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ne 1, un Consensus Statement in cui veniva negata l’esistenza

di modificabili fattori di rischio per la malattia di Alzheimer e il declino cognitivo. L’argomento è ulteriormente complicato dall’assenza di certi criteri diagnostici consensus-based per il declino cognitivo, il mild cognitive impairment e la malattia di Alzheimer. Infine le frequenti sovrapposizioni fra lesio- ni vascolari e neurodegenerative rendono ancora più ardua l’identificazione di modificabili fattori di rischio. Autorevoli studiosi 2 si oppongono però a queste conclusioni. Eviden-

ze accumulate grazie agli studi epidemiologici supportano fortemente il ruolo decisivo degli stili di vita e dei fattori di rischio cardiovascolari nella patogenesi e nello sviluppo delle demenze 3.

Nel corso della presentazione verranno affrontati questi temi, verranno esaminati i dati epidemiologici e gli studi più rilevanti degli ultimi anni, anche alla luce dei contributi dei nostri gruppi di ricerca italiani e svedesi 4-9.

Bibliografia

1 Daviglus M, Bell CC, Berrettini W, et al. National Institutes of Health

State-of-the-Science Conference statement: preventing alzheimer dis- ease and cognitive decline. Ann Intern Med 2010;153:176-81.

2 Qiu C, Kivipelto M, Fratiglioni L. Preventing Alzheimer disease and

cognitive decline. Ann Intern Med 2011;154:211.

3 Fratiglioni L, Qiu C. Prevention of cognitive decline in ageing: de-

mentia as the target, delayed onset as the goal. Lancet Neurol

2011;10:778-9.

4 Politis A, De Ronchi D, Serretti A, et al. Vitamin B12 levels in Alzhe-

imer’s disease: association with clinical features and cytokine pro- duction. J Alzheimers Dis 2010;19:481-8.

5 Atti AR, De Ronchi D, Fratiglioni L, et al. Cognitive impairment after

age 60: clinical and social correlates in the “Faenza Project”. J Alzhe-

imers Dis 2010;21:1325-34.

6 Olgiati P, De Ronchi D, Serretti A, et al. APOE epsilon-4 allele and

cytokine production in Alzheimer’s disease. Int J Geriatr Psychiatry

2010;25:338-44.

7 Atti AR, De Ronchi D, Fratiglioni L, et al. Late-life body mass index

and dementia incidence: nine-year follow-up data from the Kung- sholmen Project. J Am Geriatr Soc 2008;56:111-6.

8 Serretti A, Olgiati P, De Ronchi D. Genetics of Alzheimer’s disease. A

rapidly evolving field. J Alzheimers Dis 2007;12:73-92.

9 De Ronchi D, Atti AR, Fratiglioni L, et al. The combined effect of age,

education, and stroke on dementia and cognitive impairment no de- mentia in the elderly. Dement Geriatr Cogn Disord 2007;24:266-73.

decline ensues. While this is still a hypothetical model, it has served as the basis for the development of new criteria schemes.

demenza di alzheimer (ad) e depressione E. Aguglia

AOU Policlinico “G. Rodolico”, Vittorio Emanuele II, Catania, Dipartimento di Biomedicina Clinica e Molecolare, UOPI Psichiatria

L’esistenza di un’alta comorbidità tra Alzheimer e depressione è nota da lungo tempo. Recenti studi indicano che la depressione e il numero di episodi depressivi nella fase precoce di vita è associata a un aumentato rischio di sviluppare AD. Questo suggerisce l’esi- stenza di un possibile pathways comune le alterazioni cerebrali associate agli episodi depressivi che compromettono le abilitò del cervello di resistere allo stress costituiscono fattori di rischio per lo sviluppo dell’AD. In soggetti con un linkage genetico per la depressione c’è la possibilità di una aumentata vulnerabilità all’inizio della cascata neurodegenerativa.

Le placche e i grovigli neurofibrillari, le due caratteristiche ana- tomopatologiche principali nel cervello di un malatto di Alzhei- mer, sono più marcate nel cervello dei pazienti con malattia di Alzheimer con comorbidità come depressione rispetto ai pa- zienti con malattia di Alzheimer senza depressione. D’altra par- te, i fenomeni neurodegenerativi sono stati osservati in diverse regioni del cervello dei pazienti con una storia di depressione. Prove recenti suggeriscono che i meccanismi molecolari e le cascate che sono alla base della patogenesi della depressio- ne maggiore, come l’infiammazione cronica e iperattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), sono anche coinvolti nella patogenesi della malattia di Alzheimer. In particolare, un danno specifico legato al TGF-beta e al BDNF è stata osservata sia in depressione e malattia di Alzheimer.

esiste la possibilità di prevenire la malattia di alzheimer e il declino cognitivo?

D. De Ronchi

Istituto di Psichiatria, Università di Bologna

problems of an emotionally dysregulated nature and whose behavioral problems are so important they are unable to func- tion within their correctional environment. The program ob- jectives as well as the population served will be defined. The specific program of Dialectical Behavioral Therapy, Marsha Linehan’s modified version for detainees, will be presented as the chosen model of care on our unit (Mental Health Unit for Women Offenders), a clinical evidence based treatment used for this impulsive and violent clientele. Statistics collected throughout our eight years of operation and outcomes will be discussed.

treatment of violent and aggressive psychiatric patient based on clinical evidence

K. Bédard

Department of Psychiatry, Montreal University

Patient violence occurs in many clinical settings, especially in busy psychiatric emergency departments where we often find a stressful atmosphere that can exacerbate agitation in predis- posed patients. Up to 50 percent of healthcare providers are victims of violence at one point or another during their career. The pathogenesis of violent behavior is not well understood. A wide range of factors may influence the risk of violence of a given individual, in a particular setting. Some of these factors include the patient’s social, psychiatric and medical history, genetics and substance abuse. Organic causes (such as brain tumor or brain injury) also need to be considered.

Known psychiatric illnesses are well established risk factors when it comes to violent behavior. Schizophrenia, personal- ity disorders, mania and depression with psychotic features are most associated to violence but may also be associated with intoxication, delirium, and dementia, among others.

This presentation will review evaluation and management of the violent and aggressive patient, based on clinical evidence. We will discuss high risk environments, general prevention meas- ures, the preparation of interview assessment(s?) and setting as well as pharmacologic and non-pharmacologic treatments that are to be considered with specific groups of patients, regarding the identified cause of agitation or violent behavior.

la valutazione clinica della impulsività aggressività R. Quartesan, M. Piselli

Sezione di Psichiatria, Università Perugia; Area Funzionale Omogenea di Psichiatria, Università Perugia, AUSL 3 Umbria

Gli autori dopo aver brevemente definito e differenziato ag- gressività-impulsività e comportamento violento in ambito psi- chiatrico prendono in considerazione la gestione dell’utente ponendo attenzione su fattori scatenanti, di mantenimento e di risoluzione dell’evento. Sottolineano poi quelli che possono es- sere considerati comportamenti a rischio per gli operatori. A seguire discutono le più comuni scale relative alla valutazio- ne dell’aggressività e impulsività.

Concludono proponendo un modello a orientamento psicodinamico(secondo Kernberg) particolarmente adatto per le organizzazioni borderline. A tal riguardo differenziano, se- condo gravità, i diversi quadri psicopatologici graduandoli da un polo vicino alle nevrosi a uno prossimo alle psicosi, met- tendo in evidenza le differenti espressioni di discontrollo degli impulsi.

Infine sottolineano l’importanza dell’acquisizione condivisa di appropriate modalità di valutazione-gestione del paziente au- spicando una formazione continua per gli operatori del setto.

treatment of impulsive and aggressive women based on clinical evidence

R. Fugère

Department of Psychiatry, McGill Istitute

This presentation will focus on a treatment program that was developed after the Correctional Service of Canada identified the need for improved accessibility to mental health treatment for women offenders serving sentences longer than 2 years. A brief history and a current overview of the carceral situation of women in Canada`s correctional system will be presented. The Philippe Pinel Institute, a maximum security hospital in the province of Quebec, in partnership with the Correctional Service of Canada created a specialized treatment unit offer- ing mental health services to female offenders who experience

venerdì 17 FeBBraio 2012 - ore 11.40-13.40

Sala tiziano

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