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Le innovazioni introdotte dalla legge di riforma dell’ordinamento portuale del 1994 Come si è detto, la disciplina delle operazioni portuali, e in particolare il regime di accesso al

Capitolo 4 – I servizi portuali alle merci.

4.3. Le innovazioni introdotte dalla legge di riforma dell’ordinamento portuale del 1994 Come si è detto, la disciplina delle operazioni portuali, e in particolare il regime di accesso al

mercato di tali servizi, è stata radicalmente riformata dal Legislatore con la Legge n. 84 del 1994. Si è avuto modo di anticipare, altresì, come il previgente assetto normativo subordinasse l’esercizio delle operazioni portuali al rilascio di una specifica concessione da parte della Pubblica Amministrazione (i.e. l’Autorità Marittima e, negli scali di maggiori dimensioni, gli Enti portuali). In proposito, si è osservato come la differenza tra i due provvedimenti, di concessione nel precedente quadro normativo e di autorizzazione in quello riformato, non sia meramente formale involgendo, al contrario, gli stessi obiettivi che il Legislatore ha inteso perseguire nell’uno e nell’altro quadro normativo(337). Il titolo abilitativo al quale erano

assoggettate le operazioni portuali prima del 1994 presupponeva, infatti, una valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione competente in merito all’opportunità o meno di permettere l’accesso al mercato alle imprese richiedenti. Inoltre, le operazioni portuali erano materialmente svolte dai lavoratori riuniti nelle compagnie di lavoro portuali che operavano in regime di monopolio.

Tale assetto normativo, ed il modello economico ad esso collegato, risultavano, peraltro, del tutto anacronistici in quanto ancora legati ad un mondo ormai passato. Prima della Seconda Guerra Mondiale, infatti, il carico delle navi veniva movimentato, fuori e dentro la stiva delle

335 M.BRIGNARDELLO, La disciplina delle operazioni portuali e dei «servizi portuali specialistici» nella L.n.

84/1994: le ragioni di una mancata riforma, cit., 18.

336 Cons. Stato, Sez. II, 3 luglio 1996, n. 1177, cit., per quanto concerne il rizzaggio e il derizzaggio; Cons. giust.

amm. Sicilia, 22 aprile 2008, n. 329, cit., e Cons. giust. amm. Sicilia, 11 aprile 2008, n. 328, cit., in relazione allo stivaggio.

navi, in sacchi o scatole grazie alla forza fisica dei lavoratori portuali. A quell’epoca, considerato il modesto livello di meccanizzazione del processo di carico e scarico delle merci, la movimentazione della merce in ambito portuale richiedeva una componente significativa di manodopera oltre a tempi lunghi, tanto che le navi potevano restare ormeggiate alle banchine anche per diversi giorni. Le compagnie portuali avevano, dunque, un peso significativo nelle dinamiche socio-economiche all’interno degli scali portuali.

In seguito alla progressiva introduzione del container nei traffici commerciali a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, il potere delle compagnie di lavoro portuale è stato fortemente ridimensionato. La diffusione dei container ha modificato, infatti, in modo radicale la gestione, la composizione e la dimensione del lavoro portuale. L’unitizzazione dei carichi non soltanto ha consentito di sviluppare nuove tecnologie ed attrezzature di movimentazione delle merci (come, ad esempio, le gru di banchina, i carrelli a forca e le stesse navi porta

container) ma ha altresì determinato una significativa crescita della produttività del lavoro e

del sistema portuale nel suo complesso. Contestualmente, la diffusione dei container ha determinato la riduzione dei tempi di sosta delle navi negli scali marittimi e la significativa, talvolta drastica, diminuzione della forza lavoro necessaria per svolgere l’attività di movimentazione delle merci(338).

Tanto premesso, l’attuale disciplina normativa contenuta nella Legge n. 84/1994 sottopone l’esercizio delle operazioni portuali al previo rilascio di un’autorizzazione da parte dell’Autorità Portuale (oggi Autorità di Sistema Portuale) o, ove non istituita, da parte dell’Autorità Marittima.

Il regime autorizzatorio introdotto dal Legislatore nel 1994 nell’ottica di liberalizzare, seppure in modo controllato, tale settore attraverso la semplificazione delle modalità di accesso allo stesso, ha consentito l’ingresso nel mercato delle operazioni portuali ad una pluralità di imprese. Come sarà meglio illustrato infra, il nuovo regime ha attribuito all’Autorità Portuale (oggi Autorità di Sistema Portuale) il potere/dovere di consentire l’accesso a tale segmento di mercato a tutti gli operatori che dimostrino di possedere i requisiti previsti ex lege (fatto salvo, in ogni caso, l’ampio potere di controllo attribuito all’amministrazione dalla normativa in esame che le consente, ad esempio, di limitare il numero massimo di autorizzazioni in relazione alle esigenze di funzionalità del porto, così come previsto dall’art. 16, comma 7 della Legge n. 84 del 1994)(339). La riforma del 1994 ha dunque realizzato una profonda

338 A Genova i lavoratori portuali (i c.d. camalli) nel 1970 erano circa 8.000. Nell’arco di soli venti anni, nei primi Anni Novanta, il loro numero era di poco superiore alle 500 unità.

trasformazione del mercato delle operazioni portuali attraverso l’introduzione di elementi di pluralismo e concorrenza(340).

Alla luce della vigente disciplina portuale, le imprese che operano nel porto possono essere distinte in:

1) imprese portuali concessionarie di aree e banchine marittime (comunemente note come «imprese terminaliste»), ossia le imprese che, ai sensi dell’art. 18 della Legge n. 84/1994, effettuano, organizzano e gestiscono direttamente, in forza di una concessione demaniale marittima, l’insieme delle operazioni e dei servizi portuali relativi al ciclo delle operazioni portuali;

2) imprese portuali che, ai sensi dell’art. 16 della Legge n. 84/1994, svolgono negli scali marittimi, per conto proprio o di terzi, operazioni quali carico, scarico, trasbordo, deposito e movimento in genere di merci e di ogni altro materiale in forza di una specifica autorizzazione;

3) imprese di servizi portuali, ossia le imprese che, indipendentemente dall’esistenza di un rapporto concessorio, sono autorizzate allo svolgimento in ambito portuale di uno o più servizi specialistici portuali, complementari e accessori al ciclo delle operazioni portuali, da rendersi su richiesta delle imprese portuali (c.d. servizi portuali stricti iuris).

In dottrina non è mancato chi ha ritenuto che attraverso la sottoposizione dell’esercizio delle operazioni portuali al regime dell’autorizzazione il Legislatore avrebbe riconosciuto «un diritto soggettivo perfetto allo svolgimento delle stesse, riconducibile alla libertà di iniziativa economica privata garantita dall’art. 41 Cost.», così F.APRILE,

Il governo dei porti italiani, Roma, 1997, 23. In senso analogo, G. CAMARDA in E.FANARA (a cura di), Autorità

Antitrust e Commissione U.E. versus società italiane di gestione dei servizi portuali ed aeroportuali (La liberalizzazione dei servizi), Messina, 1995, 56 secondo il quale «l’autorizzazione presuppone la rimozione di un

ostacolo per l’esercizio di un diritto, e quindi siamo in materia di diritti soggettivi e non di interessi, cui in genere si fa riferimento per le concessioni».

Non condividono tale tesi M.CAMPAILLA, op. cit., 87 secondo il quale «non pare […] che la liberalizzazione introdotta dalla legge di riforma, pur molto ampia, abbia una portata tale da permettere di configurare, in capo agli operatori portuali, un diritto soggettivo pieno e perfetto allo svolgimento delle operazioni portuali. L’attuale assetto normativo ha chiaramente mantenuto, in capo all’Autorità Portuale, il potere di vigilare e regolamentare le modalità di accesso delle nuove imprese al mercato delle operazioni portuali. […] la legge n. 84 del 1994 ha, infatti, attribuito alle Autorità Portuali un ampio potere discrezionale che attribuisce alle stesse la facoltà di limitare fortemente l’accesso al mercato»; M.CASANOVA,Inquadramento del tema: la normativa italiana fino agli anni 80 e le procedure amministrative tradizionali per i servizi portuali, in E. FANARA (a cura di), Autorità

Antitrust e Commissione U.E. versus società italiane di gestione dei servizi portuali ed aeroportuali (la liberalizzazione dei servizi), cit., 59, secondo cui sarebbe preferibile ricondurre la situazione giuridica degli

operatori portuali nella categoria - conosciuta dalla nostra dottrina giuridica - dei c.d. «diritti sottoposti o sottoponibili ad affievolimento»; G.TACCOGNA, Le operazioni portuali nel nuovo diritto pubblico dell’economia, Milano, 2000, 559, che configura in capo alle imprese interessate ad accedere al mercato delle operazioni portuali una situazione di «interesse legittimo a fronte del potere di autorizzazione il quale tra l’altro non è neppure necessariamente un potere vincolato».

4.4. Il regime autorizzatorio per lo svolgimento delle operazioni portuali: i requisiti

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