katon et al. 1982; Lipowski 1990) piuttosto che avere consapevolezza delle componenti affettive. Quindi tali soggetti sembrerebbero incapaci di percepire ed etichettare i propri stati emotivi e per questo si focalizzerebbero sulle sensazioni fisiologiche come entità in sé stesse attribuendo la propria sofferenza esclusiva- mente a esse (Krystal 1990).

tratti cognitivi nelle sindromi dolorose croniche M. Pennelli, S.S. Fornarelli, S. Ruggiero, M.F. De Caro

Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso, Università di Bari

introduzione: la componente percettiva del dolore (o compo-

nente neurologica) è costituita da un circuito a tre neuroni che convoglia lo stimolo doloroso dalla periferia alla corteccia ce- rebrale mediante le vie spino-talamiche.

La percezione cosciente del dolore ha luogo unicamente nella corteccia cerebrale: al ‘dolore puro’ della corteccia somestetica primaria vengono aggiunte le sfumature emotive da parte della corteccia cerebrale prefrontale.

La corteccia cerebrale gestisce gli eventi coscienti e cioè: i pro- cessi cognitivi, le attività pianificate e i movimenti intenzionali. Lo spirito di questo intervento è quello di comprendere quali siano gli effetti del dolore cronico sulle prestazioni cognitive in pazienti che soffrono di dolore cronico.

Metodo: sono stati condotti, presso il Dipartimento di Scienze

Neurologiche e Psichiatriche dell’Università di Bari, due studi pilota: il primo sul dolore cronico, le prestazioni cognitive dei fibromialci e l’effetto della suscettibilità all’ipnosi; il secondo volto a osservare possibili differenze tra le prestazioni cognitive dei pazienti fibromialgici e quelle dei cefalalgici.

risultati: il primo studio ha mostrato che non sono presenti dif-

ferenze significative a carico della Scala Stanford della suscet- tibilità Ipnotica, le prestazioni cognitive dei pazienti fibromila- gici rispetto ai controlli hanno invece mostrato differenze signi- ficative in tutti i test cognitivi somministrati, mostrando come i pazienti fibromialgici, abbiano prestazioni significativamente peggiori in tutte le aree esplorate.(p. 0,005)

Il secondo studio ha mostrato differenze significative nel pro- filo cognitivo di pazienti affetti da fibromialgia e cefalea, tutte le differenze emerse sono riconducibili al dominio delle fun- zioni esecutive, suggerendo che i pazienti cefalalgici rispon- dono prontamente ai test non mostrando deficit a livello delle funzioni esecutive a differenza dei soggetti fibromialgici che appaiono significativamente più lenti, maggiormente sensibili a interferenze cognitive e deficitari nei compiti di memoria a breve termine.

migliorare la conoscenza ed eventualmente il trattamento di questa difficile e invalidante condizione.

Bibliografia

de Tommaso M, Federici A, Serpino C, et al. Clinical features of

headache patients with fibromyalgia comorbidity. J Headache Pain

2011;12:629-38.

Nolano M, Provitera V, Crisci C, et al. Quantification of myelinated

endings and mechanoreceptors inhuman digital skin. Ann Neurol

2003;54:197-205.

Wolfe F, Smythe HA, Yunus MB, et al. The American College of Rheu-

matology 1990 criteria for the classification of fibromyalgia. Report of the multicenter criteria committee. Arthritis Rheum 1990;33:160-72.

Wolfe F, Clauw DJ, Fitzcharles MA, et al. The American College of

Rheumatology preliminary diagnostic criteria for fibromyalgia and measurement of symptom severity. Arthritis Care Res (Hoboken)

2010;62:600-10.

demoralizzazione e alessitimia: studio preliminare su pazienti affetti da dolore cronico

A. Loiacono2, V. Pac2, M. Pennelli2, C. Catalano2, M.F. DeCaro2, M. De Tommaso2, A. Federici1, O. Todarello2

1 Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, 2 Dipartimento di Neuroscienze e Organi di Senso, Università “Aldo Moro” di Bari

Alcuni studi in letteratura (Ottolini et al. 2005; Rafanelli et al. 2005; Porcelli et al. 2004) dimostrano come il costrutto di Demoralizzazione, utilizzato nell’“Intervista per i Criteri Diagnostici in Psicosomatica” (DCPR), sarebbe anche correla- to a manifestazioni somatiche. Dall’analisi dei dati effettuata su una campione di 50 pazienti affetti da dolore cronico (e precisamente fibromialgici e cefalagici) afferenti presso l’Am- bulatorio di Neurofisiopatologia del Dolore – Policlinico di Bari, a cui sono state somministrate l’intervista DCPR, la scale psicologiche TAs-20 e MSPQ si nota come tra le 12 sindromi DCPR emerga una prevalenza nel campione al costrutto “De- moralizzazione” (29%) correlato significativamente (p < 0,01) ad alessitimia e tendenza all’amplificazione somatica. Tenen- do conto delle differenze concettuali rispetto al costrutto della depressione (Clarke, Kissone 2002; Frank 1974) ma anche di un’indiscutibile matrice comune, tali dati potrebbero con- fermare, a un ulteriore approfondimento di ricerca, quanto emerso in alcuni studi su pazienti con diagnosi di sepressio- ne (Bacon et al. 1994; Iezzi et al. 1994; Kirmayer e Robbins 1991) secondo cui i soggetti con tendenza all’amplificazione somatica avrebbero forti probabilità, proprio perché presenti

dall’evento psico-lesivo al danno all’integrità psichica: la questione del nesso causale

R. Catanesi

Sezione di Criminologia e Psichiatria forense, Università di Bari

Presupposto fondamentale di ogni valutazione medico-legale è lo studio della causalità materiale ed è proprio la causalità a essere stata messa in crisi dall’irrompere del danno biologico di natura psichica.

In psichiatria non è applicabile un principio di causalità unica, di causa-effetto o di causalità lineare come si è soliti fare nella valutazione di lesioni conseguenti a traumi fisici, ed è da tutti accettato il principio che ogni disturbo mentale origina da una complessa interazione di svariati fattori che assumono differen- te peso specifico nella singola situazione e nel singolo soggetto. Tutto ciò si traduce nel superamento di una concezione eziolo- gica unicausale del disturbo psichico, sostituita da una visione plurifattoriale integrata e individualizzata, secondo un principio di causalità che non è più lineare ma circolare (Ponti, 1992). In psichiatria, dunque, se di danno psichico si discute non più causalità unica o esclusiva bensì multipla, dunque più spesso concausalità, elemento concettualmente più affine al principio della integrazione di molteplici fattori proprio della causalità circolare.

La “personalizzazione” valutativa, la necessità di analizzare volta per volta la qualità della relazione individuo-evento non può divenire tuttavia, in medicina legale, motivo per legittimare qualsivoglia istanza risarcitoria sino al punto da spogliare di significato il concetto di con causalità.

Se nulla determina un evento ma tutto contribuisce a determi- narlo, questo è il sillogismo usato, la “concausa” finisce per essere assimilata nella sostanza a “fattore che precede l’even- to”, a esso collegabile in termini di sequenzialità temporale o connessione puramente logica.

Un impianto così generalizzante è a nostro avviso da rigettare, e devono essere fissati criteri entro i quali delineare una “cau- salità” formalmente corretta dal punto di vista medico-legale, condivisa su criteri che restano convenzionali ma basati su ri- gorosi fondamenti scientifici.

la valutazione clinica del c.d. “reazioni a eventi”: tra vulnerabilità e resilienza

G.C. Nivoli

Presiedente Società italiana di Psichiatria Forense

Sono descritte le principali sintomatologie psichiatriche secon- do il DSM-IV-TR e il DPM che possono essere comprese nelle “reazioni a eventi”.

il danno biologico di natura psichica: panoramica concettuale ed evoluzione giurisprudenziale F. De Stefano, G. Rocca

Dipartimento di Scienze della Salute (DISSAL), Sezione di Medicina Legale, Università di Genova

Negli ultimi decenni la giurisprudenza italiana ha realizzato una vera e propria trasformazione del concetto di danno alla persona, che da una visione meramente patrimonialistica ancorata alla capacità di produrre reddito si è esteso a considerare l’individuo nella sua essenza personalistica, con la nascita di nuove fattispecie di danno volte a tutelare l’integrità della persona in sé e per sé considerata. In particolare, partendo da una lettura costituzional- mente orientata dell’art. 2059 c.c., la giurisprudenza ha ritenuto che il danno non patrimoniale, pur costituendo una categoria unitaria, possa essere distinto in tre pregiudizi di tipo diverso: biologico, morale ed esistenziale 1. Recentemente la Suprema

Corte di Cassazione 2 è intervenuta nuovamente, chiarendo che

il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate e spe- cificando che, ove siano dedotte degenerazioni patologiche si rientra nell’area del danno biologico del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Tale evoluzione ha comportato una crescente attenzione anche per la sfera psichica del danneggiato e del possibile ruolo rive- stito dai traumi fisici e psichici nella genesi e nella evoluzione di un’ampia gamma di disturbi mentali. Non senza fatica la Medicina Legale ha dovuto così prendere atto che la valutazione del danno deve essere sempre più ancorata alle qualità psichiche del leso e che esistono danni biologici di natura unicamente psichica che devono essere distinti dai pregiudizi morali od esistenziali. Proprio partendo dall’analisi in chiave medico legale dei più recenti approdi giurisprudenziali, si evidenzia come il vero nodo da sciogliere non è quello di stabilire se un’alterazione dell’inte- grità fisico-psichica sia o meno riconducibile a una determinata casella di patologia-normalità, bensì quello di raccogliere e analizzare più informazioni possibili circa le alterazioni negative dell’evento dannoso, illustrandone la gravità e la compatibilità con le lesioni riportate.

Il rigore metodologico proprio della Medicina Legale, a fronte della portata omnicomprensiva del danno alla persona, dovrà cercare di offrire un ausilio tecnico in grado di permettere al Giudice una valutazione obiettiva, evitando sperequazioni o duplicazioni delle poste risarcitorie.

Bibliografia

1 Cass., sez. III civ., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828 e Corte Costituz-

ionale, sent. 11 luglio 2003, n. 233.

2 Cass., sez. Un. civ., 11 novembre 2008, n. 26972.

MerColedì 15 FeBBraio 2012 - ore 16.00-18.00

Sala MaSaccio

s11 - la valutazione del danno biologico di natura psichica:

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