coordinatrice
questo: illuminare il nucleo basale del disturbo schizofrenico, cogliendo i suoi più intimi e riposti movimenti psichici, gli aspetti più sfumati del modo di essere dello schizofrenico al di là dei suoi deliri e delle sue allucinazioni. Viene così in primo piano la illuminazione del modo di essere dell’autismo, quale conseguenza di una originariamente carente costituzione em- patica dell’Altro.
la psicopatologia: vecchi problemi e nuove prospettive P. Scudellari, C.F. Muscatello
Università di Bologna
L’incertezza sullo statuto scientifico della psichiatria deriva dal suo collocarsi all’interno di alcuni nodi problematici irrisolti, o per meglio dire, in alcuni luoghi obbligati di transizione delle scienze umane contemporanee. Per ricordarne alcuni: il rap- porto mente/corpo in primis, poi gli intricati rapporti di connes- sione/disgiunzione fra biologia, scienze sociali, antropologia, filosofia, ecc.
Interrogarsi su cosa si può chiedere oggi alla psicopatologia si- gnifica dunque inserirsi al centro di un dibattito epistemologico cruciale per il “pensare” psichiatrico.
Come già segnalava Jaspers la psicopatologia è certamente una disciplina fra le più coinvolte circa l’uso di due diverse strate- gie cognitive: 1) l’approccio rigidamente neutrale, alla ricerca delle cause oggettive e ultime dei fenomeni; 2) l’approccio co- siddetto “comprensivo” che il pensiero ermeneutico definirà, una volta per tutte, interpretativo, l’orientamento che teorizza la storicità, la provvisorietà, la soggettività e la finitezza di ogni progetto conoscitivo. L’interesse degli autori è soprattutto orien- tato su quest’ultimo versante comprensivo-interpretativo, su ciò che ha a che vedere, quindi, con la specificità individuale di ogni storia clinica, con la continuità di senso e con l’intelligi- bilità narrativa che è possibile intravedere in ogni evento an- tropologico, psicopatologico o non. Con queste premesse la psicopatologia rivela il suo vero e specifico progetto: quello di rappresentare una disciplina vocata a interrogarsi sulla varietà, il senso e la progettualità dei più diversi mondi antropologici possibili. E il compito dello psicopatologo dovrebbe consistere nel ricomporli in una narrazione che ci consenta di conoscerli e forse, anche, di abitarli.
bodied subjects. Moreover, the life world is a shared world that we jointly constitute through our ongoing interaction and co- operation with others. This may be called inter-enaction or co- constitution of the world.
From this viewpoint, mental illnesses should be regarded as dis- turbed ways of enacting a world, in particular, to participate in the common world through adequate interaction with others. As a result, the space of possibilities for action and interaction shrinks, and the circles of ‘responded activity’ are disrupted. In this sense, mental disorders are always ‘ecological’ distur- bances in the patient’s lived space and relationships with oth- ers. This concept is exemplified by an analysis of depression and schizophrenia as disorders of embodied interaction and inter-enaction. While the relevant circular processes are bound to mediation by the brain, they cannot exclusively be located within it. For this reason, a reduction of mental illnesses to dis- eases of the brain is in principle not possible.
oltre la psicopatologia jaspersiana: comprendere l’autismo
A. Ballerini
Università di Firenze
Karl Jaspers è lo studioso che ha fondato la psicopatologia fe- nomenologica, sottraendo la psichiatria al mito positivistico di una sua esaustiva risoluzione nell’ambito della patologia cere- brale e a una sua totale sudditanza alle scienze neuropatologi- che, aprendo così la strada per un approccio più propriamente antropologico nello studio delle malattie mentali. Due rifiuti metodologici siglano la posizione di Jaspers: il terreno dell’in- conscio, giudicato indimostrabile; e la totalità dell’uomo, giudicata inconoscibile. La psicopatologia di Jaspers ha una impostazione prevalentemente ontica e rifugge dall’ontologi- co, si rivolge cioè allo studio di ciò che esiste nella coscienza rifiutando qualsiasi ipotesi sulla fondazione, la genesi e l’es- senza dell’esistente, mentre gli sviluppi della psicopatologia antropo-fenomenologica si sono mossi dal piano cosciente e verbalizzato verso il livello pre-cognitivo e pre-verbale, va- le a dire dai fenomeni al terreno sul quale essi nascono. Il compito che la fenomenologia psichiatrica post-jaspersiana, specialmente nella sua versione eidetica, si pone è proprio
Transfert vs. Paarung: fenomenologia della relazione
terapeutica R. Dalle Luche
Direttore SPDC ASL 1 Massa e Carrara
Mentre la psicoanalisi, con Freud e dopo Freud, si è lungamente interrogata intorno al fenomeno centrale del transfert terapeuti- co, la relazione affettiva intensa (RAI), esclusiva, durevole, che lega lo psichiatra ad alcuni dei suoi pazienti, è una fenomeno dato per lo più per scontato e non adeguatamente indagato. La cosa appare sorprendente in quanto le relazioni terapeutiche tra medico e paziente rappresentano un cardine fondamentale della professione, soprattutto negli interventi di lunga durata; soprattutto nel campo dei disturbi affettivi e borderline la re- lazione non soltanto consente e sostiene l’intervento psicofar- macoterapeutico, ma addirittura ne amplia e talora ne vicaria il valore.
Se in psicoanalisi l’elemento centrale del transfert è individuato sul piano psicologico nella “ripetizione” delle modalità infantili di legame con le figure accuditive (caregivers), la psicopatologia fenomenologica si è soffermata sull’ambiguo fenomeno dell’in-
contro, inteso come possibilità di riconoscimento dell’alterità
del paziente, sia pure entro i limiti imposti dalle aree morte e mortifere della sua psicopatologia. I riferimenti di fondo della fenomenologia non sono più psicologici ma rinviano alle com- plesse e irresolute analisi della nozione di empatia e di costitu- zione della intersoggettività, affrontata da Husserl nella Quinta delle “Meditazioni cartesiane”, opera nella quale il filosofo pro- pone il termine quasi etologico di Paarung (accoppiamento). Tra le due impostazioni si situa la controversa e per molti versi irritante lezione della psicoanalisi filosofica di Jacques Lacan, che ha però il grande merito di aver analizzato il misterioso fenomeno del transfert secondo le tre direttive psicologico- filosofiche della specularità immaginaria, della dialettica del riconoscimento nella relazione servo/padrone di Hegel, e della spinosa questione del desiderio del soggetto, attraverso una ri- lettura del “Simposio” di Platone.
Di notevole rilevanza per la comprensione delle strategie rela- zionali terapeutiche appare anche il dimenticato studio di Ha- ley della scuola di Palo Alto sulle dinamiche di controllo e di potere nella relazione terapeutica.
Con questi riferimenti di fondo l’autore ha intrapreso il diffici- le cammino dell’analisi formale del fenomeno delle RAI tera- peutiche in psichiatria, ponendosi principalmente la questione dell’articolazione tra reale e immaginario che le fonda, e di come e quanto si differenzino dalle altre RAI in ambito non terapeutico. Appare soprattutto interessante, nel campo psi- chiatrico, definire le dinamiche e i fattori che consentono di mantenere per molti anni la relazione con i pazienti, gestendo l’ambivalenza, gli atteggiamenti negativi, le manipolazioni e le
interruzioni da parte dei pazienti (ma anche, talora, dei tera- peuti), al fine di giungere a una conclusione fisiologica concor- data e positiva del trattamento.
Borderline: il dramma della disforia M. Rossi Monti
Università di Urbino
La nosografia psichiatrica individua nella instabilità affettiva uno degli elementi clinici più tipici del funzionamento delle personalità borderline. Tuttavia il concetto di instabilità affetti- va necessita di una più precisa messa a fuoco. In primo luogo, che significa instabilità? Quali sono le caratteristiche di questa instabilità? E soprattutto: questa instabilità riguarda indifferen- temente tutte le emozioni? Oppure riguarda un nucleo emo- zionale più specifico (Koenigsberg, Harvey, Mitropoulou, et al. 2002)? Da una anatomia della instabilità affettiva borderline emerge il ruolo centrale svolto dall’emozione della disforia in quanto umore. L’ipotesi di questo contributo è che la disforia, in quanto umore, costituisca il vero nucleo motore sul piano emozionale del funzionamento borderline.
Il termine disforia, nonostante sia di corrente uso, viene rara- mente precisato e si presta quindi ad alcuni fraintendimenti dovuti alla difficoltà di metterne a fuoco le caratteristiche es- senziali. A partire da una messa a fuoco della disforia in quanto umore si procederà a una analisi di quanto e come l’umore disforico di fondo del borderline influenzi la vita di relazione del paziente ma, allo steso tempo, sia anche al centro di ogni relazione terapeutica.
intersoggettività e disturbo schizofrenico di base A.C. Ballerini
Università di Firenze
“Disturbo fondamentale” o di base è una espressione vicina al concetto di Minkowski di “trouble gènèrateur” sganciato da qualsivoglia senso patogenetico e dal significato di “basale” in quanto vicino al substrato biologico, ma disturbo fondamentale inteso quale dispositivo capace di dare un senso unitario alla sindrome psicopatologica in esame.
Quando noi parliamo di mondo parliamo soprattutto di inter- soggettività, di possibilità di accedere a un autentico Noi, così come esiste abbastanza evidenza che il crepuscolo che concer- ne l’autismo, questo fenomeno essenziale per il modo di essere schizofrenico, ha le sue lontane radici nel fallimento della co- stituzione dell’Altro quale soggetto simile a noi. Costituzione che è alla base di ogni dimensione intersoggettiva. Ciò colloca
MerColedì 15 FeBBraio 2012 - ore 11.40-13.40
Sala Pinturicchio