• Non ci sono risultati.

coordinatori

scoop o stigma? la psicopatologia sui quotidiani dal 1950 a oggi

L. Pingani1 2, S. Ferrari2, V. Vinci1, S. Catellani2, G. Ziosi2, M. Rigatelli 2

1 Azienda USL di Reggio Emilia; 2 Università di Modena e Reggio Emilia

introduzione: i mass-media, e in particolare i quotidiani, rap-

presentano la fonte primaria di informazioni per la popolazione generale in merito alla salute mentale. Numerosi studi hanno documentato la presenza di una associazione tra la rappresen- tazione mediatica negativa delle persone affette da un disturbo psichiatrico e gli atteggiamenti stigmatizzanti della popolazio- ne generale.

Metodi: utilizzando le banche dati biomediche “Pubmed” e

“Current Contents” è stata effettuata una ricerca utilizzando le seguenti keywords: “Stigma”, “Content analysis” e “Mental He- alth”. Fra gli articoli ottenuti, sono stati presi in considerazione solamente quelli pubblicati dal 01/01/1950 al 31/12/2010 su riviste peer-reviewed in lingua inglese. Sono stati ulteriormente selezionati solamente articoli che utilizzassero, come metodo- logia statistica, la “Content analysis”. Per ogni articolo sono sta- te raccolte le seguenti informazioni: data di pubblicazione, ri- vista, periodo oggetto di studio, zona geografica del quotidiano oggetto di studio, parole chiave utilizzate, numero degli articoli analizzati, criteri di selezione degli articoli, categorie definite dalla “Content Analysis”, metodologia utilizzata per l’omoge- neità nei giudizi e conclusioni ottenute.

risultati: sono stati presi in considerazione 21 articoli pubbli-

cati tra il 1957 e il 2010. Le riviste da cui sono stati tratti più articoli sono l’“Australian and New Zealand Journal of Psychia- try” e lo “Psychiatric Bullettin” (4 articoli). La media di articoli giornalistici presi in considerazione da ogni pubblicazione è pari a 665 (DS: ± 1170). Solo in 17 pubblicazioni (81%) le ca- tegorie sono state individuate prima dell’analisi degli articoli dei quotidiani e solamente in 6 (29%) pubblicazioni i valutatori delle categorie sono stati formati adeguatamente. Solo 5 pub- blicazioni (24%) hanno analizzato le variazioni presenti sullo stesso quotidiano in due momenti diversi.

Conclusioni: appare evidente come sia ancora necessario per-

seguire la riduzione di atteggiamenti stigmatizzanti presenti su quotidiani. In particolare si evince la necessità di utilizzare strumenti statistici adeguati e sensibili per la verifica di atteggia- menti stigmatizzanti nelle testate giornalistiche.

1955, inserendo quali termini di ricerca “stigma”, “famiglia”, associazione familiari”.

risultati: a dispetto di un miglior esito dei disturbi mentali mag-

giori nei paesi non industrializzati, alla luce di studi piuttosto recenti, la vita dei familiari di persone affette da disturbi mentali non sembra trarre alcun vantaggio da contesti rurali tradiziona- li, non risultando esenti da stigmatizzazione (Shibre et al. 2001; Raguram et al. 2004; Kadri et al. 2004).

Conclusioni: lo stigma “associativo” o stigma “di cortesia” vis-

suto dai familiari di persone affette da malattie mentali gravi sembra rappresentare una realtà ubiquitaria, che sta progressi- vamente acquistando spazio nella letteratura scientifica.

effetto dello stigma sull’accesso alle cure dei pazienti con disturbi mentali gravi

A. Fiorillo, V. Del Vecchio, D. Giacco, M. Luciano, C. De Rosa, M. Maj

Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN

introduzione: allo stato attuale, risulta quasi del tutto inesplora-

to l’impatto che lo stigma può esercitare sull’accesso alle cure dei pazienti con disturbi mentali gravi.

Metodi: lo studio è stato condotto in 30 centri di salute mentale

selezionati con procedura randomizzata e stratificati per area geografica e densità di popolazione. In ciascun centro, sono stati reclutati 25 pazienti affetti da schizofrenia e altrettanti fa- miliari-chiave, a cui è stato chiesto di compilare. il questionario sulle opinioni rispetto ai disturbi mentali (QO).

risultati: sono stati raccolti dati relativi a 709 pazienti e altret-

tanti familiari-chiave. I pazienti sono prevalentemente di sesso maschile (68%), non coniugati (80%), di cui solo il 18% con un lavoro. Il campione dei familiari è composto da soggetti di sesso femminile (71%), di età media di 57,1 (DS 12,6) anni, con un livello medio di scolarità di 7,2 (DS 4,0) anni, nel 28% dei casi con un lavoro. Nel 68% dei casi sono genitori dei pazienti. Il ricorso ai servizi di salute mentale è ritardato nei pazienti che vivono in centri piccoli, in coloro che sono a conoscenza della propria diagnosi e nei pazienti che vivono con familiari che hanno opinioni più restrittive sui diritti civili e affettivi dei pa- zienti con schizofrenia. L’accesso alle cure è, inoltre, rallentato se i familiari sono convinti che i pazienti con schizofrenia siano inguaribili, facilmente riconoscibili e tenuti a distanza dagli al- tri. I pazienti ritenuti imprevedibili dai propri familiari hanno un accesso più tempestivo ai servizi di salute mentale.

Conclusioni: i risultati di questo studio confermano che lo stig-

ma può esercitare un effetto significativo nel ritardare l’accesso alle cure dei pazienti con schizofrenia e sottolineano la neces- sità di fornire informazioni appropriate sulle possibilità di cura della schizofrenia ai pazienti e ai loro familiari.

un’emotività non mentalizzata e quindi spesso dolorosa. Se- condo un’ipotesi alternativa, l’uso di alcol e sostanze, nonché il ricorso patologico a determinati comportamenti, quali il gioco d’azzardo patologico, l’uso eccessivo di internet e della tecno- logia in generale, l’esercizio fisico strenuo, un eccessivo studio e lavoro, lo shopping compulsivo, ma anche le “abbuffate ali- mentari”, possono essere interpretati come tentativi di “sentire le emozioni”, tramite esperienze eccitanti. Si possono infine considerare tali forme di dipendenza come una strategia per migliorare la propria integrazione sociale la cui scarsità sarebbe indotta dall’incapacità di capire l’altro e il sé rispetto a esso. Infine sarà discusso il complesso costrutto dell’empatia e le sue declinazioni nel rapporto con l’uso di sostanze e la dimensione alessitimica.

Bibliografia

Caretti V, La Barbera D, Craparo G, et al. Le dipendenze patologiche.

Clinica e psicopatologia. Milano: Raffaello Cortina Editore 2005.

De Berardis D, D’Albenzio A, Gambi F, et al. Alexithymia and its rela-

tionships with dissociative experiences and Internet addiction in a non- clinical sample. Cyberpsychol Behav 2009;12: 67-9.

Dodes LM. Addiction, helplessness, and narcissistic rage. Psychoanal Q 1990;59:398-419.

Farges F, Corcos M, Speranza M, et al. Alexithymia, depression and

drug addiction. Encephale 2004;30:201-11.

Di Nicola M, Tedeschi D, Cundari S, et al. Empathy ability is impaired

in alcohol-dependent patients. Am J Addict 2009;18:157-61.

spettro ansioso e alessitimia D. De Berardis

Dipartimento di Salute Mentale, Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, Ospedale Civile “G. Mazzini”, Azienda Sanitaria Locale, Teramo; Dipartimento di Neuroscienze ed Imaging, Cattedra di Psichiatria, Università “G. D’Annunzio” di Chieti

Il termine alessitimia, di derivazione greca, significa letteral- mente “mancanza di parole per le emozioni”. Il costrutto alessi- timico si compone di quattro importanti caratteristiche: 1) diffi- coltà nell’identificare i sentimenti e nel distinguerli dalle sensa- zioni corporee che si accompagnano all’attivazione emotiva; 2) difficoltà nel descrivere agli altri i propri sentimenti; 3) processi immaginativi limitati, evidenziati dalla povertà delle fantasie; 4) stile cognitivo legato allo stimolo e orientato all’esterno. È ormai acclarato che la presenza dell’alessitimia può costituire il substrato su cui possono originarsi diversi disturbi psichiatrici, ivi inclusi i disturbi d’ansia, e può rappresentare uno dei fattori di automantenimento degli stessi. Lo scopo di questa relazione è dunque quello di analizzare le relazioni tra alessitimia e di- sturbi d’ansia, allo scopo di indagare le possibili ripercussioni

alessitimia e schizofrenia C. Maggini

Università di Parma

Dalla revisione della letteratura non emergono dati univoci relativi alla prevalenza dell’alessitimia negli schizofrenici, alla sua condizione di tratto o di stato e al suo suolo patoplastico nella sintomatologia della schizofrenia.

Quanto acquisito indica tuttavia che l’alessitimia è più frequen- te negli schizofrenici con prevalente sintomatologia negativa rispetto a quelli con prevalente sintomatologia paranoide o in- differenziata e negli schizofrenici con sindrome deficit rispetto a quelli senza sindrome deficit; è un costrutto complesso con aspetti stato-dipendenti e tratto-dipendenti connessa alla vul- nerabilità schizotropica, ma anche alla complessità cognitivo- affettiva della processualità schizofrenica.

alessitimia, impulsività e capacità empatica nelle dipendenze

G. Martinotti, M.Di Nicola

Università “G. d’Annunzio” di Chieti

Per alessitimia si intende la difficoltà di identificare, descrive- re e comunicare le emozioni. In questa relazione sarà presa in considerazione la correlazione esistente tra alessitimia e di- pendenze patologiche. In un primo momento considereremo il rapporto esistente tra alessitimia e disturbo da uso di sostanze, nell’ambito del quale rimane aperta la questione circa il fatto che l’alessitimia sia un antecedente dell’abuso di sostanze, ov- vero un fattore predisponente, oppure piuttosto una conseguen- za del disturbo dovuto alla recente astinenza. In diversi studi la prevalenza dell’alessitimia nei soggetti con disturbo da uso di sostanze si è attestata mediamente intorno al 50%. Alla luce di ciò si può ragionevolmente sostenere l’ipotesi secondo cui i soggetti affetti da sindrome da dipendenza avrebbero difficoltà a esprimere, identificare o descrivere i propri vissuti emozio- nali e a discriminare gli stati emotivi dalle sensazioni corporee sottostanti.

Prenderemo, poi, in esame la correlazione esistente tra alessiti- mia e dipendenze comportamentali, con particolare attenzione agli studi che sono stati effettuati in tale campo e che riguar- dano essenzialmente il gioco d’azzardo patologico, l’internet

addiction disorder e l’ipersessualità, dai quali si evince una cor-

relazione significativa di questi con l’alessitimia.

Alla luce di quanto esposto, le dipendenze patologiche rappre- sentano una serie di condizioni dettate dall’incapacità di rico- noscere vissuti emotivi, i quali, nell’impossibilità di essere rego- lati, verrebbero “attutiti” mediante l’uso di sostanze o il ricorso a peculiari comportamenti, nel tentativo disperato di regolare

giovedì 16 FeBBraio 2012 - ore 16.00-18.00

Sala Bernini

Outline

Documenti correlati