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L’attivazione, durante la gravidanza, di tali modelli relazionali può agire come fattore di vulnerabilità per lo sviluppo di sin- tomi depressivi nel periodo perinatale.

P89. differenze di genere nel disturbo ossessivo- compulsivo: un possibile sottotipo?

A. Aguglia, U. Albert, F. Barbaro, F. Bogetto, G. Maina

Servizio per i Disturbi Depressivi e d’Ansia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino

introduzione: i recenti studi scientifici hanno evidenziato l’ete-

rogeneità clinico-psicopatologica che caratterizza il distur- bo ossessivo-compulsivo (DOC). A conferma di tale ipotesi, gli autori hanno proposto numerose sottotipizzazioni tra cui il moderno modello dimensionale 1, il decorso (episodico vs.

cronico) 2, l’età d’esordio (precoce vs. tardiva) 3, il tipo di co-

morbidità (tic o disturbo bipolare) 4. Infine, in letteratura è stata

avanzata l’ipotesi della sottotipizzazione del DOC a seconda del genere 5.

Lo scopo dello studio è: a) valutare l’impatto del genere sull’espressione fenotipica del DOC in un ampio campione; b) verificare il ruolo del genere nella sintomatologia OC in rela- zione a una sottotipizzazione dimensionale.

Metodi: il campione è costituito da 415 pazienti con diagno-

si principale di DOC (DSM-IV-TR), afferiti consecutivamente presso il nostro servizio tra il 1995 e il 2010. È stata som- ministrata un’intervista semitrutturata per rilevare le caratte- ristiche socio-demografiche e cliniche dei soggetti inclusi. La valutazione clinica è stata completata mediante: 1) Y-BOCS; 2) HAM-D; 3) HAM-A; 4) scala di Paykel; 5) SCID-II. Infine, si è proceduto a dividere il campione in due sottogruppi in relazione al genere.

risultati: 217 soggetti (52,3%) erano maschi. Questi presenta-

vano un’età d’esordio più precoce sia dei sintomi che del di- sturbo e una comorbidità maggiore con disturbo bipolare, in particolare con quello di tipo I. Inoltre presentavano un’asso- ciazione significativa con ossessioni sessuali e compulsioni di ripetizione. Al contrario, i soggetti di sesso femminile presen- tavano differenti caratteristiche cliniche: sintomatologia di tipo washer e maggiore comorbidità con depressione minore e di- sturbi del comportamento alimentare lifetime. È stata inoltre ri- levata un’associazione significativa tra l’esordio della sintoma- tologia OC e la presenza di almeno un evento di vita stressante.

Conclusioni: i dati emergenti dalla letteratura sembrano sug-

gerire che il DOC assume caratteristiche peculiari nei due ses- si 5, ma le differenze riscontrate non supportano al momento

l’idea di sottotipizzare il DOC a seconda del genere; tali diffe- renze sembrano piuttosto riferibili ad altri elementi (quali l’età d’esordio) che potrebbero risultare più utili in futuro ai fini dell’identificazione dei fattori genetici e d ambientali predi- sponenti e delle strategie più adeguate per ciascun individuo.

Bibliografia

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teristics in episodic and chronic obsessive-compulsive disorder. De-

press Anxiety 2007;24:251-5. Conclusioni: i risultati ottenuti sottolineano come un’attenta va-

lutazione clinica e un accurato follow-up possano permetterci di intervenire tempestivamente qualora si rendano manifesti i comportamenti predittivi di non responsività alla terapia.

P88. valutazione dello stile di attaccamento e della personalità nella depressione post-partum F. Aceti, F. Aveni, V. Baglioni, F. Di Lorenzo,

N. Giacchetti, I. Marini, V. Meuti, P. Motta, M. Zaccagni, M. Biondi

UOS Igiene Mentale delle Relazioni Affettive e del Post Partum, UOC Psichiatria e Psicofarmacologia, DAI Neurologia e Psichiatria, Policlinico Umberto I, Sapienza Università di Roma

La maternità rappresenta un periodo di intensa vulnerabilità per la profonda riorganizzazione della realtà interna/esterna delle donne; alcune possono sviluppare disturbi di natura af- fettiva. Lo studio si propone di valutare la prevalenza della depressione post-partum (DPP), indagare i fattori di rischio psico-sociali, personologici e gli stili di attaccamento al fine di avviare un intervento di prevenzione primaria e seconda- ria. La ricerca, avviata nel marzo 2009, si articola in due fa- si: la prima di screening, su donne in prossimità del parto a cui vengono somministrate una Scheda di Rilevazione Dati e la EPDS; la seconda di arruolamento, con presa in carico dei soggetti positivi, ai quali sono somministrate la ECR e il MMPI-2. La diagnosi clinica è effettuata mediante SCID-1. Un sottogruppo di pazienti è sottoposto alla AAI e confron- tato con un gruppo di controllo. Delle 453 donne valutate, 92 (20,3%, come in letteratura) sono risultate positive alla EPDS (cut-off ≥ 12), 39 arruolate e di queste 15 sono entrate nel gruppo di studio. Sono emersi come fattori di rischio per la DPP la presenza di complicanze gestazionali (53,3%, p = 0,02) e un’anamnesi psichiatrica personale positiva (66,6%, p = 0,03). Il 66,6% riceve più di una diagnosi di disturbo di personalità (evitante/dipendente + borderline o istrionico + dipendente); al test MMPI-2 prevalgono profili che conferma- no una condizione depressiva principalmente reattiva, ansia legata alla corporeità, scarsa capacità di elaborazione dello

stress, rigidità e “vallo caratteriale” (Pd, Mf, Pa). Alla TCI-R

le pazienti ricevono punteggi più alti nella scala di Evitamen- to del Danno (HA) e più bassi nelle scale Auto-Direzionalità (SD) e Cooperatività (C) rispetto ai controlli (p < 0,01). Inoltre i due gruppi differiscono per i punteggi ottenuti alla BFI nelle scale Nevroticismo (p < 0,01), Gradevolezza e Coscienziosità (p < 0,05) delineando il profilo prototipico della personalità

borderline. Alla ECR lo stile di attaccamento “sicuro” risulta

essere significativamente presente nel gruppo di controllo ri- spetto a quello di studio (80%, p < 0,05) nel quale prevalgo- no le dimensioni ansietà ed evitamento, che si distribuiscono nell’ambito dell’attaccamento insicuro e timoroso (area dei funzionamenti borderline). All’AAI nelle donne con DPP si ap- prezza un trend positivo per gli stili di attaccamento insicuro organizzato (33%, prevalentemente preoccupato) e disorga- nizzato (47%). Le manifestazioni depressive osservate nel no- stro campione sembrerebbero riconducibili a caratteristiche di personalità specifiche legate a disturbi della modulazione affettiva e dell’integrazione dell’identità, a suo volta derivabi- le da esperienze di attaccamento primario insicuro o irrisolto.

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P91. disturbi del comportamento alimentare e comorbidità psichiatrica. indagine epidemiologica in soggetti in condizione di obesità

M. Altamura1, P. Aquilano1, L. Mendolicchio1, A. Petrone3, G. Rossi2, T. Lo Russo2, M. Rossetti2, M. Tusiano2,

A. Bellomo2

1 Dipartimento di Scienze Mediche e del Lavoro, Università di Foggia; 2 Dipartimento di Medicina, Ambulatorio di Obesità e Disturbi del Comportamento Alimentare, Ospedali Riuniti, Foggia; 3 Dipartimento di Neuroscienze, Università di Foggia introduzione: studi clinici hanno mostrato che l’obesità è fre-

quentemente associata a disturbi del comportamento alimenta- re (DCA) con una prevalenza più alta di disturbi emotivi rispetto a obesi senza DCA. Il nostro studio ha lo scopo di indagare la prevalenza di DCA in un campione di adulti in condizione di obesità e verificare se gli obesi con DCA differiscano da quelli senza DCA in termini di comorbidità con ansia e depressione.

Metodi: 536 obesi (età media = 46,9; sd = 6) con BMI > 30

(media = 36,9; sd = 7,05) sono stati esaminati con il test EAT- 26. Un sottocampione di 41 obesi EAT-high scoring e 35 obesi non affetti da DCA sono stati valutati con le scale EDI-2 e ASQ, CDQ per la rilevazione dell’ansia e depressione.

risultati: 279 obesi (52%; 229 F) hanno risposto ai criteri di

DCA (bulimia N = 3; disturbi dell’alimentazione non altrimen- ti specificati N = 276). I soggetti EAT-high scoring presentano livelli maggiori di Insoddisfazione corporea e Inadeguatezza (sottoscale EDI-2) e più elevati punteggi d’ansia e depressione rispetto agli obesi non affetti da DCA.

Conclusioni: i risultati indicano una elevata prevalenza di DCA

subclinici negli obesi. La presenza di DCA si associa a un mag- giore malessere psicologico riguardante la percezione della propria immagine corporea, l’ansia e la depressione. Gli obesi con DCA potrebbero essere considerati un sottogruppo di par- ticolare interesse psichiatrico per la comorbidità con disordini emotivi.

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P90. il fenotipo hoarding nel disturbo ossessivo- compulsivo: influenza del genere

U. Albert, A. Aguglia, A. Chiarle, D. De Cori, G. Maina, F. Bogetto

Servizio per i Disturbi Depressivi e d’Ansia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino

introduzione: il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è un

disturbo eterogeneo. La sindrome Hoarding, caratterizzata da accumulo patologico di oggetti insignificanti per l’individuo, è attualmente considerata un sottotipo del DOC 1, ma studi

recenti pongono l’attenzione sulle differenze riscontrate tra pazienti con DOC con o senza tale sintomatologia specifi- ca 2 3. L’identificazione di una sindrome specifica all’interno

dello spettro del DOC potrebbe avere importanti implicazioni terapeutiche e aiutare a identificare sottogruppi omogenei di pazienti per delinearne i fattori genetici e non di vulnerabili- tà. Dati preliminari sembrano rilevare inoltre un’influenza del genere sull’espressività della sintomatologia hoarder 1. Scopo

del presente lavoro è analizzare le caratteristiche socio-demo- grafiche e cliniche dei pazienti hoarder e valutare l’impatto del genere sull’espressione fenotipica del disturbo.

Metodi: sono stati reclutati 388 pazienti con diagnosi princi-

pale di DOC (DSM-IV; SCID-I). Sono state rilevate le caratteri- stiche socio-demografiche e cliniche tramite una intervista se- mistrutturata impiegata in altri studi. Sono state somministrate inoltre: 1) YBOCS; 2) HAM-D; 3) HAM-A; 4) scala di Paykel; 5) SCID-II. Il campione è stato diviso in due gruppi, in base alla presenza di sintomi hoarder lifetime e successivamente in base al genere.

risultati: sintomi hoarder sono presenti nel 18% dei pazienti.

I soggetti con sintomi hoarder sono caratterizzati da maggiore severità e cronicità dei sintomi ossessivo-compulsivi e mag- giore comorbidità con disturbi dell’umore. Riguardo all’in- fluenza del genere: i maschi hoarders hanno familiarità più elevata per disturbi dell’umore e comorbidità maggiore con disturbo bipolare; le femmine presentano decorso cronico, un quadro clinico più grave e più complesso (associazione signi- ficativa con ossessioni religiose e di simmetria, rituali ripetitivi e di conteggio).

Conclusioni: la presenza di sintomi hoarder in pazienti con

diagnosi di DOC sembra modificare la presentazione del qua- dro clinico del disturbo, con aspetti suggestivi di una mag- giore gravità. Le differenze rilevate tra i due sessi sembrano suggerire che il genere potrebbe giocare un ruolo importante nella differente presentazione fenotipica. È in discussione l’at- tuale classificazione della sindrome hoarder all’interno della diagnosi di DOC; i nostri dati supportano la proposta di alcuni autori 4 5 di isolare tale sindrome che avrebbe dignità nosogra-

tratti di personalità disfunzionali e alla psicopatologia alimentare e generale, appartenere o meno al cluster alessitimico potrebbe rivelarsi più importante della diagnosi di AN o di BN per il trat- tamento e la prognosi. Le presenti evidenze andranno tuttavia controllate in uno studio caso-controllo.

P94. le conseguenze degli eventi della vita

in un campione di pazienti dell’Università di Bologna C. Andrisano, B. Balzarro, C. Fabbri, M. Belvederi, V. Bandieri, E.M. Savoia, T. Attili, S. Porcelli, A. Drago, A. Serretti, D. De Ronchi

Institute of Psychiatry, University of Bologna

Background and aims: life adversity may increase the risk of a

psychiatric disorder. The extent of such impact is investigated.

Methods: 445 in and out patients were administered the Hamil-

ton Rating Scale for depression and anxiety (HDRS and HARS), the Young Mania Rating Scale (YMRS), the Positive and Nega- tive Syndrome Scale (PANSS) and a clinical interview on trau- matic events. Data analysis was conducted for tests’ scores from baseline to week 1. A t test was used.

results: 261 (58%) females and 184 (42%) males were includ-

ed. A close person within the family severily ill during child- hood and the interruption of leisure time activities a month be- fore admission impacted on the age at onset (the presence of such events was associated with an older age at onset).

Conclusions: this result confirms that stressors may interfere

with some aspects of psychiatric diseases. In particular, this result is consistent with previous evidence showing that early traumatic events may be associated with psychic resilience. The association with the interruption of leisure activities was associated with a different age at onset also. This may be due to the different life styles of patients at their fourties compared to patients at their thirties. Further analyses are nevertheless man- datory to stress or disconfirm this result. The possibility of a false positive finding cannot be excluded.

P95. il ruolo della prolattinemia negli outcome

della depressione. risultati di uno studio osservazionale E. Apicella2, L. Mendolicchio1, A. Gentile2, A. Bellomo123

1 Dipartimento di Salute Mentale, Università di Foggia, ASL Foggia; 2 Scuola di Specializzazione in Psichiatria, 3 Cattedra di Psichiatria, Università Foggia

introduzione: la depressione è associata a una riduzione del to-

no serotoninergico centrale, il cui indice indiretto è la PRL. Tale relazione è messa in luce da tecniche di stimolazione modulate da molecole che, agendo a livello 5HT1/5HT2, determinano un aumento della PRL. Questo studio indaga il rapporto tra PRL basale e prognosi di pazienti depressi.

Materiali e metodi: studio osservazionale su 127 pazienti rico-

verati presso l’SPDC della ASL di Foggia tra il 2006 e il 2010. Criteri di inclusione: diagnosi di episodio depressivo in disturbo depressivo maggiore, età < 65 anni.

La prolattina è stata dosata con metodologia classica, la coorte è stata stratificata in due classi: bassa e alta prolattinemia di base, (cut-off 20 ng/ml). Sono stati confrontati i due gruppi ri- spetto alla media della variazione del punteggio della BPRS in

P92. trattamento farmacologico con duloxetina in pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore in comorbidità con la fibromialgia

C. Amato, S. Mendolia, F. Battaglia, E. Aguglia

Azienda Ospedaliero Universitaria “Policlinico-Vittorio

Emanuele”, PO “Gaspare Rodolico”, UOPI Psichiatria

introduzione: la fibromialgia (FM) è una malattia complessa

caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso, riduzio- ne della soglia del dolore e dolorabililtà ai tender points. Essa può presentarsi con un ampio spettro di manifestazioni cliniche quali affaticabilità, rigidità muscolare, alterazioni del pattern ipnico, disturbi gastrointestinali, disturbi dell’umore e d’ansia.

obiettivi: l’osservazione a lungo termine delle variazioni del

quadro sintomatologico dei pazienti affetti da MDD in comor- bidità con la FM in trattamento con duloxetina 60 mg/die e la valutazione di disturbi di personalità e di eventi di vita stressanti nei pazienti oggetto d’indagine.

Metodi: a oggi sono state arruolate 12 pazienti con diagnosi

di FM e MDD. Le pazienti sono state valutate mensilmente per indagare la presenza di depressione, ansia, alessitimia, qualità di vita, gravità della fibromialgia e intensità del dolore.

risultati: nel 70,83% dei pazienti in esame è stata riscontrata

la presenza di eventi di vita stressanti antecedenti l’insorgenza della FM. L’osservazione del campione ha evidenziato inoltre una riduzione statisticamente significativa dei punteggi nelle scale del dolore.

Conclusioni: a oggi abbiamo riscontrato clinicamente una ri-

duzione significativa della sintomatologia dolorosa. Le modifi- cazioni degli aspetti misurati attraverso le altre scale non sono risultate significative. È possibile che con l’ampliamento del campione, si potranno in futuro ottenere risultati significativi anche per le altre scale di valutazione.

P93. alessitimia nei disturbi del comportamento alimentare: esplorazione preliminare

F. Amianto, G. Abbate-Daga, F. Migliore, A. Bellicanta, S. Fassino

Dipartimento di Neuroscienze, Clinica Psichiatrica, Università di Torino

L’alessitimia, l’incapacità pervasiva di identificare e descrivere sentimenti ed emozioni, con una limitata capacità immaginativa è stata valutata nei soggetti affetti da disturbi del comportamento alimentare (DCA) senza risultati univoci: è riscontrabile solo in una parte di questi, rappresentando probabilmente una condizio- ne concomitante al disturbo alimentare, con tuttavia un’influen- za importante sull’outcome del trattamento. 124 soggetti, con diagnosi di DCA a pieni criteri sono stati valutati con Tempera-

ment and Character Inventory (TCI), Beck Depression Inventory

(BDI), Symptom Checklist-90 (SCL-90), Eating Disorder Invento-

ry-2 (EDI-2) e Toronto Alexithymia Scale-20 (TAS-20). Nei sog-

getti affetti da DCA è stata riscontrata una prevalenza del 19,2%, usando come cut-off un valore di 67. L’analisi di cluster ha inve- ce evidenziato 2 cluster: un cluster alessitimico (32,3% dei sog- getti) e un cluster non alessitimico (67,7% dei soggetti), entrambi composti da soggetti affetti sia da anoressia nervosa (AN) che da bulimia nervosa (BN), senza differenze statisticamente significa- tive. Dal momento che la severità dell’alessitimia è correlata a

Conclusioni: i risultati del presente studio sembrano supportare

efficacia e tollerabilità della tDCS in acuto e il beneficio clinico fino a 3 mesi dal trattamento nei pazienti che hanno completato il follow-up (47,8%). Sono necessari studi controllati con cam- pioni più ampi per confermare questi risultati.

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P97. studio pilota di valutazione psichiatrica in pazienti sovrappeso

M. Azzi1, L. Lancerotto2, M. Marini1, F. Bassetto2, V. Vindigni2, C. Pavan1

1 Clinica Psichiatrica, 2 Clinica di Chirurgia Plastica, Università di Padova

È noto dai dati di letteratura che vi è una stretta correlazione tra patologia psichiatrica e obesità e problematiche connesse. Tali correlazioni possono essere considerate sotto due punti di vista: come causa che ha condotto alla condizione organica di obesità (depressione maggiore, disturbi del comportamento ali- mentare, in particolare Binge Eating Disorder o obesità psicoge- na, disturbi della personalità), ma anche come conseguenza per la gestione delle implicazioni dovute all’obesità stessa (disturbi dell’immagine corporea, agiti autolesionistici, disturbi affettivi, condotte parasuicidarie).

Il presente studio, nato dalla collaborazione tra la Clinica Psi- chiatrica e la Chirurgia Plastica dell’Università di Padova, vuole evidenziare la presenza/assenza e la natura della psicopatologia precedente o conseguente all’aumento di peso nei pazienti che si sono rivolti all’ambulatorio chirurgico dedicato a interventi di riduzione della massa adiposa (liposuzione e addominoplasti- ca). Inoltre si sono voluti caratterizzare i tratti temperamentali di questi pazienti per valutare se questi potessero in qualche modo correlarsi alla patologia obesità.

Un totale di 28 pazienti, reclutati da marzo 2008 fino a giugno 2011, sono stati confrontati con 25 controlli dalla popolazione generale confrontabile per caratteristiche anagrafiche e di peso. Hanno rifiutato la valutazione psichiatrica 30 pazienti. Sono stati inclusi i soggetti maschi e femmine di età compresa tra i 18 e i 60 anni con BMI non superiore a 34,9 ed esclusi soggetti con patologie organiche debilitanti o francamente causa del sovrap- peso/obesità, con deficit cognitivi e/o sensoriali e con disturbi della sfera psicotica franca (schizofrenia, disturbi psicotici acuti o cronici e disturbo schizoaffttivo).

Tutti i soggetti sono stati intervistati da un medico psichiatra, che li ha sottoposti alle seguenti valutazioni testistiche: intervi- sta anagrafica, anamnesi clinica e chirurgica, valutazione BMI di partenza (alla prima valutazione ambulatoriale), BMI alla va- lutazione attuale, Mini International Neuropsychiatric Interview (MINI), Paykel Interview (nei 6 mesi precedenti), Tridimensio-

nal Personality Questionaire (TPQ), Beck Depression Inventory

(BDI), Body Shape Questionaire (BSQ), Five Factor Inventory (FFI), Yale Brown per i tratti ossessivo-compulsivi.

ingresso e dimissione e alla durata media di degenza. È stata valutata la correlazione tra PRL all’ingresso e variazione della BPRS alla dimissione.

risultati: i pazienti con bassa prolattinemia all’ingresso mostra-

no un abbattimento del punteggio della BPRS in uscita, quasi del doppio rispetto a quelli con prolattinemia alta (p < 0,05). L’analisi della regressione lineare semplice mostra come bassi livelli di prolattina all’ingresso, correlino con maggiori variazioni del punteggio della BPRS alla dimissione (p < 0,05; F-Test 5,28).

Conclusioni: i risultati mostrano una correlazione tra minore

PRL basale e una miglior prognosi. Pazienti con PRL basa- le più elevata mostrano prognosi peggiore e minor risposta a SSRI e SNRI.

Bibliografia

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P96. stimolazione transcranica con corrente diretta in pazienti affetti da depressione farmaco-resistente:

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