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Segue L’interesse personale dei soci finanziator

Capitolo II 1 Il voto dei finanziatori soci.

5. Segue L’interesse personale dei soci finanziator

Le superiori conclusioni paiono attagliarsi perfettamente alla posizione caratteristica dei soci finanziatori; ne consegue che la ratio dell’esclusione dal voto della percentuale del 20% del loro credito deve essere individuata nella “particolare contiguità dei soci con la loro s.r.l.” 38.

      

36 D’ATTORRE, Il conflitto, cit., 392 ss.; FABIANI, La ricerca, cit., 298 ss.; PRESTI, I crediti, cit., 937,

proprio con riferimento all’esclusione dal voto dei soci finanziatori.

37 Le conclusioni riportate nel testo sono riprese da D’ATTORRE, Il conflitto, cit., § 6, e ID., I concordati,

cit., 182 ss. a cui si rinvia anche per il parallelo con la disciplina del conflitto di interessi presente nel diritto societario sostanziale, da cui l’autore trae argomenti trasposti al diritto concorsuale, e per più ampie argomentazioni a sostegno delle asserzioni nel testo riportate apoditticamente.

38 PRESTI, I crediti, cit. 935, ma in relazione alla versione dell’art. 182 quater ult. comma l.fall., non più

vigente; M. CAMPOBASSO, Sub art. 2467, cit., 261 ss., anche se l’autore perviene a tale conclusione in relazione ai finanziamenti dei soci postergati in generale, senza specifico riferimento alla disciplina di cui all’art. 182 quater l.fall.; Trib. Biella, 5 novembre 2009, inedita, leggibile in AMBROSINI, Il controllo giudiziale sull’ammissibilità della domanda di concordato preventivo e sulla formazione delle classi,

in Autonomia negoziale e crisi d’impresa, a cura di Di Marzio -Macario, Milano, 2010, 543. In senso contrario M.ROSSI, Postergazione, cit., 46 ss., il quale nega la rilevanza di un interesse del socio finanziatore configgente con quello della residua massa dei creditori. L’autore basa la propria convinzione sul fatto che “la possibilità che…particolari rapporti fra l’impresa in crisi e i titolari del credito vantato “inquinino” la valutazione sulla proposta…[è] ben presente al legislatore. Tuttavia, la disciplina fallimentare non sembra presumere che tali conflitti di interessi originino dalla tipologia o

Rispetto al finanziatore, che assommi anche la posizione di socio, non può affatto dirsi sussistere il presupposto necessario della Interessengemainschaft con gli altri creditori terzi: l’omogeneità delle posizioni dei partecipanti ad una collettività.

Il fatto che il socio sia portatore di un interesse disomogeneo rispetto a quello dei comuni creditori nel caso di crisi della società sovvenzionata non necessita di alcuna dimostrazione: mentre i secondi sono interessati unicamente a quanto può derivare dal concordato per la loro posizione creditoria, i primi sono titolari, invece, di una posizione più complessa in quanto “il loro tornaconto dipende dalla sommatoria di almeno due elementi: quello derivante dalla qualità di creditore e quello connesso alla qualità di socio” 39. Anzi tale stato di cose è       

dalla graduazione del credito vantato, potendo invece discendere da fattori diversi…”. A tale ricostruzione si può obiettare, però, che essa non vale a smentire la rilevanza del conflitto d’interessi che può configurarsi rispetto ai titolari di crediti postergati di cui si parla nel testo, dato che lì si assume che la posizione disomogenea di costoro rispetto agli altri creditori non derivi (come asserisce anche M. Rossi) dal rango del credito, bensì dallo status soggettivo del creditore, in quanto contemporaneamente anche socio della società sua debitrice.

39 PRESTI, I crediti, cit., 928, secondo il quale “non c’è dubbio che il socio finanziatore di s.r.l. abbia

una posizione eterogenea rispetto a quella degli altri creditori della società. La differenza si coglie già nella fisiologia della vita della società…Ma si nota con ancor maggiore nettezza nell’ottica concordataria” e ove opportuni esempi; ABRIANI, Le responsabilità nelle crisi dei gruppi, in NDS, 2012, 93 ss., il quale afferma (seppure riferendosi all’esclusione dal voto delle società controllate ex art. 127, 6 co., l.fall.) che l’estensione analogica al concordato preventivo dei divieti di voto per conflitto di interessi “contemplati per il concordato fallimentare varrebbe a risolvere in radice la vexata quaestio della legittimazione al voto delle società del gruppo creditrici e, più in generale, dei soci finanziatori postergati, i quali rimarrebbero per tale via esclusi dalla partecipazione all’approvazione delle proposte concordatarie, senza doversi attardare nell’indagine sulla natura creditizia o meno della loro posizione”; BALP, I finanziamenti infragruppo: direzione e coordinamento e postergazione, in Riv. dir. civ., 2012,

335 nt. 9; R. COLOMBO, in nota a Trib. Milano, 12 febbraio 2014, in Fallimento, 2014, 1193 ss., relativa ad un caso di conflitto di interessi derivante dal cumulo da parte di un soggetto della duplice posizione di obbligazionista e (indirettamente) socio di controllo della società della quale si doveva decidere l’ammissione al concordato preventivo. La divergenza dell’interesse creditorio rispetto a quello dei soci che si manifesta in presenza di una situazione di crisi del debitore (ossia la società) è affermata anche da FERRI JR., Impresa in crisi e garanzia patrimoniale, in AA.VV., Diritto fallimentare. Manuale breve,

Milano, 2013, 31 ss. e BRIZZI, Responsabilità, cit., 1029 ss. Uno spunto nel senso di individuare una

possibile divergenza di interessi fra creditori subordinati e creditori chirografari si rinviene anche in VATTERMOLI, La subordinazione "equitativa" (Equitable Subordination), in Riv. soc., 2009, 297: i postergati, nel ragionamento dell’autore sarebbero interessati a votare sempre e comunque contro l’approvazione del concordato, frustrando la possibilità di raggiungere una soluzione della crisi “in ipotesi vantaggiosa per la restante massa dei creditori”, perché i) l’operazione concordataria preclude la liquidazione del patrimonio dell’impresa, e dunque la possibilità di accertarne la capienza ai fini del soddisfacimento anche di costoro e ii) preclude anche le azioni revocatorie funzionali ad una ricostruzione del patrimonio dell’imprenditore della quale i postergati potrebbero beneficiare (incrementando le risorse in misura tale da rendere possibile anche il loro soddisfacimento). Per questi profili, l’autore sostiene che, sebbene in astratto i subordinati non siano indifferenti alla soluzione concordataria nel confronto con quella fallimentare, il diritto di voto non può essergli riconosciuto sostanzialmente per mancanza di un interesse alla miglior regolazione della crisi comune a quello degli altri creditori (VATTERMOLI, op. ult. cit., 297); ed ancora più chiaramente ID., Crediti, cit., 413, ove si

legge che “l’interesse economico che muove il socio finanziatore non potrebbe mai essere considerato omogeneo con quello di cui è portatore il creditore terzo rispetto alla società finanziata; e per convincersene è sufficiente pensare ai vantaggi, in termini di utili e/o di aumento del valore della

considerato comunemente come il fondamento sotteso all’istituto della postergazione legale ex art. 2467 c.c. 40.

Al di là delle possibili specificazioni e modulazioni, appare incontestato che l’interesse dei creditori è connesso alla loro pretesa al rimborso nei confronti del debitore e si sostanzia nel miglior soddisfacimento della stessa41. Di contro, il debitore è titolare dell’interesse “a non subire la perdita della proprietà dei propri beni in misura eccedente rispetto a quanto è necessario per soddisfare i creditori” 42. Nel caso in cui debitrice sia una società, l’interesse di quest’ultima e dei suoi soci si appunta, in via diretta o indiretta, sull’eventuale residuo attivo non intaccato dalla proposta concordataria, posto che tale valore è strumentale alla tutela del valore della partecipazione sociale che rimane nel nostro ordinamento estranea al trattamento concordatario43-44. Si pensi solo al fatto che       

partecipazione, che dalla proficua utilizzazione del finanziamento da parte della società può ricavare il primo ma non il secondo”. In senso contrario alla configurabilità di un conflitto di interessi rispetto al voto nel concordato dei postergati in generale, v. M. ROSSI, Postergazione, cit., 47 ss.

40 V. MAUGERI, Finanziamenti “anomali”, cit., 135 ss.; ID, I finanziamenti, cit. 736 ss., ove

ripetutamente si menziona “il conflitto,…tra l’eccessiva propensione al rischio di chi è “solo” socio e l’eccessiva avversione al rischio di chi è “solo” creditore”. La divaricazione degli interessi dei creditori rispetto a quelli dei soci in una situazione di crisi è evidenziata anche da BRIZZI, Responsabilità, cit., 1029 ss. nell’ambito dell’indagine sui doveri degli amministratori in prossimità dello stato d’insolvenza; FERRI JR., Impresa, cit., 33 ss. e già LIBONATI, La tutela del creditore a fronte dell’inadempimento del debitore, in Fallimento, 1984, 17,

41 D’ATTORRE, I concordati, cit., 17 ss.; da ultimo per l’individuazione di un interesse comune dei

creditori siffatto GALLETTI, Relazione al convegno in ricordo di Franco Bonelli, Genova, 15/01/2016.

Nella dottrina tedesca, in senso analogo, VON SPEE, Gesellschafter im Reorganisationsverfahren, Köln,

2014, 71 ss. (“Interesse an einer vollständigen Befriedigung seiner forderungen” e interesse ad “jede massnahmen, die zur bestmöglichen Befriedigung beiträgt“).

42 D’ATTORRE, I concordati, cit., 87 e nt. 149; GUERRERA, Il nuovo concordato fallimentare, in Banca,

borsa, tit. cred. 2006, I, 539; NIGRO, La disciplina, cit., 269.

43D’ATTORRE, I concordati, cit., 97 e nt. 169 ove ampi riferimenti; nella dottrina tedesca individua

l’interesse degli Altegesellschafter “am Erhalt ihrer Gesellschafterstellung” e “an einer werhaltigen Beteiligung”, VON SPEE, op. cit., 67.

44 In senso contrario alla posizione della dottrina maggioritaria circa l’estraneità della posizione dei soci

dal piano concordatario (per riferimenti D’ATTORRE, Concordato preventivo e responsabilità patrimoniale del debitore, in Riv. dir. comm., 2014, II, 386 nt. 67) v. FERRI JR., Ristrutturazione dei

debiti e partecipazioni sociali, in. Dir. comm., 2006, I, 762 e ID., La struttura finanziaria della società in crisi, in RDS, 2012, 462 ss., secondo il quale oggetto della ristrutturazione potrebbe essere anche

l’investimento effettuato dal socio con il suo apporto di capitale. Il quadro normativo rispetto alla questione dell’inclusione delle operazioni che incidano sulla struttura sociale e, dunque, anche sulle partecipazioni dei soci è totalmente differente in Germania, ove, tuttavia, per giungere ad un risultato opposto a quella che si ritiene la situazione imposta dall’ordinamento nostrano vigente è stato necessario uno specifico intervento normativo modificativo dell’Insolvenzordnung realizzato a mezzo del c.d. ESUG in vigore dal 1 marzo 2012 sul quale v. ampiamente da ultimo VON SPEE, op. cit.,

passim;, HÖLZE ,in Kübler (Hrsg.), Handbuch Restrukturierung in der Insolvenz, in HRI, 2012, 691 ss.;

PRUSKO, Die Gesellschafterstellung in der Insolvenz, München, 2013.

Oggi la questione deve essere ripensata, però, anche in Italia alla luce delle recentissime novità introdotte con il d.l. 83/2015, da poco convertito in legge. Esso ha aggiunto all’art. 163 vigente la previsione secondo la quale in caso di una proposta concorrente presentata dai creditori “se il debitore ha la forma di società per azioni o a responsabilità limitata, può prevedere un aumento di capitale della

“l’interesse dei soci, [in quanto tali], è conseguire l’esdebitazione [concordataria] della società alle condizioni meno onerose possibili; è palese che tale obiettivo non collima con lo scopo del ceto creditorio, [da far coincidere] con il massimo recupero del credito” 45.

I soci sono dunque portatori, rispetto alla proposta di concordato, di un interesse comune a quello della debitrice e contrapposto a quello di cui sono portatori i creditori concorrenti, per il fatto che essi assumono necessariamente, per il loro particolare status soggettivo, la posizione di “sostanziali controparti” della massa dei creditori46.

Ancora, i soci finanziatori, in quanto partecipanti ad una s.r.l., possono essere interessati ad evitare l’apertura del fallimento e il conseguente pericolo che l’organo della procedura       

società con esclusione o limitazione del diritto d’opzione”. Si tratta di una previsione che, sebbene letteralmente confinata dalla novella all’ipotesi di proposta concorrente, appare suscettibile di rivestire una grande rilevanza sistematica, perché apre alla possibilità di toccare la posizione dei soci nell’ambito delle procedure concorsuali anche nel nostro ordinamento. E v. anche i commi 5 e 6 dell’art. 185. Su entrambe le norme appena menzionate v. le massime del consiglio notarile dei distretti riuniti di Firenze, Prato, Pistoia e D’ATTORRE, Le proposte, cit., 1165 ss. E sulla posizione dei soci nelle procedure

concorsuali inciderà anche l’attuazione del principio fissato all’art. 6, co. 2, lett. c) della bozza di legge delega Rordorf.

45 M.CAMPOBASSO, Sub art. 2467, cit., 262; ma sulla centralità dell’interesse dei creditori “al miglior

soddisfacimento” nel nuovo concordato v. anche GUERRERA, Il nuovo, cit., 527 ss. e BENEDETTI, Il trattamento, cit., 1051 e nt. 30 per ulteriori riferimenti.

46 Ampiamente D’ATTORRE, I concordati, cit., § 6 e le cit. a nt. 57, ove si afferma che “Certamente, di

contro, sussiste un interesse personale del votante quando esso assuma la posizione di controparte del fallimento o della massa dei creditori, sussistendo in questo caso una situazione di incompatibilità assoluta tra la realizzazione dell'interesse personale del creditore e l'interesse comune di tutti i creditori. È questa la situazione che si verifica quando il creditore sia anche proponente del concordato fallimentare: qui il creditore-proponente si pone come controparte della massa dei creditori, ed i due interessi (personale e collettivo) sono tra di loro inconciliabili, passando necessariamente la soddisfazione dell'uno attraverso il sacrificio dell'altro. Il creditore quale proponente ha un interesse a sopportare il minore esborso finanziario e, quindi, ad offrire la minore percentuale di pagamento ai creditori; questi ultimi, in quanto tali, hanno un interesse alla massimizzazione della percentuale di soddisfazione”. Il discorso riferito dall’autore al concordato fallimentare è trasponibile anche al concordato preventivo, poiché pur essendo esso proponibile solo dalla società, l’interesse della stessa è sostanzialmente coincidente - come detto nel testo - con quello dei soci, che, perciò, mutuano l’interesse del proponente. In alternativa si può comunque dire che i soci sono portatori di un interesse “per conto di terzi” ( la società), fattispecie che ricorre “quando il creditore è legato da vincoli di parentela, oppure di controllo o collegamento con il proponente, [per cui] sussiste un interesse personale, tale da giustificare l'applicazione della disciplina sul conflitto d'interessi”; M.CAMPOBASSO, Sub art. 2467, cit.,

262; VATTERMOLI, Crediti, cit., 413 ove si legge: “è indubbio che…l’interesse economico che muove

il socio finanziatore non potrebbe mai essere considerato omogeneo con quello di cui è portatore il creditore-terzo rispetto alla società finanziata; e per convincersene è sufficiente pensare ai vantaggi, in termini di utili e/o di aumento del valore della partecipazione, che dalla proficua utilizzazione del finanziamento da parte della società può ricavare il primo, ma non il secondo”. Da ultimo in argomento D’ATTORRE, Le proposte, cit., 1177 ss., che, coerentemente con la posizione assunta in precedenti

riflessioni concernenti la configurabilità del conflitto di interessi nella disciplina concorsuale, ritiene che dovrebbe essere escluso dal voto, in via interpretativa a dispetto del silenzio mantenuto sul punto dalla legge anche dopo il d.l. 83/2015, il creditore che avanza una proposta concorrente e tutti i soggetti ad esso connessi, per parità di trattamento rispetto a quanto previsto per il proponente sia il debitore ed i soggetti a costui legati.

eserciti nei loro confronti l’azione di responsabilità (verso la società e verso i creditori) ai sensi dell’art. 2476, 7 co., c.c. caratterizzante la disciplina di quel tipo sociale47; ovvero ad evitare la possibilità, in quanto amministratori (e v. al riguardo l’art. 2475, 1 co., c.c., circa la normale coincidenza fra soci e amministratori nella s.r.l.), di incorrere nelle conseguenze di natura risarcitoria o penale associate all’apertura di quella procedura concorsuale.

Questi rilievi confermano come i soci-finanziatori siano titolari di posizioni d’interesse non omogenee a quelle dei comuni creditori.

Tale conclusione sembra trovare conferma in quanto rileva la dottrina tedesca, la quale se da un lato sostiene che tanto i creditori quanto i soci hanno interesse alla realizzazione di una Reorganisation, assicurando essa una più elevata soddisfazione e la realizzazione alla conservazione della partecipazione sociale; dall’altro puntualizza che, sebbene una simile constatazione sia corretta in astratto, tanto la disciplina previgente l’entrata in vigore dell’ESUG, quanto quella risultante a seguito di questa novella determina l’esistenza fra soci e creditori di una

Interessenungleichgewicht

48

.

D’altronde, nell’ambito della teorizzazione generale del conflitto di interessi, la dottrina maggioritaria sostiene la rilevanza anche di una relazione di incompatibilità relativa, cioè di una situazione nella quale non necessariamente la soddisfazione di un interesse implica il sacrificio dell’altro, bensì nella quale i due interessi potrebbero in concreto risultare compatibili49.

Se questo è vero, la configurabilità di un conflitto di interessi fra il creditore terzo ed il creditore che sia contestualmente anche socio - e perciò portatore di interessi sicuramente estranei al primo - appare difficilmente negabile.

La fondatezza di simili considerazioni trova conferma anche nell’art. 127, 6 co., l.fall. che - per il solo concordato fallimentare - prevede il divieto di voto per le società controllanti, controllate o sottoposte a comune controllo rispetto alla società debitrice. La disposizione, nella parte in cui assoggetta al divieto di votare le società controllanti la debitrice, ossia gli enti che per definizione sono suoi soci, risulta particolarmente significativa al fine di validare la ratio che si è finora ritenuto di attribuire all’esclusione dal voto del 20% del credito “in funzione” del socio. Infatti, la previsione del 6 co. dell’art. 127 l.fall. viene spiegata come presunzione assoluta di un conflitto d’interessi50.       

47 Poiché la responsabilità sancita dalla norma citata si configura “ai sensi dei precedenti commi”

dell’art. 2476 c.c., valgono le disposizioni dettate da questi ultimi con riferimento alla responsabilità degli amministratori, quindi tanto la responsabilità verso la società quanto quella verso i creditori sociali, da ritenersi ancora esistente, sebbene non letteralmente prevista, anche nella disciplina della s.r.l. per applicazione analogica dell’art. 2394 (ZANARONE, Della società, cit., 1134). Ad esercitare entrambe nel fallimento è legittimato il curatore.

48 VON SPEE, op. cit., 77; EHLERS, Noch eine Reform - § 224 Abs. 2 - 5 InsO, zInso, 2009, 322 che parla

di “Win-Win-Situation”.

49 PREITE, Abuso di maggioranza e conflitto di interessi del socio, in Trattato delle spa, diretto da

Colombo-Portale, 3, 2, Torino, 1993, 138; SCIMENI, La vendita del voto nelle società per azioni, Milano, 2003, 12; D’ATTORRE, Il conflitto, cit., 392 ss. nt. 62.

50 AMBROSINI, Il concordato, cit., 337; Diritto commerciale, a cura di Abriani, nei Dizionari del diritto

privato, promossi da Irti, voce Concordato fallimentare, Milano, 2011, 199; PACCHI, Il concordato

Risulta, pertanto, confermato che lo stesso legislatore riconosce l’esistenza di un pericolo di inquinamento della volontà espressa dalla collettività dei creditori per la presenza fra essi di un socio controllante la debitrice, in quanto tale portare di interessi disomogenei a quelli riferibili ai primi.

La previsione di cui all’art. 182 quater, ult. co., l.fall., nel riferirsi (implicitamente) anche al 20% del credito non prededucibile, può considerarsi, dunque, espressione del medesimo assunto51.

Al riguardo, non può più considerarsi dirimente contro quanto sostenuto il fatto che la previsione del 6 co. dell’art. 127 l.fall., compreso nella disciplina del concordato fallimentare, non sia stata riprodotta fra le esclusioni dal voto contemplate per il concordato preventivo, che sono limitate a quelle enumerate all’art. 177, 4 co., in conseguenza della nuova formulazione di quest’ultima disposizione come modificata dal d.l. 83/2015.

Già anteriormente a quest’ultimo intervento normativo, peraltro, non si vedeva come potesse giustificarsi l’esclusione dal voto per le società controllanti solo nella prima procedura e non nella seconda, se non attribuendo il mancato espresso richiamo legislativo ad un mero difetto di coordinamento, dovuto al fatto che i due concordati sono stati regolamentati con distinti atti normativi, emanati in tempi diversi. L’estensione analogica al concordato preventivo dell’art. 127, 6 co., l.fall. appariva, quindi, soluzione preferibile52 nonostante si sostenesse il carattere eccezionale della norma53, in quanto la       

51 Che l’art. 127, 6 co., abbia un ambito applicativo in parte sovrapposto a quello dell’art. 182 quater,

ult. co., l.fall., è riconosciuto da PRESTI, I crediti, cit., 932. Sul punto v. anche M.CAMPOBASSO, Sub art. 2467, cit., 261 ss. E v. quanto afferma D’ATTORRE, I concordati, cit., 156 per spiegare la ratio

dell’art. 127, 6 co. l.fall.: “In tale ipotesi…i soggetti legati al fallito si trovano ad essere portatori di due distinti interessi: l’uno in quanto creditori, comune a tutti gli altri creditori; l’altro, in quanto soggetti riconducibili al fallito, personale e non condiviso, che trova il fondamento negli effetti (positivi o negativi) che il concordato provoca a carico del fallito”. Appare evidente che in termini analoghi può essere ricostruita la posizione del socio finanziatore e dunque analoga può essere la misura per impedire l’inquinamento della corretta formazione della volontà dei creditori determinata da una sua partecipazione al voto.

52 E v. nel senso del testo TERRANOVA, Conflitti, cit., 218-219; SACCHI, Dai soci di minoranza ai

creditori di minoranza, in Fallimento, 2009, 1067; PRESTI, I crediti, cit., 932-933 ove a nt.42 ult.

riferimenti. Quest’autore stigmatizza la mancata precisazione nella norma che il divieto si applica solo alle società parenti della debitrice quando quest’ultima propone il concordato, eventualità che nel concordato fallimentare potrebbe anche non ricorrere. Tuttavia, se alla base dell’esclusione del voto c’è una presunzione di conflitto di interessi fra i soggetti esclusi e gli altri creditori, pare irrilevante che sia la società debitrice o meno ad aver formulato la proposta. Le società parenti rimangono portatrici di interessi disomogenei rispetto ai creditori terzi anche in caso contrario e per ciò il loro voto deve essere

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