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Capitolo 4 – I servizi portuali alle merci.

4.11. I servizi portuali specialistici.

Nell’ambito dei servizi alle merci contemplati dalla Legge n. 84 del 1994, oltre alle operazioni portuali rientrano, altresì, i servizi portuali relativi «a prestazioni specialistiche, complementari ed accessorie al ciclo delle operazioni portuali» contemplati al primo comma dell’art. 16 della predetta legge, come modificato dall’art. 2 della Legge 30 giugno 2000, n. 186. Si tratta di un’ulteriore categoria di servizi (che la dottrina suole definire anche come servizi portuali

stricti iuris)(416) introdotta dalla legge di riordino dell’ordinamento portuale del 1994, la cui

disciplina ricalca, in sostanza, quella relativa alle operazioni portuali. In proposito una parte della dottrina ha criticato la scelta del Legislatore di frazionare i servizi alle merci in più sottospecie dai confini non sempre chiari e in diversi sotto-mercati giuridici cui non corrispondono altrettanti mercati economici(417). Tale soluzione legislativa si porrebbe in contrasto, infatti, non soltanto con l’effettiva percezione che gli operatori del settore portuale hanno di tali servizi, ma anche con le indicazioni provenienti dal diritto comunitario. In questo senso, sarebbe stato preferibile inquadrare in modo unitario operazioni portuali e servizi portuali specialistici trattandosi di attività che da un punto di vista tecnico-economico non presentano differenze tali da giustificare un diverso regime di regolamentazione(418).

Tanto premesso, il regime dei servizi portuali specialistici appare coerente con il citato principio della «liberalizzazione controllata» del mercato dei servizi alle merci che ha animato

415 M.CASANOVA, op. cit., 102; G.TACCOGNA, op. cit., 751; M.BRIGNARDELLO, ult. op. cit., 207.

416 La scelta del Legislatore di definire i servizi in esame come «servizi portuali» appare poco felice dal momento

che tradizionalmente tale espressione è utilizzata per indicare tutti i servizi effettuati in ambito portuale.

417 M.B

RIGNARDELLO,M.CASANOVA, Diritto dei trasporti, Milano, 2011, 118.

418 M.B

RIGNARDELLO, Operazioni portuali e «deposito minore», cit., 1045; ID., I servizi portuali alle merci: le

l’intervento riformatore del 1994. La disciplina dei servizi in esame prevede, infatti, diversi profili di intervento pubblico.

La concreta individuazione dei servizi portuali specialistici è rimessa alle singole Autorità Portuali (oggi Autorità di Sistema Portuale), ovvero alle Autorità Marittime nei porti in cui le prime non siano state istituite, che vi provvedono attraverso una specifica regolamentazione secondo i criteri previsti dal D.M. 6 febbraio 2001, n. 132(419).

In proposito, l’art. 2, comma 3 del decreto attuativo precisa che «il carattere specialistico» dei servizi portuali stricti iuris è costituito dalla particolare competenza tecnica del fornitore, rappresentata anche dalla disponibilità di attrezzature e/o macchinari specificamente dedicati alla fornitura del servizio. Il successivo comma 4 dell’art. 2, D.M. n. 132/2001 specifica, inoltre, che «il carattere complementare ed accessorio» dei servizi portuali specialistici è costituito dalla circostanza che, pur trattandosi di attività «distinte» dalle operazioni portuali, tali servizi si pongono in ruolo «servente» a quest’ultime(420) in quanto «funzionali» al proficuo svolgimento del ciclo delle operazioni portuali, contribuendo a migliorarne la qualità (in termini di produttività, celerità e snellezza) e risultando necessari per eliminarne i residui o le conseguenze indesiderate(421).

L’art. 2, comma 5 del suddetto decreto attuativo precisa, inoltre, che i servizi portuali specialistici devono essere individuati «sulla base delle esigenze operative del porto, delle imprese autorizzate e operanti, e delle specifiche necessità risultanti dall’organizzazione locale del lavoro portuale».

Come è stato osservato in dottrina, non soltanto il decreto attuativo fornisce una definizione di servizi portuali specialistici che nulla aggiunge a quella contenuta nell’art. 16 della Legge n.

419 D.M. 6 febbraio 2001, n. 132, recante «Regolamento concernente la determinazione dei criteri vincolanti per

la regolamentazione da parte delle autorità portuali e marittime dei servizi portuali, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 84».

420 Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2014, n. 586, in Dir. mar., 2015, 2, 341 ss., con nota di G.T

ACCOGNA, I

«diritti autonomi passeggeri» ed i corrispettivi per il servizio portuale di stazione marittima.

421 Alla luce della definizione contenuta nel D.M. n. 132/2001 si è ritenuto che il Legislatore abbia inteso

configurare i servizi in esame come «esterni» al ciclo delle operazioni portuali, con ciò superando alcune incertezze interpretative sorte in conseguenza dell’ambiguità della definizione contenuta nell’art. 16 della Legge n. 84/1994. Prima dell’adozione del citato decreto attuativo la dottrina si era chiesta, infatti, se nell’ambito di tali servizi potessero rientrare anche attività svolte in concomitanza e all’interno del ciclo delle operazioni portuali o se, al contrario, vi rientrassero esclusivamente servizi esterni non riconducibili al ciclo delle predette operazioni. In argomento si veda M. BRIGNARDELLO, M. CASANOVA, Diritto dei trasporti, cit., 110 ed i riferimenti bibliografici ivi riportati alle note 66, 67 e 68, i quali rilevano che permangono, tuttavia, incertezze rispetto al quesito «se un singolo servizio sia concretamente proprio del ciclo delle operazioni portuali oppure sia ad esso esterno, quesito su cui la dottrina non sembra essere riuscita a raggiungere soluzioni univoche, considerato che certe tipologie di servizi, quali ad esempio, la pulitura, la pesatura, la riparazione degli imballaggi, sono state qualificate come attività esterne al ciclo delle operazioni portuali da taluni ed interne da altri».

84/1994(422), rispetto alla quale risulta pressoché identica, ma gli stessi criteri previsti dall’art. 2 del decreto ministeriale di attuazione ai fini dell’individuazione dei servizi portuali specialistici appaiono alquanto generici(423). L’incertezza interpretativa collegata alla definizione dei servizi in esame ha comportato, quale inevitabile conseguenza, che le scelte adottate dalle singole autorità competenti variassero da porto a porto(424).

422 Ai sensi dell’art. 2, comma 1 del D.M. n. 132/2001 «Sono servizi portuali le attività imprenditoriali

consistenti nelle prestazioni specialistiche, che siano complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali, da rendersi su richiesta di soggetti autorizzati allo svolgimento anche in autoproduzione delle operazioni portuali».

423 Prevedeva le possibili conseguenze derivanti dall’incertezza della definizione dei servizi portuali in esame,

all’indomani dell’adozione del decreto ministeriale M.CAMPAILLA, Le operazioni portuali. Lineamenti nazionali

e profili funzionali, Trieste, 2000, 55, secondo cui «i criteri vincolanti fissati dal Ministro dei trasporti e della

navigazione, ai quali dovranno ispirarsi le Autorità portuali per emanare ciascuna la propria regolamentazione volta ad individuare le attività qualificabili come servizi portuali, non rappresenteranno nulla più che dei criteri generali ed astratti inevitabilmente destinati a lasciare alle singole Autorità portuali la facoltà di procedere alla individuazione dei servizi portuali con un margine di discrezionalità che, in taluni casi, potrebbe rivelarsi piuttosto ampio. Non appare, pertanto, inverosimile che le varie attività economiche che vengono svolte nei porti possano essere di volta in volta ricomprese ed escluse dal novero dei servizi portuali a seconda della specifica regolamentazione adottata, in ambito locale, dalla competente Autorità portuale. A seconda della regolamentazione adottata, in ambito locale dalla singola Autorità portuale, la medesima attività economica potrebbe, dunque, essere qualificata quale operazione portuale, quale servizio portuale, ovvero quale attività economica portuale disciplinata dall’art. 68 c. nav.».

424 A titolo esemplificativo si consideri che nel Porto di Venezia sono ricondotte nell’ambito dei servizi portuali

specialistici le seguenti attività: «1) riempimento e/o svuotamento container/ro-ro/trailer ed attività ad esse inerenti e conseguenti; 2) campionatura, misurazione e pesatura delle merci; 3) vagliatura di merci alla rinfusa (es. carbone) e lavorazione di merci senza trasformazione (es. frantumazione); 4) imballaggio, pulizia merce, ricondizionamento e riparazione imballaggi (gabbie, casse, palette, …), rizzaggio, derizzaggio, fardaggio e copertura merce; 5) pulizia celle / magazzini / depositi / piazzali / banchine ed altre aree operative con l’utilizzo di idonee attrezzature; 6) riparazione/manutenzione contenitori vuoti ed attività ad esse inerenti e conseguenti; 7) sezionatura tronchi e merci in genere; 8) attività di spingicarro con idonee attrezzature; 9) trasporto rinfuse polverulente con autocarri telonati e trasporto colli eccezionali in ambito portuale con idonei mezzi meccanici; 10) prevenzione dell’interramento dei fondali e dell’intorbidamento ed inquinamento delle acque durante le operazioni di carico e scarico su/da navi di materiali pulverulenti (es. carbone, caolino, clinker, sfarinati)» (cfr. Autorità Portuale di Venezia, ord. 31 dicembre 2013, n. 386, in www.port.venice.it).

Nel Porto di Trieste sono invece inquadrati come servizi portuali strciti iuris: «1. noleggio di mezzi di sollevamento verticale con relativo personale: a) attività tecnica qualificata di fornitura di mezzi ed attrezzature finalizzate al sollevamento verticale nelle operazioni portuali altamente qualificate e per prestazioni specializzate, con impiego di personale di manovra e di segnalazione a terra; 2. servizi per interventi resi alla merce: attività tecnica e manuale comprendente ogni forma di manipolazione della merce non inclusa nelle operazioni portuali; a) riempimento e svuotamento container; b) condizionamento e ricondizionamento merci in colli; c) riparazione degli imballaggi e dei contenitori; d) pulitura delle merci; e) spazzatura stive; f) movimentazione merce per controlli e attività ispettive; g) fardaggio (apposizione di materiali atti alla protezione o messa in sicurezza della merce); h) rizzaggio e derizzaggio su vettori terrestri e ferroviari nei terminali marittimi; 3. servizi connessi al controllo della merce: attività amministrativa/operativa finalizzata a verificare/attestare qualità, quantità, stato e peso delle merci, anche mediante l’opportuno riscontro documentale, in qualunque fase del ciclo, nonché ogni forma di assistenza amministrativa specialistica e accessoria e complementare al ciclo; a) controllo merceologico e qualitativo della merce; b) controllo marche e cernita della merce; c) contatura, pesatura e misurazione della merce; d) assistenza allo stivaggio/prestivaggio della merce; e) interchange; 4. servizi di vigilanza della merce: attività svolta da personale munito di apposite qualifiche, mirante a prevenire il rischio di danneggiamento o sottrazioni delle attrezzature, dei mezzi o della merce soggetta alle operazioni portuali: a) sorveglianza della merce, delle attrezzature e dei mezzi; b) monitoraggio contenitori frigo. Sono escluse le attività svolte in esecuzione dei piani di security ai fini dell’ISPS Code. 5. ogni altra attività, non compresa nei servizi portuali sopra elencati, [complementare e accessoria al ciclo delle operazioni portuali]» (cfr. Autorità Portuale di Trieste, decreto 27 gennaio 2016, n. 1493, in www.porto.trieste.it).

L’esercizio dei servizi in esame, al pari di quanto previsto dalla disciplina relativa alle operazioni portuali, è soggetto a regime autorizzatorio. In particolare, ai sensi dell’art. 16, comma 3, Legge n. 84/1994 l’autorizzazione è rilasciata dall’Autorità Portuale, oggi Autorità di Sistema Portuale, (o, laddove non istituita, dall’Autorità Marittima) e può riguardare lo svolgimento, per conto proprio o di terzi, da parte delle imprese portuali, di uno o più servizi specialistici da individuarsi nell’autorizzazione stessa.

Come precisato dall’art. 2, comma 1 del D.M. n. 132/2001 i servizi portuali specialistici sono resi «su richiesta di soggetti autorizzati allo svolgimento anche in autoproduzione delle operazioni portuali». Ne consegue, quindi, che i servizi in esame possono essere richiesti sia dalle imprese portuali autorizzate ad effettuare le operazioni portuali ai sensi dell’art. 16 della Legge n. 84/1994, sia dalle imprese terminaliste, sia infine dagli armatori operanti in autoproduzione(425).

Il rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento dei servizi portuali specialistici è subordinato alla verifica della sussistenza in capo al richiedente dei requisiti di carattere tecnico- organizzativo necessari allo svolgimento dei predetti servizi. A differenza di quanto previsto dalla disciplina in materia di operazioni portuali (vedi supra par. 4.4), i requisiti tecnico- organizzativi per effettuare i servizi in esame non sono stati prestabiliti dal Legislatore ma, ai sensi dell’art. 4, comma 1 del D.M. n. 132/2001, devono essere determinati di volta in volta dall’autorità di controllo competente, che li deve rendere pubblici prima della data di scadenza per la presentazione delle domande, «parametrandoli al livello ed alla qualità dei traffici portuali».

L’ampia discrezionalità lasciata all’amministrazione nella fissazione dei requisiti per la fornitura dei servizi portuali specialistici è stata criticata da una parte della dottrina secondo cui, in tal modo, si correrebbe il rischio «di porre in essere ulteriori disparità di disciplina e

425 M. B

RIGNARDELLO, I servizi portuali alle merci: le imprese autorizzate per l’espletamento di operazioni

portuali e «servizi portuali», cit., 194. L’Autrice osserva, peraltro, che il riferimento all’autoproduzione

contenuto nell’art. 3, comma 1 del D.M. n. 132/2001 parrebbe riguardare le autorizzazioni rilasciate alle imprese portuali per l’espletamento di servizi portuali specialistici per conto proprio e non invece le autorizzazioni all’autoproduzione da parte delle navi in occasione del loro arrivo o partenza dal porto (del resto, l’art. 16, comma 4 della Legge n. 84/1994, nel prevedere il diritto di autoproduzione da parte degli armatori delle operazioni portuali non menziona i servizi in esame). Tuttavia, la stessa Autrice osserva che «negare ad una nave di autoprodurre determinate attività in qualche modo connesse e funzionali al ciclo delle operazioni portuali potrebbe […] significare non consentirle di svolgere tutte le attività necessarie per completare il carico e lo scarico della merce e la sua movimentazione nell’ambito portuale. Per altro verso richiedere separate autorizzazioni per lo svolgimento in autoproduzione di operazioni portuali e servizi portuali specialistici significherebbe allungare ulteriormente le formalità burocratiche rendendo sempre meno attrattiva l’autoproduzione» (cfr. M.BRIGNARDELLO, ult. op. cit. 211).

conseguentemente di trattamento delle imprese portuali»(426). In particolare è stato osservato che in questo modo si corre il rischio che i requisiti in parola «possano assumere contenuti diversi da porto a porto, potendo così risultare ora più agevole, ora più complesso, l’accesso al mercato» dei servizi in esame(427).

Il comma 2 dell’art. 4 elenca i motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità competente nel caso di condanna penale del richiedente(428) mentre il comma 3

esclude espressamente che le imprese autorizzate alla fornitura di lavoro temporaneo ex art. 17, comma 2 della Legge n. 84/1994 possano ottenere l’autorizzazione a svolgere i servizi in esame, precisando, altresì, che le suddette imprese non possono né essere detenute dalle imprese autorizzate a svolgere operazioni portuali o servizi portuali specialistici ai sensi dell’art. 16, comma 1, Legge n. 84/1994 né detenere partecipazioni in tali ultime imprese(429).

L’art. 3, comma 2 del D.M. 132 del 2001 riconosce all’autorità competente la libertà di stabilire il termine entro cui le imprese portuali devono presentare le richieste di autorizzazione allo svolgimento dei servizi portuali specialistici. Sia l’art. 16, comma 7ter della Legge n. 84/1994 che l’art. 3, comma 4 del citato decreto attuativo impongono all’amministrazione di esprimersi sulla richiesta entro novanta giorni, decorsi i quali, in assenza di diniego motivato, la richiesta si intende accolta in forza del principio del silenzio- assenso.

L’art. 3, comma 6 del decreto attuativo stabilisce, inoltre, che l’autorizzazione deve essere rilasciata per un periodo di tempo che va da un minimo di un anno ad un massimo di quattro anni, ferma restando la possibilità di rinuncia o decadenza motivata.

Nel caso di presentazione di un numero di domande superiore al numero massimo di autorizzazioni rilasciabili prestabilito dall’amministrazione, ai sensi dell’art. 3, comma 3, D.M. n. 132/2001, a parità di condizioni deve essere preferito il soggetto che offra il servizio a condizioni di costo più favorevoli per l’utente.

426 M.B

RIGNARDELLO, ult. op. cit., 200; M.CAMPAILLA, op. cit., 80 ss.

427 M.B

RIGNARDELLO,M.CASANOVA, Diritto dei trasporti, cit., 117.

428 In particolare, ai sensi dell’art. 4, comma 2, D.M. n. 132/2001 non può essere autorizzato allo svolgimento dei

servizi portuali stricti iuris chi sia stato condannato per un delitto punibile con pena non inferiore nel minimo a tre anni di reclusione, oppure per contrabbando, truffa, appropriazione indebita o per un delitto contro la fede pubblica salvo che sia intervenuta la riabilitazione. La predetta disposizione precisa, inoltre, che il provvedimento di condanna può riferirsi al titolare dell’impresa individuale ovvero, in caso di società, agli amministratori ed ai componenti del collegio sindacale.

429 In proposito si è osservato che la norma in questione è stata dettata al fine di garantire «l’effettiva

liberalizzazione della materia, garantendo l’esplicarsi della concorrenza nella misura più ampia possibile»(M. GRIGOLI, In merito alla regolamentazione dei servizi portuali, in Giust. civ., 2001, 2, 504).

L’art. 16, comma 7 della Legge 84/1994 attribuisce all’autorità di controllo il potere di stabilire il numero massimo di autorizzazioni, oltre che per lo svolgimento delle operazioni portuali, anche per l’esercizio a favore di terzi dei servizi portuali specialistici. Tale potere può essere esercitato per esigenze di funzionalità del porto (i.e. vincoli di spazio, ragioni di sicurezza e di tutela ambientale) e del traffico, in modo da assicurare, comunque, il massimo della concorrenza nel settore. In proposito si è osservato che i parametri previsti per il contingentamento dei servizi portuali specialistici lascerebbero all’amministrazione margini di discrezionalità più ampi rispetto a quanto avviene per le operazioni portuali, ove il Legislatore, con il D.M. n. 585/1995, ha individuato ulteriori criteri cui le autorità competenti devono attenersi (cfr. supra par. 4.6)(430).

Analogamente a quanto previsto per l’esercizio delle operazioni portuali dall’art. 16, comma 3, Legge n. 84/1994, il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al pagamento di un canone annuale ed alla prestazione di una cauzione. La disciplina in materia si limita, tuttavia, a stabilire che l’ammontare di canone e cauzione deve essere predeterminato dall’autorità competente tenendo conto esclusivamente del fatturato del fornitore del servizio (art. 3, comma 5, D.M. n. 132/2001).

Sul piano tariffario, l’art. 6 del decreto di attuazione si limita a stabilire che le tariffe dei servizi in esame e le relative variazioni devono essere comunicate all’autorità competente dall’operatore privato il quale è tenuto a renderle pubbliche. Tale disposizione attribuisce all’amministrazione il compito di vigilare sull’applicazione delle tariffe che le sono state comunicate dal fornitore del servizio portuale specialistico.

Infine, per quanto concerne il controllo da parte dell’autorità competente, il D.M. n. 132/2001, all’art. 3, comma 6 prevede la sola ipotesi di decadenza dall’autorizzazione allo svolgimento dei servizi portuali specialistici(431) nulla stabilendo, a differenza della disciplina in materia di operazioni portuali, in merito alla sua eventuale sospensione. Come è stato osservato, tale scelta si spiegherebbe in quanto lo svolgimento dei servizi in esame presuppone un’organizzazione meno complessa in capo all’impresa portuale per cui l’autorità di controllo «difficilmente sarebbe in grado di distinguere, come invece accade nel caso di operazioni

430 M.B

RIGNARDELLO, ult. op. cit., 196.

431 Ai sensi dell’art. 3, comma 6, D.M. n. 132/2001 la decadenza può essere dichiarata per le seguenti ipotesi:

a) perdita di uno dei requisiti previsti per il rilascio dell’autorizzazione; b) omesso pagamento del canone annuale;

c) abusiva sostituzione nell’esercizio delle attività autorizzate;

d) inadempienza degli obblighi derivanti dall’autorizzazione o imposti da norme di legge o di regolamento. Il successivo comma 7 stabilisce che prima di dichiarare la decadenza, l’autorità competente fissa un termine entro il quale l’interessato può presentare le sue deduzioni.

portuali, infrazioni lievi ed episodiche (determinanti la mera sospensione dell’autorizzazione) ed infrazioni gravi e reiterate (comportanti la decadenza della stessa)»(432).

432 M.B

Capitolo 5 – I servizi tecnico-nautici.

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