coordinatori
traumi, resilience e strategie di coping. il ruolo degli interventi psicosociali
A. Fiorillo, C. De Rosa, V. Del Vecchio, D. Giacco, M.Luciano
Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN
introduzione: negli ultimi 20 anni le conoscenze sugli effetti
psicosociali dei traumi sono aumentate in maniera significativa. Tuttavia, l’effetto degli interventi psicosociali per affrontare al meglio le conseguenze dei traumi è ancora ampiamente dibat- tuto.
Metodi: lo studio è stato condotto con la metodologia Delphi
a quattro fasi tra tutti i partecipanti all’Early Career Psychiatrists
Committee dell’European Psychiatric Association (EPA). risultati: al momento, sono state raccolte informazioni da 16
paesi europei (Austria, Bielorussia, Croazia, Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Roma- nia, Scozia, Serbia, Svezia, Svizzera, Turchia). Tutti i parteci- panti allo studio hanno riconosciuto il ruolo degli interventi psicosociali nei traumi. Gli interventi maggiormente consigliati sono l’intervento precoce, il trattamento farmacologico, l’inter- vento psicoeducativo, il supporto sociale, la terapia cognitivo- comportamentale “trauma-focused”; questa ultima raccoman- data soprattutto per il disturbo acuto da stress e il disturbo post- traumatico da stress. Tuttavia, questi interventi sono disponibili solo in 4 paesi. In alcuni contesti sottoposti recentemente a traumi di massa (ad es., Croazia e Serbia), questi interventi – per quanto ritenuti molto utili – non vengono forniti di routine nei servizi di salute mentale.
Conclusioni: esistono numerosi interventi psicosociali di pro-
vata efficacia per migliorare la resilience e le strategie di coping nelle popolazioni sottoposte a traumi. Tuttavia, questi interventi solo raramente vengono offerti di routine nei servizi di salute mentale, anche in contesti sottoposti a traumi recenti.
Catastrofi naturali e impatto sui servizi di salute mentale: prevenzione dello stress degli operatori e nuove
emergenze psicopatologiche nella popolazione giovanile R. Pollice, L. Verni, V. Bianchini, R. Roncone
Dipartimento di Scienze della Salute, Università de L’Aquila introduzione: la letteratura internazionale ha dimostrato come
un disastro naturale sia associato all’aumentata prevalenza di disturbi psichiatrici: disturbo post-traumatico da stress (PTSD), depressione, ansia, disturbi del sonno e abuso di sostanze. Il PTSD è il disturbo psichiatrico più diffuso dopo un disastro con un range variabile tra l’1,5 e il 74%. Tale diagnosi risulta diffi- coltosa poiché le persone inconsciamente trascurano le conse- guenze psicologiche di un evento traumatico.
In questi contesti, inoltre, l’operatore in emergenza sviluppa una soglia di tolleranza elevata nei confronti di situazioni che, occasionalmente o cronicamente, possono indurre un’altera- zione dell’equilibrio psichico. Scopo dello studio è stato quello di valutare le caratteristiche cliniche, funzionali e neuropsico- logiche in un campione di operatori presso il P.O. “S. Salvato- re” di L’Aquila nei 12 mesi successivi all’evento sismico del 6 aprile 2009. I soggetti appartenenti al campione in esame sono stati sottoposti a trattamento farmacologico e psicoterapico se- condo interventi standardizzati.
termine nelle popolazioni affette, sia come soddisfacimento di diagnosi categoriali, sia come prevalenza di sintomi (per esempio, suicidalità), la ricerca ha prodotto modelli predittivi per i diversi esiti studiati, individuando differenti fattori di rischio, distribuiti nel periodo pre- (es. variabili sociodemografiche), durante (es. traumi di guerra), e post-conflitto (es. stato lavorativo, condizione migratoria e di temporaneità del visto). L’analisi dei fattori di rischio conferma l’utilità di utilizzare chiavi interpretative com- plesse, come il costrutto della violazione dei diritti umani, nella costruzione dei modelli. I fattori di rischio trovati differiscono per i soggetti rimasti nei paesi di origine e per quelli rifugiati, ma rimangono relativamente consistenti tra paesi.
Conclusioni: i risultati confermano la persistenza a lungo ter-
mine di pesanti conseguenze psicosociali nelle popolazioni esposte a conflitti armati, e sottolineano l’importanza di tenere conto di fattori di rischio precedenti e successivi alla guerra nell’interpretare gli esiti e approntare gli interventi.
Criminalità e conseguenze psicosociali
C. De Rosa, V. Del Vecchio, D. Giacco, M. Luciano, A. Fiorillo
Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN
Il tema dell’insicurezza percepita nelle grandi città è un argo- mento di grande attualità. In esso convergono aspetti sociolo- gici, antropologici e psicosociali. I dati scientifici descrivono le metropoli come realtà intrise di paure che si presentano come emozioni pervasive del vissuto quotidiano. Circa il 90% degli abitanti delle 10 più grandi città del mondo dichiara di avere almeno qualche piccola ansia quotidiana, il 43% avverte con maggiore intensità una o più angosce e una persona su 10, se dovesse indicare il sentimento che meglio esprime l’atteggia- mento nei confronti della propria vita, sceglierebbe la paura vera e propria. Napoli è una delle metropoli italiane più con- traddittorie, le sue criticità si intersecano variamente a quelle della criminalità organizzata e della delinquenza comune che la rendono una realtà in cui coesione sociale, valori etici, gra- do di raggiungimento dei diritti di cittadinanza sono indeboliti. Tutto questo favorisce degrado e povertà sociale, che a sua vol- ta produce vulnerabilità, comportamenti patogeni e disturbi psi- chiatrici secondo un modello circolare in cui i disturbi mentali, attraverso la selezione sociale, possono portare alla povertà, e la povertà riduce la probabilità di prognosi favorevole di molti disturbi mentali. La presenza di criminalità sul territorio deter- mina livelli elevati di insicurezza percepita nella popolazione; modifiche di stili di vita e di lavoro; reazioni post-traumatiche nelle vittime di racket o di furti e rapine; la presenza di rifiuti tossici nei territori si associa a un rischio maggiore di esordi precoci di morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, disturbi del comportamento e ADHD; la maggiore accessibilità delle droghe sul territorio è una delle ragioni per cui la Campania è la regione italiana con il maggior numero di pazienti in carico ai Ser.T. Tutto questo incide sulla pratica quotidiana di varie pro- fessioni, compresa quella di psichiatra e rende auspicabile la formazione di un network di professionisti che integri saperi e competenze di operatori della salute mentale che lavorano nei territori a elevato tasso di criminalità e devianza per la condivi- sione di competenze e l’approfondimento dei temi in termini di ricerca e di assistenza.
36,5%, rispettivamente. Dopo lo screening iniziale, del 66,7% del campione che ha mostrato una sintomatologia post trauma- tica positiva (IES-R > 35), il 13,8% ha poi ricevuto una diagnosi di PTSD. Inoltre il tratto OC, il sesso femminile, la distruzione dell’abitazione e l’elevato livello di stress si sono rilevati fattori di rischio per lo sviluppo di un PTSD nei soggetti positivi con sintomatologia post traumatica, senza una diagnosi di PTSD.
Conclusioni: il nostro studio conferma che un disastro naturale
può determinare l’esacerbazione di disturbi mentali preesistenti con un significativo rischio di cronicizzazione e lo sviluppo di una diagnosi di PTSD (13,8%), con conseguenti costi enormi di gestione per le strutture assistenziali e la società. Lo screening post traumatico in una situazione di emergenza dovrebbe esse- re una priorità nei programmi di sanità pubblica. In linea con le più recenti ricerche, i risultati del nostro studio evidenziano percentuali di risposta agli interventi maggiormente significativi per trattamenti integrati. Si rileva una significatività per la pre- senza di sintomi dissociativi in chi è stato esposto a immagini traumatiche, così come in soggetti con inagibilità della propria abitazione. È infine emerso che una migliore organizzazione del contesto lavorativo garantisce un più efficace ripristino del funzionamento globale degli operatori.
Bibliografia
Alexander DA., Klein S. First Responders after Disaster: a review of
Stress Reactions, at-risk, vulnerability and resilience factors. Prehosp
Disaster Med 2009;24:87-94.
Mitchell JT, Everly GS Jr. The scientific evidence for critical incident
stress management. JEMS 1997;22:86-93.
Metodi: da maggio 2009 ad aprile 2010 sono stati valutati 72
soggetti (18 maschi e 54 femmine), appartenenti alle diverse Unità Operative del P.O. “S. Salvatore” di L’Aquila. Sono stati utilizzati i seguenti strumenti di valutazione: scheda di rileva- zione dei dati anamnestici; valutazione neuropsicologica; Stan-
ford Acute Stress Reaction Questionnaire Impact Event Scale- Revised; Brief Cope; General Healt Questionnaire-12 items;
VGF; CGI-S.
Sempre nello stesso periodo, 323 giovani sopravvissuti al ter- remoto, afferiti consecutivamente presso lo SMILE, U.O.S. dell’Ospedale San Salvatore dell’Aquila, sono stati sottoposti al seguente assessment: una scheda socio-anagrafica, la raccolta di informazioni rispetto all’esperienza sismica e scale psicome- triche quali il General Health Questionnaire-12 items (GHQ- 12), l’Impact Event Scale-Revised (IES-R), l’intervista SCID-II per i disturbi in Asse II e SCID-I per la diagnosi psichiatrica.
risultati: sono stati effettuati follow-up a cadenza semestrale
nel campione degli operatori, valutando al termine dei 12 mesi gli esiti e verificando la presenza di eventuali correlazioni fra le variabili cliniche e funzionali rilevate con i trattamenti psicote- rapici effettuati, con l’adozione di specifiche strategie di coping e con le condizioni relative al contesto lavorativo.
Il 44,2 e 37,4% del campione di adolescenti, invece, presenta- vano rispettivamente livelli di stress moderato (GHQ-12 > 15) e alto (GHQ-12 > 20). Il genere femminile e la disoccupazione erano significativamente correlati con il livello di stress (GHQ- 12 score) e il tratto ossessivo-compulsivo (OC). La prevalenza delle dimensione post traumatiche della “ri-esperienza”, “evi- tamanto/numbing” e di “iperarousal” erano del 39,8, 23,7 e
dipendenze e scelta deliberata S. Pallanti
Università di Firenze
Le dipendenze comportamentali sono uno dei grandi capitoli emergenti della psichiatria. Emergenti non solo perché sempre più nitidi sotto un ottica clinica, ma perché in molti casi inti- mamente legati allo sviluppo di nuove tecnologie e alle nuove abitudini di vita sociale e privata che ci impongono. Inoltre, tali disturbi hanno il carattere dell’emergenza sia per la loro cre- scita esponenziale, ma soprattutto per il target di popolazione che maggiormente ne è a rischio: gli adolescenti e i giovani. Un ruolo centrale in questo campo ha avuto e avrà lo sviluppo e la diffusione di internet.
Internet, il “web”, rappresenta il più importante prodotto cultu- rale e educazionale nella società dell’industria di massa, e allo
stesso tempo l’ultima minaccia allo spazio intimo della sogget- tività. In realtà non è solo una tecnologia ma un ventaglio di op- portunità e uno stile di vita diverso, inoltre, per la maggior parte di noi, rappresenta una parte inevitabile della ritualità quotidia- na. Qualche anno fa, il filosofo Ludwig Wittgenstein ha detto che la lettura di giornali ha sostituito la preghiera del mattino, vorrei aggiungere che ora il monitor del portatile ha sostituito il tabernacolo. Pertanto il collegamento web una questione che abbraccia sia la dimensione sociale che quella psicologica. Per segnare la linea di demarcazione tra un fisiologico e un “uso patologico dei media elettronici” è, a livello sociale, una questione sia di quantità che di tempo consumato e relativo danno sociale, ma, come psicopatologo, ciò che importa è il “come” internet è vissuto, con una specifica attenzione alla di- mensione soggettiva.
Di particolare interesse tra i cambiamenti psicologici che si ve- rificano nel mondo virtuale on-line, sono la maggiore disinibi-
saBato 18 FeBBraio 2012 - ore 11.40-13.40
Sala Bernini