coordinatori
Cinema e depressione I. Senatore
Clinica Psichiatrica, Università “Federico II” di Napoli
Consapevoli che uno dei meccanismi psicologici che sottende la visione di una pellicola è l’identificazione dello spettatore con i personaggi della vicenda, sin dagli albori, il cinema ha impaginato storie a lieto fine, popolate da personaggi allegri, pimpanti, dalla battuta facile e dal sorriso perennemente stam- pato sulla faccia. Ma il cinema ha saputo narrare anche le vi- cende di chi, spezzato dentro e con la morte nel cuore, sente la vita come un peso e guarda al futuro con desolante rassegna- zione. C’è chi non riesce a risalire alle cause che lo hanno por- tato a questa infelice condizione e chi lo collega all’aver perso il lavoro (Liberi) od all’abbandono del marito (Interiors, Litigi
d’amore) della moglie (Anime fiammeggianti) o dell’amato fi-
danzato (Splendore nell’erba). Numerose sono le pellicole nelle quali compaiono soggetti incapaci di elaborare la morte della moglie (Omicidi firmati) del marito (Un uomo da affittare) del fi- glio (Un borghese piccolo piccolo, Half light, Imaginary Heroes,
Red road, Lantana) o nei casi più gravi, sommersi dalla depres-
sione, pongono definitivamente fine alla propria vita (Il giardino
delle vergini suicide). All’opposto, il cinema ha saputo anche
narrare le vicende di quei soggetti logorroici, ipomaniacali, pe- rennemente su di giri (Il sorpasso) affetti da un vero e proprio disturbo dell’umore (Emma sono io, Mr Jones). Nel corso della relazione l’autore mostrerà un blob cinematografico sul tema.
Bibliografia
Senatore I. Curare con il cinema. Torino: Centro Scientifico Editore 2002.
Senatore I. Il cineforum del dottor Freud. Torino: Centro Scientifico Edi- tore 2004.
Senatore I. Psycho cult. Torino: Centro Scientifico Editore 2006. Senatore I. Cinema Mente Corpo. Milano: Zephyro Editore 2010. De Bernart R, Senatore I. Cinema e terapia familiare. Milano: Franco Angeli 2011.
Senatore I. Roberto Faenza. Uno scomodo regista. Alessandria: Falso- piano 2011.
te delimitato rispetto a quello della colpa, e incisivamente e ripetutamente proposto sia per quanto attiene alla vergogna del corpo, sia, e soprattutto, per quanto attiene alla vergogna delle radici, del nome, in una società multietnica che in quel tempo della Grande Depressione iniziava a mostrare tutta la sua conflittualità: il misconoscimento ingenera infatti senso di oppressione, danno, depressione, vergogna, alienazione. L’alien, lo straniero, lo strano, per sopravvivere deve dimen- ticare il passato, o rinnegarlo, “perderlo”, perdere il proprio nome, tormentarsi per la propria identità lacerata, solo rara- mente ritrovando una integrità esistenziale attraverso com- pensazioni valide.
Cinema e mania F. Fioroni
Medico-psichiatra, psicoterapeuta, membro del direttivo Arte, cinema e spettacolo della Società Italiana di Psichiatria
La caratteristica principale dei disturbi affettivi è un’alterazio- ne dell’umore accompagnata da una sindrome maniacale o depressiva, completa o parziale, non dovuta ad altri fattori fisici o mentali.
Il DSM sostiene che l’umore consiste in un’emozione prolun- gata che colora l’intera vita psichica e generalmente include sia la depressione che l’euforia.
Le sindromi maniacali e depressive consistono ciascuna di sintomi caratteristici che tendono a verificarsi insieme e in altre classificazioni questi disturbi sono raggruppati in diver- se categorie che includono disturbi affettivi, di personalità e nevrotici.
Il presente lavoro ha l’obiettivo di fissare con dei blog conte- stuali le caratteristiche principali delle sindromi maniacali ed oltre ad avere una funzione didascalica delle manifestazioni delle sindromi maniacali offrirà motivi di riflessione teorica sullo spettro maniacale che va dalla naturale euforia alla psi- cosi maniaco-depressiva con particolare riferimento al com- portamento maniacale nei disturbi affettivi bipolari.
influenza della psicopatologia dei disordini del comportamento alimentare sul temperamento e carattere
R. Dalle Grave
Unità di Riabilitazione Nutrizionale, Casa di Cura Villa Garda, Garda (VR)
I tratti di personalità sembrano avere un ruolo importante nello sviluppo, nell’espressione clinica, nel decorso e nella risposta al trattamento dei disordini dell’alimentazione (DA). Scopo di questo lavoro è stato investigare gli effetti di un trattamento ospedaliero basato sulla teoria e terapia cognitivo comportamen- tale transdiagnostica (I-CBT-E) sulle misure del temperamento e carattere, valutate con il Temperament and Character Inventory (TCI) in 149 pazienti consecutivi affetti da DA di gravità clinica. La valutazione prima e dopo il trattamento ha incluso la misu- razione del peso e dell’altezza, l’Eating Disorder Examination (EDE), il Beck Depression Inventory (BDI) e il TCI. Gli effetti del trattamento sono stati valutati con l’ANOVA, aggiustata per le covariate. Nessun effetto è stato osservato sui punteggi delle scale Novelty Seeking, Reward Dependence e Cooperativeness. La scala Harm Avoidance (F = 18,17, p < 0,001), Persistence (F = 7,71, p < 0,006), Self-Directedness (F = 27,55, p < 0,001) e Self Transcendence (F = 16.38, p < 0,001) si sono modificate in modo significativo dopo il trattamento. Le modificazioni dei punteggi del TCI erano dipendenti dalle modificazione dei pun- teggi del BDI e dell’EDE e indipendenti dalla diagnosi del DA, dai comportamenti e dalle modificazioni del BMI. I risultati portano a concludere che nei DA alcune scale del temperamento e del carattere sono modificate in modo significativo dall’I-CBT-E in relazioni alle modificazioni della psicopatologia del DA e della depressione, indipendentemente dalla stato nutrizionale. Questi dati sono rilevanti per i futuri studi che utilizzeranno il TCI nei DA.
aspetti psicopatologici persistenti nei disordini del comportamento alimentare: incapacità di stabilire rapporti interpersonali
S. Bertelli
Ospedale “San Paolo” di Milano
La letteratura scientifica sui disturbi alimentari ha recentemente posta l’attenzione su una problematica delle pazienti con DCA ben nota all’esperienza clinica, cioè l’incapacità a stabilire e mantenere rapporti interpersonali adeguati. Studi recenti hanno mostrato come le pazienti con DCA siano caratterizzate da limitato supporto sociale, ridotte reti sociali, mancanza di partner e ritardi nello sviluppo psicosessuale (Tiller et al. 1997; Schmidt et at.
influenza del perfezionismo nella patogenesi dei disordini del comportamento alimentare
P. Todisco
Servizio per i Disturbi del Comportamento Alimentare – Casa di Cura “Villa Margherita”, Arcugnano (VI)
Il perfezionismo svolge un ruolo di rilievo nell’eziologia, nel decorso e nel mantenimento di alcuni stati psicopatologici. Nei DA rappresenterebbe un fattore di rischio specifico, par- zialmente geneticamente ereditabile, e un fattore di mante- nimento. Negli anni si sono moltiplicati gli studi sul perfe- zionismo disfunzionale o clinico, ma restano ancora irrisolti alcuni aspetti: la sua definizione; i metodi di valutazione; la relazione con la psicopatologia specifica dei DA; le modali- tà di trattamento. Le prime definizioni lo consideravano un costrutto unidimensionale focalizzato solo su aspetti di auto- determinazione quali stabilire standard non realistici per se stessi, attenzione selettiva verso il fallimento, pensiero dico- tomico (Hollender 1965; Burns 1980). Dagli anni ’90 si sono utilizzate definizioni multidimensionali comprendenti non solo caratteristiche autoriferite, ma anche interpersonali (Frost et al. 1990; Hewitt et al. 1991) come l’ansia per la prestazione auto-orientata e socialmente prescritta (Pratt et al. 2001) o la preoccupazione per gli errori interpretati come equivalenti del fallimento (Halmi et al. 2001). Il gruppo di Oxford (Shafran et al. 2001, 2003) ha proposto un modello unidimensionale partendo dalla critica di quelli multidimensionali: la psicopa- tologia centrale di questo costrutto sarebbe rappresentata da uno schema disfunzionale di auto-valutazione eccessivamen- te basato sul perseguimento e il raggiungimento di risultati molto elevati per il soggetto in almeno un dominio altamente significativo, nonostante ciò implichi conseguenze avverse. I DA sarebbero espressione del perfezionismo nel dominio ali- mentazione, aspetto/peso e loro controllo con valutazione di sé dipendente dallo sforzo per raggiungere elevati standard personali di controllo in questi ambiti nonostante importanti conseguenze negative. Il perfezionismo è mantenuto attivo da una valutazione di sé negativa e costituisce uno dei fattori di mantenimento aggiuntivi e facoltativi dei DA ipotizzati nella teoria transdiagnostica sviluppata da Fairburn (2002). Alcuni studi hanno messo in luce un suo possibile ruolo di mediatore nella patologia alimentare (Sassaroli et al. 2011).
saBato 18 FeBBraio 2012 - ore 15.00-17.00
Sala Pinturicchio