• Non ci sono risultati.

concordati, da quelli estranei da pagare integralmente sia pure entro il termine dilatorio oggi concesso dall’art 182 bis, 1 co., l.fall 120 Se ciò comporta

21. Segue: Concordato preventivo.

vedono pertanto ragioni per applicare una regola differente ai finanziamenti infragruppo da parte di soggetti non soci della sovvenzionata, se anche i crediti ad essi relativi debbono essere soddisfatti in prededuzione.

Naturalmente, equiparando in via interpretativa i finanziamenti “in funzione” infragruppo (erogati dalla holding che non partecipi alla società sovvenzionata o dalla società sorella rispetto a quest’ultima) a quelli dei soci, la prededucibilità deve intendersi limitata ad un importo pari all’ 80% del credito corrispondente a tali erogazioni192. Rimane da determinare, perciò, quale sia il trattamento da riservare al residuo 20% non collocato in prededuzione; e perché i crediti infragruppo siano esclusi dalla soglia del 60% necessaria all’omologazione degli accordi di ristrutturazione, essendo al riguardo - come rilevato a proposito dei crediti dei soci - irrilevante la loro prededucibilità nell’eventuale successivo fallimento193.

21. Segue: Concordato preventivo.

Il tenore letterale dell’art. 182 quater, ult. co., l.fall. non distingue affatto le due percentuali (l’80% prededucibile e il 20% non qualificato normativamente) del credito “in funzione” del socio ai fini della esclusione dal computo delle maggioranze per l’approvazione del concordato o della percentuale che aderisce all’accordo di ristrutturazione. Da ciò, come già rilevato, si può fondatamente desumere che l’esclusione valga per l’intero credito.

Anche per i crediti infragruppo, dunque, pare necessario concludere che il residuo 20% non prededucibile è comunque soggetto a quella disciplina.

      

solo per essi è prospettabile la legittimazione al voto e necessaria dunque una specifica regola derogatoria per escluderla. Per i finanziatori “in esecuzione” invece (sull’esclusione dal voto dei quali erano sorte delle perplessità generate proprio dalla formulazione letterale del comma in esame previgente il decreto sviluppo: v. PRESTI, I crediti, cit., 920 ss.), essendo le loro pretese successive alla domanda di ammissione al concordato, l’espressa esclusione dal voto non è necessaria (e difatti non prevista nell’art. 182 quater l.fall. vigente), perché già esclusi in quanto tali dal computo della maggioranza ex art. 177 l.fall.

192 Il 2 periodo del 3 comma dell’art. 182 quater l.fall.- che secondo quanto già rilevato si ritiene di

dover considerare come autonomo rispetto al periodo che lo precede nel medesimo comma - è applicabile anche nel caso di società del gruppo non ancora legate, al momento del finanziamento, da un rapporto partecipativo. V. MAUGERI, I finanziamenti, 736 ss. Ne consegue che i finanziamenti

infragruppo prededucibili per intero ai sensi di tale disposizione non vanno computati al fine dell’approvazione del concordato o degli accordi di ristrutturazione.

193 In merito alla questione del computo dei voti inerenti i crediti infragruppo in generale (ossia a

prescindere dalla questione della subordinazione) molto interessanti nella prospettiva che si sostiene nel testo sono le considerazioni contenute nella legislative guide dell’Uncitral (parte II, capitolo IV, § 48 e parte III, sez II, capitolo II, § 150), ove si ammette che l’esclusione dal voto è soluzione prevista per i crediti delle related persons (fra le quali sono annoverati i soggetti che sono in posizione di controllo del debitore o parent o subsidiary del medesimo) in vari paesi, e comunque si afferma che l’esclusione dal voto costituisce uno degli speciali trattamenti a cui possono essere assoggettati i crediti delle related persons, laddove si ritenga necessaria l’adozione di siffatta contromisura.

Nel concordato preventivo ciò può essere spiegato, richiamando i medesimi argomenti già proposti per giustificare la previsione relativa ai prestiti dei soci.

Rispetto al finanziatore, che assommi anche la posizione di società del gruppo (c.d. creditore interno al gruppo), non può affatto dirsi sussistere il presupposto necessario della Interessengemainschaft, ossia l’omogeneità delle posizioni dei partecipanti ad una collettività, - condizione indefettibile per rendere compatibile l’operare del principio di maggioranza, rispetto all’approvazione della proposta del debitore con “la regola solenne della non eteronomia”, che trova copertura anche a livello costituzionale - con gli altri creditori esterni all’aggregazione di imprese.

Una società “interna” al gruppo può percepire dei benefici economici inattingibili per i creditori esterni, consistenti in quei vantaggi indiretti derivanti dalle complesse relazioni economiche che si instaurano tra enti operanti secondo un piano strategico unitario194.

Ne deriva che essa è portatrice, in qualità di votante la proposta di concordato, di un interesse disomogeneo rispetto a quello dei comuni creditori nel caso di crisi della società sovvenzionata: mentre i secondi sono interessati unicamente a quanto può derivare dal concordato per la loro posizione creditoria, la prima è titolare, invece, di una posizione più complessa, in quanto il suo tornaconto dipende dalla sommatoria di almeno due interessi: quello derivante dalla qualità di creditore e quello connesso alla qualità di parte del gruppo195.

Rispetto ai crediti infragruppo si può ripetere, con gli opportuni adattamenti, anche un’ulteriore giustificazione individuata in relazione all’esclusione dal voto dei crediti dei soci.

La proposta di concordato, in quanto avente per oggetto scelte strategiche ed operative di carattere finanziario, industriale, commerciale, sarà verosimilmente influenzata dall’attività di direzione e coordinamento esercitata dalla capogruppo (se non da essa direttamente predisposta, qualora la stessa sia interessata dalla situazione di crisi)196. Se fossero ammessi al voto anche i creditori appartenenti al gruppo, il concordato potrebbe essere approvato da una maggioranza alla cui formazione concorrono (o che può essere anche formata esclusivamente da) soggetti, che esprimono un voto influenzato dallo       

194 Si tratta di un elemento al quale lo stesso legislatore dà rilievo all’art. 2497 quinquies c.c. riservando

ai creditori interni al gruppo un trattamento diverso e deteriore in alcuni frangenti a quello dei creditori esterni al gruppo. Quanto si dice nel testo deve infatti essere considerato il fondamento della postergazione prevista dalla norma anche nei confronti dei non soci della società sovvenzionata.

195 V. nel senso dell’esclusione dal voto sulla proposta di concordato di gruppo dei crediti delle società

ad esso appartenenti, in quanto portatrici di istanze conflittuali con quelle dei creditori terzi da ultimo SANTAGATA, Concordato di gruppo e teoria dei vantaggi compensativi, di prossima pubblicazione su Riv. dir. impr., 22 del dattiloscritto, che perviene a tale soluzione applicando analogicamente l’art. 127,

4 co., l.fall. Per una recentissima pronuncia che valorizza la sussistenza del conflitto di interessi fra creditori ed in particolare della società controllata creditrice a fronte della proposta di concordato della controllante, con conseguente esclusione della prima dalla votazione (anche se, come bene sottolinea D’Attorre in nota alla pronuncia, la sussistenza del conflitto non viene ritenuta dal tribunale in re ipsa nell’esistenza del rapporto di controllo, ma da accertare caso per caso in base alle risultanze concrete) v. Trib. Verona, 27 marzo 2013, in Fallimento, 2014, 328 ss.; Trib. Monza 27 marzo 2012, cit.

196 Si rinvia per un ulteriore approfondimento in merito a BENEDETTI, La responsabilità banca, cit., 415

ss. e v. anche la definizione di attività di direzione e coordinamento data da MONTALENTI, Direzione e

stesso ente che lo ha anche predisposto nell’esercizio del proprio potere di eterodirezione.

Siccome si realizza anche rispetto ai crediti infragruppo una situazione nella quale, in ultima istanza, l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento assume contemporaneamente, seppur indirettamente (per il tramite degli enti da esso dominati), la posizione di controparte della massa dei creditori e di componente votante della stessa, e, perciò, diviene portatrice di un interesse personale non comune a quello dei creditori ordinari, la legge reagisce privando della legittimazione a esprimersi sulla proposta quelle società, che agiscono sostanzialmente come interposte della capogruppo. Si deve, peraltro considerare, che le argomentazioni appena svolte trovavano una conferma nella tesi dottrinale197, secondo la quale ai crediti infragruppo, a prescindere dalle loro caratteristiche (a prescindere, cioè, che siano o meno “in funzione”) e dalla qualifica che veniva loro legislativamente attribuita (prededucibili o meno), sarebbe stata analogicamente applicabile, nel concordato preventivo, l’art. 127, 6 co., l.fall. che, per il concordato fallimentare, prescrive il divieto di voto per le società controllanti, controllate o sottoposte a comune controllo rispetto alla debitrice. Tralasciando l’80% dei crediti infragruppo, la cui esclusione dal voto dipende dal privilegio della prededucibilità, per la residua frazione del 20% tanto la ricostruzione qui proposta quanto l’estensione analogica dell’art. 127, 6 co., c.c. convergono verso un risultato pratico identico, avente un fondamento comune.

A conforto della medesima conclusione depone oggi anche la recentissima novità introdotta nell’art. 177, 4 co., l.fall., ove il d.l. 83/2015 ha introdotto la stessa esclusione dal voto delle società controllanti la debitrice precedentemente contemplata solo dalla disciplina del concordato fallimentare.

Outline

Documenti correlati