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coordinatore

Bruno D, Berlincioni V. L’istituzione familiare tra mito e realtà. Rivista di Studi Familiari 2009;XIV:10-18

Fabietti U. L’identità etnica, storia e critica di un concetto equivoco. Roma: Carocci 1998.

Tognetti Bordogna M. Legami familiari e immigrazione: i matrimoni mi-

sti. Torino: L’Harmattan Italia 1996.

attitudine psicoterapica nella relazione col paziente migrante nell’istituzione psichiatrica: ricerca di un senso condiviso o lavoro di traduzione?

E. Bolla

Dirigente medico psichiatra - Azienda Ospedaliera e Universitaria Ospedale di Circolo Fondazione Macchi, Presidio del Verbano

Se la malattia mentale rappresenta lo scandalo della biome- dicina la patologia psichiatrica del paziente immigrato ha de- terminato nella psichiatria post-coloniale un inedito livello di problematicità. Alla base di ciò vi è certamente la salutare ca- pacità della differenza culturale di mettere ulteriormente in crisi modelli nosografici e strategie di cura svelandone la loro natura propriamente culturale e accessoria di artefatto.

Il dibattito sulla utilità o meno di servizi propriamente dedicati alla cura di pazienti migranti ha portato all’unica certa conclu- sione circa la necessità di una competenza e di una sensibilità culturale e antropologica al di là di come essa possa poi trova- re espressione all’interno delle istituzioni. Questa competenza rappresenta uno strumento decisivo per avvicinare la sofferen- za fuori dal riduzionismo nosografico e da una semplificatoria visione socio-assistenziale della psichiatria. La forma del suo utilizzo rimane però appunto questionabile e dipende essen- zialmente dall’attitudine del terapeuta e dalle risorse disponibili nell’attuale quadro dei servizi psichiatrici italiani.

Partendo dalle concettualizzazioni psicodinamiche sul campo emotivo e sul terzo analitico e dalle riflessioni antropologiche sui fenomeni della acculturazione reciproca e della comparsa di significanti globali e sull’ambiguità del concetto di identità culturale, si propongono alcune osservazioni sulla attualità del- la cura di pazienti migranti all’interno dei servizi.

Esiste un parallelo, non solo metaforico, fra ciò che avviene a livello sociale nelle dinamiche di transculturazione e accultura- zione reciproca e i processi dinamici che avvengono all’interno del campo emotivo fra paziente e terapeuta. Allo stesso modo il cosiddetto elogio delle “culture spurie” può essere coerente- mente avvicinato, nei suoi presupposti, a quello delle “capacità negative” del terapeuta. La ricerca fra paziente e terapeuta di un significato condiviso del disagio e della cura - contemporanea- mente preludio e sintesi visibile del processo terapeutico - per- mette di evitare saturazioni interpretative e favorire a un livello sociale un percorso di adattamento e integrazione.

Bibliografia

Amselle JL. Connessioni. Antropologia dell’universalità delle culture. Torino: Bollati Boringhieri 2001.

Beneduce R, Pulman B, Roudinesco E. Etnopsicoanalisi. Torino: Bollati Boringhieri 2005.

Ferro A, Vender S. La terra di nessuno fra psichiatria e psicoterapia. Torino: Bollati Boringhieri 2001.

Ogden TH. Reverie e interpretazione. Roma: Ubaldini Editore 1999.

paese accogliente, crea un nuovo e singolare fenomeno: quello dello straniero in patria! Ovvero una nuova psicopatologia, meno conosciuta, ma non per questo meno complessa e meno degna di nota.

Partendo da queste riflessioni lo scopo di questo lavoro è quello di presentare due casi clinici di due donne, svizzere, che spo- sando uno straniero, un italiano del nord l’una e un italiano del sud l’altra, si sono dovute confrontare la prima con un forte sen- timento di esclusione da parte della propria famiglia di origine, e la seconda con la non accettazione da parte della famiglia del marito, perché svizzera!

Per tutte e due queste donne l’equilibrio psichico è stato messo significativamente in crisi tanto da chiedere un intervento psi- chiatrico e psicoterapico continuativo.

“le coppie miste”: psicopatologie emergenti nei nuovi contesti migratori. esperienze cliniche

V. Berlincioni1, D. Bruno2

Psichiatra, Psicoanalista SPI, Ricercatrice, Psichiatra e dot-

torando di ricerca presso il Laboratorio di Psichiatria Cultura e Ambiente, Sezione di Psichiatria, Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali, Università di Pavia

I flussi migratori che hanno interessato l’Italia negli ultimi anni comportano per i servizi di salute mentale un confronto sempre crescente con scenari multiculturali e multilinguistici. con nuovi movimenti politici e ideologici, con nuove forme identitarie non- ché sociali e familiari (Fabietti 1998; Bruno e Berlincioni 2009). I clinici e gli operatori dei servizi socio-educativi sono chiamati a escogitare differenti modi pensare ed esercitare la psichiatria per realizzare efficacemente la difficile arte dell’incontro con lo straniero (Berlincioni 2002; Berlincioni e Bruno 2011). Le “famiglie miste” si offrono alla nostra riflessione come un campo interdisciplinare di ricerca su cui, tuttavia, la letteratura scientifica è a oggi piuttosto scarsa (Tognetti Bordogna 1996). Una delle ragioni può essere rappresentata dal fatto che questo tipo di famiglia costituiva nel nostro paese, fino a poco tempo fa, un fenomeno ultra minoritario, mentre oggi l’incidenza dei matrimoni con almeno un coniuge straniero è del 15% sul totale dei matrimoni celebrati in Italia. Lo studio delle famiglie miste si presenta interessante in quanto esse costituiscono uno spazio in cui è possibile fare l’esperienza del “meticciato” e dell’incontro con l’“Altro” a vari livelli. Tale esperienza è problematica in quanto comporta il confronto con il tema dell’identità e dello “straniero”: tuttavia il “meticciato”, nella sua qualità di composi- zione dialettica, può condurre non di rado a soluzioni creative e inedite alle problematiche identitarie, sebbene talvolta sia segnato dal marchio del conflitto e del dolore psichico.

Analizzeremo tali questioni a partire dal nostro lavoro di psi- chiatri e psicoterapeuti, con particolare attenzione alle nego- ziazioni culturali e identitarie che si giocano all’interno delle “famiglie miste” sempre più numerose nella società occidentale contemporanea.

Bibliografia

Berlincioni V, Bruno D. Ghosts from the past: a clinical case study of

intercultural therapy in contemporary Italy. International Journal of Cul-

ture and Mental Health available online: 8 Sep 2011.

Berlincioni V. Etnopsichiatria, etnopsicoanalisi: problemi vecchi e nuo-

nale. Il concetto di “spettro fobico sociale” potrebbe quindi ri- sultare utile a questo fine, incorporando presentazioni cliniche sub-sindromiche, sintomi e condizioni psicopatologiche asso- ciate, tratti temperamentali e di personalità, migliorando quindi le procedure di assessment e di trattamento dei pazienti e for- nendo allo stesso tempo l’opportunità di indagare le basi biolo- giche e psicologiche del disturbo in una prospettiva più ampia.

gli sconfinamenti dell’ansia A. Amati

Psichiatria (R), Università Magna Græcia di Catanzaro

L’ansia “sana” è esperienza umana universale, costruttiva. È la componente emotiva delle azioni svolte da protagonista e so- stiene l’adesione consapevole all’impegno finalizzato. Costitui- sce una dimensione bio-psico-sociale integrata, nella quale co- esistono esperienza soggettiva, manifestazioni espresse e mo- dalità di risposta agli stimoli, che sono avvertite con differente grado di preponderanza, a livello emotivo, cognitivo, compor- tamentale e a livello somato-funzionale. Diventa patologica quando vengono superati i limiti individuali di tolleranza della tensione interiore. Sia l’ansia eccitatoria che quella inibitoria, generano un rapporto conflittuale con

la realtà, che sfocia nei disturbi specifici con differenti conno- tazioni cliniche, mentre il soggetto sperimenta una sensazione penosa di inferiorità. Ma l’insieme delle componenti psicopato- logiche dell’ansia facilita anche sconfinamenti sia sul versante depressivo che verso esperienze psicotiche puntiformi. In en- trambi i casi, l’interferenza emotiva sull’appropriatezza cogniti- va svolge un ruolo centrale.

Nel primo, l’amplificazione anticipatoria peggiorativa del reale, la presenza di pensieri negativi irrealistici o esagerati di attesa di danno e il sentimento d’impotenza personale preludono allo scompenso depressivo, proprio attraverso comportamenti che derivano dalla valutazione pessimistica di persone e circostan- ze, e dal diffuso senso di disagio e di inadeguatezza.

Nel secondo, la compromissione acuta o prolungata delle abilità di pensiero e di pianificazione induce la paura di perdere il controllo della propria capacità mentale. Sono così possibili stati psicotici transitori, favoriti anche da esperienze di depersonalizzazione e derealizzazione e dal senso d’inaffidabilità personale, che con- ducono a momenti di totale incapacità all’azione organizzata. La reattività psicopatologica alla percezione instabile di sé e alla relazione preoccupata con gli altri danno corpo a un esteso spettro di sintomi avvertiti e di sintomi rilevabili, il cui substrato biologico non è esclusivamente riconducibile a disregolazio- ne adrenergica e nor-adrenergica. Poiché sono sostenuti anche dall’onda lunga del bilanciamento colinergico viscerale e dal coinvolgimento dopaminergico centrale, le implicazioni d’in- tervento sono complesse.

Psicopatologia dell’ansia generalizzata P. Castrogiovanni

Università di Siena

L’ansia viene definita come una condizione emozionale spiace- vole di attesa timorosa per anticipazione cognitiva di eventuali- tà negative in una situazione sé pertinente che viene connotata come incerta nella sua evoluzione ed esito, nel tempo futuro (potrebbe accadere che …) o nello spazio non percepito (con- temporaneo passato) (potrebbe essere accaduto che …). Prendendo spunto dalla siepe di leopardiana memoria che “tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” e che fa sì che “sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella e sovrumani silenzi e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura”, l’ansia viene vista come una disfunzione della gestione delle proiezioni temporo- spaziali che il cervello umano ha acquisito nella sua evoluzio- ne. L’allargamento dell’orizzonte spazio-temporale al di là del presente percettivo (HIC et NUNC) comporta la necessità di gestire le distanze (lo spazio-tempo non percepito): nel tem- po futuro (l’attesa) e nello spazio “al di là della siepe” (il non sapere che cosa è accaduto). È l’angoscia dell’HIC et NUNC dal quale l’uomo, e non l’animale, si proietta là dove non è e là dove non è ancora stato, nella problematicità di gestire me- diante il pensiero probabilistico lo spazio che non è conosciuto sensorialmente e il tempo che non è ancora.

lo spettro dell’ansia sociale S. Pallanti

Università di Firenze

 Il disturbo d’ansia sociale è uno dei più frequenti disturbi psi-

chiatrici, ma è molto spesso riconosciuto e trattato con discreto ritardo, a causa delle sue peculiari caratteristiche cliniche. In riguardo a ciò, sono molti gli sforzi che si stanno facendo per superare i difetti diagnostici del DSM-IV e per garantire un più corretto inquadramento, nella prossima edizione del manuale diagnostico, della fobia sociale e dei disturbi simili o più fre- quentemente associati.

Purtroppo ancora poco si conosce dei fattori individuali e am- bientali che possono portare allo sviluppo di questo quadro psi- copatologico, e le evidenze al momento presenti indicano solo aspetti generici e relativamente aspecifici, molto spesso comuni anche ad altri disturbi d’ansia.

Ugualmente poco chiare sono le basi neurobiologiche sotto- stanti al disturbo, e anche da un punto di vista psicopatologico molti sono gli aspetti da chiarire in vista del DSM-V. Infatti, il disturbo andrebbe valutato lungo un continuum di gravità, utilizzando nella diagnosi del disturbo un approccio dimensio-

venerdì 17 FeBBraio 2012 - ore 16.00-18.00

Sala BraMante

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