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Capitolo 4 – I servizi portuali alle merci.

4.2. I servizi portuali alle merci: le operazioni portuali.

Come anticipato supra, la disciplina dell’esercizio delle operazioni portuali è contenuta principalmente in tre articoli della Legge n. 84 del 1994: l’art. 16 sulle «operazioni portuali», l’art. 17 sulla «disciplina della fornitura di lavoro portuale temporaneo»(317) e l’art. 18 sulla

«concessione di aree e banchine». Le suddette disposizioni normative non sono state interessate, se non in minima parte(318), dalle modifiche apportate da ultimo dal Legislatore con il D. Lgs. 4 agosto 2016, n. 169 (che, invece, ha significativamente rivisitato gli artt. 1-15 della Legge n. 84/1994)(319).

L’art. 16, comma 1 della Legge n. 84 del 1994 individua le operazioni portuali nelle attività di carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale, svolte nell’ambito portuale. La definizione di operazioni portuali accolta dal legislatore del 1994 riprende, in buona parte, la definizione già contenuta nell’abrogato art. 108 Cod. Nav. il quale qualificava come operazioni portuali «le operazioni di imbarco, sbarco, trasbordo e movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale in porto»(320).

Nella categoria delle operazioni portuali rientrano, quindi, soprattutto attività materiali che involgono il trattamento e lo spostamento delle merci negli spazi portuali e che vengono svolte in apposite aree, sia all’aperto che al chiuso (quali, ad esempio, lo stivaggio delle merci nei

container(321), l’utilizzo di mezzi meccanici per il sollevamento e la traslazione delle merci, il

317 La disciplina del lavoro portuale temporaneo non sarà oggetto della presente trattazione. In argomento si rinvia, ex multis, a M.CAMPAILLA, Il lavoro portuale, in A. ANTONINI (coordinato da), Trattato breve di diritto

marittimo, Vol. I, Milano, 2007, 265 ss.; E. ALES,P.PASSALACQUA, La fornitura di lavoro portuale temporaneo, in A.XERRI (a cura di), Impresa e lavoro nei servizi portuali, cit., 295 ss.

318 Tra le poche modifiche che interessano i servizi alle merci operate dal D. Lgs. n. 169/2016 v’è l’attribuzione al Presidente dell’Autorità di sistema portuale del potere di promuovere la stipulazione di protocolli d’intesa con le altre amministrazioni operanti nel porti per la velocizzazione delle operazioni portuali e la semplificazione delle procedure (cfr. art. 8, comma 3, lett. g), Legge n. 84/1994).

319 Critica tale scelta M. BRIGNARDELLO, La disciplina delle operazioni portuali e dei «servizi portuali

specialistici» nella L. n. 84/1994: le ragioni di una mancata riforma, in Riv. dir. nav., 2017, 1, 5 e 22, secondo

cui il Legislatore meglio avrebbe fatto a non limitare il proprio intervento di riforma al solo accorpamento dei porti in sistemi portuali ma provvedendo a rivedere anche la disciplina delle operazioni portuali in modo da risolvere gli attuali problemi di interpretazione.

320 L’art. 16 della legge n. 84 del 1994 utilizza i termini «carico» e «scarico» al posto di «imbarco» e «sbarco». Come osservato daM.CAMPAILLA, Le operazioni portuali, Bologna, 2004, 32, non si tratta né di una differenza marginale né di una scelta casuale del legislatore. Infatti, nel linguaggio degli operatori del settore, i termini «imbarco» e «sbarco» si riferiscono alle attività di caricazione e scaricazione delle merci dalle navi.

Pertanto, qualora il legislatore avesse mantenuto la medesima terminologia utilizzata dal Codice della Navigazione, vi sarebbe stato il rischio, sulla base di un’interpretazione letterale di tali espressioni, di escludere dal genus delle operazioni portuali le attività di caricazione e scaricazione effettuate da mezzi di trasporto diversi dalle navi, in contrasto con la vocazione multimodale che caratterizza, invece, i moderni porti.

321 In particolare, lo stivaggio consiste nel posizionare la merce all’interno del container secondo precise regole volte a prevenire danneggiamenti e pericoli, mentre con il termine groupage si indica l’attività consistente nel riunire e raggruppare piccole partite di merce, spesso di differente natura, provenienti da diversi mittenti e con differenti destinatari, all’interno di uno stesso container.

deposito di container pieni e vuoti, lo stoccaggio e deposito delle merci, la pesatura o la misurazione delle merci e dei colli, l’imballaggio ed il confezionamento delle merci, etc.)(322).

Sebbene la formulazione del citato art. 16 della Legge n. 84 del 1994 appaia prima facie chiara nell’individuare quali attività possano considerarsi operazioni portuali, già nella vigenza dell’abrogato art. 108 Cod. Nav. si era ritenuto opportuno individuare dei criteri per circoscrivere le attività soggette al regime autorizzatorio dettato da tale norma e determinare se un’attività rientrasse o meno tra quelle allora riservate alle compagnie portuali.

A tal fine, giurisprudenza e dottrina avevano individuato due criteri, uno di natura spaziale, secondo il quale erano riservate alle compagnie portuali le operazioni svolte «nel porto», e l’altro di natura funzionale, secondo il quale rientravano nel genus delle operazioni portuali tutte le attività che, consentendo il passaggio della merce dalla nave ad un altro mezzo e viceversa, collegano il trasporto marittimo a quello terrestre(323).

Si è osservato, peraltro, che anche dopo la riforma dell’ordinamento portuale ai suddetti criteri possa riconoscersi ancora una certa utilità per distinguere le operazioni portuali sottoposte al regime autorizzatorio ex art. 16 della Legge n. 84 del 1994 dai servizi c.d. «innominati» (tra i quali si reputa rientrare, ad esempio, il servizio di rifornimento di carburante, c.d.

322 In genere, le operazioni di carico e scarico della nave, che costituiscono la principale (e per così dire «tipica») attività del porto, si svolgono nel modo seguente: la nave ormeggiata attende che la gru di banchina prelevi i

container in entrata e scarichi, invece, quelli in uscita dal terminal; i container in entrata nel porto, dopo essere

stati scaricati dalla nave, vengono posizionati su ralle e trasportati fino all’area di deposito del terminal, dove le gru di piazzale li impilano uno sull’altro in attesa del ritiro; i contenitori destinati ad essere imbarcati vengono poi trasportati su ralle e camion fino alla gru di banchina che li carica sulla nave.

323 M. BRIGNARDELLO, I servizi portuali alle merci: le imprese autorizzate per l’espletamento di operazioni

portuali e «servizi portuali», cit., 190, che rileva come nel previgente regime normativo la nozione di operazioni

portuali veniva interpretata restrittivamente al fine di limitare gli abusi di posizione dominante da parte delle ex compagnie portuali.

bunkeraggio) soggetti alla vigilanza del Comandante del porto ex art. 68 Cod. Nav.(324) ed, oggi, a quella delle Autorità di Sistema Portuale(325).

La difficoltà nell’individuare i precisi confini della categoria delle operazioni portuali anche dopo la riforma del 1994 è peraltro testimoniata sia dalla prassi dei singoli porti, che dimostra come il medesimo servizio possa essere diversamente inquadrato a seconda del porto in cui lo stesso è effettuato(326), sia dalle decisioni dei giudici amministrativi che hanno adottato soluzioni interpretative a volte divergenti. I dubbi interpretativi hanno riguardato, in particolare, l’inquadramento giuridico dei servizi di rizzaggio e derizzaggio(327), dei servizi di

imbarco e sbarco dei veicoli nonché dei servizi di deposito di merci.

In proposito, alcune non lontane pronunce i giudici amministrativi hanno ritenuto che rientrassero nel concetto di operazioni portuali le attività riguardanti «le gru di banchina, i rizzaggi, la movimentazione dei container e le loro spuntature, la pesatura e il controllo di sigilli, il bunkeraggio, gli approvvigionamenti per la nave, la raccolta dei rifiuti,

324 In particolare, l’art. 68 Cod. Nav. dispone che «coloro che esercitano un’attività nell’interno dei porti […] sono soggetti, nell’esplicazione di tale attività, alla vigilanza del comandante del porto» e possono essere obbligati ad iscriversi in appositi registri (anche a numero chiuso) nonché soggiacere ad «altre speciali limitazioni». A seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 84 del 1994 i suddetti compiti di vigilanza sono stati trasferiti alle Autorità Portuali (oggi Autorità di sistema portuale), rimanendo in capo all’Autorità Marittima solo nei porti in cui le prime non siano state istituite. L’art. 8, comma 3, lett. m) della Legge n. 84 del 1994, come modificato dal D. Lgs. n. 169/2016, attribuisce al Presidente dell’Autorità di sistema portuale i compiti di amministrare le aree e i beni del demanio marittimo, ricadenti nella circoscrizione territoriale di competenza, esercitando le attribuzioni stabilite negli artt. 36-55 e 68 Cod. Nav.

In proposito si veda M.CASANOVA,M.BRIGNARDELLO, Diritto dei trasporti, Milano, 2011, 154 secondo i quali potrebbero sorgere perplessità avuto riguardo al riparto di competenze tra l’Autorità Marittima e l’Autorità di sistema portuale «allorquando l’esercizio di tali servizi portuali innominati possa comportare la necessità di utilizzare navi o galleggianti, stante, in tal caso, la competenza dell’Autorità marittima prevista dall’art. 66 Cod. Nav. e dagli artt. 59 e seguenti del regolamento per la navigazione marittima dal momento che l’esercizio dei servizi portuali, che richiedono l’impiego di navi o di galleggianti, è soggetto a concessione assentita da tale Autorità».

325 M. BRIGNARDELLO, I servizi portuali alle merci: le imprese autorizzate per l’espletamento di operazioni

portuali e «servizi portuali», cit., 191, alla quale si rinvia anche in merito al dibattito sorto in dottrina circa il

significato da attribuire alla nozione di «ambito portuale» al quale fa riferimento l’art. 16, comma 1 della Legge n. 84 del 1994 al fine di dare contenuto al criterio spaziale. Secondo l’Autrice tale nozione, in assenza di una puntuale indicazione normativa, «sembra preferibilmente da intendersi quale porzione della circoscrizione amministrativa riservata, sulla base del piano regolatore portuale, allo svolgimento di questo tipo di attività». 326 Si consideri, ad esempio, che nel porto di Trieste l’attività di rizzaggio e derizzaggio è considerata come operazione portuale (cfr. decreto 27 gennaio 2016, n. 1493 dell’Autorità Portuale di Trieste, in www.porto.trieste.it/wp-content/uploads/2016/03/Decreto-n-1493-2016-con-regolamento.pdf).

Nel porto di Venezia, invece, la medesima attività viene qualificata come servizio portuale stricti iuris (cfr. ordinanza n. 386 dd. 31 dicembre 2013 del Presidente dell’Autorità Portuale, in:

www.port.venice.it/files/document/ordinanze/2013/131231ord0386autorizzazionefornituraserviziportuali.pdf

327 Il rizzaggio indica quell’insieme di operazioni volte a legare solidamente, e in modo adeguato, con rizze (cavi

in acciaio, cinghie in cordura, tacchi di legno, chiodi, ecc.), un oggetto in modo che resti fermo durante il trasporto via mare. Il rizzaggio è volto a garantire la sicurezza della navigazione ed è effettuato, in particolare, quando il carico ha ad oggetto beni (quali macchinari, pezzi industriali e veicoli) da trasportare che per dimensioni, peso o altre specifiche esigenze, non possono essere fissati all’interno dei container.

l’espletamento di adempimenti doganali»(328) laddove, invece, una decisione più risalente aveva escluso la riconducibilità dell’attività di rizzaggio sulle navi (in particolare di veicoli) sia alle operazioni portuali che ai servizi portuali stricti iuris di cui all’art. 16 della Legge n. 84 del 1994, ritenendo a tal fine che, a differenza delle operazioni portuali, il servizio di rizzaggio non perseguirebbe principalmente finalità di natura commerciale bensì di tutela della sicurezza della navigazione(329).

Problemi interpretativi si sono registrati anche con riferimento all’inquadramento delle attività di imbarco e sbarco di autoveicoli. Sulla base di un’interpretazione letterale dell’art. 16, comma 1 della Legge n. 84/1994 (che menziona espressamente le sole «merci» senza richiamare le operazioni riguardanti i passeggeri e gli automezzi) la giurisprudenza ha talvolta considerato l’imbarco e lo sbarco di autoveicoli come servizi distinti dalle operazioni portuali(330) mentre in altri casi le medesime attività sono state ricondotte a tale ultima

categoria(331). Secondo una recente pronuncia del Consiglio di Stato, le operazioni di imbarco e

328 T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, 24 agosto 2015, n. 84, in Foro Amm., 2015, 7-8, 2117; analogamente T.A.R. Toscana – Firenze, 11 ottobre 2012, n. 1591, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Toscana – Firenze, 7 agosto 2009, n. 1357, ivi.

329 Cons. Stato, Sez. II, 3 luglio 1996, n. 1177, in Dir. trasp., 1998, 537, secondo il quale il rizzaggio e il derizzaggio di merci, in quanto trattasi di attività poste in essere a bordo delle navi ferme in porto ed essendo venuto meno qualsiasi contatto con le banchine e le attrezzature portuali, dovrebbero essere inquadrati nel tertium

genus, di creazione giurisprudenziale, delle c.d. «operazioni nautiche», nel quale rientrerebbero le attività portuali

caratterizzate da una compresenza di interessi pubblici e commerciali tra loro strettamente interconnessi. La richiamata pronuncia ha escluso, in particolare, l’applicabilità della disciplina delle operazioni portuali, in caso di autoproduzione, «alle operazioni c.d. nautiche, quali quelle di rizzaggio, derizzaggio, taccaggio delle merci, delle auto e di ogni altro mezzo al seguito dei passeggeri». Nel medesimo senso, App. Genova, 5 aprile 1995, in Foro

it., 1997, I, 3276.

In argomento si veda F.CARDULLO, Il rizzaggio inteso come “operazione nautica”, in Riv. dir. ec. trasp. amb., 2010, 339, il quale ritiene che tale tipologia di operazioni presenti maggiori analogie con i servizi tecnico-nautici di cui all’art. 14, comma 1bis della Legge n. 84 del 1994. Contra M.BRIGNARDELLO, I servizi portuali alle

merci: le imprese autorizzate per l’espletamento di operazioni portuali e «servizi portuali», cit., 192, secondo la

quale la stretta funzionalità del rizzaggio e del derizzaggio al trasporto via mare giustificherebbe, piuttosto, un loro inserimento nel ciclo delle operazioni portuali ovvero a quello dei servizi portuali specialistici.

330 Cons. giust. amm. Sicilia, 22 aprile 2008, n. 329, in Foro it., 2010, III, 253, che, in riforma di T.A.R. Sicilia – Catania, 13 settembre 2005, n. 1346, ha ritenuto che le attività di imbarco e sbarco di passeggeri e degli autoveicoli al loro seguito, incluse le attività preliminari di incolonnamento delle auto, debbano considerarsi «libere» (non essendo ricomprese né nelle operazioni portuali, né nei servizi portuali stricti iuris, non avendo natura specialistica o accessoria, né nei servizi di interesse generale) e, quindi, non soggette ad autorizzazione da parte dell’Autorità Portuale; Cons. giust. amm. Sicilia, 11 aprile 2008, n. 328, in Dir. trasp., 2009, 3, 815 con nota critica di C. INGRATOCI, Sulla natura delle operazioni di imbarco e sbarco dei passeggeri e dei loro automezzi nei servizi di traghettamento.

331 T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, 24 agosto 2015, n. 844, in Dir. mar., 2017, 1, con nota di A.MACCHI,A. BERGAMINO, Brevi osservazioni sulla qualificazione giuridica delle attività di imbarco e sbarco di automezzi e di

quelle ad esse connesse; T.A.R. Calabria – Reggio Calabria, 19 giugno 2015, n. 620, ivi, con nota di M.

GRIMALDI, Sulla qualificazione giuridica delle attività portuali di imbarco e sbarco di autoveicoli al seguito di

passeggeri e di quelle ad esse prodromiche. In entrambe le pronunce, che hanno avuto il medesimo estensore, il

giudice amministrativo calabrese, discostandosi da Cons. giust. amm. Sicilia, 22 aprile 2008, n. 329, cit., ha attribuito rilievo al D. Lgs. 27 luglio 1999, n. 272, recante «Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell’espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485» e, in

sbarco dei veicoli sarebbero collocabili nell’ambito delle operazioni portuali attesa la necessità che i veicoli siano imbarcati secondo criteri di sicurezza, mentre l’incolonnamento dei veicoli, in quanto attività prodromica ed accessoria a quella di imbarco e sbarco, rientrerebbe nella nozione di servizi portuali c.d. stricti iuris(332).

Si è ritenuto, invece, che non costituiscano operazioni portuali le attività di deposito c.d. minore, consistenti «nella sistemazione, conservazione e custodia di merci già uscite dal ciclo delle operazioni portuali perché già movimentate da ditte a ciò abilitate che hanno provveduto allo scarico, al trasporto e al deposito delle stesse nei propri magazzini»(333).

Secondo una recente decisione devono considerarsi estranee al ciclo di trasporto della merce, e quindi escluse dall’ambito delle operazioni portuali, anche le attività di carico di provviste, vettovagliamento e di altro materiale destinato al consumo diretto a bordo delle navi da crociera(334).

Tanto premesso, si deve ritenere che i suddetti dubbi interpretativi siano stati soltanto parzialmente superati alla luce della nozione di operazioni portuali accolta dal Legislatore comunitario nel citato Regolamento (UE) n. 2017/352 sull’accesso al mercato dei servizi portuali.

In questo senso, l’art. 2, punto 2 del Regolamento definisce il servizio di movimentazione delle merci in ambito portuale come «l’organizzazione e la movimentazione del carico tra la nave che effettua il trasporto e le aree portuali, in caso sia di importazione, sia di esportazione e transito delle merci, compresi il trattamento, il rizzaggio, il derizzaggio, lo stivaggio, il trasporto e il deposito temporaneo delle merci nel pertinente terminal portuale e operazioni direttamente correlate al trasporto delle merci, ma esclusi, salvo che non sia diversamente stabilito dallo Stato membro, il deposito, il disimballaggio, il reimballaggio o qualsiasi altro servizio che conferisca valore aggiunto al carico».

La definizione di operazioni portuali accolta dal Legislatore comunitario risulta, quindi, maggiormente articolata e più ampia rispetto a quella adottata dall’art. 16 della Legge n. 84/1994 anche se, come è stato osservato, entrambe le definizioni «sembrano fondarsi sul

particolare, all’art. 35 il quale disciplina lo stivaggio di veicoli e la sistemazione a bordo di navi traghetto, prevedendo una serie complessa di attività anche prodromiche all’imbarco e sbarco dei veicoli, che il datore di lavoro deve porre in essere per eseguire tali operazioni in condizioni di sicurezza e con le particolari cautele indicate dal legislatore. L’esigenza di garantire la sicurezza di tali operazioni impone, quindi, che le stesse siano sottoposte ad autorizzazione amministrativa al fine di verificare che le imprese possiedano i requisiti richiesti dalla legge.

332 Cons. Stato, 2 febbraio 2016, n. 387, in www.giustizia-amministrativa.it, che ha confermato T.A.R. Lazio, 17 ottobre 2014, n. 10472, ivi.

333 T.A.R. Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 27 luglio 2001, n. 409, in Dir. mar., 2002, 1032 ss., con nota critica di M. BRIGNARDELLO, Operazioni portuali e «deposito minore».

medesimo presupposto di natura funzionale […] secondo cui tali possono essere considerate le attività che, come precisato nel regolamento, sono operazioni direttamente correlate al trasporto delle merci»(335).

Il Regolamento (UE) 2017/352 pare quindi aver fatto chiarezza almeno circa la natura dei servizi di rizzaggio, derizzaggio e stivaggio delle merci che devono oggi essere inquadrati come operazioni portuali, laddove invece, come si è detto, alcune pronunce dei giudici amministrativi ne avevano escluso la riconducibilità a tale categoria(336). Anche in seguito all’adozione della citata regolamentazione europea sembrano invece persistere le altre incertezze interpretative di cui si è dato conto sopra.

4.3. Le innovazioni introdotte dalla legge di riforma dell’ordinamento portuale del 1994.

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