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coordinatrice

alimentare (DCA), declinandosi in vari aspetti psicopatologici quali spinta verso la magrezza (Drive for Thinness), condotte restrittive con il loro speculare, le abbuffate, condotte di elimi- nazione, fobia sociale secondaria, demoralizzazione e i vissuti depressivi. Tale dimensione non solo è più o meno presente nel singolo paziente, ma è soggetta a modificazioni spontanee concomitanti con le fasi del disturbo.

La dispercezione corporea costituisce verosimilmente un tratto di più marcata valenza biologica, al limite del sintomo neuro- logico, inteso come discrepanza tra rappresentazione cerebrale del proprio corpo ed immagine effettiva; questo sintomo si ri- trova non solo nei DCA ma anche in altri disturbi come dismor- fofobia e dismorfia muscolare.

L’intersecarsi delle due dimensioni, insoddisfazione corporea e disturbo dell’immagine corporea, amplificando il divario tra aspetto reale e desiderato, contribuisce all’innescarsi ma soprat- tutto al mantenimento delle condotte alimentari patologiche. La dimensione della dispercezione corporea appare infatti essere un aspetto caratterizzante più delle forme associate al sottopeso e quindi dell’anoressia nervosa (nelle due varianti restrittiva e con abbuffate/condotte di eliminazione) in un rapporto causa/ effetto similare a quanto riconosciuto per i sintomi ossessivo- compulsivi, in cui il sintomo si accentua con l’aggravarsi del sottopeso.

L’insoddisfazione corporea gioca invece un ruolo prevalen- te, talora in assenza di una reale dispercezione corporea, nei DCA normopeso o sovrappeso, in cui costituisce una dimen- sione dinamica correlata in modo biunivoco alle fluttuazioni dell’autostima ed all’immagine negativa globale di sé. In que- sto senso, a differenza della dispercezione corporea e della quota ossessiva, appare scarsamente influenzabile dal variare del peso corporeo ma lo è piuttosto in un contesto di eventi di vita o di processi di apprendimento quale la psicoterapia passando attraverso la modificazione dell’autostima e della autoaccettazione

Nella relazione saranno approfonditi questi temi con particola- re attenzione alle implicazioni terapeutiche.

1995). Numerosi autori hanno riportato in un’elevata percentuale di soggetti che rispondevano ai criteri di remissione del DCA, una persistenza dell’irnpalrrnent psicosociale, (Striegel-Moore, Seeley, & Lewinsohn 2003, Keel, Mitchell e Miller et al. 2000). Anche se il corso della psicopatologia nelle pazienti con DCA è stata molto studiata, ancora limitata è la conoscenza de; fattori psicosociali su cui impatta la malattia e che in un’ottica terapeutica possono essere un significativo indicatore di ritorno al funzionamento sano. Nel determinare i criteri di inclusione per la diagnosi e i criteri di remissione del DCA, la ricerca ha vista un’evoluzione de un focus sui criteri prettamente fisici (Morgan e Russel 1975) alla ricerca di un indice comportamentale (come assenza di ab- buffate, comportamenti compensatori e alimentazione restrittiva) fino ad arrivare a criteri psicologici come le preoccupazioni sui corpo e la paura di ingrassare. Limitata attenzione e stata finora posta al deficit di abilità interpersonali, e inoltre la letteratura che si a occupata di valutare l’outcome relazionale si è focalizzata primariamente sullo status (ad esempio l’essere o meno sposati e l’avere o meno dei figli) mentre minore attenzione è stata data a valutazioni più qualitative, legate alla presenza del deficit di abilità interpersonali. Nel nostro studio abbiamo preso in considerazione le abilità interpersonali nelle pazienti con DCA a una valutazio- ne di base e in seguito a un trattamento integrato psichiatrico, psicoterapeutico e dietologico effettuato presso l’ambulatorio dei disturbi alimentari dell’Ospedale San Paolo, Milano.

dispercezione e insoddisfazione corporea: dimensione psicopatologica persistente? significato patogenetico e prognostico

C.E. Ramacciotti, E. Coli, A. Burgalassi, D. Gazzarrini

Dipartimento di Psichiatria, Farmacologia, Neurobiologia e Biotecnologie, Università di Pisa

L’insoddisfazione per l’aspetto fisico ed il peso corporeo rappre- senta una delle dimensioni nucleari dei disturbi della condotta

Conclusioni: i nostri risultati confermano che variazioni gene-

tiche di AKT1rs 2494732 moderano il rischio di sviluppare un disturbo psicotico nei consumatori di cannabis.

l’effetto dei fattori ambientali (individuali e di area) negli esordi psicotici: risultati preliminari di una ricerca in 4 centri italiani

I. Tarricone, L. Chiri, T. Marcacci, M. De Gregorio, G. Pollutri, F. Allegri, M. Conforti Donati, G. Minenna, D. Berardi

Istituto di Psichiatria, Università di Bologna

introduzione: la ricerca scientifica ha mostrato con evidenza

che oltre alle caratteristiche socio-ambientali individuali (status di migrante, scarsa rete sociale, disoccupazione, uso di sostan- ze stupefacenti, ecc.) correlate al maggior rischio di psicosi, le caratteristiche socio-economiche e culturali di area sono in grado di interferire significativamente con il rischio individuale di psicosi.

Metodi: con l’obiettivo di confrontare le caratteristiche socio

demografiche (individuali e di area) e Ie caratteristiche cliniche dei casi di esordio psicotico in diverse realtà italiane, è stato realizzato un data-base, accessibile in web, che permette una facile raccolta e analisi dei dati di interesse. Sia la struttura del data base, che gli strumenti di valutazione, sono stati sviluppati seguendo la metodologia dello studio europeo FP7 EUGEI e le esperienze localmente condotte dai partecipanti allo studio.

risultati: lo strumento di raccolta dati informatizzato consente

di dare adito a progetti comparativi nazionali “multilivello” e di sviluppare contemporaneamente diversi progetti di studio. Ver- rà presentato lo strumento di raccolta dati e i risultati prelimi- nari della comparazione di circa 400 casi di esordio psicotico raccolti in 4 centri italiani.

Conclusioni: questa metodologia di lavoro, nata un gruppo di

ricercatori italiani e resa possibile grazie all’importante sostegno del Progetto Europeo FP7 EUGEI, è a nostro avviso soddisfacente, sia dal punto di vista della qualità scientifica dei dati raccolti, che della qualità delle relazioni di lavoro che consente di sostenere. Attualmente è in fase di estensione ad altre realtà italiane.

Un modello di servizio per gli interventi precoci in italia R. Pollice, R. Roncone, D. Ussorio, M. Casacchia

Dipartimento di Scienze della Salute, Università de L’Aquila obiettivo: nel DSM di L’Aquila nel 2005 è stato creato un ser-

vizio, specificamente dedicato all’identificazione precoce dei

evidenze a sostegno dell’interazione tra aKt1 (rs2494732) e cannabis nell’aumentare il rischio di sviluppare

un disturbo psicotico

M. Di Forti, C. Iyegbe, H. Sallis, T.R. Marques, H. Handley, V. Mondelli, A. Kolliakou, A. Falcone, A. Paparelli, M. Siriani, C.La Cascia, S.A. Stilo, P. Dazzan, C. Pariante, A.S. David, C. Morgan, J.Powell, R.M. Murray

Institute of Psychiatry, King’s college of London

introduzione: l’uso massiccio di cannabis è associato a un ri-

schio maggiore di sviluppare un disturbo psicotico.

Recenti scoperte suggeriscono che variazioni genetiche del ge- ne AKT1 possono moderare questo effetto.

Il nostro obiettivo è valutare l’associazione tra il polimorfismo SNP rs 2494732 del gene AKT1 e l’uso di cannabis nell’aumen- tare il rischio di sviluppare un disturbo psicotico.

Metodi: abbiamo valutato la moderazione genetica di AKT1

rs2494732 dell’effetto dell’uso di cannabis sul rischio di psi- cosi. È stato utilizzato il metodo di Taqman SNP per ottenere il genotipo del gene AKT1 nel locus rs2494732 nei casi e nei con- troli. Abbiamo somministrato il Cannabis Experience Question-

naire a tutti I partecipanti. È stata utilizzata la regressione logi-

stica per valutare il modello di interazione moltiplicativa. Sono stati reclutati pazienti affetti da psicosi all’esordio) (n = 596), e volontari sani (n = 333).

risultati: non emerge una differenza significativa rispetto al

consumo di cannabis nei casi e nei controlli, ma il 73% dei casi rispetto al 41% dei controlli riporta un uso quotidiano di cannabis lifetime (χ 2 = 33,7; p < 0,001).

Il genotipo AKT1 rs 2494732 non è associato a una maggiore probabilità di sviluppare un disturbo psicotico e non vi è evi- denza di una correlazione tra genotipo e storia di consumo di cannabis o frequenza di consumo di cannabis lifetime. Tuttavia, abbiamo evidenziato che l’effetto del consumo di can- nabis lifetime sulla probabilità di essere affetti da un disturbo psicotico viene moderata dal genotipo AKT1 rs 2494732 (Like-

lihood ratio test: LR = 6,52; p = 0,038).

I portartori del genotipo C/C con una storia di consumo di can- nabis mostrano un aumento due volte maggiore di sviluppare un disturbo psicotico (OR = 2,33 [95% CI: 1,09, 4,99]) rispetto ai portatori di quello T/T.

Inoltre, l’interazione tra il genotipo AKT1 rs 2494732 e la fre- quenza lifetime del consumo di cannabis era significativa al 5% (LR = 9,49; p = 0,050).

Solamente tra i consumatori frequenti l’incremento del rischio di psicosi mostrato dai portatori C/C raggiungeva la significati- vità (OR = 3,82 [95% CI: 0,88, 16,58]).

Tra coloro che non hanno mai usato cannabis non viene ripor- tato un effetto significativo del genotipo.

saBato 18 FeBBraio 2012 - ore 15.00-17.00

Sala BraMante

s57 - interazione tra ambiente e psicopatologia nei pazienti

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