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Capitolo 4 – I servizi portuali alle merci.

4.1. Le categorie di servizi resi in ambito portuale.

innovazioni introdotte dalla legge di riforma dell’ordinamento portuale del 1994. 4.4. Il regime autorizzatorio per lo svolgimento delle operazioni portuali: i requisiti soggettivi ed oggettivi delle imprese richiedenti. 4.5. Il programma operativo. 4.6. Il contingentamento delle autorizzazioni per l’esercizio delle operazioni portuali. 4.7. Il regime tariffario delle operazioni portuali. 4.8. L’autoproduzione delle operazioni portuali. 4.9. La concessione di aree e banchine portuali per lo svolgimento delle operazioni portuali: l’impresa terminalista. 4.10. Il controllo pubblico sull’attività delle imprese portuali. 4.11. I servizi portuali specialistici.

4.1. Le categorie di servizi resi in ambito portuale.

Negli scali portuali italiani i servizi che di norma vengono effettuati a favore delle imprese private e degli utenti possono essere ricondotti a quattro principali categorie:

1) servizi alle merci, che comprendono le operazioni portuali ed i servizi portuali specialistici, complementari ed accessori al ciclo delle operazioni portuali (comunemente noti come servizi portuali stricti iuris) entrambi previsti e disciplinati dall’art. 16 della Legge n. 84 del 1994 nonché da specifici decreti ministeriali;

2) servizi alle navi, ossia i servizi tecnico-nautici comprendenti il pilotaggio, l’ormeggio, il rimorchio ed il battellaggio, previsti dall’art. 14 della Legge n. 84 del 1994 e disciplinati dalle norme del Codice della Navigazione e del relativo Regolamento di esecuzione;

3) servizi di interesse generale ex art. 6, comma 4, lett. c) della Legge n. 84 del 1994 nei quali

rientrano, ai sensi del D.M. 14 novembre 1994, i servizi di illuminazione, i servizi di pulizia e di raccolta di rifiuti, il servizio idrico, i servizi informatici e telematici, i sevizi di manutenzione e riparazione, le stazioni marittime passeggeri nonché i servizi comuni al settore industriale e al settore commerciale del porto;

4) servizi portuali c.d. «innominati» che costituiscono una categoria residuale in cui rientrano le attività non riconducibili alle fattispecie di cui sopra (quali, ad esempio, le provveditorie di bordo).

Nel presente capitolo sarà analizzato l’assetto normativo dei servizi portuali alle merci soffermandosi in particolare sulla disciplina delle operazioni portuali e dei servizi portuali c.d.

stricti iuris. La specifica disciplina dei servizi tecnico-nautici sarà affrontata nel successivo

Capitolo 5. Come si è detto, le norme che disciplinano i servizi a favore delle merci sono contenute nella Legge n. 84 del 1994, come modificata dalla Legge 30 giugno 2000, n. 186 (e, segnatamente, agli artt. 16, 17 e 18), nonché in alcuni decreti ministeriali adottati dal

Legislatore all’indomani dell’emanazione della legge di riforma dell’ordinamento portuale(305),

anticipandosi sin d’ora che le novità introdotte dal D. Lgs. 4 agosto 2016, n. 169 non hanno interessato la normativa in subiecta materia.

Come si avrà modo di illustrare nel prosieguo del presente capitolo, la disciplina in materia di servizi alle merci subordina lo svolgimento sia delle operazioni portuali che dei servizi c.d.

stricti iuris al previo rilascio di un’apposita autorizzazione da parte dell’Autorità Portuale,

oggi Autorità di Sistema Portuale, (o, laddove non istituita, da parte dell’Autorità Marittima), qualora il richiedente dimostri di essere in possesso di determinati requisiti fissati dalla legge. Prima della riforma del 1994 la disciplina legislativa in materia portuale, ivi compresa quella dei servizi portuali alle merci, si rinveniva nel Codice della Navigazione (e, in particolare, nelle disposizioni di cui al Titolo III, Libro I) che conteneva la normativa quadro, nonché in una serie di specifici provvedimenti che, come descritto supra, avevano istituito nei principali porti italiani degli enti pubblici economici, variamente denominati. Tali enti pubblici economici non si limitavano ad esercitare funzioni autoritative relative all’amministrazione del porto, ma gestivano direttamente alcuni servizi portuali, in una situazione che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha definito di «commistione tra ruolo regolamentare e attività imprenditoriali in capo ad uno stesso soggetto»(306). L’assetto normativo dei servizi portuali ante riforma, che ne assoggettava l’esercizio ad un regime concessorio, risultava connotato in senso fortemente dirigistico, mentre gli interessi privati erano subordinati alla tutela dell’interesse pubblico legato alle attività della navigazione portuale(307). In tale quadro

legislativo era di fatto impedito lo sviluppo di dinamiche concorrenziali all’interno dei porti(308).

La Legge n. 84 del 1994, recependo i principi di politica economica della liberalizzazione del mercato, della globalizzazione dell’economia, dell’espansione degli scambi e dei commerci internazionali, ha completamente innovato l’assetto organizzativo delle attività portuali sulla scorta di principi elaborati in ambito comunitario, radicalmente diversi da quelli recepiti nella precedente normativa(309). Per quanto riguarda i servizi a favore delle merci, le principali

novità introdotte dalla legge di riforma del 1994 riguardano l’abrogazione della riserva di

305 La disciplina dei servizi alle merci è completata dal D.M. 31 marzo 1995, n. 585 per quanto riguarda le

operazioni portuali, e dal D.M. 6 febbraio 2001, n. 132 con riferimento ai servizi portuali c.d. stricti iuris.

306 Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Provvedimento n. 5415, 16 ottobre 1997, Indagine conoscitiva del settore dei servizi portuali, in Dir. trasp., 1998, 287.

307 A.G

IARDINI, op. cit., 308.

308 S. Z

UNARELLI, Lezioni di diritto dei trasporti, cit., 110.

309 P. P

lavoro prevista dal Codice della Navigazione a favore delle compagnie portuali(310) e la loro trasformazione in società di diritto privato, operanti in regime di concorrenza con le altre imprese autorizzate ad effettuare tali servizi; la presenza di una pluralità di imprese portuali che controllano sia la forza lavoro che le tariffe da applicare all’utenza; il divieto per le imprese che svolgono tali attività di operare anche nel mercato della fornitura di manodopera temporanea; il principio di netta separazione tra le funzioni pubblicistiche (di competenza delle Autorità Portuali, oggi Autorità di Sistema Portuale) e l’espletamento dei servizi in questione(311).

In particolare, in forza del principio di separazione tra funzioni di gestione delle attività portuali e funzioni di amministrazione pura, l’interesse pubblico perseguito dalla Pubblica Amministrazione è stato limitato soprattutto alla pianificazione degli spazi portuali e alla contestuale programmazione di opere pubbliche in ambito portuale mentre, per quanto riguarda le attività effettuate negli scali, la rilevanza dell’interesse pubblico è limitata alla disciplina, al controllo e allo sviluppo dell’ordinato svolgimento delle stesse(312).

La legge di riforma del 1994 ha quindi introdotto una disciplina dei servizi portuali a favore delle merci ispirata ai principi della liberalizzazione e della concorrenza. Tuttavia, considerate le esigenze di sicurezza e di specializzazione connesse alle attività che si svolgono nei ristretti spazi portuali, il Legislatore ha escluso di introdurre una totale deregulation optando, invece, per una «liberalizzazione controllata». In questo senso, infatti, la Legge n. 84 del 1994, al fine di contemperare il principio di libertà di impresa e di libera concorrenza, da un lato, e l’interesse generale alla sicurezza e all’efficienza operativa dello scalo, dall’altro, ha attribuito all’Autorità Portuale (oggi Autorità di Sistema Portuale) compiti di controllo ex ante, al momento della scelta delle imprese che chiedono di essere autorizzate ad espletare tali attività, ed ex post, di controllo sul loro operato. L’intervento pubblico risulta, pertanto, ancora presente sebbene il suo ruolo e peso sulle dinamiche concorrenziali, a differenza del passato,

310 In particolare la Legge n. 84/1994 ha abrogato l’art. 110 Cod. Nav. che riservava l’esecuzione delle

operazioni portuali alle compagnie e ai gruppi portuali e l’art. 111 Cod. Nav. che imponeva alle imprese di avvalersi, per l’esecuzione delle operazioni portuali, esclusivamente delle maestranze costituite in compagnie o in gruppi. La legge di riforma del 1994 ha comportato l’abrogazione, altresì, delle seguenti disposizioni normative contenute nel Codice della Navigazione: artt. 106 e 107 che attribuivano rispettivamente al comandante del porto e agli uffici del lavoro portuale la disciplina e la vigilanza delle operazioni portuali; art. 112 che stabiliva le modalità di determinazione delle tariffe delle operazioni portuali; art. 116 che elencava tra il personale addetto ai servizi portuali i lavoratori portuali; gli artt. 1171 e 1172 che sanzionavano la violazione delle predette norme; nonché gli artt. 140-203 Reg. Cod. Nav. che disciplinavano il lavoro nei porti.

311 M. BRIGNARDELLO, I servizi portuali alle merci: le imprese autorizzate per l’espletamento di operazioni

portuali e «servizi portuali», in A. XERRI (a cura di), Impresa e lavoro nei servizi portuali, Milano, 2012, 188.

312 P. P

sia oggi significativamente ridotto e giustificato nella misura in cui serva a prevenire e correggere le disfunzioni tipiche di un mercato totalmente deregolamentato(313).

Sotto tale profilo la normativa italiana appare, peraltro, in linea con le scelte di fondo assunte dalle istituzioni comunitarie nello stabilire regole comuni relative alle condizioni di accesso al mercato della fornitura dei servizi portuali negli Stati membri. Il Regolamento (UE) n. 2017/352(314) ha attribuito, infatti, alle autorità competenti nella gestione degli scali marittimi la facoltà di imporre ai prestatori di servizi portuali il possesso di «requisiti minimi» necessari per garantirne un’adeguata e sicura erogazione (artt. 4 e 5)(315), prevedendo altresì la possibilità

per l’autorità competente di limitare in diversi casi, al ricorrere di specifiche situazioni, il numero dei fornitori di servizi portuali (art. 6)(316). Sebbene, ai sensi dell’art. 10, buona parte

delle disposizioni previste dal Regolamento (UE) n. 2017/352 non si applichino ad alcuni settori (tra i quali quello delle operazioni portuali, oltre che quello dei servizi passeggeri e del pilotaggio), tuttavia, risulta significativo che la disciplina contenuta nella Legge n. 84/1994 non appaia discostarsi in modo sostanziale dalle disposizioni comunitarie (cfr. infra par. 4.4).

313 M.BRIGNARDELLO, op. cit., 189.

314 Regolamento (UE) n. 2017/352 del Parlamento Europeo e del Consiglio 15 febbraio 2017, «che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti».

315 In particolare l’art. 4 precisa che «i requisiti minimi […] possono riferirsi esclusivamente ai seguenti aspetti: a) le qualifiche professionali del prestatore di servizi portuali, del suo personale o delle persone fisiche che gestiscono di fatto e in via continuativa le attività del prestatore di servizi portuali;

b) la capacità finanziaria del prestatore di servizi portuali;

c) le attrezzature necessarie per garantire il pertinente servizio portuale in condizioni normali e di sicurezza e la capacità di mantenere tale attrezzatura nelle condizioni richieste;

d) la disponibilità dei pertinenti servizi portuali per tutti gli utenti, a tutti i punti di attracco e senza interruzioni, giorno e notte, per tutto l’anno;

e) conformità ai requisiti in materia di sicurezza marittima o di sicurezza del porto e dell’accesso allo stesso, dei suoi impianti, attrezzature, lavoratori e altre persone;

f) conformità ai requisiti ambientali locali, nazionali, dell’Unione e internazionali;

g) rispetto degli obblighi in materia di legislazione sociale e del lavoro che si applicano nello Stato membro di un dato porto, fra cui le clausole previste dai contratti collettivi applicabili, i requisiti relativi all’equipaggio e gli obblighi in materia di orario di lavoro e di riposo per i marittimi, e delle norme vigenti in materia di ispezioni del lavoro;

h) la buona reputazione del prestatore di servizi portuali, determinata conformemente alla normativa nazionale applicabile in materia di onorabilità, tenuto conto di ogni valido motivo che faccia dubitare dell’affidabilità del prestatore di servizi portuali […]».

316 Ai sensi dell’art. 6 il numero di prestatori di servizi portuali può essere limitato per le seguenti ragioni: «a) la carenza o la destinazione ad altro scopo di aree o spazi portuali […];

b) l’assenza di tale limitazione ostacola l’esecuzione degli obblighi di servizio pubblico […];

c) l’assenza di detta limitazione collide con l’esigenza di garantire la sicurezza o la sostenibilità ambientale delle operazioni portuali;

d) le caratteristiche dell’infrastruttura portuale o la natura del traffico portuale sono tali da non permettere che più prestatori di servizi portuali operino nel porto […]».

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