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Conseguenze della previsione di cui all’art 182 quater, ult comma, l.fall.

concordati, da quelli estranei da pagare integralmente sia pure entro il termine dilatorio oggi concesso dall’art 182 bis, 1 co., l.fall 120 Se ciò comporta

14. Conseguenze della previsione di cui all’art 182 quater, ult comma, l.fall.

La norma in esame prevede l’esclusione dal calcolo della maggioranza per l’approvazione del concordato preventivo o della soglia per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei creditori (anche se) soci, le cui pretese traggano origine dai finanziamenti previsti al 2 comma del medesimo articolo (c.d. “in funzione”)142.       

142 Si deve concordare con quelle opinioni che confutano l’esclusione della legittimazione al voto dei

soci-finanziatori per motivi diversi da quelli descritti nel testo. In particolare, non condivisibile appare l’esclusione generale dal voto dei postergati in quanto crediti esclusi dal concorso (App. Venezia, 23 febbraio 2012 (decr.), in Fallimento, 2012, 673; Trib. Milano, 29 settembre 2011 (decr.), in

ilfallimentarista.it; Trib. La Spezia, 2 maggio 2011, in archivio telematico Plurisonline, in motivazione;

e già Trib. Firenze, 26 aprile 2010, in ilcaso.it, per il quale i creditori postergati ex art. 2467 c.c. sono

solo formalmente creditori concorsuali): si vedrà oltre che tale assunto non è condivisibile. Esso,

pertanto, non vale nemmeno a giustificare l’esclusione dal voto della percentuale del 20% dei finanziamenti dei soci in funzione, ricavabile implicitamente dall’art. 182 quater ult. co., l.fall. Parimenti non condivisibile risulta la tesi per cui i creditori postergati ex lege non votano, poiché la proposta concordataria non può riservare loro alcunché. Tali creditori, si afferma, così come i privilegiati, sarebbero “indifferenti” alla proposta concordataria poiché la loro posizione è regolata dalla legge. I secondi, infatti, devono essere pagati (immediatamente e) per l’intero; i primi - similmente, ma all’opposto - non possono ricevere alcunché (prima dell’integrale soddisfacimento dei creditori chirografari antergati). Di conseguenza, i creditori postergati ex lege non votano, «giacché non può permettersi che partecipi alla formazione delle maggioranze chi non è destinatario della proposta concordataria» (Trib. Firenze, 26 aprile 2010, in ilcaso.it. Nello stesso senso, Trib. Perugia, 16 luglio 2012, in Fallimento, 2012, p. 219; Trib. Perugia, 22 giugno 2012 (decr.), in Fallimento, 2013, 882. In dottrina VATTERMOLI, Crediti, cit., 420 ss., il quale richiama a sostegno della propria argomentazione la soluzione fissata in alcune pronunce inglesi (423 ss.), nell’ordinamento portoghese (v. 212. 2 CIRE ed anche oltre in nota), nell’ordinamento australiano (660H(1), del Corporation Act del 2001; ed oltre in nota); ma in senso contrario M. ROSSI, Postergazione, cit., 44 ss., il quale precisa che l’assunto che

sta alla base dell’esclusione dal voto dei privilegiati, ai quali i postergati sono dalla tesi criticata assimilati, è quello per cui i privilegiati sono ammessi a votare dalla legge sulla proposta concordataria quando la loro soddisfazione “sia potenzialmente deteriore rispetto a quella a cui avrebbero diritto in caso di liquidazione fallimentare”; da ciò l’autore desume che i subordinati debbono votare “a motivo della possibilità che il concordato definitivamente pregiudichi i loro diritti verso l’impresa” (per tale possibilità v. di seguito e sopra in nota )). Oltre, infatti, si cercherà di dimostrare come l’assunto dal quale prende le mosse la tesi qui rappresentata non sia accettabile, potendo la proposta di concordato prevedere un trattamento economico anche a favore dei postergati, che quindi, su questa base, dovrebbero essere teoricamente ammessi a votare (ed in questo senso v. oltre in nota la disciplina dell’ordinamento tedesco). E comunque, a prescindere da questa eventuale previsione nella proposta, l’indifferenza dei subordinati rispetto all’approvazione di concordato è tutt’altro che certa, anzi si può

Parte della dottrina ha ritenuto che questa regola non possa essere invocata quale argomento idoneo a negare, in generale, la legittimazione al voto dei creditori postergati in ambito concordatario143.

Anzi, si sostiene che l’art. 182 quater, ult. co., l.fall., nel disporre che il credito per il finanziamento prededucibile (che può maturare anche in capo ai soci) non genera un diritto di voto, implicitamente offre un argomento di diritto positivo alla tesi che vuole, di regola, ammesso al voto il credito finanziario del socio144.

Quest’ultima osservazione appare, però, poco dirimente, potendosi agevolmente argomentare a partire dall’ult. comma dell’art. 182 quater l.fall. una conclusione esattamente antitetica: la disposizione potrebbe essere considerata l’emersione a livello normativo di un divieto di voto generalizzato del socio-finanziatore, laddove si dimostri che la ratio dell’esclusione dal voto ricorre anche al di là dell’ipotesi specificamente disciplinata.

In effetti appaiono sussistere argomenti convincenti a sostegno di una simile ricostruzione. Come già accennato, l’esclusione prevista dalla disposizione di cui ci si occupa concerne letteralmente non solo l’80% prededucibile, ma anche il residuo importo.

A meno di non sostenere che anche quest’ultimo gode del medesimo rango145, la giustificazione della regola ex art. 182 quater, ult. comma non può essere individuata nella collocazione privilegiata nell’ordine di soddisfazione della quota del 20%146. Sembra allora logicamente conseguente individuare il fondamento della prescrizione in esame relativa alla frazione del 20% del credito nella particolare qualità di socio rivestita dal finanziatore “in funzione”.

      

arrivare a dimostrare un eccesso di interesse di tale categoria al rigetto della proposta a favore dell’apertura del fallimento (v. sopra in nota). Il che è riconosciuto da uno degli autori che sull’argomento dell’indifferenza dei subordinati rispetto al concordato fonda la loro esclusione dai

quorum per la sua approvazione (VATTERMOLI, La Subordinazione, cit., 297 e sopra in nota e v. anche

M. ROSSI, Postergazione, cit., 44, ove si evidenzia che il concordato comporta l’esdebitazione anche

verso i subordinati, per cui esso incide anche sulle loro pretese).

143 MAUGERI, I finanziamenti, cit., 736 ss. e ID., Sul regime, cit., 833, il quale ritiene che i finanziamenti

dei soci vadano anche computati nell’ammontare complessivo dell’esposizione debitoria sulla quale calcolare il 60% per gli accordi di ristrutturazione (ma vigente la versione dell’art. 182 quater l.fall. risalente al 2010); M. ROSSI, Postergazione, cit., 52, ma in relazione alla formulazione antecedente al

d.l. 83/2012, il quale confuta sia la tesi della indifferenza dei subordinati rispetto al concordato; sia la tesi, sostenuta nel testo, per cui i finanziatori soci sono portatori di interessi conflittuali rispetto a quelli della massa; dubitativamente TERRANOVA, La fattibilità del concordato, in Riv. dir. comm., 2013, 189

ss., il quale però in nt. Cass. 1521 2013, 220, nega il voto ai creditori postergati al pari dei privilegiati, poiché non sarebbe ragionevole coinvolgere entrambi in una materia che non li riguarda, sul piano degli effetti che il concordato è destinato a produrre sulle loro sfere patrimoniali; D’AIELLO, La disciplina,

cit., 96 nt. 104.

144 FABIANI, Fallimento, cit., 635; DE CICCO, Concordato preventivo e classi di creditori: dalla

postergazione alla prededuzione, in Giur. comm., 2011, II, 267.

145 Come fa MAUGERI, I finanziamenti, cit., 736 ss.

146 V. M. ROSSI, Postergazione, cit., 52, ove per negare la possibilità di trarre dalla regola in esame un

principio più generale relativo ai crediti dei soci si afferma che essa consegue alla prededucibilità ed è limitata solo alla quota dell’ 80% del credito.

Ciò pare sufficiente per poter trarre da quella norma una più generale esclusione dal voto nel concordato di tutti i crediti dei soci, in quanto per questi, senza distinzione, valgono i medesimi argomenti che giustificano la previsione legislativa in relazione alla frazione del credito “in funzione” non prededucibile.

In altri termini la ragione per escludere dal voto i soci finanziatori va ricercata nel rapporto di partecipazione che lega costoro alla società e li pone in conflitto di interessi con i terzi creditori147-148. E siccome si fa risalire l’esclusione dal voto allo status soggettivo del creditore, prescindendo dai connotati oggettivi della loro pretesa, sembra plausibile anche una lettura particolarmente coraggiosa del dato normativo, nel senso       

147 M. CAMPOBASSO, Sub art. 2467, cit., 262. TERRANOVA, Sub art. 2467, cit., 1487; PRESTI, I crediti,

cit., 930; D’ATTORRE, Concordato preventivo e responsabilità, cit., 384 il quale afferma che “…proprio

l’attribuzione della legittimazione al voto ai soli creditori chirografari (e ai creditori privilegiati non integralmente soddisfatti), con esclusione della partecipazione al voto del debitore o dei soci della società debitrice, consente un pieno esplicarsi della regola di maggioranza, senza che sia necessario evocare la necessità di un consenso individuale dei singoli creditori; consenso individuale (oppure, in alternativa, voto favorevole di tutte le classi di creditori) che, invece, sarebbe stato probabilmente inevitabile nel caso in cui fosse stato consentito l’esercizio del diritto di voto anche al debitore o ai soci della società fallita”. Siccome l’autore parla della legittimazione del principio di maggioranza che trova applicazione nel concordato e della possibilità di ammettere a maggioranza un piano che preveda la cessione parziale del patrimonio del debitore ai creditori, è chiaro che la sua conclusione si fonda sull’assunto che rispetto a quel possibile contenuto del piano il debitore ed i suoi soci sono controinteressati rispetto ai creditori terzi, per cui manca fra tutti questi soggetti quell’Interessengeminschaft che legittima la regola maggioritaria nel diritto privato. V. inoltre VATTERMOLI, La Subordinazione, cit., 290 ss e ID. 420 ss., ma con motivazioni differenti da quelle

indicate nel testo (v. oltre); Cass., 4 febbraio 2009, n. 2706 consultabile su dejure.it, ove si legge che “non è consentito ritenere che siano portatori di “interessi economici omogenei” i soci finanziatori e i terzi creditori”; Trib. Monza, 30 settembre 2010, consultabile su ilcaso.it; Trib. Venezia, 19 marzo 2010, consultabile su virgo.unive.it che ha escluso i crediti (volontariamente) postergati dal voto sul concordato, ma sembra in base alla loro estraneità al concorso concordatario, cosa che qui si nega; Trib. Milano, 29 settembre 2011, su dejure.it. In generale, l’esistenza di un pericolo di abuso insito nella situazione nella quale i soci che abbiano la maggioranza dei crediti possano approvare il concordato è rilevata anche da FABIANI, Fallimento, cit., 635 e 637, il quale ritiene, però, che tale situazione possa essere neutralizzata tramite il classamento dei soci-finanziatori, in una classe ad hoc. Si è detto tuttavia sopra che lo strumento della ripartizione dei creditori in classi non pare sufficiente a neutralizzare l’interesse non comune ai creditori terzi di cui i soci sono portatori.

148 La conclusione a cui si perviene nel testo è la logica conseguenza di quanto si ritiene circa la

ricostruzione dell’esclusione dal voto della percentuale del 20% del credito del socio “in funzione” ex art. 182 quater, ult. co. Quindi non può essere confutato in base al (preteso, da un parte della dottrina (v. sopra nt.)) carattere eccezionale dell’art. 127, 6 co., l.fall. (in questo senso, pare, D’AIELLO, La disciplina, cit., 100 ss., la quale ritiene che non possa trasporsi nel concordato preventivo rispetto ai

soci finanziatori quella presunzione iuris e de iure di conflitto di interessi - con conseguenza esclusione dal voto - implicita nell’art. 127, 6 co., l.fall., ma che si debba neutralizzare con i vari strumenti a tal fine utilizzabili l’interesse concretamente accertato come conflittuale del finanziatore-socio. Ma alla tesi può replicarsi che non si tiene conto che quanto si propone non è coerente con la previsione di legge, la quale, tanto nel concordato fallimentare, all’art. 127, 6 co., quanto in quello preventivo, all’art. 182 quater, ult. co., l.fall., ed ora, dopo il d.l. 83/2015, all’art. 177, 4 co., esclude dal voto i crediti dei soci in modo automatico e, secondo la ricostruzione qui proposta, a prescindere dalla postergazione). Si è detto, peraltro, della novità rispetto alla questione dell’eccezionalità dell’art. 127 apportate tramite la novella dell’art. 177 da parte del d.l. 83/2015.

che il voto o la computabilità del consenso dei soci finanziatori sarebbe sempre preclusa, indipendentemente dall’operare della postergazione149.

Analoga posizione deve essere assunta anche in relazione al computo dei crediti dei soci nella percentuale prescritta dall’art. 182 bis, a prescindere dal fatto che siano o meno erogati “in funzione” della relativa domanda di omologazione e, perciò, ricadano o meno nell’esclusione prevista dall’art. 182 quater, ult. co., l.fall.150. Dalle superiori considerazioni, infatti, emerge come la ratio di quest’ultimo prescinda dalle caratteristiche temporali e funzionali del prestito e possa essere estesa, dunque, anche ai finanziamenti dei soci non rientranti nella fattispecie di quella prescrizione151.

15. Esclusione dal voto dei creditori subordinati in quanto titolari di interessi estranei

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