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Le competenze dell’Autorità di Sistema Portuale e il principio di separazione tra funzioni amministrative e attività di gestione.

Capitolo 3 – Il modello di governance portuale italiano.

3.6. Le competenze dell’Autorità di Sistema Portuale e il principio di separazione tra funzioni amministrative e attività di gestione.

Come si è detto sopra, la Legge n. 84/1994 ha attribuito alle Autorità Portuali, oggi Autorità di Sistema Portuale, il fondamentale compito di controllare e regolare l’esercizio delle attività economiche finalizzate alla produzione dei servizi portuali, favorendo la regolare ed efficace utilizzazione delle strutture che compongono il porto ed esercitando una vera e propria attività di promozione del relativo scalo.

In particolare, l’art. 6, comma 4, della novellata Legge n. 84/1994 attribuisce all’Autorità di Sistema Portuale, nel perseguimento degli obiettivi e delle finalità enunciati all’art. 1, le seguenti funzioni e poteri:

a) funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento, regolazione, promozione e controllo, anche mediante gli uffici territoriali portuali, delle operazioni e dei servizi

sui rischi. In tale contesto, è necessario che la Commissione europea esamini la necessità di adottare misure adeguate per ridurre le formalità di dichiarazione nei porti marittimi e contrastare la concorrenza sleale» (cfr. il Considerando n. 5 al Regolamento (UE) 2017/352).

273 F. M

UNARI, loc. op. cit., 585. In questo ambito si richiama quanto riportato nel Programma Operativo Triennale 2013-2015 dell’Autorità Portuale di Venezia relativamente al quadro di scarsa efficienza e di perdita di competitività del porto lagunare: «[...] ad oggi i rapporti tra autorità portuale, autorità marittima, autorità doganale, autorità sanitarie, autorità di polizia ecc. continuano a rappresentare asset di competitività di ogni singolo scalo e lo scarso coordinamento degli stessi può portare a perdere quote di traffico, nonché ad abbandonare la ricezione di intere categorie merceologiche, vanificando in tal modo gli sforzi di attrazione del traffico [...]. Ci si propone di migliorare i rapporti tra le istituzioni e il mondo dell’impresa, istituendo a tal fine tavoli di lavoro con le autorità doganali, sanitarie e di polizia. Verranno a tal fine condotte apposite analisi sui tempi di attraversamento della merce in ambito portuale (che si traducono in aggravi di costi e perdite di efficienza) al fine di comprendere quali siano i colli di bottiglia più rilevanti e rimuoverli: in tale contesto saranno svolte analisi che prevedano un benchmark con ciò che avviene negli altri porti concorrenti. Si cercherà inoltre di sensibilizzare l’Agenzia delle Dogane per la creazione di veri e propri corridoi merceologici doganali e sanitari per accelerare le procedure relative all’arrivo delle merci: ciò può essere perseguito sensibilizzando a riguardo le strutture dell’Agenzia delle Dogane e le istituzioni alle quali sono in capo i controlli sanitari, oltre a verificare, di caso in caso e comunque ove possibile, la possibilità di espletare i controlli dovuti direttamente nei paesi terzi di provenienza, attraverso convenzioni/accordi con gli stessi» (cfr. Autorità Portuale di Venezia, Piano Operativo

portuali, delle attività autorizzatorie e concessorie di cui agli artt. 16 (in materia di operazioni portuali), 17 (in materia di fornitura del lavoro portuale temporaneo) e 18 (in materia di concessione di aree e banchine), nonché delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti e nelle circoscrizioni territoriali;

b) poteri di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi alle attività e alle condizioni di igiene sul lavoro ai sensi dell’art. 24;

c) compiti di manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell’ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali;

d) poteri di affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all’art. 16, comma 1, individuati con D.M. 14 novembre 1994;

e) funzioni di coordinamento delle attività amministrative esercitate dagli enti e dagli organismi pubblici nell’ambito dei porti e nelle aree demaniali marittime comprese nella circoscrizione territoriale;

f) poteri di amministrazione in via esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo ricompresi nella propria circoscrizione;

g) compiti di promozione di forme di raccordo con i sistemi logistici retro portuali e interportuali.

Come si è anticipato supra, la novellata Legge n. 84/1994 ha confermato il principio, di origine comunitaria, della separazione tra le funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento e controllo delle attività portuali, da una parte, e la gestione delle attività portuali, dall’altra. In proposito l’art. 6, comma 11 della Legge n. 84 del 1994 pone l’espresso divieto nei confronti delle Autorità di Sistema Portuale di «svolgere, né direttamente né tramite società partecipate, operazioni portuali e attività ad esse strettamente connesse»(274). Il principio di separazione è volto a garantire il distacco tra quanti in ambito portuale abbiano la responsabilità della regolazione ed i soggetti abilitati a svolgere attività d’impresa nel rispetto del predetto quadro regolatorio, così come indicato a livello comunitario(275).

274 Il Legislatore ha tuttavia previsto alcune deroghe al suddetto principio di separazione. In particolare, l’art. 23,

comma 5 prevede una norma transitoria che permette ad alcune Autorità Portuali di continuare nella gestione diretta di servizi di interesse generale, escluse le operazioni portuali, ma soltanto fino al momento in cui gli esuberi di personale trasferito alle dipendenze dei nuovi soggetti pubblici non risultino più sufficienti per lo svolgimento dell’attività. L’art. 6, comma 11, riconosce all’Autorità di sistema portuale il potere di assumere partecipazioni, a carattere societario di minoranza in iniziative finalizzate alla promozione di collegamenti logistici e intermodali, funzionali allo sviluppo del sistema portuale.

275 G. T

Come è stato osservato in dottrina, il porto è così venuto ad assumere, accanto alla tradizionale qualificazione di bene pubblico appartenente al demanio marittimo, una forte connotazione «aziendalistica», quale sede cioè di imprese private che operano secondo le regole del mercato e secondo modelli organizzativi coerenti con le nuove esigenze dei traffici marittimi e dei trasporti multimodali(276).

Sono invece escluse dal succitato divieto le seguenti attività:

 manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell’ambito portuale, compresa la manutenzione dei fondali (art. 6, comma 4, lett. b);

 i servizi di interesse generale (art. 6, comma 4, lett. c) ovvero i servizi di illuminazione, pulizia e raccolta rifiuti, i servizi idrici, i servizi di manutenzione e riparazione, le stazioni marittime passeggeri, i servizi informatici e telematici, i servizi comuni al settore industriale e al settore commerciale del porto.

Peraltro, anche l’eventuale esercizio di tali attività da parte dell’Autorità di Sistema Portuale deve comunque avvenire nel rispetto dell’obbligo d’imparzialità che il predetto ente deve garantire nella regolamentazione del mercato relativo ad ogni attività di impresa svolta nello scalo marittimo. Conseguentemente, i citati servizi di interesse generale non possono essere erogati direttamente dall’Autorità di Sistema Portuale dovendo al contrario essere affidati in concessione mediante procedura di evidenza pubblica ai sensi di quanto disposto dall’art. 6, comma 10 della Legge n. 84/1994 che richiama in proposito la disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

Inoltre, anche in quei limitati casi in cui l’Autorità di Sistema Portuale sia legittimata a continuare a fornire direttamente tali servizi, deve comunque essere garantita una separazione tra l’attività di impresa svolta e l’attività di amministrazione che le compete, quantomeno dal punto di vista organizzativo, gestionale e contabile, in modo da evitare che l’Autorità di Sistema Portuale «amministrazione» possa sovvenzionare l’Autorità di Sistema Portuale «impresa», con effetti distorsivi sulla concorrenza a danno degli altri soggetti reali o potenziali competitori e dell’utenza di tali servizi(277).

Il Legislatore ha quindi attribuito agli enti di governo portuale esclusivamente poteri generali di programmazione, indirizzo, disciplina e controllo delle attività esercitate nei porti, così come previsto:

276 S.M. CARBONE, La c.d. privatizzazione dei porti e delle attività portuali in Italia tra disciplina nazionale e diritto comunitario, cit., ibidem.

 dall’art. 6, comma 4, lett. a), con riferimento alle operazioni portuali e alle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti;

 dall’art. 16, comma 2, in relazione al potere di disciplina e vigilanza sull’espletamento delle operazioni e dei servizi portuali, e sull’applicazione delle tariffe indicate da ciascuna impresa;

 art. 18 comma 1, lett. a), in merito al potere di vigilanza e di controllo nei confronti delle imprese concessionarie di aree e banchine.

Come meglio illustrato nel Capitolo 4, la riforma del 1994 (confermata quanto al principio di separazione da quella del 2016) ha determinato il «ritiro della mano pubblica» dalla gestione – sia diretta che indiretta – delle operazioni portuali e di ogni altra attività ad esse connessa(278),

rispetto alle quali gli enti di governo dei porti sono oggi titolari di un potere/dovere di autorizzazione da rilasciare alle imprese in possesso dei particolari requisiti richiesti dalla legge.

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