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Le trasformazioni urbane 1 La città come sistema sociale globale

2. Nuove morfologie urbane 1 La ricostruzione sociale dei luogh

2.5 Cambiamento sociale e città: riflession

“Città e cambiamento sociale sono quasi sinonimi. Il cambiamento è l’attributo della vita di città e la caratteristica dell’esistenza urbana. Cambiamento e città possono, e anzi devono, essere definite in reciproco rapporto. Ma perché è così? Perché deve essere così?“)76

Muovendo da questi interrogativi Baumann affronta in modo problematico il rapporto tra la città ed il cambiamento sociale. Se la città offre molte possibilità per la realizzazione dell’individuo è anche il luogo che pone problemi ed esige risposte che altrove non si presenterebbero. Accanto all’emergere di nuovi stili di vita, di nuovi usi dello spazio e del tempo, emergono comportamenti certamente non nuovi ma che presentano una maggiore diffusione. La città, viene definita dall’autore come un insieme di luoghi in cui una massa di estranei si incontrano, interagiscono ma pur rimanendo a lungo in stretto contatto essi rimangono estranei. La città attrae per le allettanti opportunità che luoghi più tranquilli e meno promettenti non offrono: da qui la scelta o la necessità di nuovi abitanti di trasferirsi in contesti dove tutto è nuovo e niente è scontato. Sicuramente la città ha sempre ospitato stranieri ma non è forse mai successo, come si osserva nelle nostre società che questi rimanessero stranieri così a lungo e che costituissero una continua fonte di incertezza e di timore per i residenti. A volte è la paura dell’ignoto, la non appartenenza alla comunità, la difficoltà di comprendere altre culture che genera timore e qualche volta reazioni esagerate, tentativi di esorcizzare paure inespresse ed una condizione di fragilità che è insita negli abitanti della città. La condivisione dello spazio con “ altri” , la prossimità non voluta con estranei è vista spesso dalle popolazioni urbane come una condizione a cui non si può sfuggire: si tratta di ritrovare forme che consentano una coabitazione accettabile.

Da qui le politiche per la sicurezza, la costruzione di barriere che da una parte tengono fuori “la città pericolosa” e dall’altra mettono dentro in “recinti involontari” le fasce deboli della popolazione. Lo spazio urbano diventa dunque luogo di conflitto, in cui si condensano impulsi esclusivisti, prodotti da un senso di insicurezza esistenziale, di fragilità della propria condizione sociale.

Toennies77, riferendosi al concetto di comunità oppone la comunità alla società, descrivendo la prima come il frutto storico di relazioni personali, di un sentire comune e reciproco, di rapporti di vicinato, di parentela e di sangue. A questa Gemeinschaft premoderna egli oppone la società impersonale, individualistica e razionale della modernità.

76 Baumann Z., (2203) Amore liquido, Laterza, Roma-Bari.

Ci sembra, tuttavia, che questo dualismo sia oggi improponibile. Riprendendo un’idea cara a Bagnasco, appare sempre più difficile nel presente delineare un concetto sociologico di comunità opposto a quello di società: occorre invece rivolgersi all'analisi della pluralità di comunità locali esistenti, declinando il termine in forme multiple e localizzate, evitando di usarlo in modo sostanziale ed organicistico.

Proprio dall’analisi delle società locali emerge l’altra faccia dei vantaggi dati dall’era della globalizzazione, dalla multietnicità e differenziazione culturale che porta alla proliferazione da una parte di spazi controllati, come gli shopping malls, dall’altro crea “spazi d’interdizione” che hanno un’unica funzione: isolare gli abitanti della città gli uni dagli altri poiché essi sono stati relegati allo status di avversari. Si costruiscono così all’interno della città spazi extraterritoriali in cui “i membri dell’elité globale possono preparare, coltivare e gustare la propria indipendenza fisica e l’isolamento territoriale dalla località.” (Baumann,2003)78.

Nella città questi tipi di spazio diventano espressione della disintegrazione del modo di vita locale, in genere condiviso della comunità. L’osservazione della realtà conduce alla consapevolezza di come i fenomeni di disembedding, di sradicamento dei rapporti sociali da contesti locali di interazione di cui parla Giddens siano diffusi nelle aree urbane. La stessa città, divenendo globale, ha contribuito alla creazione di reticoli di comunicazioni ed interazioni slegate da un contesto spaziale e temporale. Oggi tutto ciò appare accentuarsi in maniera diversa, la popolazione residente diminuisce, ma il traffico aumenta. Circolano persone, merci, informazioni. Le nuove rapidissime vie telematiche permettono di gettare reti sull'intera superficie del mondo per contatti in tempo reale, in uno spazio virtuale che rende indifferente la localizzazione fisica, e questo sembra rendere superflua la città. Ma non è così: le reti hanno fili e nodi, e le città, continuano a essere grandi e complessi terminali di flussi anche nell'epoca delle nuove tecnologie. Dunque le città sono punti di incontro di network complessi, sia reali che virtuali, in grado di rinnovare profondamente il tessuto sociale e relazioni di reciprocità interpersonali.

Il problema che scaturisce alla fine di questo capitolo è come favorire processi di riaggregazione di comunità anche su basi tradizionali, come ritrovare nuovi forme di legami sociali in un'epoca caratterizzata dalla frammentazione, dalla virtualizzazione dei rapporti interpersonali. L'attuale"crisi della comunità" ci spinge a ripensare i legami sociali, sia virtuali che reali; anche a partire dagli spazi.

78 Bauman op. cit.

Una soluzione potrebbe essere quella rappresentata dall’opposta tendenza alla creazione di “spazi sdrucciolevoli, frastagliati o presidiati” di cui parla Flusty79 a favore di spazi aperti pubblici, luoghi che possano essere frequentati e condivisi da tutte le categorie di residenti urbani.

Se come afferma Gadamer80 la comprensione reciproca è stimolata dalla condivisione di esperienze, allora la condivisione dello spazio è condizione imprescindibile. Questa tesi è provata dal fatto che lo sviluppo della comprensione e la condivisione di esperienze resa possibile da un contatto face to face è l’unico motivo che spinge studiosi, uomini d’affari ed individui di tutte le categorie ad incontrarsi, nonostante la possibilità di comunicare tramite Internet.

La riflessione che si intende proporre è che se lo spazio in quanto luogo è importante per favorire la socialità degli individui, è anche vero che non è lo spazio in sé che può rigenerare la città. Pur nella radicalità di situazioni offerte dagli urbanisti, esse non sono in grado di eliminare quel tipo di insicurezza esistenziale generato da un mercato del lavoro instabile, da legami umani fragili, dalla precarietà dell’esistenza. Politiche urbane, politiche culturali, sociali e qualsiasi azione riferita alla città dovrebbero essere preceduti da un miglioramento della condizione esistenziale. Questo implica la necessità di inserire le azioni in un quadro complessivo di sviluppo. Il progetto auspicato da Gadamer81 di una “fusione di orizzonti” potrebbe avere inizio proprio dalla città.

79 Flusty, S. Building Paranoia, p. 48-52. 80 Gadamer H.G. (2000), Verità e metodo, Bologna

3. Rigenerazione urbana come percorso di trasformazione sociale

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