coordinatori
i meccanismi che la determinano sono ancora poco chiari 2. Lo
scopo dello studio è stato la valutazione dell’impatto dell’uso di cannabis sul quadro psicopatologico di soggetti all’esordio di un disturbo psicotico e la concomitante presenza di alterazioni dell’HPA.
Metodi: sono stati reclutati 79 soggetti (34 maschi e 45 fem-
mine) afferenti consecutivamente presso l’ambulatorio SMILE, con esordio dello spettro bipolare nel 81% (N = 64) e dello spettro schizofrenico nel 9% (N = 15). Tutti i soggetti sono stati sottoposti a valutazione con la Self Report Symptoms Invento-
ry-90 (SCL-90) per la psicopatologia generale; la scala per la va-
lutazione globale dei funzionamento (VGF); la Clinical Global
Impressions-Severity (CGI-S) per la gravità del disturbo e l’uso
di cannabis nell’ultimo mese. L’attività dell’asse HPA è stata valutata con un prelievo di cortisolo salivare.
risultati: il campione totale è stato suddiviso in due gruppi in
base al riferito (Gruppo 1: 58 soggetti) o meno uso di cannabi- noidi (Gruppo 2: 21 soggetti) nell’ultimo mese. Sono state evi- denziate differenze statisticamente nei punteggi medi delle di- mensioni psicopatologiche (più elevati nel Gruppo 1) dell’‘Ag- gressività’, della ‘Paranoia’ e dello ‘Psicoticismo’.
Il Gruppo 1, inoltre, mostrava, rispetto al Gruppo 2, un pun- teggio medio significativamente maggiore alla CGI-S, ma non relativamente al funzionamento globale valutato con la VGF. Anche i valori del cortisolo elevati in entrambi i gruppi rispet- to alla norma, non hanno mostrato differenze significative tra i due gruppi di studio.
Conclusioni: il presente studio supporta le evidenze scientifi-
che rispetto alle differenze intercorrenti tra i soggetti all’esor- dio psicotico che utilizzano cannabis rispetto a coloro che non la utilizzano nell’ambito della presentazione clinica e severità del disturbo 1. I nostri risultati confermano inoltre l’iperattivi-
tà dell’asse HPA nell’ambito della popolazione clinica studia- ta senza però dimostrare un coinvolgimento dell’uso di can- nabis. Risulta pertanto di estrema importanza nel trattamento dell’esordio psicotico una psicoeducazione sull’uso di canna- binoidi ai fini di una prevenzione secondaria.
Bibliografia
1 Wisdom JP, Manuel JI, Drake RE. Substance use disorder among peo-
ple with first-episode psychosis: a systematic review of course and treatment. Psychiatr Serv 2011;62:1007-12.
2 Belvederi Murri M, Pariante CM, Dazzan P, et al. Hypothalamic-pi-
tuitary-adrenal axis and clinical symptoms in first-episode psychosis.
Psychoneuroendocrinology 2011.
l’unico esempio. Questa evidenza ha portato, e talora porta tuttora, a derive deterministiche, con la conseguenza di essere contrastata da chi riconosce nella patogenesi del disturbo men- tale una forte componente legata alle esperienze individuali e al contesto socio-culturale. Il disturbo mentale ha tuttavia una genesi multifattoriale, i cui fattori determinanti sono da ricerca- re sia nella variabilità genetica, sia nella variabilità ambientale. Il paradigma oggi accreditato postula la presenza di una su- scettibilità individuale, in parte geneticamente determinata, che aumenta la probabilità di manifestazioni patologiche in alcuni individui e famiglie.
Attualmente lo studio delle basi genetiche dei disturbi mentali si fonda sul modello delle malattie genetiche complesse, defi- nite come patologie derivanti dall’interazione non lineare tra fattori ambientali e fattori genetici di suscettibilità. Nei disturbi mentali, in cui si utilizzano diagnosi categoriche che per de- finizione non sono necessariamente correlate ai meccanismi neurobiologici sottostanti, la definizione delle variabili fenoti- piche è tuttora un tema della massima rilevanza. L’eterogeneità nella definizione del fenotipo costituisce un limite degli studi, che si può superare adottando approcci validati e condivisi. I recenti sviluppi della tecnologia applicata all’analisi del mate- riale genetico, e dei relativi strumenti bioinformatici e biostati- stici, rendono oggi possibile l’applicazione di nuovi approcci. In particolare, sono emersi risultati promettenti dall’applicazio- ne di metodiche olistiche, che però sono gravate da proprie limitazioni teoriche e metodologiche. Per illustrare gli strumenti attualmente disponibili nelle indagini sul ruolo rispettivo dei fattori genetici e dell’interazione gene-ambiente nella patoge- nesi dei disturbi mentali, riporteremo alcuni esempi di proto- colli sperimentali e una sintetica rassegna dei modelli adottati.
Uso di cannabis e cortisolo salivare in soggetti all’esordio psicotico
R. Pollice, A.Tomassini, M. Casacchia
Dipartimento di Scienze della Salute, Università de L’Aquila introduzione: è ormai accertata la frequente presenza di una
comorbidità nei soggetti al primo episodio psicotico(FEP) con disturbi da uso di sostanze, di solito alcol e cannabis, i quali sono in grado di aumentare il rischio di sviluppare una psicosi franca, di incorrere in ricadute psicotiche e prognosi sfavorevo- le 1. Di contro, seppur ampiamente dimostrato che i FEP mo-
promozione della salute mentale e prevenzione del suicidio. I principali obiettivi del progetto sono costituiti dal condurre gli adolescenti a una migliore salute mentale attraverso la riduzio- ne delle condotte a rischio e suicidarie, dal valutare i risultati di diversi programmi preventivi e dall’individuare così modelli efficaci e culturalmente adatti di promozione della salute men- tale tra gli adolescenti dei diversi paesi europei.
Sebbene sia stato evidenziato che gli interventi di prevenzio- ne del suicidio possano essere efficaci nel ridurre le condotte suicidarie, vi è ancora carenza di studi ben documentati e ran- domizzati. Gli effetti di tali interventi in termini di riduzione di stili di vita insalubri nei giovani non sono mai stati riportati. Sappiamo che le condotte insalubri e a rischio sono nocive sia per l’attuale che per la futura salute degli individui. Le ana- lisi preliminari condotte evidenziano che i comportamenti a rischio tra gli adolescenti europei sono più frequenti di quello che ci si aspettava e che l’incidenza di casi a elevato rischio che presentano segni di disturbi mentali è ugualmente più alta di quella stimata in precedenza.
il trattamento del paziente a rischio di suicidio M. Pompili
Dipartimento di Neuroscienze, Salute Mentale e Organi di Senso, Ospedale Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma; McLean Hospital – Harvard Medical School, USA
Il suicidio è un problema serio nell’ambito della salute pub- blica e l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce il suicidio come un fenomeno in espansione per il quale è sta- to sollecitato un intervento in tutte le nazioni. Attualmente il focus è sulla verifica di che cosa veramente funziona nella prevenzione del suicidio. Si è consolidata l’evidenza che la prevenzione del suicidio sembra realizzarsi quando si forni- sce la terapia dei disturbi psichiatrici, la limitazione all’ac- cesso ad armi da fuoco, la riduzione della tossicità dei gas domestici e di quelli delle auto insieme al controllo delle so- stanze tossiche e al ridurre l’enfasi sul suicidio da parte dei mass media. L’hopelessness che fa riferimento alla mancanza di aspettative future ha ampie evidenze cliniche che sotto- lineano il suo ruolo centrale nel predire suicidio. I tentativi di suicidio sono poi un elemento saliente più volte riportato dalla letteratura come predittivo di ulteriore rischio di suici- dio. Nella crisi acuta fattori di rischio importanti sono l’ansia, gli attacchi di panico, l’insonnia e l’anedonia. Spesso gli in- dividui in crisi si ritirano in se stessi, hanno cambiamenti di umore repentini e si sentono come in trappola. Il clinico non deve dunque basarsi sulla sola presenza di ideazione suicida- ria per identificare un rischio di suicidio imminente. In altre parole, il soggetto può essere a rischio anche se non dichia- ra di volersi suicidare. La valutazione del rischio di suicidio
disturbi affettivi e condotte suicidarie in adolescenza M. Sarchiapone
Dipartimento di Scienze per la Salute, Università del Molise, Campobasso
Ogni anno approssimativamente 63.000 persone si tolgono la vita nei 27 stati membri dell’Unione Europea; i tassi di suicidio sembrano in diminuzione nella maggior parte delle fasce d’età, nonostante ciò i tassi di mortalità per suicidio tra i giovani so- no costantemente aumentati raggiungendo il loro picco sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. La ricerca di- mostra che più del 90% delle persone che portano a termine un suicidio presentano un disturbo mentale diagnosticabile, nella maggior parte dei casi si tratterebbe di un disturbo depressivo. La depressione è uno dei più significativi disturbi psichiatrici che colpiscono sia i bambini che gli adolescenti. Le statistiche dimostrano che i bambini in età prescolare mostrano una pre- valenza dello 0,3%; che sale al 2% nei bambini in età scolare; e varia tra il 4 e l’8% tra gli adolescenti. La depressione colpisce entrambi i sessi, ma le ricerche dimostrano che essa sia due volte più frequente nelle femmine rispetto ai maschi. La depres- sione sembra essere la causa della maggior parte delle morti autoinflitte e uno dei principali fattori di rischio per il suicidio. I dati che saranno esposti in questa presentazione sono stati raccolti nel corso della prima valutazione effettuata nello stu- dio Saving and Empowering Young Lives in Europe (SEYLE), che comprende un campione di 12.395 adolescenti di 11 diversi paesi. Questa presentazione si concentrerà principalmente sul- la prevalenza delle condotte suicidarie nel campione oggetto di studio e sulla correlazione tra suicidalità e depressione.
Comportamenti a rischio e suicidalità negli adolescenti europei
V. Carli
National Prevention of Suicide and Mental Ill-Health (NASP), Karolinska Institutet, Stoccolma, Svezia
Il suicidio è un importante problema di salute pubblica, e vi so- no prove sostanziali che le condotte suicidarie coincidano con sottostanti condizioni sociali, psicologiche e psichiatriche che si vanno a sommare ad altri comportamenti a rischio. Condotte a rischio e suicidalità sono significativi predittori di conseguenti problemi di salute mentale, per questo motivo si avverte la ne- cessità di promuovere l’adozione di stili di vita sani e positivi, specialmente durante le prime fasi di vita. Al fine di adempie- re a questo compito, è stato sviluppato il progetto Saving and
Empowering Young Lives in Europe (SEYLE) con lo scopo di
prevenire le condotte a rischio, i disturbi mentali e le condot- te suicidarie esaminando specifiche strategie di intervento di
venerdì 17 FeBBraio 2012 - ore 16.00-18.00
Sala raffaello