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La ratio della previsione della prededucibilità per i finanziamenti soci.

Individuare entro il comma in esame due prescrizioni normative diverse ed autonome costituisce, poi, la scelta che meglio corrisponde alla logica sottesa alla disposizione introdotta dal decreto sviluppo: incentivare l’intervento finanziario dei soci per sostenere i tentativi di superamento delle situazioni di crisi.

Se si applicano congiuntamente i due periodi del 3 co. dell’art. 182 quater, infatti, si determina un marcato restringimento dell’ambito rispetto al quale opererebbe la prededucibilità, in confronto a quanto poteva ricavarsi dalla versione originale della norma (introdotta nel 2010).

La disposizione previgente prevedeva la prededuzione per i finanziamenti “dei soci”, ossia di coloro che, al momento del prestito, già facevano parte della compagine sociale. Qualora si interpreti l’aggiunta introdotta dal decreto sviluppo come una specificazione della norma originaria, beneficerebbero della prededucibilità soltanto coloro che siano divenuti soci “in esecuzione” del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione.

Ne risulterebbero esclusi, quindi, i finanziamenti in funzione o in esecuzione erogati dai “vecchi” soci, ovvero da coloro che abbiano acquistato tale status prima e a prescindere dal ricorso ad una delle due soluzioni negoziali della crisi d’impresa.

Ma un simile esito pare difficilmente conciliabile con lo scopo di incentivare misure per la crescita economica del paese, fra le quali il decreto sviluppo annovera anche il sostegno finanziario dei soci funzionale a facilitare la gestione delle crisi aziendali291.       

290 v. LÜNEBORG, op. cit., 119 e le ulteriori cit. alle nt. 464 e 465. E v. anche, per il riconoscimento

dell’esenzione dalla postergazione al creditore che non acquisti alcuna partecipazione sociale anche SERVATIUS, Gläubigereinfluss durch Covenants, Tübingen, 2008, 565; KÄSTLE, Rechtsfragen der Verwendung von Covenants in Kreditvertägen, Berlin, 2003, 196-197 (sulla riflessione dei quali v. più

diffusamente oltre).

291 D.L. 83/2012, Titolo III, Capo III. Nel senso del testo Linee guida per il finanziamento delle imprese

in crisi, §2.6, ove si osserva che per i nuovi soci applicare “lo stesso trattamento previsto per coloro che sono già soci avrebbe…un effetti disincentivante”; da ultimo anche BRIOLINI, Concordato preventivo,

cit. 18 ss. e nt. 40, il quale rileva che aderendo alla tesi contraria il potenziale finanziatore, lungi dall’essere incentivato a dare il proprio sostegno finanziario e ad entrare nel capitale della società in crisi sarebbe addirittura penalizzato (in controtendenza rispetto ai più recenti interventi di riforma)

Più coerente con tale scopo risulta senz’altro l’interpretazione qui proposta del 3 co. dell’art. 182 quater l.fall., ossia quella secondo cui il decreto sviluppo ha mantenuto fermo il privilegio della prededucibilità per i crediti dei “vecchi” soci nei limiti dell’ 80% (estendendola, peraltro, anche ai finanziamenti di cui al 2 co. dell’art. 182 quater), già previsto dalla legge fallimentare previgente; ed esteso l’applicazione del beneficio, senza limitazione, ai soggetti individuati nella prescrizione normativa introdotta ex novo292. 20. Segue. Aporie dell’interpretazione proposta. Tentativo di ricondurre quest’ultima ad una ricostruzione sistematicamente coerente.

La ricostruzione appena proposta dell’art. 182 quater, 3 co., l.fall. comporta la necessità di spiegare il diverso trattamento che la legge riserva ai medesimi finanziamenti di cui al 1 e al 2 co. della norma, a seconda che siano erogati dal socio (ossia da un soggetto che, già tale, successivamente effettui il finanziamento, così risultando il prestito assoggettato al primo periodo, del 3 comma, della disposizione in commento) o da chi lo diventi “in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo” (dovendosi in tal caso applicare il secondo periodo, del 3 comma, dell’art. 182 quater l.fall.). In altri termini: perché la legge riserva al credito di quest’ultimo la prededucibilità per intero, e solo nel limite dell’80% al credito del socio?

Si prospetta, inoltre, l’ulteriore questione della possibile applicazione concorrente dei due periodi di cui si compone il 3 comma dell’art. 182 quater ad una medesima fattispecie, suscettibile, in base al tenore letterale delle legge, di integrare gli estremi di entrambe le proposizioni normative.

Iniziando dal primo problema, chi è già socio può trarre, in caso di successo del tentativo di superamento della crisi, a cui il finanziamento è strumentale, un vantaggio ulteriore a quello di cui possono godere i creditori-terzi: la conservazione del valore della propria partecipazione sociale e del proprio originario investimento nella società oltre, magari – nel caso in cui il concordato o l’accordo riescano a determinare la continuità dell’impresa -, il ripristino della sua redditività293. Tale soggetto, in sostanza, non ha altra alternativa per tutelare il proprio interesse partecipativo che sostenere finanziariamente la ristrutturazione dell’impresa, affinché essa abbia successo. Nel momento in cui sopravviene e si manifesta uno stato di crisi egli ha, pertanto, un interesse ad evitare il fallimento, tramite l’esperimento di un tentativo di risanamento nella forma del       

atteso che, in mancanza della norma in esame inteso nel modo rifiutato, il credito del finanziatore godrebbe della prededucibilità piena, non essendo di per sé rilevante per l’art. 2467 c.c. l’acquisto della qualità di socio ove tale acquisto avvenga in un momento successivo rispetto al finanziamento.

292 Conf. alla soluzione che si propone nel testo DIDONE, op. cit., 919, il quale afferma l’impossibilità

di sottoporre ad un trattamento analogo i soci che, per regola generale, ossia ai sensi degli artt. 2467 e 2497 quinquies, c.c., sarebbero postergati e i soggetti che, prima dell’accesso alla procedura, non erano soci, acquisendo tale qualità solo a seguito dell’esecuzione del concordato il cui successo il loro finanziamento è volto ad assicurare; VALENSISE, sub art. 182 quater, cit., 456.

concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione, ulteriore rispetto a quello di cui diventa titolare come creditore294.

Si può, quindi, sostenere che il legislatore abbia ritenuto la prededucibilità, non per l’intero, ma solo per l’80% dell’importo del credito, un incentivo sufficiente, se sommato all’interesse al superamento della crisi che il finanziatore ha in quanto socio, a spingerlo a sostenere con l’apporto di nuova finanza l’esperimento del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione295.

Diversa appare, invece, la posizione di chi è già creditore, in conseguenza della concessione di un finanziamento “in funzione” o “in esecuzione”, che, successivamente, compia anche un investimento partecipativo nella società in crisi.

Certo sia il primo che il secondo soggetto erogano nuova finanza nell’ambito di un tentativo di superamento della crisi della società, ponendo così in essere un’operazione con la quale si prende parte alla ristrutturazione dell’impresa.

Ed anche il creditore che successivamente acquisti una partecipazione sociale ha comunque, al pari del socio, che successivamente divenga finanziatore, un interesse preesistente al buon esito della procedura di soluzione della crisi, correlato al rimborso del proprio credito pregresso e al pagamento degli interessi.

Ciò nonostante, appare ragionevole, comunque, privilegiare maggiormente il creditore che apporta capitale di rischio rispetto al socio che eroga un finanziamento, poiché il primo dà un contributo al risanamento (“in esecuzione”, usando le parole della legge) tramite un investimento, che dota la società in crisi di risorse proprie, alle quali non è connesso alcun pericolo per gli altri creditori, che vantano un diritto ad essere soddisfatti prioritariamente rispetto ai partecipanti al capitale sociale. In altri termini, il finanziatore assume volontariamente il rischio inerente alla titolarità di una partecipazione in una società in situazione di crisi conclamata, al fine di favorirne il superamento e così facendo non si pone in concorso con gli altri creditori sociali preesistenti.

Costui, dunque, appare meritevole di un trattamento privilegiato rispetto a chi fornisca un contributo alla ristrutturazione sociale, ponendosi - tramite l’apporto di capitale di credito - in posizione di parità con i creditori pregressi.

Considerazioni simili valgono per il terzo, che contestualmente effettui il finanziamento e l’investimento partecipativo.

Per tale soggetto l’eventuale fallimento della società in crisi, oppure la sua ristrutturazione sono eventualità del tutto indifferenti, se mantiene la propria posizione estranea alla compagine sociale ed alla massa dei creditori dell’impresa in crisi. Egli si       

294 Ciò trova conferma se solo si considera la ricostruzione proposta in modo ricorrente del rischio che

i creditori corrono quando i soci finanziano la loro società in crisi a titolo di debito. Si dice infatti che i soci hanno un particolare incentivo a finanziare (a titolo di credito) la società (c.d. fenomeno dell’overinvestment): per tutti v. MAUGERI, Finanziamenti “anomali”, cit., 138 ss.; STANGHELLINI, Le crisi, cit., 24 nt. 10 e 41; PRESTI, Sub art. 2467, 99 ss.; VATTERMOLI, Crediti, cit., 146 il quale afferma

che “l’interesse economico che muove il [socio] non potrebbe mai essere considerato omogeneo con quello di cui è portatore il creditore terzo”; VALENTE, op. cit., 42 nt. 102.

295 Per uno spunto MAUGERI, Sul regime, cit., 838, nt.108; per osservazioni interessanti VATTERMOLI,

Crediti, cit., 161 ss. Quanto si dice nel testo consente anche di giustificare la limitazione alla

prededucibilità prevista solo nel 3 comma dell’art. 182 quater l.fall., e non nei due suoi commi precedenti, applicabili ai meri creditori della società in crisi.

trova nella situazione di chi, non compiendo alcun investimento non ha niente da perdere, mentre se decide di finanziare con capitale di credito e di acquistare anche una partecipazione sociale, si fa carico di tutti i rischi che l’assunzione delle qualifiche di creditore e di socio comportano nell’eventualità – possibile - di insuccesso del tentativo di risanamento. Se ciò nonostante il terzo decide di sostenere finanziariamente la società in esecuzione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione, effettuando in più anche un investimento partecipativo, indubbiamente egli assume un rischio analogo a quello che sopporta chi, già socio, compia in aggiunta anche un finanziamento “in funzione” o “in esecuzione”, ma al quale, a differenza di quest’ultimo, avrebbe potuto sottrarsi con una scelta diversa296.

Da ciò deriva la maggior meritevolezza del comportamento del terzo, che giustifica l’attribuzione di un beneficio maggiore rispetto a quello accordato al finanziatore già socio297.

Quanto fin qui sostenuto sembra, peraltro, trovare conferma nel fondamento che la dottrina ha ritenuto sotteso al beneficio della prededucibilità. Si afferma, infatti, che la legge “compensa il rischio assunto dal finanziatore con la prededucibilità del diritto al rimborso…”298. Pare quindi possibile ritenere che, assumendosi il terzo e colui che già è creditore sociale, nei casi considerati, non solo il rischio del mancato rimborso, ma anche quello inerente l’investimento partecipativo che avrebbe potuto evitare con una propria scelta discrezionale, risulta giustificato rispetto ad entrambi il riconoscimento da parte della legge di un compenso maggiore (rispetto a quello accordato al finanziatore già socio), consistente nella prededucibilità per l’intero credito299.

      

296 Ciò significa che, supportando finanziariamente il tentativo di soluzione della crisi atto ad evitare il

fallimento, il socio ha la speranza di ottenere una soluzione migliore di quest’ultimo, e sopporta il rischio connesso all’esito negativo della soluzione extrafallimentare. Il terzo che conceda credito ad una società già in crisi e compia inoltre anche un apporto sotto forma di capitale di rischio non ha alcun interesse (come il socio) a preservare il valore di una propria precedente partecipazione e sopporta il rischio dell’esito negativo della soluzione extrafallimentare ivi compreso il rischio della svalutazione della propria partecipazione, rischio a cui avrebbe (a differenza del socio) potuto sottrarsi.

297 V. BRIOLINI, I finanziamenti, cit., 696 che razionalizza il trattamento privilegiato previsto dal 2

periodo del 3 comma dell’art. 182 quater l. fall. rispetto a quello oggetto del periodo precedente della medesima norma in base alla considerazione che il legislatore reputa meritoria la scelta del finanziatore di partecipare al capitale della società finanziata, in tal modo dimostrando un interesse di più lungo periodo rispetto al superamento della crisi in cui quest’ultima si trova.

298 V. STANGHELLINI, Finanziamenti, cit., 1354

299 Altrimenti detto: siccome il rischio che i soggetti menzionati nel testo si assumono è maggiore di

quello sopportato da chi, già socio, presti un finanziamento “in funzione” o “in esecuzione”, maggiore deve corrispondentemente essere anche il compenso consistente nella prededucibilità, appunto da parametrare al rischio stesso. Non pare, invece, che chi è già socio e chi lo diventa contestualmente al finanziamento possano essere distinti per il fatto che a quest’ultimo non si può imputare la violazione del principio di corretto finanziamento della società per averla sovvenzionata tramite l’erogazione di un prestito quando invece sarebbe stato ragionevole apportare capitale di rischio poiché un “conferimento non potrebbe comunque codicisticamente intervenire [in tal caso], non potendo infatti, tale…controparte contrattuale…sottoscrivere o fare in modo che sia sottoscritto alcun aumento di capitale” (DE LUCA PICIONE, Operazioni finanziarie nell’attività di direzione e coordinamento, Milano, 2008, 39). Si è infatti replicato (BALP, I finanziamenti, cit., 349), che il requisito in esame non è

D’altro canto, l’acquisto della partecipazione sociale in una società in crisi già conclamata - tanto da giustificare il ricorso ad un tentativo di soluzione della stessa - comporta anche una ulteriore conseguenza da valutarsi come positiva e, dunque, da incentivare. Alla compagine sociale, soprattutto nella s.r.l. - alla disciplina della quale appartiene l’art. 2467 c.c. - può essere imputata quella conduzione degli affari sociali che ha condotto l’ente in una situazione di crisi, stante gli ampi poteri di ingerenza nella gestione propria dei suoi componenti.

È, dunque, da valutare in modo favorevole l’ingresso di nuovi soci, non coinvolti nel precedente corso della gestione300.

Per questi motivi, la scelta di investimento del creditore che diviene anche socio della società in crisi, appare maggiormente meritevole di quella compiuta dal (soggetto già) socio, che finanzia con capitale di credito la propria società, non verificandosi in quest’ultima eventualità alcun avvicendamento fra i partecipanti al capitale sociale. Per la stessa ragione il legislatore premia il terzo che decide di prendere parte al tentativo di risanamento come socio e come creditore con la prededucibilità per l’intero importo del proprio credito.

La soluzione accolta nel 2 periodo del comma 3 dell’art. 182 quater l.fall., a ben vedere, risulta tributaria del modello del Sanierungsprivileg previsto oggi nel nuovo § 39, Abs. 4, InsO, nella parte in cui esenta dall’applicazione della regola della degradazione nell’ordine di soddisfacimento (§39, Abs. 1 n.5) i crediti di chi acquista partecipazioni sociali allo scopo di superare la crisi301.

Intanto perché la dottrina tedesca individua la ratio del Sanierungsprivileg nell’esigenza di promuovere il risanamento, incentivando l’assunzione del controllo sulla società in       

incompatibile con l’assenza di una partecipazione nella società beneficiaria del conferimento, poiché esso suggerisce solo che per evitare la postergazione si debba provvedere al sostegno finanziario mediante l’apporto di risorse non attributive di diritti idonei a danneggiare gli altri creditori, sicchè detto requisito può ritenersi rispettato anche nei casi di apporti di risorse rappresentative di netto patrimoniale diverse dal capitale sociale (versamenti in conto capitale o a fondo perduto), ammissibili anche da parte di terzi. In altri termini: se non vuole incorrere nella violazione del principio di corretto finanziamento dell’impresa al terzo basta effettuare un apporto di denaro in una forma che non comporti l’obbligo di restituzione, che è un conferimento anche se non imputato a capitale (v. anche M. CAMPOBASSO, Sub art. 2467, cit., 248, ove ult. rif.).

300 L’osservazione nel testo quale fondamento della prededucibilità per l’intero credito da parte del

creditore, che divenga successivamente anche socio “in esecuzione” di un concordato o di un accordo di ristrutturazione trova una conferma anche nell’ordinamento tedesco, ove lo stesso legislatore storico del KonTraG afferma, nella relazione di accompagnamento, che il Sanierungprivileg viene concesso in caso di Anteilserwerb perché quest’operazione “zumeist verbunden mit dem Austausch des Managements” deve essere considerata come un contributo importante al risanamento (Bericht des

Rechtsausschusses, BT-Drucks, 13/10038, v.4.3.1998, S.27; ed anche in dottrina SEIBERT, Eigenkapitalersatz, in GmbhR, 1998, 310; maggiormente incerti sulla conclusione della relazione,

invece, DAUNER-LIEB, Die Freistellung geringfügig beteiligter Gesellschafter von der Kapitalersatzhaftung, in DStR, 1998, 1522 ss.;LÜNEBORG, op. cit., 118).

301 Lo afferma BARTALENA, op. cit., 2976 nt. 100; VELLA, Postergazione e finanziamenti societari nella

crisi d’impresa, Milano, 2012, 18 nt. 36; MAUGERI, I finanziamenti, cit., 736 ss.; VATTERMOLI, Crediti,

cit., 161. Per la letteratura tedesca si rinvia agli ampi richiami contenuti in MAUGERI, Sul regime, cit., 809 nt. 10.

crisi da parte di soggetti che introducano nuove strategie imprenditoriali302. Funzione che, come appena rilevato, può essere considerata sottesa anche alla prededucibilità per l’intero credito di chi divenga socio in “in esecuzione” del concordato o dell’accordo di ristrutturazione.

In aggiunta, nella letteratura germanica si attribuisce al § 39, Abs. 4, Satz 2, InsO l’ulteriore funzione di incentivare la combinazione di capitale proprio e di credito nella crisi della società, che è considerato obiettivo di estrema importanza. In tal modo, infatti, si realizza un allineamento dell’interesse del creditore con quello del socio, componendo gli opposti incentivi ad evitare i rischi del primo e ad assumerne di eccessivi del secondo303; situazioni entrambe che non si conciliano con scelte di investimento volte alla massimizzazione del valore dell’impresa304.

Il raggiungimento dell’obiettivo dell’acquisto della qualità di socio e di creditore può essere considerata una finalità sottesa anche alla previsione legislativa nostrana, che accorda il beneficio della prededucibilità nella sua interezza, senza assoggettarlo al limite dell’80% applicabile, invece, ai finanziatori già soci.

È vero che anche in quest’ultimo caso si realizza un allineamento dell’interesse partecipativo del socio con quello del creditore.

Ma poiché il finanziatore ha già lo status di socio, sussiste il sospetto che la nuova finanza sia erogata sotto forma di prestito per lucrarne gli eventuali effetti positivi (rispetto alla crisi della società), senza sopportare il rischio d’impresa collegato alla qualità di socio in caso di esito negativo del tentativo di ristrutturazione.

Tale sospetto non può sussistere invece nell’ipotesi disciplinata nel 2 periodo del 3 co dell’art. 182 quater, in quanto il finanziatore terzo compie, oltre ad un prestito, anche un investimento partecipativo e perciò assume volontariamente quel rischio che la qualità di socio implica, al quale era estraneo fino a quel momento305.

D’altronde, la maggior meritevolezza riconosciuta dal legislatore alle fattispecie di finanziamenti qui in esame, accordandogli la prededucibilità per l’intero, può essere considerata conseguenza del fatto che l’acquisto della partecipazione sociale del finanziatore, in quanto avvenuto in esecuzione dell’accordo o del concordato, ha ottenuto il consenso dei creditori aderenti e può realizzarsi solo a condizione che esso sia conseguito, inquadrandosi in un tentativo di risoluzione della crisi con essi concordato.       

302 L’attribuzione al Sanierungprivileg della ratio menzionata nel testo induce la dottrina tedesca ad

estendere l’esenzione anche al creditore che assuma l’eterodirezione della società in crisi senza divenirne socio (v. CUOMO, op. cit., 278-279 ove riferimenti alla dottrina tedesca).

303 v. VON SPEE,op. cit.,77

304 ENGERT, Drohende Subordination als Schranke einer Unternehmenskontrolle durch Kreditgeber,

in ZGR, 2012, 837, ove si legge che l’ “Anreiz zur Vermeidung von Risiken” del “Reine Gläubiger…ist ebenso schadlich wie der Risikoanreiz der Gesellschafter”, in quanto “beide können dazu führen, dass nich die Entscheidung mit dem höchsten ervarteten Unternehmenswert getroffen wird”;MAUGERI, I finanziamenti, cit. 736 ss.

305 Per uno spunto in tal senso v. CUOMO, op. cit., 284 che (sebbene in relazione ad un problema diverso

da quello affrontato nel testo) afferma che la limitazione del beneficio della prededucibilità all’80% dell’importo del credito è giustificata rispetto ai soggetti considerati al primo periodo del 3 co. dell’art. 182 quater l.fall. dal “potenziale conflitto di interessi nel sostenere il tentativo di risanamento”, che è, invece, estraneo a coloro che acquistano la qualità di socio in esecuzione del piano di risanamento.

Ciò significa che l’ingresso del terzo nella compagine sociale è stato giudicato conveniente da parte dei creditori, ossia strumentale al successo di una soluzione stragiudiziale della crisi prospetticamente vantaggioso per i loro interessi306.

Quest’ultimo rilievo, unitamente a quello precedente concernente il ricambio della compagine sociale, può essere trasposto anche alle ipotesi - riconducibili letteralmente entro l’ambito di applicazione della disposizione in esame (v. sopra § 17) - nelle quali i finanziamenti ai sensi dei primi due commi dell’art. 182 quater siano successivi all’acquisto della partecipazione sociale, avvenuto, però, “in esecuzione” di un concordato o di un accordo di ristrutturazione.

Da questa osservazione - venendo ad affrontare la seconda questione enunciata in apertura del paragrafo - sembra possibile trarre un’importante conseguenza in merito

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