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Capitolo 4 – I servizi portuali alle merci.

5.5. L’autoproduzione nel settore dei servizi tecnico-nautici.

Nell’ipotesi in cui un servizio ancillare alla navigazione sia reso obbligatorio dalla pubblica amministrazione si pone l’ulteriore questione, strettamente connessa al tema dell’obbligatorietà e del regime monopolistico dei servizi tecnico-nautici, se sia o meno possibile riconoscersi a favore dell’utente-nave il diritto di autoprodurre tale servizio(490).

In via generale, il diritto di autoproduzione trova la propria fonte nella Legge 287/1990 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) il cui art. 9, comma 1 riconosce agli operatori economici, che intendano fornire a sé stessi, con mezzi e servizi propri, un servizio erogato in regime di riserva legale, il diritto di produrre tale servizio per uso proprio. Al successivo comma 2 dell’art. 9 sono individuati i limiti all’esercizio del diritto di autoproduzione che non è consentito nei casi in cui, in base a disposizioni che prevedono la

487 T.A.R. Liguria, Sez. I, 8 aprile 2005, n. 459, in Dir. mar., 2006, 263, con riferimento al servizio di pilotaggio. 488 Cons. Stato, Sez. VI, 14 gennaio 2004, n. 80, in Dir. mar., 2004, 1012.

489 M.CASANOVA,M.BRIGNARDELLO, op. cit., 340.

490 Secondo alcuni Autori, il diritto di autoproduzione si distinguerebbe dalla diversa situazione dell’esenzione dall’obbligo di avvalersi dei prestatori dei servizi tecnico-nautici. In questo senso, autoprodurre significherebbe effettuare la prestazione tecnico-nautica con proprio personale e propri mezzi. Pertanto, secondo tale tesi non si tratterebbe di autoproduzione qualora la nave fosse esentata dall’obbligo di rivolgersi alla Corporazione dei piloti in quanto in grado di manovrare da sé sotto la direzione del Comandante del porto. Parimenti, non si verserebbe in una situazione di autoproduzione nell’ipotesi di un’imbarcazione che fosse in grado di compiere le manovre nelle acque portuali senza l’ausilio di alcun rimorchiatore (cfr. S.M.CARBONE, F. MUNARI., La disciplina dei

porti tra diritto comunitario e diritto interno, cit., 306; M. CASANOVA, M. BRIGNARDELLO, op. cit., 349). Secondo altra dottrina l’esenzione sarebbe invece assimilabile all’autoproduzione in quanto situazioni entrambe accomunate dal riconoscimento in capo all’armatore della professionalità necessaria per l’effettuazione dei servizi in modo indipendente dai prestatoti istituzionali (M. ORRÙ, op. cit., 145)

riserva, risulti che la stessa è stabilita per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e difesa nazionale(491)(492).

Si può correttamente parlare di autoproduzione laddove le prestazioni, invece di essere offerte al mercato, siano confinate entro il ciclo produttivo della medesima impresa che le effettua. In questo senso tra l’erogatore e il fruitore del servizio coperto dalla riserva monopolistica deve sussistere una relazione di identità(493).

Tanto precisato, a differenza di quanto avvenuto per le operazioni portuali, nella Legge n. 84/1994 è assente una disposizione che sancisca esplicitamente il diritto di autoproduzione anche con riferimento ai servizi tecnico-nautici. La questione se possa configurarsi, in via ricostruttiva, un diritto di autoproduzione anche con riferimento a tale tipologia di servizi portuali appare particolarmente complessa anche in ragione dell’eterogeneità delle posizioni espresse in seno alla dottrina, così come nella giurisprudenza nazionale (sia civile che amministrativa).

Le decisioni assunte dalla giurisprudenza sul diritto all’autoproduzione nei servizi tecnico- nautici sono oscillate tra posizioni maggiormente «conservatrici», tese a confermare l’impianto normativo in materia ed il tradizionale assetto dei servizi ancillari come affermatosi nella prassi, e pronunce che hanno dimostrato, invece, una maggiore sensibilità per le istanze concorrenziali e le problematiche connesse agli assetti monopolistici di mercato.

I precedenti giurisprudenziali della magistratura civile rinvenibili in materia risultano numericamente limitati e possono essere ricondotti, in sostanza, a due pronunce entrambe emesse nei primi anni del 2000 e che sono giunte però ad esiti difformi circa l’affermazione del diritto di autoprodurre i servizi tecnico-nautici.

Si richiama, in proposito, la sentenza n. 746 pronunciata nel 2000 dalla Suprema Corte di Cassazione in materia di battellaggio(494). In tale decisione i giudici civili, dopo aver sottolineato come l’esigenza che i servizi tecnico-nautici siano svolti soltanto da soggetti «forniti di professionalità e di mezzi» sia tale da giustificarne la diversa ed autonoma disciplina rispetto alle operazioni portuali, hanno statuito che rispetto ai servizi ancillari, anche

491 AGCM, Indagine conoscitiva del settore dei servizi portuali, cit., 104, ha precisato che «non è sufficiente invocare motivi di sicurezza per consentire una legittima limitazione al diritto di autoproduzione, bensì è necessario individuare nella legge che prevede la riserva un’esplicita previsione in tal senso».

492 Sulla base di tale normativa i giudici comunitari hanno ritenuto conforme al diritto comunitario la disciplina codicistica in materia di ormeggio atteso che tale servizio «costituisce un servizio tecnico nautico essenziale per il mantenimento della sicurezza nelle acque portuali e […] presenta le caratteristiche di un servizio pubblico (l’universalità, la continuità, il soddisfacimento di esigenze di interesse pubblico, la regolamentazione e la sorveglianza da parte dell’autorità pubblica» (CGCE 18 giugno 1998, causa C-266/96, cit.).

493 R.ALESSI,G.OLIVIERI, Disciplina della concorrenza e del mercato, Torino, 1991, 61 ss. 494 Cass. civ., Sez. III, 24 gennaio 2000, n. 746, in Giust. civ., 2000, 1010.

antecedentemente alla legge di riforma del 1994, non sussistesse una previsione di riserva legale o di monopolio di lavoro(495). In assenza di tale elemento, ad avviso del Supremo Collegio non si sarebbe quindi potuto correttamente parlare di diritto di autoproduzione ai sensi dell’art. 9, comma 1 della Legge 287/1990. Tuttavia, la Suprema Corte ha osservato che «se non vi è monopolio o riserva legale, tutti hanno il diritto di produrre i beni ed i servizi occorrenti all’esercizio dell’attività di ognuno, pur nel rispetto delle eventuali discipline specificamente previste dalla normativa vigente». I giudici del Supremo Collegio hanno dunque ammesso la possibilità per gli utenti di «rivendicare il diritto di produrre il servizio di battellaggio […] in base al diritto della libertà di iniziativa economica consacrato dall’art. 41 cost.».

Pertanto, pur mancando una situazione di esclusiva, la Suprema Corte ha riconosciuto il pieno diritto di autoprodurre il servizio di battellaggio, non tanto sulla base dell’autoproduzione stabilita dalla disciplina antitrust, bensì in forza della libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita(496).

I giudici civili sono tornati ad occuparsi del diritto di autoproduzione, escludendone in questo caso la configurabilità, nella sentenza n. 6488 resa a Sezioni Unite nel 2002 in materia di ormeggio(497). In tale pronuncia il Supremo Collegio, dopo aver precisato che l’art. 9, comma 1 della Legge 287/1990 attribuisce «un vero e proprio diritto soggettivo alla autoproduzione di beni e servizi», ha tuttavia osservato che le disposizioni della normativa in materia di navigazione marittima che consentono di attribuire in esclusiva il servizio di ormeggio ad un unico prestatore, essendo volte a garantire la sicurezza della navigazione negli spazi acquei portuali, trovano fondamento in «motivi di sicurezza pubblica» che, ai sensi dell’art. 9, comma 2 della legge antitrust, escludono la sussistenza del diritto di autoproduzione. Gli utenti non sarebbero dunque titolari di un diritto soggettivo all’autoproduzione del servizio di ormeggio ma «soltanto di un interesse legittimo in ordine all’esercizio corretto di detti poteri amministrativi di regolamentazione, nel cui ambito rientra l’ammissione di una (più o meno ampia) liberalizzazione del servizio di ormeggio»(498).

495 In questo senso, secondo la richiamata decisione, la facoltà attribuita al Comandante del Porto di riunire in gruppo i barcaioli non rappresenterebbe «una tutela monopolistica di un’attività lavorativa» bensì «una particolare esplicitazione del potere di vigilanza» spettante a tale figura ai sensi dell’art. 68 Cod. Nav.

496 P. PORTACCI, Il diritto di produrre il servizio di battellaggio per conto proprio tra libertà costituzionale di

iniziativa economica e disciplina antitrust italiana, in Dir. trasp., 2002, 183-187.

497 Cass. civ., SS.UU., 7 maggio 2002, n. 6488, cit.

498 Si è in proposito osservato come il downgrading del diritto ad autoprodurre i servizi nautici ad interesse legittimo operato dalla Suprema Corte abbia rappresentato «un deciso revirement rispetto all’orientamento dominante, da sempre orientato a trattare l’autoproduzione alla stregua di un diritto soggettivo perfetto» (D. GENNARI, op. cit., 848).

Come è stato osservato, la motivazione addotta dalla Suprema Corte per escludere il diritto di autoproduzione del servizio di ormeggio sarebbe peraltro tale da risultare applicabile anche agli altri servizi tecnico-nautici(499). In questo senso, nel passaggio finale della decisione le Sezioni Unite hanno osservato, in linea generale, che «le norme concernenti l’ordinamento portuale contemperano le esigenze di disciplinare il porto come bene del demanio marittimo, al cui uso si riconducono anche profili di sicurezza pubblica, e ad un tempo come bene in cui si esplicano importanti attività economiche, nel cui ambito assumono sempre maggiore rilevanza gli aspetti imprenditoriali. Dall’interpretazione letterale e sistematica emerge che, relativamente ai servizi a terra, prevalgono nettamente le esigenze d’impresa, in conformità con i nuovi orientamenti fissati per le attività economiche dalla Comunità Europea, mentre la disciplina dei servizi in mare risente tuttora delle ragioni pubblicistiche, tra le quali assumono in questa sede rilievo quelle inerenti alla sicurezza pubblica. In altre parole, il maggiore spazio che all’attività economica ed alla tutela della concorrenza si è riconosciuto non esclude la perdurante rilevanza delle ragioni pubblicistiche, ed in particolare di quelle dettate dall’esigenza collettiva della sicurezza. Spetta al potere amministrativo contemperare tale esigenza collettiva, salvaguardata specificamente dall’art. 9 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 (in tema di autoproduzione), con la tutela della concorrenza e del mercato».

Una parte della dottrina ha comunque valorizzato il contenuto della richiamata decisione ritenendo che i giudici della Suprema Corte non avrebbero inteso escludere in radice l’esistenza di un diritto all’autoproduzione nel settore dei servizi tecnico-nautici ma soltanto affermare il riconoscimento delle relative prerogative alle istituzioni competenti(500).

Più numerose risultano, invece, le pronunce dei giudici amministrativi che si sono occupate del diritto di autoprodurre i servizi tecnico-nautici e del tema, a questo connesso, dell’obbligatorietà.

In particolare, in un parere reso nel 1996 dal Consiglio di Stato in materia di ormeggio, i giudici di Palazzo Spada hanno espressamente escluso il riconoscimento a favore degli utenti del diritto di autoprodurre tale prestazione tecnico-nautica «in considerazione della preponderante rilevanza che sembra doversi attribuire alla tutela di interessi pubblici primari quali la sicurezza della navigazione, delle persone e dei beni in ambito portuale»(501).

In proposito, pare interessante richiamare alcuni passaggi del parere del Consiglio di Stato in quanto l’ampiezza delle motivazioni addotte per escludere il diritto di autoprodurre il servizio

499 S.M.CARBONE,P.CELLE,M.LOPEZ DE GONZALO, op. cit., 168. 500 C. MONTEBELLO, op. cit., 819-820.

di ormeggio potrebbe renderle applicabili anche agli altri servizi tecnico-nautici. I giudici amministrativi hanno infatti statuito che, sebbene il diritto di autoproduzione di cui all’art. 9, comma 1, Legge n. 287 del 1990 configuri «un diritto soggettivo, perfetto, esercitabile e tutelabile erga omnes, attributivo di potestà e facoltà liberamente esercitabili dai privati», lo stesso «non ha, tuttavia, una portata assoluta». L’art. 9, comma 2, delinea infatti i limiti dell’autoproduzione che non è consentita nei casi in cui, in forza delle disposizioni che prevedono la riserva, risulti che la stessa è stabilita per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica o difesa nazionale. La predetta norma della legge antitrust «rinvia alla disposizione normativa fonte del monopolio pubblico, quale criterio per accertare la presenza di un limite all’autoproduzione. Nella specie, la normativa di riferimento è data dagli artt. 208-214 del reg. cod. nav. L’esegesi della disciplina regolamentare dimostra che l’attività di ormeggio è un servizio di ordine pubblico, strutturato in guisa da garantire la sicurezza pubblica della navigazione e la sicurezza interna dei porti. Gli artt. 208-214 del reg. cod. nav. assoggettano il servizio di ormeggio ad una rigorosa disciplina amministrativa, sotto la sorveglianza [dell’Autorità Marittima]. L’esame delle norme del regolamento del cod. nav. esprime la ratio

iuris della riserva monopolistica consistente nella sicurezza pubblica. Sul piano interpretativo

l’art. 9, comma 2, è da interpretare in senso ampio: la sicurezza pubblica corrisponde alle condizioni essenziali per assicurare le ottimali situazioni di navigazione, ancoraggio e stazionamento della nave all’interno del porto. Ex adverso, l’autoproduzione nel servizio di ormeggio comporta la totale disapplicazione degli artt. 208-214 del reg. cod. nav. Infatti risulterebbe sottratta al capo del compartimento la disciplina generale del servizio di ormeggio ex art. 209 e verrebbe meno la garanzia del possesso dei necessari requisiti di perizia e professionalità degli ormeggiatori privati, sottratti ad ogni controllo». Per tali motivi i giudici amministrativi hanno quindi concluso che «ex art. 9, comma 2, della legge n. 287 del 1990, va ritenuto che il diritto di autoproduzione non sia operante per il servizio di ormeggio disciplinato dagli artt. 208-214 del reg. cod. nav.».

Analoga posizione è stata espressa anche dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, il quale ha negato ad un’agenzia raccomandataria la possibilità di autoprodurre il servizio di battellaggio osservando che la relativa disciplina, «in quanto finalizzata alla sicurezza delle acque portuali, consente di derogare alle norme sulla concorrenza ex art. 90.2 del Trattato poiché regola una attività che presenta le caratteristiche di

un servizio pubblico (universalità, continuità, soddisfacimento di esigenze di interesse pubblico, regolamentazione e sorveglianza da parte dell’autorità pubblica)»(502).

Sebbene alcune - sia pur timide - aperture si siano registrate in certe successive pronunce dei giudici amministrativi(503), lasciando trasparire la possibilità di un’ammissione futura dell’autoproduzione(504), in particolare ove l’impresa armatoriale dimostri di essere in possesso

di navi tecnologicamente avanzate e di personale altamente qualificato ed esperto degli specchi acquei in cui si devono svolgere le manovre(505), manifestando in tal senso un atteggiamento più incline a verificare caso per caso la possibilità di concedere esenzioni ove i vettori siano in grado di autoassistersi senza richiedere l’intervento del concessionario, alcune recenti pronunce hanno invece escluso, in modo netto, la possibilità per gli utenti di autoprodurre i servizi alle navi.

Nel 2015 il T.A.R. Sicilia - Catania ha emesso tre sentenze parallele con le quali il giudice siciliano ha negato il diritto di un armatore di effettuare in proprio, in regime di esenzione, il servizio di pilotaggio e di ormeggio a beneficio delle proprie navi e tramite i propri comandanti, ancorché capaci ed esperti, motivando tale diniego sulla base delle esigenze di sicurezza della navigazione cui tali servizi risultano preordinati(506).

In particolare, nelle richiamate decisioni i giudici amministrativi hanno sostenuto l’incompatibilità dell’autoproduzione rispetto all’impianto normativo proprio dei servizi tecnico-nautici. In questo senso, poiché i servizi ancillari alla navigazione risultano strumentali per garantire la sicurezza dell’intero specchio acqueo portuale, gli stessi, secondo il T.A.R. Sicilia – Catania, non possono essere considerati alla stregua di mere attività ausiliarie alla conduzione delle singole navi, necessitate da livelli inadeguati di conoscenza degli scali

502 Cons. giust. amm. Sicilia, 20 dicembre 2000, n. 495, in Dir. mar., 2002, 554 ss.

503 T.A.R. Venezia, Sez. I, 23 ottobre 2009, n. 2639, in Foro amm., 20, 2009, 2754, che, pur senza nominarla espressamente, parrebbe aver ammesso la possibilità di autoproduzione del servizio di rimorchio da parte di un «terminalista-allibatore».

504 T.A.R. Sicilia - Catania, 5 novembre 2004, n. 3141, in www.giustizia-amministrativa.it, che, con riferimento all’esperimento del pilotaggio nello Stretto e nel porto di Messina ha affermato «quanto, poi, al servizio di autoassistenza l’Amministrazione ha chiarito che l’ordinamento nazionale attualmente non prevede tale possibilità ma che è in corso, sul punto, l’emanazione di una direttiva comunitaria a seguito della quale la situazione potrà essere oggetto di riesame».

505 Cons. giust. amm. Sicilia, 3 marzo 2010, n. 249, in www.giustizia-amministrativa.it, che, in un giudizio relativo all’impugnazione della nota con cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva rigettato l’istanza formulata da un armatore di esenzione dal servizio di pilotaggio e di effettuazione dello stesso in autoassistenza, ha affermato la necessità di motivazione dei provvedimenti che negano l’autoproduzione. In particolare, i giudici amministrativi hanno sottolineato come l’amministrazione, pur avendo fatto riferimento alle esigenze di sicurezza della navigazione e all’aumento del traffico, non avesse verificato se nel caso concreto ricorressero le condizioni per il riconoscimento di diverse modalità di esercizio, tenuto conto in particolare dell’esperienza dei comandanti in servizio presso l’armatore.

In senso analogo si richiama anche T.A.R. Venezia, 15 giugno 2010. n. 2547, in www.giustizia-amministrativa.it 506 T.A.R. Sicilia - Catania, Sez. IV, 16 febbraio 2015, n. 495, cit.; T.A.R. Sicilia - Catania, 7 aprile 2015, n. 946,

portuali in cui vengono prestate. Si tratterebbe, al contrario, di servizi volti a garantire una visione complessiva del traffico presente in ogni istante all’interno dello scalo, assicurando «una regìa unitaria» in grado di coordinare i movimenti di tutti gli operatori nei ristretti ed affollati spazi portuali. I giudici catanesi hanno quindi negato la possibilità per gli armatori di autoprodurre le prestazioni tecnico-nautiche ritenendo che tali soggetti non avrebbero quella visione di insieme del traffico portuale necessaria a gestire le operazioni in totale sicurezza che può essere garantita, invece, soltanto avvalendosi di un organismo avente connotati di unitarietà ed in grado di supervisionare a 360° gradi le acque portuali, qual è la Corporazione dei piloti.

Le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza sopra richiamata inducono a ritenere che nel nostro ordinamento il diritto di autoprodurre i servizi tecnico-nautici non possa trovare, ad oggi, quantomeno in mancanza di una norma positiva che lo preveda(507), un effettivo

riconoscimento. Peraltro, oltre a motivazioni connesse alla tutela della sicurezza della navigazione(508), le tesi che negano l’ammissibilità dell’autoproduzione con riferimento ai servizi alle navi si basano su considerazioni di natura anche economica, connesse, in particolare, all’universalità di tali servizi(509).

In effetti, l’utente che effettua i servizi tecnico-nautici in regime di autoproduzione sottrae reddito all’impresa che garantisce il servizio universale senza, peraltro, sopportare i costi fissi derivanti dall’obbligo di una presenza costante a beneficio di tutti gli utenti portuali. In questo senso, è innegabile che le imprese autoproduttrici traggano vantaggi diretti e indiretti, in termini di sicurezza del porto e della navigazione, dalla presenza di imprese erogatrici di servizi tecnico-nautici per conto terzi e dal loro adempimento degli obblighi di servizio pubblico relativi all’erogazione di tali servizi(510).

507 Autorevoli autori hanno però evidenziato che, nonostante il silenzio al riguardo tenuto dalla Legge n. 84/1994, la sua configurabilità potrebbe essere comunque dedotta attraverso un’operazione d’interpretazione sistematica delle fonti proprie delle attività ancillari alla navigazione, la Legge n. 84/1994, la legge nazionale sulla concorrenza e il diritto comunitario (cfr. P. PORTACCI, Il diritto di autoproduzione nel settore dei servizi portuali

ed aeroportuali, cit., 120).

508 In proposito si richiama anche T.A.R. Lazio - Roma, 17 gennaio 2014, n. 641, in www.giustizia-

amministrativa.it, che, pur non negando a livello teorico la possibilità di autoprodurre il servizio di rimorchio, ha

escluso il riconoscimento di tale diritto in ragione della natura rivestita dal rimorchio e dalla preminenza delle esigenze pubblicistiche di sicurezza, affermandosi, in particolare che: «trattandosi, dunque, di un servizio pubblico sorretto dall’esigenza di assicurare la cura del superiore interesse pubblico alla sicurezza dell’ambito portuale, l’esercizio dello stesso è regolato dalle norme pubblicistiche in materia di concessione di servizio pubblico, rimanendo assicurato nel procedimento di scelta del gestore il rispetto delle regole di libera concorrenza, mentre recede, senz’altro, l’interesse dell’operatore privato all’esercizio della medesima attività in autoproduzione».

509 S.M.CARBONE,P.CELLE,M.LOPEZ DE GONZALO, op. cit., 168.

510 S.M. CARBONE,F.MUNARI, Gli effetti del diritto comunitario sulla riforma portuale in Italia. Risultati e

In proposito, una parte della dottrina ha evidenziato come la suddetta circostanza non sia tale da determinare l’assoluta incompatibilità dell’autoproduzione con il sistema di finanziamento dei servizi tecnico-nautici comportando, invece, l’opportunità di introdurre correttivi in modo da garantire sia il finanziamento del servizio universale, sia il libero accesso all’autoproduzione(511). La soluzione a tal fine prospettata per conciliare l’universalità dei

servizi tecnico-nautici con il pieno esercizio dell’autoproduzione teorizza, quindi, l’imposizione agli autoproduttori del pagamento di una fee da corrispondere al regolatore e che dovrebbe poi essere riversata sull’impresa incaricata degli obblighi di servizio universale(512).

Si è tuttavia osservato che la suddetta soluzione che ammette il ricorso all’autoproduzione, purché accompagnata dal pagamento di una fee per il finanziamento degli oneri di universalità

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