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I rapporti tra Autorità Marittima e Autorità di Sistema Portuale in materia di sicurezza.

Capitolo 4 – I servizi portuali alle merci.

5.6. I rapporti tra Autorità Marittima e Autorità di Sistema Portuale in materia di sicurezza.

L’art. 14, comma 1, della Legge n. 84/1994 stabilisce che, ferme restando le competenze attribuite dalla predetta legge alle Autorità di Sistema Portuale spettano all’Autorità Marittima le funzioni di polizia e di sicurezza previste dal Codice della Navigazione(515) e dalle leggi speciali, nonché le rimanenti funzioni amministrative.

La richiamata disposizione normativa rivela l’intento perseguito dal Legislatore della riforma del 1994 di estendere l’ambito di azione degli (allora) neoistituiti enti di governance portuale anche ad ambiti tradizionalmente riconosciuti ad altri soggetti (in questo caso le Autorità Marittime) in modo da rimarcare il ruolo centrale delle Autorità Portuali (oggi Autorità di Sistema Portuale) nella gestione dei porti(516).

La Legge n. 84/1994 contiene, infatti, diverse disposizioni che confermano come la tematica della sicurezza sia presente, in modo considerevole, tra le competenze proprie delle Autorità di Sistema Portuale(517). In questo senso si richiama l’art. 6, comma 4, lett. a) che riconosce alle Autorità di Sistema Portuale compiti di indirizzo, programmazione, coordinamento e controllo delle attività commerciali ed industriali esercitate nei porti, «con poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle condizioni di igiene del lavoro in attuazione dell’art. 24»(518).

Il Legislatore non ha tuttavia provveduto a stabilire puntuali criteri per delimitare le attribuzioni dei diversi soggetti a vario titolo competenti in materia di sicurezza portuale. L’art. 14, comma 1 della Legge n. 84 del 1994 è quindi norma di non facile lettura in quanto presuppone, da un lato, che le competenze attribuite all’Autorità Marittima in materia di

515 Le disposizioni del Codice della Navigazione oggetto del rinvio operato dall’art. 14, comma 1, Legge n. 84/1994, sono quelle contenute nel Capo I del Titolo III, rubricato «Dell’attività amministrativa e della polizia nei porti» (artt. 62-85 Cod. Nav.) integrato dalla relativa normativa di attuazione contenuta nel Regolamento per la Navigazione Marittima (artt. 59 ss.).

516 M.BROCCA, Autorità portuale e autorità marittima: la complessa organizzazione della sicurezza portuale, in M.R.SPASIANO (a cura di), Il sistema portuale italiano, tra funzione pubblica, liberalizzazione ed esigenze di

sviluppo, Napoli, 2013, 236.

517 S. ZUNARELLI, I servizi portuali di interesse generale nella disciplina della l. 28 gennaio 1994 n. 84, cit., 449. 518 Ulteriori disposizioni della Legge n. 84/1994 che risultano connesse al tema della sicurezza sono: l’art. 8, comma 3, lett. o), che attribuisce al Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale il compito di assicurare la navigabilità nell’ambito portuale e di provvedere al mantenimento dei fondali; l’art. 18, comma 6, lett. b) che impone all’Autorità di Sistema Portuale di valutare, in sede di rilascio delle concessioni di aree demaniali in ambito portuale, che i concessionari possiedano adeguate attrezzature tecniche ed organizzative, idonee anche dal punto di vista della sicurezza a soddisfare le esigenze di un ciclo produttivo ed operativo continuativo ed integrato; l’art. 24, comma 2bis che, ferme restando le attribuzioni delle U.S.L. competenti per territorio e degli uffici periferici di sanità marittima del Ministero della Salute, attribuisce alle Autorità di Sistema Portuale poteri di vigilanza e controllo in ordine all’osservanza delle disposizioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro ed i connessi poteri di polizia amministrativa.

polizia e sicurezza siano ricavate in via interpretativa mediante la sottrazione delle funzioni che la Legge n. 84/1994 riconosce alle Autorità di Sistema Portuale ed il rinvio ad altre leggi (i.e. il Codice della Navigazione e le leggi speciali)(519).

L’assetto in materia di sicurezza portuale risultante dal quadro normativo sopra richiamato – che come è stato osservato prevede un sistema di governance istituzionale basato sull’Autorità di Sistema Portuale e, al contempo, forme di decentramento di tipo gerarchico e burocratico sulla base di un modello a preponderante presenza statale(520) - ha determinato sovrapposizioni di competenze ed interferenze tra i diversi soggetti a vario titolo interessati dalla tematica della sicurezza.

Si è dunque posta l’esigenza di individuare le funzioni di sicurezza e polizia amministrative disciplinate dalle disposizioni del Codice della Navigazione che, in forza dell’art. 14, comma 1 della Legge n. 84/1994, tenuto conto delle richiamate attribuzioni all’Autorità di Sistema Portuale in materia di sicurezza (in particolare, il citato l’art. 6), possono ancora considerarsi di competenza dell’Autorità Marittima.

A tal fine, è opportuno precisare che la ricostruzione da taluni proposta dei rapporti tra le due autorità che tende ad attribuire, sulla base di un criterio spaziale, da un lato, all’Autorità Marittima le competenze sulle attività da svolgersi nelle acque portuali e, dall’altro, alle Autorità Portuali (oggi Autorità di Sistema Portuale) le competenze sul versante terra(521), non

519 M.BROCCA, op. cit., 241.

In particolare, autorevole Autore ha criticato la tecnica legislativa del «fermo restando», che denoterebbe una certa «pigrizia» del Legislatore, atteso che in tale modo si «pone il quesito relativo a che cosa resti fermo allorquando si attribuiscono competenze ad un soggetto sottraendole in parte al soggetto prima competente». Analoghe perplessità sono state sollevate anche con riferimento alla tecnica del rinvio generale poiché «in questo modo si costringe l’interprete, proprio per il collegato «fermo restando», ad individuare le singole norme per le quali il rinvio è operante» (cfr. M. CASANOVA, Problematiche giuridiche relative alla sicurezza in ambito

portuale, cit., 27).

Secondo una parte della dottrina sarebbe stato preferibile che il Legislatore avesse separato completamente la sfera relativa alla promozione e programmazione delle attività commerciali del porto, da quella dei controlli della sicurezza, o che quantomeno si fosse provveduto ad una netta e sicura delimitazione dei confini delle sfere di competenza di entrambe le autorità presenti nei maggiori scali nazionali (cfr. A. XERRI SALAMONE,

L’ordinamento giuridico dei porti italiani, Milano, 1998, 179).

520 M.BROCCA, op. cit., 237.

521 M. CASANOVA, Problematiche giuridiche relative alla sicurezza in ambito portuale, cit., 24, secondo il quale nella disciplina in materia portuale risultante dalla riforma del 1994 sarebbe rinvenibile una linea tendenziale diretta a separare il «versante terra» dal «versante mare», in rapporto alle competenze e alla disciplina delle attività che si svolgono nelle due distinte aree: ciò emergerebbe dalla tendenza al decentramento autarchico per la parte a terra, e al contemporaneo mantenimento dello schema dell’amministrazione diretta, con il correlato decentramento gerarchico, per la parte a mare.

Secondo un’Autrice i poteri di regolamentazione e di ordinanza attribuiti all’Autorità Portuale (oggi Autorità di Sistema Portuale) dall’art. 6 dovrebbero essere interpretati restrittivamente e limitati alla sola sicurezza dei servizi e delle attività ivi contemplate in una visione privatistica degli stessi. Di conseguenza, al di fuori dello stretto ambito dei compiti di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, nonché in riferimento alla sicurezza rispetto ai rischi di incidenti connessi a tali attività e alle condizioni di igiene del lavoro, il legislatore non

risulta del tutto soddisfacente avuto riguardo in particolare per quelle attività terrestri che hanno ripercussioni in ambito marittimo (come nel caso delle attività di scarico di merci pericolose) e viceversa (ad esempio nell’ipotesi di approdo di determinate unità navali).

Si ritiene anzitutto che, qualora lo svolgimento delle operazioni portuali comporti rischi di incidenti, i poteri dispositivi che gli artt. 64 e 65 Cod. Nav. attribuiscono al Comandante del porto(522) siano da ricondurre all’ambito di competenza dell’Autorità di Sistema Portuale(523). Analogamente, tenuto conto della definizione di operazioni portuali di cui all’art. 16 della Legge n. 84/1994 (cfr. Capitolo 4), si ritiene che spetti all’Autorità di Sistema Portuale il potere attribuito dagli artt. 71 e 72 Cod. Nav. all’Autorità Marittima di interdire il getto di materiali nei porti e quello di disporre la rimozione di materiali sommersi nei casi in cui sussistano situazioni di pericolo per la pubblica sicurezza(524). Resta, invece, in capo all’Autorità Marittima l’esercizio dei poteri in materia di regolazione dei movimenti delle navi nel porto di cui agli artt. 62(525) e 63(526) Cod. Nav.(527).

Anche per quanto concerne gli accessi delle navi al porto e l’ordine di accosto alle banchine, tenuto conto del menzionato potere di regolazione dei movimenti delle navi nelle acque portuali di cui all’art. 62 Cod. Nav. nonché di quanto stabilito dall’art. 68 Cod. Nav., il quale attribuisce al Comandante del porto un potere generale di vigilanza sull’esercizio di attività

avrebbe inteso attribuire all’Autorità di Sistema Portuale alcun altro potere. A tale ente sarebbero, pertanto, conferite funzioni sì di amministrazione attiva del porto, ma limitatamente alle sole attività ed ai soli profili di carattere commerciale e, in tale ottica, l’Autorità di Sistema Portuale rappresenterebbe, quindi, l’organismo di governo tecnico-economico del porto (R. TRANQUILLI LEALI, Le funzioni di polizia e di sicurezza della

navigazione, in L. TULLIO,M. DEIANA (a cura di), Atti del convegno «La riforma dei porti: realtà e prospettive»,

Santa Margherita di Pula, 3-7 settembre 1997, Cagliari, 1998, 130).

Peraltro, alcune Capitanerie di Porto sostengono la teoria conosciuta come «criterio del ciglio banchina», in base alla quale argomentano che la legge di riforma avrebbe sostanzialmente inteso attribuire alle Autorità Portuali la gestione commerciale degli scali e delle aree demaniali, conservando in capo all’Autorità Marittima tutte le competenze non specificamente assegnate alla prima, in modo particolare tutte quelle amministrative attinenti alla navigazione in porto.

522 I.e. il potere di disporre la rimozione immediata qualora gravi esigenze lo richiedano (art. 64 Cod. Nav.) e il potere di regolare e vigilare il carico, lo scarico e il deposito delle merci (art. 65 Cod. Nav.).

523 M.BROCCA, op. cit., 242; M.CASANOVA,M.BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti. Infrastrutture e accesso al

mercato, I, Milano, 2011, 106-107.

524 M.BROCCA, loc. op. cit.

525 L’art. 62 Cod. Nav. stabilisce che «il comandante del porto regola e vigila, secondo le disposizioni del regolamento, l’entrata e l’uscita, il movimento, gli ancoraggi e gli ormeggi delle navi, l’ammaramento, lo stazionamento e il movimento degli idrovolanti nelle acque del porto».

526 L’art. 63 Cod. Nav. stabilisce che «il comandante del porto può ordinare l’ormeggio, il disormeggio e ogni altra manovra delle navi nel porto. L’autorità medesima può disporre, in caso di necessità, l’esecuzione di ufficio delle manovre ordinate, a spese delle navi stesse; e, in caso di estrema urgenza, il taglio degli ormeggi».

527 M.BROCCA, op. cit., 242; M.CASANOVA,M.BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti. Infrastrutture e accesso al

mercato, cit.,107. In giurisprudenza, T.A.R. Sardegna – Cagliari, Sez. I, 10 marzo 2011, n. 208, in www.giustiziaamministrativa.it, secondo cui spetta all’Autorità Marittima e non all’authority portuale la

all’interno degli scali portuali(528), si può ritenere che si tratti di materia rientrante tra le

attribuzioni dell’Autorità Marittima(529) che può, altresì, disporre manovre d’ufficio ai sensi

dell’art. 63 Cod. Nav. Compete all’Autorità Marittima anche il potere di cui all’art. 70 Cod. Nav. di ordinare alle navi presenti nel porto, qualora vi sia una situazione di pericolo, di prestare soccorso.

L’ordine di accosto in banchina delle navi implica peraltro una valutazione di interessi di natura commerciale. Tale decisione rileva, infatti, ai fini della determinazione dei tempi di attesa imposti ai singoli vettori, o alle singole categorie di vettori e/o di traffici e, pertanto, le scelte adottate al riguardo sono suscettibili di determinare ripercussioni di natura economica nei confronti degli utenti(530).

Pertanto, secondo una parte della dottrina, tenuto conto del ruolo attribuito dal Legislatore della riforma del 1994 all’Autorità Portuale (pienamente confermato dalla riforma del 2016 con riferimento alle neoistituite Autorità di Sistema Portuale), di ente di governo del porto, cui spetta presiedere all’ordinamento commerciale dello scalo, dovrebbe riconoscersi a tale organismo il potere di stabilire una griglia di preferenze secondo criteri di selezione commerciale. All’Autorità Marittima spetterebbe, invece, il compito di esercitare i poteri di cui all’art. 62 Cod. Nav. secondo i criteri di ammissione delle navi nello scalo «commercialmente orientato» dall’Autorità di Sistema Portuale(531). A sostegno di tale tesi

militerebbe, peraltro, l’art. 8, comma 3, lett. g) della Legge n. 84/1994, il quale affida al Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale il potere di «coordinamento delle attività svolte in porto dalle pubbliche amministrazioni»(532).

528 Ai sensi dell’art. 68 Cod. Nav. «coloro che esercitano un’attività nell’interno dei porti ed in genere nell’ambito del demanio marittimo sono soggetti, nell’esplicazione di tale attività, alla vigilanza del comandante del porto». 529 Secondo M.BROCCA, loc. op. cit. non è tuttavia da escludere che la determinazione degli ordini di accosto in banchina delle navi possa essere ricondotta nell’ambito delle operazioni portuali con conseguente potere di vigilanza e di ordinanza in caso di rischio di incidenti, in capo all’Autorità di Sistema Portuale.

530 In proposito, si è osservato che la mera applicazione del principio di imparzialità, che imporrebbe di seguire per l’ammissione delle navi il criterio cronologico del loro arrivo, non appare ragionevole dal momento che il principio di imparzialità non impone di trattare in modo uniforme situazioni tra loro non comparabili. In questo senso, la circostanza che un vettore sia dedito a un particolare traffico rientrante tra quelli classificati come strategici per il singolo porto, può comportare che il vettore in questione sia preferito agli altri nell’ipotesi di una potenziale interferenza reciproca in banchina, in deroga al loro ordine di arrivo (cfr. G. TACCOGNA, Le operazioni

portuali nel nuovo diritto pubblico dell’economia, cit., 669; S.M. CARBONE, F. MUNARI, La disciplina dei porti

tra diritto comunitario e diritto interno, cit., 187). Del resto poiché l’art. 62 Reg. Nav. Mar. stabilisce che nel

regolare gli accosti delle navi il Comandante del porto è tenuto ad osservare «di regola» il loro ordine di arrivo, si può ritenere che il criterio dell’ordine di arrivo non sia assoluto e che, pertanto, il Comandante del porto possa decidere di privilegiare alcune tipologie di traffici assecondando la specifica vocazione commerciale dello scalo. 531 G. TACCOGNA, Le operazioni portuali nel nuovo diritto pubblico dell’economia, cit., 670.

532 G. TACCOGNA, op. cit., 672 il quale argomenta tale tesi anche sulla base di quanto previsto dall’art. 14, comma 1bis in materia di servizi tecnico-nautici la cui regolazione è stabilita dall’Autorità Marittima d’intesa con l’Autorità di Sistema Portuale. In senso contrario, Corte dei Conti, Sez. Contr. Stato, 10 luglio 1998, n. 98, cit.

Ulteriori criticità sussistono in relazione al servizio di disinquinamento delle acque interne al porto. Tale attività potrebbe, infatti, essere ricondotta nella categoria dei servizi portuali c.d.

stricti iuris di cui all’art. 16, comma 1, Legge n. 84/1994 in quanto volto ad «eliminare i

residui o le conseguenze indesiderate del ciclo» delle operazioni portuali ai sensi dell’art. 2, comma 4 D.M. 6 febbraio 2001. Seguendo tale tesi, il servizio di disinquinamento delle acque sarebbe soggetto ai poteri di disciplina, vigilanza ed autorizzazione spettanti all’Autorità di Sistema Portuale in forza dell’art. 16, commi 2 e 3, Legge n. 84/1994.

Del resto la predetta attività di disinquinamento potrebbe essere ricondotta nel novero dei servizi di interesse generale di cui all’art. 6, comma 4, lett. c), Legge n. 84/1994, atteso che, prima della novella del 2017, il decreto attuativo annoverava espressamente in tale categoria di servizi anche quelli di «pulizia e raccolta rifiuti» e, in particolare, il servizio di «pulizia e disinquinamento degli specchi acquei portuali»(533).

D’altra parte, poiché tale servizio richiede l’impiego di mezzi nautici, lo stesso potrebbe essere ricondotto tra le competenze dell’Autorità Marittima sulla base delle norme del Codice della Navigazione e del Regolamento attuativo che assegnano alla predetta autorità il potere concessorio per lo svolgimento dei servizi portuali con l’uso di navi o galleggianti (i.e. artt. 66 Cod. Nav., ai sensi del quale «il comandante del porto regola e vigila, secondo le disposizioni del regolamento, l’impiego delle navi, dei galleggianti e delle altre costruzioni galleggianti addette al servizio del porto», e 60 Reg. Nav. Mar., giusta il quale «l’esercizio di servizi portuali che richiedono impiego di navi e galleggianti, indicati nell’articolo 66 del codice, è soggetto a concessione dell’Autorità Marittima mercantile».)(534).

secondo cui la competenza a regolare i turni di accosto delle navi, anche dopo la riforma del 1994 sarebbe rimasta di competenza dell’Autorità Marittima.

533 D.M. 14 novembre 1994, «Identificazione dei servizi di interesse generale nei porti da fornire a titolo oneroso all’utenza portuale». Si precisa che il predetto D.M. è stato espressamente abrogato dall’art. 15, comma 12, D. Lgs. n. 232/2017 (c.d. correttivo porti).

534 M.BROCCA, op. cit., 243, il quale richiama in tal senso anche la generale responsabilità attribuita all’Autorità Marittima in materia di prevenzione e lotta all’inquinamento marino dalla Legge 31 dicembre 1982, n. 979, recante «Disposizioni per la difesa del mare». La tesi dell’attribuzione dei servizi di disinquinamento degli specchi acquei portuali all’Autorità Marittima è stata criticata da S. ZUNARELLI S., I servizi portuali di interesse

generale nella disciplina della l. 28 gennaio 1994 n. 84, in Dir. trasp., 1995, 447, il quale ha in proposito

osservato che se si seguisse tale argomentazione, paradossalmente, la stessa soluzione interpretativa risulterebbe valida anche in riferimento a quelle attività che le abrogate leggi istitutive delle previgenti organizzazioni portuali facevano rientrare, invece, tra le attribuzioni dei rispettivi Enti. L’Autore, sottolineando la scelta del Legislatore della riforma del 1994 di attribuire alle (allora) neoistituite Autorità Portuali competenze in materia di sicurezza, senza operare una distinzione tra il regime dei servizi portuali resi a terra e quello dei servizi portuali resi con mezzi nautici, ritiene che anche i servizi esercitati mediante mezzi nautici o galleggianti, qualora rientrino tra le ipotesi di attività disciplinate dalla Legge n. 84/1994, possano annoverarsi tra le competenze proprie dell’Autorità Portuale, ferma restando, al contempo, la concorrente potestà di regolamentazione, vigilanza e controllo dell’Autorità Marittima.

Tanto premesso, si osserva che all’interno dei porti tra le predette autorità si è spesso instaurata una prassi di leale cooperazione originata dalla condivisa preoccupazione per le difficoltà di coordinamento di attività ricadenti sotto la responsabilità di molti enti e dalla consapevolezza di come questo coordinamento non sia attualmente assicurato né dal mercato né da una catena decisionale normativamente definita con le inevitabili sovrapposizioni di competenze e le possibili ricadute negative in termini di efficienza(535). Autorità Marittima e Autorità di Sistema Portuale hanno dunque interesse ad assicurare adeguate consultazioni e reciproca informazione(536). La riforma del 2016 appare coerente con tale esigenza. In questo senso, l’art. 9, comma 1, lett. e) della Legge n. 84/1994 ha espressamente previsto che all’interno del neoistituito Comitato di Gestione sia presente anche un rappresentante dell’Autorità Marittima, designato dalle direzioni marittime competenti per territorio, con diritto di voto nelle materie di competenza, prevedendo la partecipazione di comandanti di porti diversi da quello sede dell’Autorità di Sistema Portuale, nel caso in cui siano affrontate questioni relative a tali porti(537). Si tratta di un chiaro segnale circa l’importanza di un coordinamento efficace e costante tra le due principali Autorità portuali e la possibilità che questo coordinamento possa rafforzarsi grazie al nuovo organo di gestione.

5.7. La disciplina comunitaria in materia di servizi portuali: il Regolamento (UE)

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