6.Genova: la città “svelata”
6.5 Le trasformazioni sociali: la città “frammento”
Gli osservatori che scrivono “sulla città” negli anni Ottanta denunciano la grande crisi di trasformazione sia dell’apparato produttivo, che della struttura urbana, minacciata da un’emergenza sociale che non ha prodotto mutamenti immediati ma piuttosto un lento declino, preannunciando processi di durata assai più lunga. La crisi portuale, la deindustrializzazione, la ridotta competitività delle imprese locali ha generato conseguenze a medio-lungo termine. La popolazione decresce ed aumenta in maniera rilevante il numero percentuale degli anziani e dei pensionati. Si registra un decremento degli occupati dell’industria ed il porto vede ridurre notevolmente i suoi traffici: l’esodo dal settore portuale e la chiusura dei grandi stabilimenti. Il tessuto sociale evidenzia la rilevanza assunta da un nuovo tipo di sottoproletariato urbano: immigrati provenienti da altre regioni italiane, famiglie affidate all’assistenza sociale, anziani sfrattati, “tossici“, emarginati e per finire la nuova emigrazione extracomunitaria. Una “permanent underclass”(Bertelli, 1991), purtroppo diffusa nella città occidentale contemporanea.
Dagli anni Ottanta in poi si avvia un attivo processo di trasformazione della città: la deindustrializzazione provoca la ritrazione della presenza umana dai luoghi storici del lavoro, graduale abbandono di spazi aperti ed edificati e vuoti urbani in condizione di crescente degrado. Negli anni Novanta, interventi nei punti nodali della città ne mutano la fisionomia: mentre il porto perde importanza, una buona parte della popolazione del centro storico viene sostituita, vengono costruiti nuovi quartieri in collina, si avvia la realizzazione della metropolitana. Le cifre relative alle trasformazioni strutturali evidenziano rilevanti cambiamenti: al decremento degli abitanti corrisponde una diminuzione del numero degli occupati; il grande apparato produttivo dell’industria siderurgica e meccanica che ruota intorno alle partecipazioni statali e la funzione portuale che per anni hanno assicurato possibilità lavorative e buoni livelli di reddito si avviano verso una crisi inarrestabile.
In un clima di attese, delusioni e speranze i vari attori si fanno promotori di un’azione rivendicativa e partecipativa che si estende all’intero settore urbano. Soprattutto nel Ponente hanno inizio le mobilitazioni di molti “comitati di quartiere”, per il miglioramento della qualità della vita, per l’eliminazione dei fattori di rischio ambientale, sui costi sociali di nuove progettualità (nuovo porto di Voltri), sul potenziamento e sulla riqualificazione dei servizi urbani, a favore della valorizzazione storico culturale, sui problemi del traffico e contro le nuove lottizzazioni edilizie. (Gastaldi, 2000 )122.
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I comitati di quartiere tentano di portare avanti una domanda di partecipazione che non è ancora molto diffusa; assumono il ruolo di mediatori tra enti pubblici e tessuto sociale tradizionalmente esercitato da diverse associazioni operaie e sindacali. Genova è alla ricerca di un nuovo ruolo e di una nuova identità.
E mentre la città lamenta una innata tendenza alla mancanza di decisione,”qui non si fa mai niente”, in realtà guardando a ritroso gli ultimi anni del XX secolo sono caratterizzati da un grande dinamismo: numerosi interventi nel centro storico ne hanno mutato la fisionomia. Il fenomeno di gentrification che ha avuto un ruolo di primo piano nel recupero della parte antica, ha avuto origine dall’esigenza di trovare un’abitazione e ciò ha spinto dagli anni 70’ in poi persone di buona cultura e pochi mezzi a ristrutturare gli alloggi e reinserirsi nelle zone più antiche della città. Dagli anni 90’ in poi gli investimenti statali hanno determinato il rientro dei ceti agiati secondo le modalità che questo fenomeno ha presentato nelle altre città europee.(Gazzola, 2003)123 La riabilitazione e la ristrutturazione di parti dei centri storici da parte di chi avendo un buon livello economico e culturale, apprezza la posizione centrale dei luoghi ed il valore artistico determina una crescita dei valori immobiliari ed una progressiva espulsione di abitanti, commercianti e classi meno abbienti. Anche le cifre relative alla trasformazione economica rivelano un mutamento profondo negli anni Novanta.
La situazione economica migliora, gli interventi di risanamento, di ricucitura del tessuto urbano, fanno emergere un nuovo aspetto della città che sorprende primi fra tutti gli abitanti. Indagini condotte sulle politiche culturali segnalano forme di frammentazione e di crisi ma anche elementi di vivacità, di una domanda crescente di servizi (Guala, 1995)124.
Ricerche più recenti sugli stili di vita a Genova segnalano la presenza di un “crisi di crescita” come in tutti i momenti di grande trasformazione, ma che preannuncia interessanti sviluppi.125
Dagli anni 60 fino all’inizio degli anni 90’ è stato avviato a Genova un intenso programma di edilizia residenziale grazie ad alcune leggi 167/62, la 457/78, la 25/80, volte a risolvere il problema abitativo. Nella maggior parte dei casi presentano di tratti comuni. La presenza di edifici enormi, la loro visibilità la loro dispersione sul territorio, le conseguenze di uno scarso adeguamento al suolo e al contesto hanno prodotto conseguenze pesanti non solo dal punto di vista estetico ma anche per le condizioni di vita degli abitanti.
123 Gazzola, A., op. cit.
124 Guala,C., (1995) (a cura di), Vivere la città, Costa & Nolan, Genova.
125Gazzola scrive: “Sembra presentarsi un momento di scollamento tra i mutamenti economici e della morfologia urbana, la vita quotidiana e la valutazione collettiva ed individuale di entrambi. La città fisica ed economica sta trovando la sua collocazione in questi tempi ipermoderni; la città delle persone cerca di difendere il tempo della quotidianità, i luoghi con cui si identifica, la dimensione locale ritagliata nella grande Genova che insegue un futuro metropolitano”.
Ad esempio la mancanza di servizi e di spazi per la socializzazione che ha prodotto spesso la fuga durante il fine settimana di queste persone verso aree più attrezzate per il tempo libero come quella dell’Expo. Recentemente con l’apertura del centro della Fiumara con vari spazi per il tempo libero i cittadini del Ponente hanno trovato un luogo che costituisce un’alternativa al centro. Permangono problemi in queste aree legati alla presenza di microcriminalità, tossicodipendenza, prostituzione ed abbandono scolastico che richiedono interventi volti a potenziare il controllo sociale spontaneo o da parte delle istituzioni. E’ l’altra faccia di Genova. I processi di rigenerazione non hanno affatto risolto tutte i problemi della città. Molte sono le posizioni critiche nei confronti di interventi considerati come semplici maquillage di parti della città, incapaci di apportare sensibili cambiamenti a criticità. Da tempo radicate nel tessuto urbano. Dal Lago, ad esempio, sottolinea come a Genova
“due mondi contrapposti coesistono guardandosi, nonostante la prossimità da una distanza insuperabile: la città legittima dei cittadini, dell’opinione pubblica, delle associazioni dei partiti e quella più o meno invisibile dell’illegittimità, dell’immigrazione, della microcriminalità, della prostituzione e della tossicodipendenza126.
La prima non conosce la seconda ma ne fa la fonte di ogni degrado, la seconda vive all’ombra dell’economia informale, in forma semilegale o illegale, ma soprattutto non ha voce. Da qui la necessità di dar voce a questi mondi silenziosi come scelta metodologica che arricchisce e fornisce elementi inattesi alle opinioni prevalenti.
Questi due mondi convivono ignorandosi. “L’indifferente contiguità “di cui parla Del lago è comunque riferibile a molte città portuali del Mediterraneo con cui Genova condivide caratteristiche fisiche e sociologiche: quartieri antichi a ridosso dei porti, edifici storici di grande pregio spesso fatiscenti, vicoli oscuri, economie marginali, contrabbando, prostituzione. Quello che è diverso rispetto ad altri centri storici di città portuali è che il centro di Genova non presenta un’omogeneità sociale. L’esigenza di riaccendere il dibattito pubblico all’esterno non solo sui temi economici tradizionali che attraggono operatori economici ed imprese, ma anche all’interno sui fattori che contribuiscono alla costruzione di una forte identità, è un’esigenza sempre più sentita, tra gli amministratori ma soprattutto dalla società civile al fine di creare partecipazione, fiducia, comunicazione che sono aspetti centrali della qualità urbana. Un timore diffuso che si riscontra nelle opinioni rilevate nelle interviste realizzate tra i cittadini e che spiegherebbe il loro atteggiamento conservatore e prudente nei confronti dei cambiamenti, riguarda il fatto che questo entusiasmo nei confronti della città rigenerata significhi la rinuncia ad una cultura del lavoro, solida,
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basata sulla solidarietà e sull’impegno dell’organizzazione fordista. La nuova alternativa potrebbe significare invece incertezza, fragilità, precarietà. Anche il turismo è percepito come un’attività rischiosa perché instabile. Un valore condiviso è invece il senso di appartenenza alla storia, il rispetto della tradizione.
Rispetto alle ipotesi che avevano dato origine a questa riflessione si può confermare un’immagine di Genova in profonda trasformazione economica per il passaggio da un modello industriale ad un modello sostanzialmente postindustriale, che comprende la rivitalizzazione del sistema portuale, le aspirazioni verso lo sviluppo turistico, la crescita del terziario e a cui non corrisponde del tutto la trasformazione sociale se non per il riflesso, peraltro assai importante, dei cambiamenti nella struttura e nella tipologia dell’occupazione. 127
Genova rimane frammentata, per motivi geografici, morfologici, storici, sociali, percettivi. La popolazione ha indici di vecchiaia elevatissimi, tradizioni consolidate e rispettate, aspirazioni alla tranquillità e alla sicurezza. L’elevata presenza di anziani nelle aree del centro storico è un fattore che rallenta la piena realizzazione del cambiamento, ma a questa tendenza fa riscontro il fatto la presenza di nuove popolazioni costituite da studenti universitari e giovani.
Continuano ad esistere aree problematiche di degrado sociale che concidono solo in parte con le aree di degrado fisico. Nelle zone più in declino dal punto di vista edilizio vivono gli immigrati extracomunitari clandestini, molti si collocano nel centro storico e questo ha ritardato il processo di gentrification ed un’utilizzazione di tipo turistico. Le trasformazioni strutturali e sociali offrono la visione di una città complessa, per molti versi difficile. Una città che Calvino forse avrebbe descritto inserendola tra le sue “città invisibili”, come un altro miraggio urbano. Genova, invece, diventa sempre più visibile in tutte le sue sfaccettature.“Gh’è de tütto a Zena”.