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1.6. Il contrasto alla pirateria.

1.6.2. La disciplina del personale armato a difesa delle navi.

Sempre in tema di contrasto al fenomeno della pirateria, si osserva che gli Stati, al fine di prevenire e scoraggiare gli attacchi pirati contro le proprie navi mercantili, ricorrono sovente a personale armato (appartenente sia a nuclei armati della Marina Militare che a team militari privati) con compiti di protezione rispetto ad atti illeciti.

Al riguardo né la Convenzione sull’alto mare del 1958 né la Convenzione UNCLOS si occupano dell’attività del personale armato a bordo delle navi. In particolare, per quanto concerne il personale armato privato la relativa disciplina si trova in fonti nazionali o è affidata a codici di condotta o ad altre fonti regolamentari autogene(163).

In proposito l’IMO, nel proprio Code of Practice, ha raccomandato che la regolamentazione delle armi da fuoco a bordo delle navi sia sottoposta alle norme dello Stato di bandiera, dello Stato del porto o dello Stato costiero. Secondo l’IMO lo Stato di bandiera dovrebbe fortemente scoraggiare l’uso di armi da parte del personale marittimo per protezione personale o per la protezione della nave poiché il rischio di un uso non professionale e non adeguato delle armi da parte di civili può rendere, in caso di attacco, la situazione a bordo ancora più pericolosa. L’IMO ha invece raccomandato difese non letali, quali barriere di filo spinato lungo il bordo delle navi, l’uso di idranti o il rifugio dell’equipaggio in un castelletto impenetrabile a bordo della nave, anche se questi rimedi alternativi, alla prova dei fatti, si sono rivelati meno efficaci di quanto auspicato.

Secondo l’IMO, anche il ricorso da parte dell’armatore a guardie private a bordo delle navi, i c.d. contractors (Privately Contracted Armed Security Personnel - PCASP), deve essere attentamente valutato da parte dello Stato di bandiera e quindi raccomanda agli Stati di bandiera di adeguare la propria normativa in modo da evitare che il ricorso a contractors possa innescare un processo di escalation della violenza. A tal fine gli Stati di bandiera dovrebbero assicurare che le regole di ingaggio dei contractors siano chiare e tali da autorizzare l’uso della forza per prevenire l’abbordaggio delle navi nel rispetto del criterio di proporzionalità ed adeguatezza rispetto alla concreta situazione da affrontare.

L’IMO ha viceversa espresso un giudizio maggiormente favorevole sull’ipotesi di imbarco a bordo delle navi di personale militare con compiti di protezione da eventuali attacchi, sul presupposto che in tal caso si tratta di personale adeguatamente addestrato all’uso delle armi e sottoposto ad un comando militare.

I militari a bordo delle navi sono assimilabili ai corpi di truppa all’estero e ogni loro azione, incluso l’eventuale uso illegittimo della forza armata, comporta la responsabilità diretta dello Stato, mentre lo status della nave mercantile non muta per il fatto della presenza a bordo di militari autorizzati.

Lo Stato di bandiera è comunque responsabile dell’esecuzione ed applicazione delle norme internazionali e, pertanto, il regime di sicurezza a bordo delle navi deve essere disciplinato e regolato da disposizioni nazionali che applichino la disciplina internazionale vigente in materia. Dal momento che ciascuno Stato di bandiera ha l’esclusiva della giurisdizione a bordo su ogni attività, di fatto la disciplina della legittima difesa differisce da Stato a Stato. In ambito nazionale il ricorso a contractors a bordo delle navi è disciplinato dal D.L. 12 luglio 2011, n. 107(164), il cui art. 5, comma 4 consente, nell’ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria, l’impiego di guardie giurate private (autorizzate ai sensi degli artt. 133 e 134 TULPS) a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana, che transitano in acque internazionali soggette al rischio di pirateria, individuate con apposito decreto dal Ministro della Difesa. Considerata la tendenza negli ultimi anni ad una relativa diminuzione degli attacchi di pirateria, nel 2015 l’Italia ha posto fine all’impiego dei «nuclei armati di protezione» (i.e. i fucilieri del battaglione San Marco) a bordo delle navi battenti bandiera italiana(165), ai quali era stato fatto ricorso soprattutto nel periodo tra il 2010 e il 2013 per fronteggiare l’emergenza pirateria che interessava in particolare le navi commerciali che viaggiavano dall’Asia all’Europa. Ad oggi, pertanto, gli armatori possono impiegare, a proprie spese, a fini di protezione dalla minaccia degli attacchi pirata, soltanto contractors.

L’art. 5, comma 5 del D.L. n. 107/2011 precisa che l’impiego delle guardie giurate è consentito esclusivamente a bordo delle navi che risultino predisposte per la difesa dagli atti di

164 D.L. 12 luglio 2011, n. 107, «Proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia e disposizioni per l’attuazione delle Risoluzioni 1970 (2011) e 1973 (2011) adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Misure urgenti antipirateria». (GU 12-7-2011, n.160). Il D.L. è stato convertito con modifiche dalla Legge 2 agosto 2011, n. 130, oggetto di successivi interventi legislativi di modifica.

165 Il D.L. 18 febbraio 2015 n. 7, convertito con modificazioni dalla Legge 17 aprile 2015, n. 43, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione» (GU n.91 del 20-4-2015 ) ha infatti abrogato l’art. 5, comma 1 del D.L. n. 107/2011 che autorizzava il Ministero della Difesa, nell’ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria ed al fine di garantire la libertà di navigazione del naviglio commerciale nazionale, di stipulare con l’armatoria privata italiana (in particolare Confitarma), convenzioni per la protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria, mediante l’imbarco, a richiesta e con oneri a carico degli armatori, di Nuclei militari di protezione (La disciplina del personale armato a difesa delle navi.) della Marina.

pirateria (attraverso l’attuazione delle best practices definite dall’IMO) e che siano autorizzate alla detenzione delle armi.

Il D.M. 24 settembre 2015(166) ha individuato, tenendo conto dei Reports on acts of piracy and

armed robbery against ships del 28 aprile 2015 pubblicati dall’IMO, le acque internazionali

soggette al rischio di pirateria (segnatamente alcune aree appartenenti al Mar Cinese Meridionale, all’Africa occidentale, all’Oceano indiano, al Mare Arabico e al Golfo Persico), nelle quali è conseguentemente permesso l’impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana.

Per quanto riguarda gli aspetti operativi l’utilizzo dei contractors a bordo delle navi in funzione antipirateria è stato disciplinato dal D.M. 28 dicembre 2012, n. 266(167).

Con riferimento alla disciplina nazionale, in caso di attività che conducano alla cattura di pirati, il Codice della Navigazione distingue tre casi:

a) se la cattura è effettuata da una nave da guerra nazionale, il suo comandante prende in consegna le persone catturate con l’obbligo, al primo approdo in un porto italiano, di consegnarle all’ufficiale di Polizia Giudiziaria. Se la nave da guerra approda, invece, in uno Stato estero, provvede in accordo con l’autorità consolare (art. 1238 Cod. Nav.); b) se la cattura viene effettuata da militari imbarcati a bordo della nave, questi ultimi

rivestono la qualifica di ufficiali di Polizia Giudiziaria ed in quanto tali sono competenti a procedere all’arresto, anche se sarà il comandante della nave a curare la custodia temporanea dei prigionieri (art. 1235 Cod. Nav.);

c) in caso di cattura da parte di contractors a bordo della nave, sarà il comandante della nave a procedere all’arresto con l’obbligo di consegnare gli arrestati all’Autorità Marittima prima della partenza dal luogo di primo approdo e comunque entro ventiquattro ore da tale

166 Decreto del Ministero della Difesa 24 settembre 2015 «Individuazione delle acque internazionali soggette al rischio di pirateria nell’ambito delle quali è consentito l’impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana».

167 Decreto del Ministero dell’Interno 28 dicembre 2012, n. 266 «Regolamento recante l’impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana, che transitano in acque internazionali a rischio pirateria». Il D.M. specifica, in particolare, che le «Guardie Particolari Giurate» possono offrire esclusivamente «servizi di protezione delle merci e dei valori sulle navi mercantili battenti bandiera italiana che transitano nelle acque internazionali a rischio pirateria» (ossia in quelle individuate nel D.M. 24 settembre 2015). Le guardie giurate possono essere dipendenti degli armatori o di istituti di vigilanza privata e devono avere prestato servizio nelle Forze Armate, anche come volontari, con esclusione dei militari di leva, oltre ad aver superato specifici corsi teorico-pratici e di addestramento. Le modalità di svolgimento dei servizi sono demandate ad un apposito regolamento di servizio avente ad oggetto il numero di guardie giurate impiegate (non meno di 4 e commisurate alle necessità di difesa e alla tipologia di nave, alle merci trasportate e ai sistemi di autoprotezione presente a bordo); l’individuazione dei soggetti responsabili per ciascun nucleo di guardie giurate a bordo. Al regolamento è demandato altresì il compito di precisare che l’uso delle armi deve essere limitato alla legittima difesa ed esclusivamente entro i limiti delle acque internazionali a rischio pirateria, nonché che i servizi di protezione sono svolti sotto la direzione del Comandante della nave.

approdo. Se la nave si trova all’estero, l’arrestato deve essere consegnato all’autorità consolare o, in mancanza, ai comandanti delle navi da guerra nazionali che si trovino nel luogo (art. 1237 Cod. Nav.).

Un accenno meritano, infine, le misure adottate in ambito internazionale per contrastare il fenomeno della pirateria somala nel Corno d’Africa, attesa la mancanza in tale Stato di un governo in grado di esercitare un effettivo controllo sul proprio territorio (la Somalia è considerato, infatti, un failed state)(168). Per far fronte a tale problema il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è intervenuto adottando numerose Risoluzioni che hanno qualificato gli atti dei pirati somali come minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, autorizzando l’uso della forza da parte degli Stati interessati(169).

In particolare, la Risoluzione 1816(2008)(170) ha autorizzato gli Stati a svolgere azioni di contrasto alla pirateria anche all’interno del mare territoriale somalo(171). In questo modo

l’ONU ha inteso superare il problema di un eventuale mancato consenso da parte della Somalia a consentire a Stati terzi di intervenire nelle proprie acque territoriali(172). Conseguentemente i Paesi interessati hanno dislocato al largo del Corno d’Africa un ingente

168 Con il termine failed states si suole indicare gli Stati che, a causa delle condizioni di particolare debolezza strutturale in cui versano – e, segnatamente, dell’incapacità dell’apparato di governo di controllare effettivamente il proprio territorio – non sono in grado di contrastare i pirati né gli autori degli atti di armed robbery against

ships. In questo senso, L. MARINI, op. cit., 7.

In particolare in Somalia tale situazione si è determinata negli anni ‘90 del secolo scorso a causa della guerra civile scoppiata tra le diverse fazioni di c.d. signori della guerra.

169 Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 1816(2008), 1838(2008), 1846(2008), 1851(2008), 1897(2009), 1918(2010), 1950(2010), 1976(2011), 2015(2011), 2020(2011), 2077(2012).

In ambito europeo con l’Azione comune 2008/851/PESC del Consiglio dell’Unione Europea del 10 novembre 2008 (modificata dalla Decisione 2012/174/PESC del Consiglio del 23 marzo 2012) è stata istituita la missione denominata «Atalanta» (Task Force (TF) 465) allo scopo di contribuire alla deterrenza e repressione degli atti di pirateria e armed robbery commessi a largo delle coste somale e di proteggere le navi mercantili dedicati al World Food Programme (WFP), che trasportano aiuti alimentari alla popolazione locale, nonché il naviglio mercantile che transita attraverso il Golfo di Aden o in prossimità delle coste somale. La forza navale europea opera in una zona compresa tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e parte dell’Oceano Indiano, Isole Seychelles incluse. L’operazione militare è condotta a sostegno delle Risoluzioni 1814 (2008), 1816(2008) e 1838 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in conformità con le azioni autorizzate dagli artt. 100 e seguenti della Convenzione UNCLOS in caso di atti di pirateria.

170 Nazioni Unite - Risoluzione 1816 (2008), adottata il 2 giugno 2008, «relativa alla prevenzione e repressione degli atti di pirateria commessi nelle acque territoriali della Somalia e nell’alto mare al largo delle sue coste». 171 Cfr. Il punto 7 della Risoluzione 1816(2008) prevede che «Decides that for a period of six months from the

date of this resolution, States cooperating with the TFG in the fight against piracy and armed robbery at sea off the coast of Somalia, for which advance notification has been provided by the TFG to the Secretary-General, may: (a) Enter the territorial waters of Somalia for the purpose of repressing acts of piracy and armed robbery at sea, in a manner consistent with such action permitted on the high seas with respect to piracy under relevant international law; and (b) Use, within the territorial waters of Somalia, in a manner consistent with action permitted on the high seas with respect to piracy under relevant international law, all necessary means to repress acts of piracy and armed robbery».

172 In forza della Convenzione sul mare territoriale e sulla zona contigua del 1958 e della Convenzione UNCLOS del 1982 la sovranità dello Stato costiero si estende, infatti, sulle proprie acque territoriali e, pertanto, le navi battenti bandiera di uno Stato terzo non vi potrebbero entrare senza il consenso di del primo.

numero di unità navali militari al fine di prevenire e difendere i cargo dagli attacchi dei pirati somali.

Le Risoluzioni 1846(2008) e 1851(2008)(173) hanno invitato gli Stati a perseguire l’obiettivo di punire gli atti di pirateria, applicando il diritto internazionale e nel rispetto dei diritti umani, autorizzandoli ad operare anche sulla terraferma per debellare le basi dei pirati. La Risoluzione 1851(2008) ha istituito, inoltre, il Contact Group on Piracy off the Coast of Somalia (CGPCS) per facilitare la discussione ed il coordinamento delle azioni tra gli Stati ai fini della soppressione della pirateria in tale area. La Risoluzione 2015(2011) ha introdotto la possibilità di istituire tribunali speciali per la lotta alla pirateria mentre la Risoluzione 2020(2011) ha esortato gli Stati ad emanare norme punitive nei confronti degli autori degli atti di pirateria nonché dei loro mandanti e complici.

173 Nazioni Unite (Consiglio di sicurezza) - Risoluzione 1851 (2008), adottata il 16 dicembre 2008, «con cui si autorizzano gli Stati e le organizzazioni regionali a prendere in Somalia tutte le misure necessarie a reprimere gli atti di pirateria commessi al largo delle coste della Somalia».

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