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La città ed i suoi diversi attori sociali: conflitti e convergenze

Le trasformazioni urbane 1 La città come sistema sociale globale

3. Rigenerazione urbana come percorso di trasformazione sociale 1 Rigenerazione urbana : una metafora per la rappresentazione della città

3.5 La città ed i suoi diversi attori sociali: conflitti e convergenze

Una riflessione preliminare, che ci sembra necessaria, è che nel processo di rinnovamento vengono messi in campo una serie di progetti, di strumenti che sono utili a gestire questa transizione se nella costruzione dei nuovi scenari urbani vengono inseriti, quali tasselli di un mosaico, non solo i centri storici, ma anche le periferie, le zone degradate, dimesse, perché ogni insieme di città con i suoi aspetti sociali, spaziali, fisici, deve far parte di un progetto di trasformazione complessiva del territorio. La ragione è evidente:

“non si promuove lo sviluppo, la ricerca di identità di una città, se tutte le parti della stessa non sono accompagnate in questo processo e se non si ha la consapevolezza che l’infrastruttura più importante che favorisce questo processo è sicuramente la rete di relazione tra le persone, il loro costituire “sistema” e il loro senso di appartenenza alla comunità locale. In assenza di questo raccordo, di questo nesso, ogni azione, ogni proposta che viene fatta rischia di essere illuministica, astratta, rischiosa e quindi estranea rispetto ai problemi della città.” (Mela , )91

Le politiche finalizzate a rispondere efficacemente alle nuove domande sopra accennate non possono prescindere dalla mobilitazione di attori locali (imprenditori, tecnici, intellettuali, terzo settore) ed il coinvolgimento degli abitanti come protagonisti dei processi di riqualificazione, perché non esistono soluzioni tecnocratiche a questi problemi. La sfida maggiore che viene lanciata oggi è l’idea dell’interazione a tutti i livelli, interazioni tra territorio e città, interazione tra scale, interazione sociale. L’unico modo per dar vita ad interazione sociale è la comunicazione, l’informazione, forum di incontro, a cui partecipano sociologi, architetti, politici, la società civile. Oggi in presenza di una polverizzazione dei soggetti dotati di una certa possibilità di intervento, in teoria, lo scenario dovrebbe esser più aperto. La partecipazione è vista come la chiave di volta dell’attivazione dei processi di rigenerazione urbana. La partecipazione infatti, svolge un ruolo centrale per rispondere all’esigenza di orientare una pluralità di soggetti diversi verso obiettivi comuni, creando una importante infrastruttura immateriale per lo sviluppo. Esperienze recenti ma significative in questo campo sono, ad esempio, i percorsi di Agenda 21 Locale, i nuovi municipi e i bilanci partecipati.

90 Secchi B. op. cit.

Attraverso percorsi di partecipazione della comunità locale è, infatti, possibile programmare e calibrare interventi realmente efficaci, vicini alle esigenze dei cittadini, degli operatori economici e sociali; interventi che, nei vari campi, danno risalto alle caratteristiche identitarie delle città, le risorse territoriali endogene e innescano meccanismi virtuosi di innalzamento della qualità della vita della comunità nel suo insieme, dei singoli quartieri. Ciò si è dimostrato vero in varie realtà meridionali, ad esempio, nel campo dei servizi e delle politiche sociali rendendo possibile, con la partecipazione della comunità e del terzo settore, la creazione di servizi ed attrezzature innovative che rispondono, con alti livelli qualitativi ed in modo flessibile, alle nuove esigenze delle famiglie e a particolari bisogni sociali ancora inevasi. Altri esempi significativi riguardano, i programmi di riqualificazione di ambiti urbani degradati realizzati con il diretto coinvolgimento degli abitanti e degli operatori economici e sociali lì insediati. E’ il caso di alcuni programmi di tipo integrato (Urban ed in parte i Contratti di Quartiere) o del programma tedesco Soziale Stadt, che, con un paziente lavoro di ricucitura e di integrazione, hanno messo insieme politiche per lo sviluppo locale, riqualificazione di spazi pubblici, recupero ambientale, con risultati positivi proprio perché appropriati al contesto e duraturi. Non sempre tuttavia si realizzano condizioni altrettanto positive ed incoraggianti.

L’azione dell’ amministrazione locale, dunque, diviene efficace soprattutto quando assume il ruolo di facilitatore della mobilitazione delle risorse già esistenti, in una concezione del progetto urbano come progetto multi-dimensionale e partecipato.

Nel campo della pianificazione territoriale ed urbanistica il tema della partecipazione ha dato vita alla progettazione partecipata, o a politiche per incentivare la partecipazione negli interventi di riqualificazione di particolari aree. Il modello seguito è quello del Locality Development filone del pensiero organizzativo che enfatizza i modelli self-help delle comunità locali e vede nel processo partecipativo la condizione imprescindibile per interventi pianificatori di successo. Grande rilevanza assume

“la concertazione delle azioni tra soggetti e gruppi sociali ed una efficiente gestione dei flussi di comunicazione tra questi in particolare assume rilevanza il ruolo del sociologo o dello psicologo il cui intervento può agevolare comunicazioni ed interazioni tra i diversi soggetti sociali coinvolti al fine di produrre azioni condivise”.92

In questa ottica assume particolare significato il ricorso alla progettazione partecipata, modalità utilizzata per coinvolgere, responsabilizzare, creare protagonisti e non tifosi che comporta anche una grande sfida per le amministrazioni pubbliche. Un lavoro

92 Mela, op. cit.

che richiede un’intensa collaborazione di molti attori, sia soggetti istituzionali che soggetti locali, che a vario titolo operano e vivono nelle aree di intervento.

L’analisi del caso di Essen, nelle pagine successive o le osservazioni di quanti hanno direttamente sperimentato questa metodologia fa emergere la difficoltà di un tale percorso soprattutto in fase di realizzazione pratica dell’intervento. La difficoltà nasce anche dalla differenza dell’iter procedurale proposto da queste metodologie rispetto a quanto si è consolidato e stratificato nelle amministrazioni. La settorializzazione, nell’approccio è qualcosa di totalmente diverso da un approccio integrato che tende a controllare la qualità del progetto e questo vale per tutti modelli organizzativi. Un approccio generale può essere meno efficace nel momento delle applicazioni ma consente una flessibilità che gli specialismi, invece, non consentono. Il problema è la complessità. Così avviene nel controllo e nel governo di fasi di cambiamento, in processi complessi. La velocità del cambiamento richiede un atteggiamento flessibile, aperto, collaborativo. Si tratta di aggiungere delle nuove dimensioni culturali per affrontare i processi di rinnovamento con metodologie realmente innovative.

Una riflessione generale su recenti esperienze europee mette in rilievo la necessità di adottare nei processi di rigenerazione urbana una prospettiva che individui le rappresentazioni della città non più dalla visuale degli urbanisti e degli architetti ma dalla visuale dei cittadini. Non si tratta di sostituire la razionalità di una lettura costruita su strumenti urbanistici con la confusa idea di città che si sviluppa nell’immaginario dei fruitori della città. Dunque non una contrapposizione ma una negoziazione in cui poter mettere insieme la percezione dell’ambiente da parte di chi ha gli strumenti per realizzarla con quella di chi ha la competenza dell’abitare. A partire da questi presupposti teorici si analizzeranno i casi di studio prescelti. L’esigenza che emerge dai vari casi di studio prese in esame e dal giudizio di studiosi del settore è quella di una metodologia che impone di partire dalla realtà così come essa si presenta, con il suo degrado fisico e sociale, con le sue potenzialità.

Quali strumenti per una corretta lettura del territorio? Secondo la tesi di Mela93 uno li riassume tutti: “

l’interdisciplinarietà, cioè un punto di vista plurimo che è l’unico possibile per leggere la realtà nella sua complessità, non imponendo a nessuno di rinunciare alle proprie competenze specifiche, anzi, imponendo a ciascuno di usare le competenze nel confronto con quelle altrui.”

Forse anche da un punto di vista imprenditoriale si è ormai diffusa la consapevolezza che la qualità del territorio derivi non solo dagli aspetti fisici ma anche dal tessuto

connettivo, dalla coesione sociale, intesa come la capacità delle componenti soggettive ed istituzionali di creare compattezza e proposte unificanti. Questa visione amplia il concetto di sviluppo basato sul calcolo dell’aumento del Pil e non sulla compattezza dei legami sociali che consentono alle persone di far fronte alle sfide della città. Si tratta di una nuova idea di sviluppo, che richiede un maggiore protagonismo da parte dei cittadini non più solo fruitori di risorse ma essi stessi risorse per la comunità, e nello stesso tempo richiede che queste reti formali ed informali siano riconosciute, evitando però il rischio che tutto si riduca ad una difesa dei propri diritti individuali senza una vera connessione.

4. Le politiche comunitarie e la città

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