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tipicamente umano, è diventato oggetto d’indagine scientifica. Scopo di questa relazione è di quello di presentare i dati bio- logici più recenti sui meccanismi che potrebbero sottendere l’innamoramento e l’amore e di evidenziare quali potrebbero essere alla base della dipendenza affettiva.

Metodi: è stata presa in esame la maggior parte della letteratura

internazionale sull’argomento, con particolare riguardo ai dati sull’attaccamento negli animali e ai correlati neurochimici e di

brain imaging nell’uomo, insieme a i nostri contributi sull’ar-

gomento.

risultati: i sistemi coinvolti nell’innamoramento e nell’amore

sono principalmente quelli che sottendono le reazioni primarie di ansia e paura, dello stress e i neuropeptidi ossitocina e va- sopressina che agiscono sui centri dopaminergici del piacere.

Conclusioni: le modificazioni biologiche che sottendono l’in-

namoramento e l’amore, e in particolare quelle che coinvol- gono il sistema dopaminergico, sembrano rappresentare quella base di vulnerabilità che porterebbe individui più fragili a svi- luppare la dipendenza affettiva.

Hikikomori: sindrome esotica o no?

P. Cardoso

Firenze

L’Hikikomori è una patologia per la quale i giovani si rifiutano di andare a scuola e si chiudono nella loro stanza ed evitano ogni contatto con il mondo esterno. Passano le loro giornate a dormire, guardare la televisione o usando Internet, che di- venta l’unico canale di comunicazione con il mondo esterno. Ciò produce anche un’alterazione del ritmo sonno-veglia, che spesso si invertono.

Anche con i familiari i contatti sono ridotti al minimo e spesso si limitano a mettere fuori della porta il cibo. In Giappone que- sta patologia colpisce circa, secondo i dati raccolti dal governo giapponese alcuni anni or sono, circa 6151 giovani 1.

Questa patologia appare correlata al gran numero di suicidi molto frequenti nei giovani giapponesi.

Le soluzioni sin’ora adottate sono risultate del tutto insuffi- cienti. Un intervento che ha prodotto dei risultati è la “Terapia Morita”.

Possibili cause scatenanti: l’elevata competitività scolastica che

determina poi l’avvenire lavorativo del ragazzo. L’esclusione dal gruppo dei propri compagni, perché non riescono a man- tenere un alto livello di rendimento scolastico. Il non riuscire a mantenere le aspettative della famiglia, che fa notevolissimi sacrifici, in molti casi, per mandare i figli in scuole molto costo- se, instaura un conflitto nel ragazzo che sente tradire il proprio “giri” verso la famiglia. L’alta selettività del sistema scolastico giapponese. La perdita dei valori tradizionali sostituiti da valori tipici del mercato consumistico ovvero del bisogni di “confor- marsi” al modello di gruppo e della società, non più imposta dalle comunità tradizionali ma dal bisogno di raggiungere po- sizioni di lavoro d prestigio e di alta redditività e dalla moda. Nello studiare l’Hikikomori ci siamo accorti che le diversità cul- turali ed etiche che esistono tra la civiltà giapponese e quella occidentale erano maggiori di quelle che potevamo supporre.

Soluzioni possibili: incrementare il numero degli interventi volti

a sensibilizzare maggiormente gli insegnanti verso queste pro- blematiche per realizzare la massima prevenzione possibile. zione comportamentale e la ricerca del rischio; questi, infatti,

sono i primi segnali della riduzione progressiva della consape- volezza soggettiva, del declino progressivo della consapevolez- za di sé e l’inizio di una “esperienza dissociativa cosciente” nei confronti dell’obiettivo finale della perdita di controllo.

dal piacere dello shopping allo shopping compulsivo G. Maina, V. D’Ambrosio

Servizio per i disturbi depressivi e d’ansia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino

Lo shopping e il piacere a esso collegato sono fenomeni comu- nemente osservabili nella routine quotidiana. Tuttavia, in alcuni casi specifici, la tendenza all’acquisto può avere caratteristiche impulsive e manifestarsi in maniera improvvisa, senza alcuna pianificazione da parte dell’individuo e essere accompagnata da una sensazione urgente di tensione, piacere ed eccitamento. Quando questo comportamento diviene ripetitivo e conduce a conseguenze negative (per lo più finanziarie e psicologiche), tale comportamento viene definito “shopping compulsivo”. Descritto per la prima volta nel 1915 da Kraepelin e Bleuler, è stato incluso all’interno del DSM-III-R come esempio di un disturbo da discontrollo degli impulsi non altrimenti specifi- cato. Attualmente, né nel DSM-IV-TR né nell’ICD 10 vi è una definizione o una classificazione specifica per questo disturbo, che risulta ancora piuttosto dibattuta. La task force per il DSM- V ha recentemente proposto di classificare lo shopping com- pulsivo all’interno di una nuova categoria, quella dei “disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo” di cui farebbe parte anche il disturbo ossessivo-compulsivo che verrebbe quindi a essere distinto dagli altri disturbi d’ansia. Dal punto di vista epidemio- logico, lo shopping compulsivo ha una prevalenza compresa tra il 2 e l’8% e in circa il 90% dei casi interessa il sesso fem- minile. L’età d’esordio è compresa tra i venti e i trent’anni e il decorso nella maggior parte dei casi e cronico. Frequentemen- te si presenta in comorbidità con altri disturbi di Asse I quali disturbi dell’umore, d’ansia e disturbi da uso di sostanze. Nel 30% dei casi lo shopping compulsivo si presenta nei pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo. Alcune caratteristiche fe- nomeniche dello shopping compulsivo, quali l’intrusività dei pensieri legati al comprare e la resistenza opposta a tali pen- sieri, spesso criticati come insensati dai pazienti stessi e vissuti come ossessivi, hanno indotto i ricercatori a inquadrare tale di- sturbo all’interno dello spettro ossessivo-compulsivo. A questo proposito, vengono presentati i dati provenienti da una ricerca effettuata presso il Servizio per i disturbi depressivi e d’ansia dell’Università di Torino su un campione di pazienti con di- sturbo ossessivo-compulsivo che si presenta in comorbidità con shopping compulsivo.

la dipendenza affettiva tra psicopatologia e normalità D. Marazziti, S. Baroni, L. dell’Osso

Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologia, Università di Pisa

introduzione: uno dei filoni più innovativi delle neuroscienze

è quello che si occupa dei correlati biologici delle emozioni e dei sentimenti. Perfino l’amore, il sentimento considerato il più

tra 20 e 49 anni. In particolare, è risultata alta la prevalenza dell’Hikikomori tra i ventenni (2%). Questo dato indica come il fenomeno è una psicopatologia relativamente comune tra ado- lescenti e giovani adulti in Giappone.

Inoltre, circa lo 0,5% dei soggetti ha riferito che almeno un ragazzo nella loro famiglia sta attualmente vivendo come Hi-

kikomori. Applicando questa cifra all’intera popolazione del

Giappone, si stima che 232.000 persone attualmente soffrono di Hikikomori. L’età di picco dell’insorgenza è di 15-19 anni. Altro dato importante ricavato dallo studio è che oltre il 50% degli intervistati che aveva sperimentato l’Hikikomori, aveva anche subito un qualche disturbo psichiatrico nella propria vi- ta. In più, aveva un rischio 6,1 volte più elevato di comorbilità con disturbi dell’umore rispetto a coloro che non avevano espe- rienza di Hikikomori. Ciò suggerisce che l’Hikikomori sia una psicopatologia frequentemente associata ai disturbi psichiatrici.

Bibliografia

1 Watts J. Public health experts concerned about “Hikikomori”. Lancet

2002;359:1131.

Aumentare la presenza degli psicologi nelle scuole, che at- traverso incontri individuali e di gruppo, possano individuare i ragazzi a maggior rischio e sostenerli. Così come andrebbe realizzata una grande campagna d’informazione per famiglie. Per i ragazzi già colpiti dall’Hikikomori, potrebbero essere cre- ati gruppi di sostegno, anche attraverso delle chat-line, simili a quelli realizzati, in Europa, per gli alcolisti, rivedendoli rispetto alla cultura giapponese.

Occorrerebbe anche suggerire di realizzare interventi di psico- terapia individuale, dove un terapeuta segua, per molto tempo un ragazzo, nel tentativo di reinserirlo progressivamente, nel mondo della realtà. Facendo così, il ragazzo potrebbe ricostrui- re, a poco a poco, un rapporto di fiducia verso se stesso e verso quel mondo dal quale era fuggito.

Studi recenti: all’interno di un ampio studio epidemiologico

del World Mental Health Survey-Giappone, sono state condotte delle interviste su un numero considerevole di famiglie per una maggiore conoscenza della diffusione e delle caratteristiche del fenomeno dell’Hikikomori.

Si è trovato che la prevalenza del fenomeno era dell’1%, tra le comunità residenti dei soggetti intervistati, di età compresa

Per una definizione della traumaticità dell’evento P. Castrogiovanni

Università di Siena

La gravità dell’evento in sé è una caratteristica di primaria im- portanza nella genesi del disturbo post-traumatico da stress, anche se il suo potenziale traumatico è influenzato da aspetti individuali e soggettivi.

È quindi cruciale fare riferimento a una descrizione delle ca- ratteristiche della potenzialità traumatica dell’evento e della modalità in cui l’evento stesso si è verificato, che sia più soddi- sfacente e persuasiva di quella del DSM-IV.

In questa prospettiva, due aspetti fondamentali sono da consi- derare: da un lato l’impatto dell’evento sulla persona, e d’altra parte la condizione di preparazione della sua mente. Le conse- guenze psicopatologiche del trauma derivano infatti in primo luogo dalle caratteristiche dell’evento in sé e, solo secondaria- mente, dalla predisposizione individuale.

In conclusione, più “traumatiche” sono le caratteristiche dell’evento, più i suoi effetti sono indipendenti dalla persona e il suo meccanismo eziopatogenetico sarà psicobiologico.

il nucleo del Ptsd fra psicopatologia e psicobiologia L. Bossini

Dipartimento di Neuroscienze, Università di Siena

La letteratura ha ampiamente dimostrato come fattori esogeni psicogeni, sia esterni (traumi emotivi ed eventi di vita) sia in- terni (consci o inconsci) siano in grado di modificare l’attività cerebrale e quindi di indurre alterazioni dell’attività psichica. Tra i disturbi mentali conseguenti a “traumi”, solo il distur- bo post-traumatico da stress (DPTS) è identificato dall’evento traumatico che in questo disturbo assume un ruolo specifico, tanto che per poter fare diagnosi è assolutamente necessaria la presenza, in anamnesi, di uno stressor cui sono strettamente collegati i sintomi.

La specificità del quadro clinico sembra sottesa uno specifico pattern di alterazioni neurobiologiche. È stato dimostrato che nel disturbo post-traumatico da stress (DPTS) esistono modifi- cazioni biologiche cerebrali confermate da studi di Brain Ima-

ging sia funzionale che strutturale.

La maggior parte dei dati replicati sembrano indicare un’al- terazione a livello di quei circuiti cerebrali coinvolti nella

saBato 18 FeBBraio 2012 - ore 11.40-13.40

Sala BorroMini

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