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La concessione di aree e banchine portuali per lo svolgimento delle operazioni portuali: l’impresa terminalista.

Capitolo 4 – I servizi portuali alle merci.

4.9. La concessione di aree e banchine portuali per lo svolgimento delle operazioni portuali: l’impresa terminalista.

L’art. 18, comma 1 della Legge n. 84 del 1994 prevede la possibilità che le imprese autorizzate ai sensi dell’art. 16, comma 3 della medesima legge ottengano in concessione «le aree demaniali e le banchine comprese nell’ambito portuale» per l’espletamento delle operazioni portuali. La suddetta disposizione normativa ha introdotto nell’ordinamento italiano la figura giuridica, già nota al diritto internazionale uniforme(377), dell’impresa terminalista con ciò intendendosi l’impresa portuale che, autorizzata ad effettuare operazioni portuali, abbia altresì ottenuto in concessione i suddetti specifici beni demaniali marittimi(378). Le imprese terminaliste sono, quindi, «quelle cui, in ambito portuale, sia rilasciato il duplice provvedimento autorizzatorio e concessorio»(379)(380).

Si può dire che l’impresa terminalista occupi un ruolo di centrale importanza all’interno degli scali portuali e, più in generale, nella catena di trasporto. In questo senso, l’operatore terminalista rappresenta «il punto di riferimento e di incontro nelle strutture del porto dei vari tipi di trasporto, di cui costituisce l’“anello forte” di congiunzione e di integrazione»(381) ed i suoi servizi costituiscono «il “cuore” delle operazioni portuali»(382). È, infatti, grazie ai servizi

377 La nozione di impresa terminalista è stata recepita dalla Convenzione UNCITRAL (United Nations

Convention on the Liability of Operators of Transport Terminals in International Trade), adottata a Vienna il 19

aprile 1991, che detta la disciplina uniforme in materia di responsabilità del gestore di terminal portuali. In particolare, l’art. 1, lett. a) della Convenzione UNCITRAL definisce l’«operator of a transport terminal» come «a person who, in the course of his business, undertakes to take in charge goods involved in international

carriage in order to perform or to procure the performance of transport-related services with respect to the goods in an area under his control or in respect of which he has a right of access or use […]». L’operatore

terminalista è, quindi, il soggetto che professionalmente si obbliga a prendere in carico beni in transito nell’ambito di attività di trasporto internazionale al fine di svolgere o far svolgere rispetto a tali beni servizi collegati al trasporto nell’ambito di un’area nella quale eserciti il proprio controllo o rispetto alla quale abbia un diritto di accesso o di utilizzo. Come è stato osservato, con la formulazione dell’art. 18 della Legge n. 84/1994 «è, dunque, avvenuto che una nozione di carattere privatistico, quale è quella di terminal operator, abbia assunto un ruolo centrale e di assoluta rilevanza nell’ambito di una normativa di carattere esclusivamente pubblicistico quale è la Legge n. 84 del 1994» (M.CAMPAILLA, op. cit., 154).

378 M. CASANOVA, I servizi portuali alle merci: le imprese concessionarie di aree e banchine portuali per

l’espletamento di operazioni portuali, in A. XERRI (a cura di), Impresa e lavoro nei servizi portuali, cit., 213, il quale osserva come l’art. 18 della Legge n. 84/1994 in realtà ignori completamente tale terminologia.

379 S.ZUNARELLI, Lezioni di diritto dei trasporti, cit., 11. Peraltro, le imprese terminaliste possono ottenere la gestione delle banchine e aree portuali anche in forza di accordi sostitutivi della concessione demaniale ai sensi dell’art. 11, Legge 7 agosto 1990, n. 241.

380 Nei porti italiani oltre ai terminal destinati allo svolgimento di operazioni portuali ai sensi dell’art. 18 della Legge n. 84/94 vi sono anche i terminal adibiti al traffico di persone e al traffico crocieristico (le c.d. stazioni marittime passeggeri). La gestione delle stazioni marittime e dei servizi di supporto ai passeggeri sono espressamente annoverati dal D.M. 14 novembre 1994 tra i servizi di interesse generale di cui all’art. 6, comma 4, lett. c) della Legge n. 84 del 1994.

381 S.M. CARBONE,F.MUNARI, La legge italiana di riforma dei porti e il diritto comunitario, in Foro it., 1994, 380.

382 S.M. CARBONE, Lezioni e casi di diritto marittimo, Torino, 1997, 117, il quale, richiamando la definizione di «terminal operator» di cui alla Convenzione UNCITRAL, osserva come il terminalista assuma il «ruolo di “canalizzatore” della totalità dei servizi resi all’utente, [attesa la] propensione di quest’ultimo di limitare il

prestati dal terminalista, di norma con l’ausilio di attrezzature fisse di banchina (quali, ad esempio, le gru), che le merci possono essere trasferite dal mare alla terra e viceversa.

Dopo aver introdotto la nozione di impresa terminalista al primo comma, l’art. 18 della Legge n. 84/1994 prosegue stabilendo, al comma 2, che nell’ambito di ciascuno scalo portuale siano riservati «spazi operativi allo svolgimento delle operazioni portuali da parte delle altre imprese non concessionarie», demandando ad un apposito decreto ministeriale l’individuazione dei relativi criteri (che, tuttavia, come precisato infra, non è mai stato adottato).

La dottrina ha dunque rilevato come, a seguito della riforma del 1994, nei porti italiani si siano venute a creare e convivano «due distinte categorie di imprese abilitate allo svolgimento delle operazioni portuali». Una prima categoria di imprese è costituita dagli operatori privati autorizzati a svolgere le operazioni portuali nelle aree comuni del porto (aree che devono, quindi, essere individuate e messe a disposizione delle imprese). Una seconda categoria di imprese è rappresentata, invece, da quegli operatori che, autorizzati dall’Autorità Portuale (oggi Autorità di Sistema Portuale) a svolgere le operazioni portuali ai sensi dell’art. 16 della Legge n. 94/1994, abbiano altresì ottenuto in concessione una porzione di demanio marittimo per effettuare le suddette attività per conto proprio o per conto di terzi(383).

Tanto premesso, la disciplina prevista dall’art. 18 della Legge n. 84/1994 si applica, giusta il dettato di cui al primo comma, alle sole concessioni che abbiano ad oggetto aree demaniali e banchine(384) destinate all’espletamento delle operazioni portuali ed incluse territorialmente

numero delle controparti contrattuali con le quali interagire in occasione della sosta nel porto. Così, è solitamente il terminalista a stipulare accordi con le altre imprese autorizzate (di regola, contratti di appalto di servizi) volti a coprire l’intero “ciclo” dei servizi richiesti o richiedibili da una nave in funzione dell’espletamento di operazioni portuali».

383 M.CAMPAILLA, op. cit., 150. In proposito, una parte della dottrina ritiene che la riforma del 1994 avrebbe in tal senso voluto «assicurare uno spazio e dunque una possibilità di sviluppo alle imprese (di terra) autorizzate all’esercizio di operazioni portuali per conto di terzi ma non concessionarie demaniali» (in questo senso G. TACCOGNA, op. cit., 758). Contra, S.M.CARBONE,F.MUNARI, Gli effetti del diritto comunitario sulla riforma

portuale in Italia. Risultati e prospettive, cit., 49, secondo cui l’art. 18, comma 2 della Legge n. 84/1994 non pare

poter «essere interpretato nel senso di imporre [alle Autorità Portuali, oggi Autorità di sistema portuale] necessariamente una scelta che prevede spazi portuali non oggetto di concessione ex art. 18, solo nell’ambito dei quali le imprese autorizzate alle operazioni portuali possano svolgere la propria attività. La praticabilità e convenienza di tale soluzione, infatti, non può che essere valutata caso per caso in funzione delle caratteristiche del porto, dell’offerta di investimenti infrastrutturali e dagli impegni che imprese interessate ad ottenere autorizzazioni ex art. 16 o concessioni ex art. 18 siano disposti ad assumere nei confronti dell’Autorità Portuale [oggi Autorità di sistema portuale]».

384 In proposito, si precisa che, secondo una pronuncia dei giudici amministrativi, le concessioni in esame sarebbero soltanto quelle aventi ad oggetto la contestuale assegnazione di aree demaniali e di banchine, ritenendosi al contrario non applicabile la disciplina di cui all’art. 18 della Legge n. 84 del 1994 in caso di concessioni relative ad aree portuali sprovviste di banchine (Cons. Stato, Sez. VI, 25 giugno 2008, n. 3235 in

www.giustizia-amministrativa.it). Critica la predetta interpretazione dei giudici amministrativi M. CASANOVA,

ult. op. cit., 216-217, il quale rileva che, seguendo il ragionamento del Consiglio di Stato, alle concessioni

relative ad aree demaniali prive di banchine dovrebbe applicarsi una diversa disciplina rispetto a quella di cui all’art. 18 della Legge n. 84/1994 pur in presenza di operazioni portuali.

nell’ambito portuale. Le concessioni in esame si distinguono, quindi, dalle concessioni demaniali marittime disciplinate dagli artt. 36-55 Cod. Nav. poiché, rispetto a quest’ultime, presentano un fine più specifico rappresentato appunto dallo svolgimento delle operazioni portuali(385).

La competenza rispetto al rilascio delle concessioni ex art. 18, Legge n. 84/1994 varia a seconda della durata del titolo assentito. Ai sensi dell’art. 9, comma 5, lett. g), le concessioni di durata superiore a quattro anni sono deliberate dal Comitato di Gestione, su proposta del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale, mentre quelle di durata inferiore ai quattro anni sono di competenza del Presidente che le esercita sentito il Comitato di Gestione ai sensi dell’art. 8, comma 3, lett. n) della Legge n. 84/1994(386). Per le iniziative di maggiore

rilevanza, l’art. 18, comma 4 prevede, invece, che il Presidente possa concludere con le imprese terminaliste, previa delibera del Comitato portuale, accordi sostitutivi della concessione demaniale ai sensi dell’art. 11 della Legge 7 agosto 1990, n. 241(387).

Nei porti non rientranti nella circoscrizione di un’Autorità di Sistema Portuale il rilascio della concessione ex art. 18 della Legge n. 84 del 1994 è invece di competenza del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ovvero del Direttore marittimo o, ancora, del Capo di compartimento marittimo sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 36 Cod. Nav.(388).

385 F.BERLINGIERI, op. cit., 239; E.SANTORO, I servizi e le operazioni portuali, in A.ANTONINI (coordinato da),

Trattato breve di diritto marittimo, Vol. I, Milano, 2007, 256; M. CAMPAILLA, op. cit., 151 il quale rileva che, mentre le concessioni di cui agli artt. 36-55 Cod. Nav. possono essere rilasciate in tutti i casi in cui un privato intenda ottenere il godimento uti singuli di un’area demaniale marittima, le concessioni ex art. 18 della legge di riforma dell’ordinamento portuale obbligano invece il concessionario ad utilizzare il bene demaniale esclusivamente per svolgere le operazioni portuali per conto proprio o di terzi.

386 L’art. 8, comma 3, lett. n), Legge n. 84 del 1994, come sostituito dall’art. 10 del D. Lgs. 4 agosto 2016, n. 169, stabilisce che il Presidente «esercita, sentito il Comitato di gestione, le competenze attribuite all'Autorità di sistema portuale dagli articoli 16, 17 e 18 nel rispetto delle disposizioni contenute nei decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di cui, rispettivamente, all'articolo 16, comma 4, e all'articolo 18, commi 1 e 3; nonché nel rispetto delle deliberazioni della Autorità di regolazione dei trasporti per gli aspetti di competenza». In forza della lett. m) della medesima disposizione rientra, altresì, tra le competenze del Presidente dell’Autorità di sistema portuale, indipendentemente dalla durata prevista, il rilascio delle concessioni demaniali marittime ex artt. 36-55 e 68 Cod. Nav. e relative norme di attuazione, per lo svolgimento di attività differenti dalle operazioni portuali (quali, ad esempio, la riparazione delle navi), in aree e beni demaniali compresi nella circoscrizione territoriale di competenza.

387Gli accordi amministrativi di cui all’art. 11 della Legge n. 241/1990 sono veri e propri contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione con i privati nell’esercizio di potestà amministrative. Tali accordi sostituiscono, in tutto o in parte, provvedimenti amministrativi di natura discrezionale. In particolare, si suole distinguere i suddetti accordi in accordi integrativi (o endoprocedimentali), che sono volti a determinare il contenuto discrezionale del provvedimento amministrativo, che deve poi seguire all’accordo tra la P.A. e il privato, e accordi sostituivi – qual è quello previsto dall’art. 18, comma 4, Legge n. 84/1994 – che tengono luogo del provvedimento amministrativo e rappresentano un modo di conclusione del procedimento alternativo al provvedimento stesso (G. GRECO,

Argomenti di diritto amministrativo, Vol. 1, Milano, 2013, 168).

388 In particolare l’art. 36, comma 2 Cod. Nav. stabilisce che: i) le concessioni di durata superiore a quindici anni sono di competenza del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; ii) le concessioni di durata compresa tra quattro e quindici anni, nonché le concessioni di durata inferiore a quattro anni che importino impianti di difficile

Per quanto concerne l’iter per ottenere la concessione in esame si precisa che, sotto il profilo soggettivo, il dato testuale del primo comma dell’art. 18 della Legge n. 84/1994 parrebbe far ritenere che legittimate a chiedere il rilascio del titolo concessorio siano soltanto le imprese che abbiano previamente ottenuto l’autorizzazione all’esercizio delle operazioni portuali ex art. 16, comma 3. Una parte della dottrina ritiene, tuttavia, che un’interpretazione letterale della predetta norma nel senso di imporre il previo ottenimento dell’autorizzazione all’effettuazione di operazioni portuali ai fini del rilascio del titolo concessorio sarebbe illogica. In questo senso, un autorevole autore osserva che, considerato che il rilascio della concessione «richiede il possesso di requisiti organizzativi di non lieve momento», l’impresa aspirante terminalista non avrebbe interesse ad ottenere preventivamente l’autorizzazione ex art. 16 della Legge n. 84/1994. L’autorizzazione allo svolgimento di operazioni portuali impone, infatti, il possesso in capo all’impresa privata di requisiti di minor rilievo rispetto a quelli richiesti per la concessione ex art. 18. Inoltre, se per chiedere la concessione fosse necessario il preventivo possesso dell’autorizzazione si «ridurrebbe assurdamente il numero delle imprese» legittimate a partecipare alle gare per l’ottenimento delle aree e banchine portuali in concessione, in particolar modo tenuto conto del potere dell’Autorità Portuale, oggi Autorità di Sistema Portuale, (o, laddove non istituita, dell’Autorità Marittima), di limitare ai sensi dell’art. 16, comma 7 il numero delle imprese autorizzate ad effettuare operazioni portuali, in relazione alle esigenze di funzionalità del porto e del traffico(389). Peraltro, la giurisprudenza intervenuta in materia ha espresso posizioni contrastanti. Infatti, mentre i giudici amministrativi siciliani hanno ritenuto che l’autorizzazione all’espletamento delle operazioni portuali ex art. 16 della Legge n. 84/1994 rappresenti il presupposto per il rilascio della concessione di cui all’art. 18(390), secondo il Consiglio di Stato l’operatore potrebbe

sgombero, sono di competenza del Direttore marittimo; iii) le concessioni di durata inferiore a quattro anni, quando non importino impianti di difficile sgombero, sono di competenza del Capo di compartimento marittimo. 389 M. CASANOVA, I servizi portuali alle merci: le imprese concessionarie di aree e banchine portuali per

l’espletamento di operazioni portuali, cit., 222, il quale osserva che nella prassi le autorità di controllo

«nell’assentire alle imprese aree e banchine per l’espletamento di operazioni portuali, hanno contestualmente e contemporaneamente ad esse rilasciato l’autorizzazione ex art. 16 aventi la stessa durata della concessione». La scelta del legislatore del 1994 di prevedere un regime autorizzatorio per l’espletamento delle operazioni portuali mantenendo al contempo il modello concessorio per poter svolgere tali attività su aree e banchine portuali affidate in esclusiva è stata criticata anche da G.TACCOGNA, L’infrastrutturazione dei porti: competenze

e procedure di affidamento, in Economia e dir. terziario, 2000, 1, 110 ss., secondo cui sarebbe stato più logico

prevedere «un unico regime concessorio per le imprese che richiedono non solo di operare in porto, ma anche il godimento (più o meno) esclusivo di aree e banchine […] ed un regime autorizzatorio applicabile alle imprese che richiedono semplicemente si poter operare in porto (sulla banchina pubblica o presso i terminal “Privatizzati” e cioè concessi ad altri). A ciascuno dei siffatti regimi avrebbe corrisposto un’unica procedura selettiva».

invece richiedere il titolo autorizzatorio contestualmente o anche successivamente all’ottenimento della concessione(391).

Sotto il profilo oggettivo, ossia con riferimento alle attività che la legge consente di svolgere all’impresa terminalista, l’art. 18, comma 1 della Legge n. 84/1994 si limita ad affermare che la concessione riguarda «l’espletamento delle operazioni portuali». La dottrina si è dunque interrogata se alla luce del dato testuale dell’art. 18 sia possibile ritenere che l’operatore terminalista possa ampliare l’ambito dei servizi offerti agli utenti. In particolare, ci si è chiesti se sia consentito all’operatore terminalista chiedere ed ottenere l’autorizzazione allo svolgimento dei servizi portuali c.d. strciti iuris ovvero il rilascio di una concessione per effettuare servizi tecnico-nautici a favore delle navi che facciano scalo presso le banchine del

terminal.

In merito alla possibilità per il terminalista di effettuare presso le aree e le banchine portuali in concessione anche i servizi specialistici, complementari ed accessori al ciclo delle operazioni portuali si è osservato che, muovendo dal dato testuale dell’art. 18 (ove non si rinviene alcuna menzione ai suddetti servizi), si dovrebbe escludere la possibilità per i terminalisti di ottenere una siffatta autorizzazione (tanto in conto proprio quanto per conto di terzi). L’impresa terminalista potrebbe però considerarsi legittimata a svolgere i suddetti servizi portuali in regime di autoproduzione ai sensi dell’art. 3 D.M. 6 febbraio 2001 n. 132(392) che ammette che

i servizi portuali c.d. strciti iuris siano autoprodotti dalle imprese portuali(393). D’altra parte, tenuto conto che la concessione ex art. 18 viene rilasciata alle «imprese di cui all’art. 16, comma 3», rinviando quindi ad una disposizione che ha ad oggetto l’autorizzazione allo svolgimento sia delle operazioni portuali che dei servizi portuali c.d. stricti iuris, si è altresì ipotizzato che il Legislatore possa essersi «semplicemente dimenticato di modificare l’art. 18 sicché il terminalista sull’area di concessione potrebbe, se appositamente autorizzato e se ritenesse possibile il rilascio di più autorizzazioni, espletare non solo operazioni portuali, ma anche “servizi portuali”»(394).

391 Cons. Stato, Sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2721, in www.giustizia-amministrativa.it.

392 D.M. 6 febbraio 2001, n. 132 recante «Regolamento concernente la determinazione dei criteri vincolanti per la regolamentazione da parte delle autorità portuali e marittime dei servizi portuali, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 84/1994».

393 M.CAMPAILLA, op. cit., 160 il quale osserva che, peraltro, il D.M. n. 132/2001 nulla precisa circa il soggetto legittimato ad autoprodurre i servizi c.d. strciti iuris e non contiene una disciplina dell’autoproduzione analoga a quella prevista dall’art. 8 del D.M. 585/1995 in materia di operazioni portuali.

394 M.BRIGNARDELLO, Operazioni portuali e “servizi portuali” alcune riflessioni sull’attuale disciplina, in Dir.

mar., 2004, 549, richiamata da M. CAMPAILLA, op. cit., 160-161, secondo cui tale interpretazione appare maggiormente condivisibile tenuto conto del ruolo dell’operatore terminalista all’interno del porto quale fornitore di un «complesso di servizi particolarmente qualificati, ulteriori e diversi rispetto alle tradizionali operazioni di

Per quanto concerne la possibilità che il terminalista ottenga la concessione allo svolgimento di servizi ancillari alla navigazione, da rendere all’utenza al momento dell’arrivo o della partenza della nave dal terminal, secondo una parte della dottrina l’ordinamento portuale non parrebbe stabilire particolari limitazioni di carattere soggettivo. In questo senso, qualunque impresa in possesso dei requisiti tecnici e professionali necessari per lo svolgimento dei c.d. servizi alle navi potrebbe chiedere all’autorità competente il rilascio dell’apposita concessione, a ciò non ostando neppure l’eventuale esistenza di un pregresso concessionario atteso che l’ordinamento non prevede alcuna norma di carattere primario che imponga il regime di monopolio rispetto a tali servizi(395). Tuttavia, come si avrà modo di illustrare più

approfonditamente nel prosieguo del presente lavoro, nella prassi i servizi di pilotaggio, ormeggio, rimorchio e battellaggio sono prestati nella totalità degli scali portuali nazionali da un unico soggetto concessionario di singolo servizio (vedi infra Cap. 5).

I presupposti per il rilascio della concessione sono elencati all’art. 18, comma 6 della Legge n. 84/1994. Tale norma stabilisce, in particolare, che l’impresa richiedente:

a) presenti, all’atto della domanda, un programma di attività volto all’incremento dei traffici e

alla produttività del porto;

b) possieda adeguate attrezzature tecniche ed organizzative, idonee anche dal punto di vista della sicurezza a soddisfare le esigenze di un ciclo produttivo ed operativo a carattere continuativo ed integrato per conto proprio e di terzi (capacità tecnica e organizzativa);

c) preveda un organico di lavoratori adeguato al suddetto programma di attività.

Poiché le aree e le banchine portuali da affidare in concessione alle imprese terminaliste sono limitate e tenuto conto che sovente, nel rispettivo settore di attività, il terminalista opera di fatto in una situazione di monopolio naturale(396), l’Autorità Portuale, oggi Autorità di Sistema

imbarco/sbarco, i quali sono funzionali a consentire il transito delle merci in ambito portuale in modo quanto più possibile rapido ed efficiente».

395 M.CAMPAILLA, op. cit., 157, il quale richiama la nota sentenza Cass. civ., 24 gennaio 2000, n. 746 che, in relazione ai servizi tecnico-nautici, ha evidenziato l’assenza di monopolio o riserva legale anche prima dell’entrata in vigore della Legge n. 84 del 1994. L’Autore ritiene, peraltro, che anche qualora si condividesse la diversa opinione secondo cui i servizi tecnico-nautici rappresentano un tipico esempio di monopolio naturale, «dovrebbe comunque ammettersi la facoltà, per l’operatore terminalista, di prestare, presso il proprio terminale, i servizi tecnico nautici in regime di autoproduzione» ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 287/1990, rappresentando detti servizi «un mercato contiguo» all’attività di movimentazione merci, così come evidenziato anche dall’AGCM, nella Deliberazione dd. 16 ottobre 1997.

396«In ambito portuale è sempre più frequente la creazione di terminali specializzati dedicati alla movimentazione di specifiche tipologie merceologiche: nella maggioranza dei casi il livello dei traffici non è tale da rendere economicamente convenienti ingentissimi investimenti che sarebbero necessari al fine di realizzare nello stesso porto una pluralità di terminali dedicati alla movimentazione della medesima tipologia di merci»(M.CAMPAILLA,

op. cit., 164). Analogamente si veda T.A.R. Liguria – Genova, Sez. II, 24 maggio 2012, n. 747, in www.giustizia-

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