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Possibili critiche alla spiegazione proposta per l’esclusione dei soci finanziatori “in funzione” dalla percentuale richiesta per l’omologazione dell’accordo d

concordati, da quelli estranei da pagare integralmente sia pure entro il termine dilatorio oggi concesso dall’art 182 bis, 1 co., l.fall 120 Se ciò comporta

13. Possibili critiche alla spiegazione proposta per l’esclusione dei soci finanziatori “in funzione” dalla percentuale richiesta per l’omologazione dell’accordo d

ristrutturazione.

Alla ricostruzione della ratio dell’esclusione dal calcolo della maggioranza dei crediti aderenti all’accordo di ristrutturazione appena proposta potrebbe essere obiettato che “se la rinuncia anche parziale alle proprie pretese [- compiuta, nel caso che ci occupa, dai soci-finanziatori in funzione della domanda di omologazione dell’accordo -] serve ad eliminare lo stato di insolvenza, non si vede per quale motivo si deve negare l’omologazione di un accordo, che farebbe venir meno i presupposti per la dichiarazione dei fallimento”135. In altri termini: se tramite l’accordo raggiunto con i soci, che hanno concesso finanziamenti “in funzione”, si riescono a liberare le risorse necessarie per il soddisfacimento degli altri creditori in misura integrale, non parrebbero sussistere ragioni tali da giustificare l’esclusione dei primi dal calcolo della soglia del 60% e per pregiudicare, di conseguenza, l’omologazione della soluzione della crisi d’impresa così congegnata.

In conseguenza del mancato computo dei crediti dei soci, infatti, l’accordo di ristrutturazione non verrebbe, verosimilmente, concluso, in quanto, non essendo raggiunta la percentuale di adesione necessaria alla sua omologazione, non troverebbero applicazione le misure incentivanti la sua realizzazione, quali, in primis, l’esenzione dalla revocatoria degli atti compiuti in esecuzione dello stesso. Parrebbero, perciò, sacrificati gli interessi dei creditori estranei, che vedono in tal modo venir meno la vantaggiosa prospettiva di un loro soddisfacimento per l’intero, reso possibile dalla ristrutturazione dei crediti degli aderenti136.

Tale considerazione, però, sembra trascurare il fatto che l’accordo di ristrutturazione omologato, e quindi, a fortiori, approvato individualmente da almeno il 60% dei creditori, è caratterizzato da rilevanti esternalità non soltanto positive ma anche negative nei confronti dei creditori ad esso estranei.

A condizione che le previsioni dell’accordo appaiano ex ante concretamente realizzabili ed in grado di prevenire o rimuovere lo stato d’insolvenza (cioè di mettere l’impresa in condizione di pagare i creditori estranei), il legislatore consente agli aderenti all’accordo di acquisire posizioni di vantaggio egoistico: il conseguimento da parte loro di un trattamento preferenziale rispetto agli altri creditori, tramite la modifica dell’ordine delle priorità legali, “è realisticamente reputata fisiologica, anzi riconosciuta in chiave di incentivazione”.

Ne deriva il peggioramento della possibilità di soddisfacimento dei creditori estranei all’accordo, nel caso in cui al suo esperimento segua eventualmente il fallimento, poiché

      

135 TERRANOVA, I conflitti, cit., 219.

136 PRESTI, op. loc.ult. cit., afferma che “l’accordo di ristrutturazione, se va a buon fine e previene o

risolve una situazione di crisi, giova non solo a chi l’ha concluso, ma anche - e ancor più - a chi vi è rimasto estraneo”. Costui “otterrà il valore nominale del suo credito, senza alcuna decurtazione”.

l’esenzione da revoca ha l’effetto di scaricare su essi “parte - che può essere anche molto cospicua - del rischio di esito negativo della ristrutturazione” 137.

Il minor soddisfacimento dei creditori estranei può essere determinato, inoltre, dal fatto che l’accordo ha soltanto procrastinato e aggravato una situazione di crisi senza ragionevole speranza di soluzione138.

Al novero delle esternalità negative per i creditori estranei debbono, poi, essere aggiunte oggi, a seguito degli interventi normativi sulla legge fallimentare succedutisi negli anni più recenti, anche la dilazione di pagamento consentita dal 1 co. dell’art. 182 bis (a seguito del d.l. 83/2012), la sospensione provvisoria delle azioni esecutive e cautelari di cui al 3 comma e la prededucibilità accordata ai crediti previsti agli artt. 182 quater e quinquies l.fall.139.

Questi possibili effetti della soluzione negoziata della crisi d’impresa giustificano la previsione di uno scrutinio giudiziale del contratto fra l’imprenditore in crisi e i suoi creditori in sede di omologazione, alla quale deve essere riconosciuta la funzione di evitare il rischio di renderlo un comodo scudo, dietro il quale celare trasferimenti di ricchezza a vantaggio di alcuni creditori e a danno di altri. Ma il controllo dell’autorità giudiziaria non è sufficiente ad elidere il pericolo che i creditori estranei si trovino, dopo

      

137 PRESTI, op. loc. ult. cit., al quale appartiene anche il precedente virgolettato; sul punto v. anche

TERRANOVA, Conflitti, cit., 235 ss., il quale afferma che, sebbene dal punto di vista formale l’accordo

non incida sulle pretese dei creditori estranei, esso comunque incide sul patrimonio del debitore rendendo non revocabili (ossia definitive) tutta una serie di attribuzioni patrimoniali; STANGHELLINI, Le crisi, cit., 312, che allude all’effetto dell’accordo di privare i creditori ad esso estranei delle

aspettative che legittimamente avrebbero potuto vantare qualora nessun accordo vi fosse stato e fosse stata invece aperta una procedura d’insolvenza. Sminuisce, invece, le esternalità negative per i creditori estranei derivanti dall’accordo omologato M. CAMPOBASSO, Sub art. 2467, cit., 266, che sulla base di

questa considerazione ritiene ammissibile l’adesione dei soci-finanziatori, anche in applicazione del

favor del legislatore per il raggiungimento di soluzioni concordate della crisi. Si deve però rilevare che

le argomentazioni dell’autore si riferiscono alla versione dell’art. 182 quater l.fall., anteriore al 2012, cosicchè egli può spiegare agevolmente la previsione dell’originario ultimo comma, che però si riferiva esclusivamente ai finanziamenti “in esecuzione”. Oggi l’argomentazione di M. Campobasso non appare più attuale per l’esclusione dal computo del 60% dei crediti da finanziamenti “in funzione” prevista dall’ult. comma dell’art. 182 quater vigente. A fronte di tale nuova norma diventa difficile giustificare, come fa Campobasso, il computo in generale dei soci finanziatori nella percentuale ex lege di adesione all’accordo.

138 STANGHELLINI, Le crisi, cit., 312.

139 Si ricordi che i crediti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 182 quater l.fall., acquistano la prededucibilità

solo in conseguenza dell’omologazione, che a sua volta dipende dal raggiungimento della soglia di almeno il 60% dell’ammontare dei crediti. Pertanto anche tale esternalità potenzialmente negativa nel successivo fallimento per i creditori estranei dipende nel suo verificarsi dal raggiungimento di quella soglia, per cui rileva il problema di chi debba essere conteggiato in essa.

Si tenga anche presente che un ulteriore esternalità negativa che potrebbe discendere dalla partecipazione all’accordo di soggetti portatori di interessi non omogenei a quelli appartenenti alla medesima categoria potrebbe essere, a seguito delle novità introdotte dal d.l. 83/2015, quella per cui i dissenzienti vengono vincolati, nell’ipotesi disciplinata dal nuovo art. 182 septies l.fall., alla decisione della maggioranza dei crediti omogenei.

l’omologazione dell’accordo, con una controparte ancora più incapiente di prima a causa di operazioni depauperative del suo patrimonio, ma ormai inoppugnabili140.

A tutelare la minoranza dissenziente, peraltro, non appaiono sufficienti nemmeno l’obbligo di assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei e l’attestazione del professionista circa l’idoneità della proposta a questo scopo: entrambi i requisiti garantiscono la minoranza, che non presta il proprio consenso, solo in caso di successo dell’accordo nel determinare la soluzione della crisi, non nell’eventualità di un fallimento successivo.

A ben vedere, poi, anche a prescindere dal verificarsi di quest’ultima ipotesi, i creditori non aderenti all’accordo subiscono comunque degli effetti negativi in conseguenza della sua omologazione, sotto forma della già menzionata sospensione delle azione esecutive individuali e della dilazione del temine della loro soddisfazione141.

Ciò premesso, è possibile sostenere che il legislatore abbia valutato con sospetto l’accordo di ristrutturazione fra la società finanziata ed i soci-finanziatori “in funzione”, in quanto il particolare legame partecipativo che collega gli uni all’altra potrebbe determinare l’appropriazione da parte dei secondi - nell’ambito della ristrutturazione avente per oggetto le loro pretese - di vantaggi egoistici più accentuati rispetto a quelli       

140 Terranova, I conflitti, cit., 236. Al riguardo è appena il caso di ricordare che in sede di omologazione

il tribunale svolge un controllo ex ante, prognostico, nel senso che con l’omologazione si attesta

l’esistenza di serie e credibili, seppur inevitabilmente incerte e rischiose, prospettive di risanamento, quindi l’omologazione determina solo una presunzione semplice di liceità dell’accordo (Presti, op. ult.

cit., 44; e per ulteriori riferimenti BENEDETTI, La responsabilità della banca ex art. 2497, cit., 428 ss.).

Altrimenti detto: l’accordo omologato può risultare una soluzione della crisi meritevole di essere perseguita al momento dell’omologazione, ma può successivamente rivelarsi, nonostante il sindacato del giudice, inadeguata ad assolvere alla sua funzione con apertura di un successivo fallimento, nel quale i creditori estranei possono subire delle esternalità negative (e si ricordi che alcune, per es. la dilazione del loro soddisfacimento, si producono comunque dopo l’omologazione).

141 Quanto si afferma nel testo sembra capace di smentire la tesi contraria sostenuta da M.CAMPOBASSO,

op. ult. cit., 266 il quale ritiene che nella percentuale del 60% debbano senz’altro - salva la previsione dell’art. 182 quater l.fall.- essere computati anche i soci finanziatori postergati. L’autore, al contrario di quanto si afferma nel testo, ritiene i diversi adempimenti propedeutici all’omologazione del concordato (pagamento regolare degli estranei, attestazione del professionista, diritto di opposizione all’omologa) sufficienti a tutelare la minoranza dissenziente e sottolinea che sebbene si approvi un accordo svantaggioso per il ceto creditorio, questo vale esclusivamente per i creditori che hanno accettato di sopportarne le conseguenze. In realtà così non è, poiché si è evidenziato nel testo che l’accordo produce esternalità negative anche per i creditori non aderenti, e che a fronte di esse la disciplina dell’accordo non pare fornire tutela adeguata. Si tenga comunque conto che l’opinione dell’autore si riferisce alla versione del 1 co. dell’art. 182 bis l.fall. che imponeva il pagamento regolare (per ammontare e per termine) dei creditori estranei, mentre oggi la norma prescrive che il pagamento pur integrale, possa essere dilazionato. Campobasso considera così che l’unica conseguenza sfavorevole per i dissenzienti contro la quale non è dato un mezzo di autotutela sia la sospensione delle azioni esecutive individuali e che tale inconveniente sia superato dal favor del legislatore per il raggiungimento di soluzioni concordate. Quest’opinione, dunque, non tiene conto intanto della dilazione del soddisfacimento degli estranei (perché antecedente alla sua previsione normativa), ma anche delle esternalità che si realizzano in caso di successivo fallimento a causa dell’esenzione dalla revocatoria.

attingibili da un creditore comune e, dunque, potenzialmente, più lesivi delle pretese dei soggetti estranei al tentativo di superamento della situazione di crisi.

La legge, quindi, reagisce al maggior pericolo che l’accordo fra la società e i suoi soci pregiudichi il soddisfacimento dei creditori estranei, escludendo le adesioni dei partecipanti alla debitrice dal computo della soglia del 60%, al raggiungimento della quale - con l’aggiunta dell’omologazione - devono farsi risalire causalmente, in ultima istanza, le esternalità negative a danno della minoranza non consenziente.

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