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Premessa: lo stato di sofferenza del sistema portuale italiano.

Capitolo 3 – Il modello di governance portuale italiano.

3.1. Premessa: lo stato di sofferenza del sistema portuale italiano.

governance portuale italiano risultante dalla riforma del 2016. 3.4. Gli organi dell’Autorità di Sistema Portuale.

3.5. Le ulteriori modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 169/2016. 3.6. Le competenze dell’Autorità di Sistema Portuale e il principio di separazione tra funzioni amministrative e attività di gestione. 3.7. La pianificazione urbanistica del porto. 3.8. Le ultime modifiche introdotte dal «correttivo porti» (D. Lgs. n. 232/2017). 3.9. Il porto e la città: il caso di Venezia. 3.10. L’Autorità Marittima..

3.1. Premessa: lo stato di sofferenza del sistema portuale italiano.

L’«economia del mare» italiana è un settore che muove rilevanti interessi economici(221).

Tuttavia, nell’ultimo decennio il sistema portuale italiano, pur mantenendo una posizione di leader nel trasporto marittimo di merci a corto raggio nell’area mediterranea, ha visto significativamente ridurre la propria competitività rispetto ai principali concorrenti europei(222). In proposito, l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) ha evidenziato il

divario esistente, in termini di volumi di traffico, tra i porti italiani ed i porti europei (in particolare quelli del Nord Europa)(223), rilevando come anche il sistema logistico italiano

presenti criticità legate alla piccola e media dimensione della maggior parte delle imprese del settore e alla conseguente dispersione sul territorio delle unità produttive, laddove in ambito europeo si registra la tendenza alla concentrazione mediante accorpamenti, acquisizioni e fusioni di imprese, soprattutto intorno alle grandi città ed alle aree metropolitane(224).

Analoga la valutazione riportata nel Piano Strategico Nazionale della Portualità e della

Logistica – 2015 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che ha sottolineato come il

sistema portuale e logistico italiano, a fronte di un aumento generalizzato dei traffici nell’area mediterranea, dovuto in larga misura al raddoppio del Canale di Suez, abbia perso nel tempo porzioni rilevanti di mercato, subendo in particolare la concorrenza dei porti nord europei in grado di intercettare, grazie alla loro maggiore efficienza, quote di traffico tra l’Italia ed i Paesi

221 Secondo la Relazione sulle Autorità portuali – dati di Rendiconto generale 2014 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in www.mit.gov.it, la cantieristica navale coinvolge 27.000 attività imprenditoriali ed incide per il 15,2% sul totale delle imprese del settore; le attività di trasporto fluviale e marittimo di persone e merci rappresentano il 6% del totale; il traffico di passeggeri nazionale, parti al 20% circa del traffico complessivo a livello europeo, vede il primato italiano nel traffico crocieristico nell’U.E.; il 70% delle esportazioni e il 50% delle importazioni di merci è effettuato via mare.

222 In particolare nel periodo 2007-2016 il settore portuale italiano ha subito un calo di 76 milioni di tonnellate di merci movimentate, con un differenziale complessivo pari a meno 15%.

223 Nel 2014 il porto di Rotterdam ha movimentato 12,3 milioni di TEU, superando da solo il totale di volumi di traffico movimentati dall’intero sistema portuale italiano (pari a 10,2 milioni di TEU).

non europei del bacino mediterraneo, nonostante la (quantomeno teorica) convenienza degli scali portuali italiani in termini di tempi e di costi(225).

In particolare, secondo l’analisi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, uno dei principali fattori di debolezza del sistema portuale italiano è costituito dalla mancanza di una strategia marittima integrata in grado di favorire uno sviluppo comune, sia economico che commerciale, del settore portuale nazionale. I porti di rilievo nazionale si trovano ubicati per lo più in adiacenza a città storiche e su una costa significativamente variegata a livello morfologico e tali circostanze hanno contribuito a privilegiare i localismi piuttosto che a spingere per una comune politica(226).

Prioritario, di conseguenza, l’obiettivo di superare «l’individualismo portuale», ottimizzando la governance del settore attraverso il coordinamento del sistema portuale e l’analisi rigorosa delle priorità di investimento(227).

In quest’ottica si iscrive l’ultimo intervento del Legislatore nazionale di cui al D. Lgs. n. 169/2016 (c.d. «riforma Madia») con il quale si è proceduto alla razionalizzazione, al riassetto

225 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica –

2015, in www.mit.gov.it. Secondo il Global Competitiveness Index del World Economic Forum Global, il sistema

portuale italiano si collocherebbe in coda rispetto a tutti i più importanti Stati membri (cfr. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Linee Guida per la redazione dei Piani Regolatori di Sistema Portuale, 2017, 7-8). Le deludenti perfomances del sistema portuale italiano sono imputabili a diversi fattori tra cui:

 carenza di infrastrutture fisiche rispetto agli standard europei (in particolare nell’ambito dei raccordi ferroviari e di gestione dei c.d. servizi dell’ultimo miglio ferroviario);

 non competitività, in termini di costi e di tempi, dei servizi portuali svolti negli scali italiani rispetto a quelli effettuati nei porti concorrenti;

 graduale ma costante perdita di competitività del sistema portuale italiano nel transhipment rispetto ai competitors del Mediterraneo (Spagna, Marocco, Malta e Grecia);

 incremento delle quote di mercato dei sistemi portuali del Nord Europa rispetto ai flussi di traffico tra paesi extra-U.E. ed Italia, nonostante la maggiore vicinanza dei porti italiani rispetto ai mercati di destinazione di tali traffici, in ragione della maggiore efficienza complessiva della catena del trasporto dei porti del Northern

Range;

 proliferazione del fenomeno dell’individualismo portuale inteso sia nel senso dell’omogeneizzazione funzionale sia nella diffusione geografica dei porti italiani, a cui è conseguita la mancata possibilità di generare economie di scala nei porti;

 estrema perifericità della programmazione portuale, che ha inciso fortemente sul carattere «localistico» degli investimenti portuali, spesso slegati sia da analisi oggettive sui fabbisogni che dall’analisi comparata della pianificazione dei nodi portuali.

226 P. RUBECHINI, Critica della ragion portuale: una prima analisi del D. Lgs. n. 169/2016, in Giornale dir.

amm., 2017, 1, 19 ss.

227 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica -

2015, 6-9, in www.mit.gov.it. Il PSNPL ha peraltro evidenziato come il sistema portuale italiano, se posto nelle

condizioni di operare in modo efficiente e competitivo, avrebbe potenzialità di sviluppo nei traffici con i Paesi dell’Africa settentrionale nonché nell’interscambio con i mercati dell’Europa continentale (i.e. Svizzera, Austria, Baviera, Paesi dell’Europa orientale - sud della Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca - e dei Balcani) e con quelli dell’estremo oriente. Al riguardo, al fine di aumentare i livelli di competitività del sistema portuale italiano, il PSNL ritiene necessario garantire «piena accessibilità marittima, adeguate infrastrutture e performance nei terminal e, soprattutto, una capillare accessibilità terrestre in termini di connessioni ferroviarie e stradali da/per il porto, in un’ottica di catena logistica integrata door-to-door efficiente e sostenibile».

e all’accorpamento delle Autorità Portuali esistenti al fine di dotare le infrastrutture portuali italiane di strumenti e meccanismi di gestione adatti alle nuove sfide del mercato.

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