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L’esclusione dal voto della percentuale del credito del socio non prededucibile Questione interpretativa più complicata si rivela essere, invece, la disciplina del

Capitolo II 1 Il voto dei finanziatori soci.

3. L’esclusione dal voto della percentuale del credito del socio non prededucibile Questione interpretativa più complicata si rivela essere, invece, la disciplina del

diritto di voto relativo alla frazione del credito del socio, che non fruisce del beneficio della prededucibilità. Tant’è vero che la dottrina sostiene sul punto opinioni discordanti.

Una prima tesi, valorizzando il tenore letterale dell’ult. comma dell’art. 182 quater l.fall., precisa che l’esclusione ivi prevista mostra di riferirsi ai finanziamenti prededucibili dei soci senza operarne alcuna delimitazione quantitativa ossia senza distinguere, rispetto alla prevista preclusione all’esercizio del voto, fra l’80% e la frazione residua del credito14.

Questa opinione spiega la previsione sulla base del presupposto per cui il 20% del credito “in funzione” del socio deve reputarsi postergato non all’intero ceto creditorio, bensì solo agli altri crediti egualmente prededucibili. Siccome, cioè, i finanziamenti dei soci hanno natura integralmente poziore nell’ordine di soddisfacimento, essi vengono esclusi dal computo delle maggioranze necessarie ai fini dell’approvazione del concordato, proprio perché destinati ad esser soddisfatti in via antergata rispetto ai crediti chirografi15.

Una diversa tesi sostiene, invece, che la percentuale del 20%, in quanto non qualificata come prededucibile dalla legge e, pertanto, da considerare assoggettata alla postergazione ex art. 2467 c.c., sarebbe sottoposta all’ordinario regime dei crediti subordinati anche sotto il profilo della legittimazione ad esercitare il diritto di voto. Quindi, l’esclusione del voto disposta dall’ultimo comma dell’art. 182 quater l.fall., a carico dei crediti dei soci previsti dal precedente terzo comma, dovrebbe intendersi limitata alla quota dell’80% del loro valore16.

Com’è evidente entrambe le opinioni appena riferite interpretano la previsione di cui all’ultimo comma dell’art. 182 quater l.fall. in base a due diverse, anzi contrapposte, qualificazioni della frazione del 20% del credito dei soci, non espressamente assoggettata dalla lettera della legge al beneficio della prededuzione. Esse forniscono un’indicazione di metodo da ritenere condivisibile per ricostruire la previsione dell’ult. co. di quell’articolo: per spiegare la ratio dell’esclusione dal voto dei crediti       

14 MAUGERI, I finanziamenti, cit. 736 ss. La norma in esame infatti menziona “i creditori, anche se soci”

con riferimento ai “crediti indicati al secondo comma”. Quindi: intanto essa non fa riferimento ad alcuna soglia quantitativa; e poi esclude dal voto “i creditori” titolari di crediti “in funzione”, ossia il soggetto titolare del diritto. Ciò mi sembra deporre nel senso dell’intenzione del legislatore di escludere dal computo della maggioranza l’intero credito “in funzione” perché se il credito, come pretesa giuridica è frazionabile, non lo è, naturalmente la partecipazione al voto del suo titolare, che è proprio il destinatario dell’esclusione normativamente disposta.

15 MAUGERI, op. ult. cit., 736 ss.

16 V. al riguardo FABIANI, L’ulteriore, cit., 906; BARTALENA, op. cit., 2974, spiegando l’esclusione del

voto dei crediti prevista nell’ult. co. dell’art. 182 quater l. fall. con l’attribuzione della prededuzione; M. ROSSI, Postergazione, cit., 52 nt 110, che, ritenendo in generale legittimati a votare i creditori

postergati ex art. 2467 c.c., ammette a votare anche il 20% dei crediti dei soci da finanziamenti in funzione non prededucibile. Ma v. il medesimo autore pag. 41 ss. anche per un’ampia ricostruzione della tesi contraria ad ammettere il voto per i crediti postergati in generale.

dei soci “in funzione” occorre partire dalla determinazione della natura (rectius, dal rango) di queste pretese.

I motivi di adesione alle due opinioni appena esposte, però, si esauriscono qui. Poiché, infatti, si è pervenuti ad una conclusione in merito alla natura della frazione del 20% diversa da quella assunta da ciascuna delle due tesi descritte - ossia a) la natura prededucibile anche della stessa rispetto ai chirografari e postergata solo all’interno della categoria dei crediti prededucibili, oppure b) semplicemente postergata ai chirografari ex art. 2467 c.c. -, sembra conseguenza necessaria cercare di ricostruire in modo differente il significato della prescrizione di cui all’art. 182 quater, ult. co., l.fall.

Si è già cercato di dimostrare come la frazione del 20% debba essere considerata avere il rango dei crediti chirografari per effetto di due fattori concorrenti: 1) la riduzione teleologica dell’art. 2467 c.c. che dovrebbe considerarsi inapplicabile ai finanziamenti in funzione di una procedura legislativamente tipizzata per il superamento della crisi impresa; 2) la mancata attribuzione della prededucibilità ex art. 182 quater, 3 co., l.fall., che vede limitata la propria portata precettiva solo al riconoscimento di un simile trattamento privilegiato per l’80% del credito al rimborso del socio.

Sembrerebbe perciò invitabile concludere che l’esclusione dall’esercizio del diritto di voto non si applica alla frazione pari al 20% dell’importo del credito proprio perché, in base ai principi generali desumibili dalla disciplina del concordato preventivo, i creditori chirografari partecipano alla sua approvazione. In altri termini si dovrebbe ammettere che, a dispetto del tenore letterale della disposizione in esame, ove non si distinguono affatto le due percentuali del credito del socio ai fini dell’esclusione dal computo delle maggioranze per l’approvazione del concordato, tale prescrizione dovrebbe valere limitatamente alla frazione della pretesa alla quale è riconosciuto il diritto al soddisfacimento preferenziale17.

L’interpretazione dell’ult. co. dell’art. 182 quater l.fall., laddove dispone per i finanziamenti dei soci, deve essere articolata in due passaggi successivi.

Nel primo occorre stabilire se l’esclusione dal voto e dal computo delle maggioranze riguardi solo la frazione prededucibile del credito da finanziamento “in funzione” del socio oppure il suo intero importo; nel solo caso in cui si preferisca quest’ultima opzione, si deve spiegare quale sia la ragione dell’esclusione per quella parte del credito “in funzione” che, come sopra detto, deve essere considerata avente rango chirografario.

Non pare che una soluzione a favore della limitazione dell’esclusione dal voto all’80% del credito possa essere ricavata dal tenore letterale della norma in esame.       

17 Si noti che la ricostruzione che si adotta nel testo rispetto alla previsione di cui all’art. 182 quater, 3

co., l.fall. comporta come inevitabile conseguenza l’impossibilità di addurre quale giustificazione dell’esclusione dal voto del 20% del credito non prededucibile del socio la mancanza di interesse rispetto alla proposta concordataria come asserito da alcuni autori in relazione ai crediti subordinati in generale (VATTERMOLI, Crediti, cit., 420 e la dottrina cit. alle ntt. 154 ss.). A parte le critiche contro

questa tesi esplicitate oltre nel testo, essa è incompatibile con la qualificazione come chirografario della frazione del credito del 20 % non prededucibile ex art. 182 quater, 3 co. l.fall. qui accolta.

Essa si limita a prescrivere che “con riferimento ai crediti indicati al secondo comma, i creditori, anche se soci, sono esclusi dal voto…”. Di per sé, dunque, essa tratta dei finanziamenti-ponte e in nessun modo il significato delle parole allude alla sola frazione per cui opera la prededucibilità.

La conclusione secondo la quale l’esclusione dal voto sarebbe limitata a tale ammontare della pretesa deriva, invece, da due diverse considerazioni concorrenti: a) la ratio della previsione in esame deve essere la medesima per tutte le ipotesi che vi sono ricomprese (ossia tanto per l’esclusione dei finanziamenti “in funzione” ex art. 182 quater, 2 co., l.fall., quanto per i medesimi erogati dai soci ai sensi del comma successivo); b) tale ratio deve essere individuata nella prededucibilità riconosciuta ai crediti non computati nella maggioranza18.

Probabilmente però nessuno di questi due assunti è inattaccabile. Non il primo, se si considera che l’impossibilità di individuare una giustificazione unitaria della regola sull’esclusione dal voto dei crediti ex art. 182 quater l.fall. era già stata rilevata rispetto alla formulazione iniziale (ossia anteriore alla novella del 2012) della disposizione19.

Se questo è vero, non è detto che la prededucibilità debba essere considerata l’unica possibile giustificazione dell’esclusione in esame, come fa quella parte della dottrina che, così ragionando, è costretta ad ammettere la legittimazione al voto del 20% dei crediti “in funzione” dei soci.

In altri termini questa tesi pare incorrere in una inversione logica del problema in esame: siccome - si dice - l’unica possibile spiegazione dell’ult. co. dell’art. 182 quater è il rango prededucibile del credito, allora si deve necessariamente pervenire ad una lettura correttiva della lettera della legge, che esclude dal voto i finanziamenti-ponte tout court, senza nessuna altra specificazione rispetto al profilo dell’importo.

Parrebbe invece maggiormente corretto procedere, nell’interpretazione della norma, in modo esattamente inverso: siccome la norma dice, alla lettera, che sono esclusi dal computo della maggioranza i crediti da finanziamenti-ponte dei soci per intero, bisogna prima verificare se sussista una spiegazione plausibile della ricomprensione nel suo ambito applicativo anche della frazione del credito non prededucibile e solo in caso di esito negativo ridurne interpretativamente la portata precettiva.

Infine, l’esclusione dal voto dell’intero credito del socio finanziatore “in funzione” della domanda di concordato preventivo pare conseguire ad un’ultima circostanza, che - a quanto consta - non è stata colta in altri scritti sull’argomento.

Sembra indubitabile che l’esclusione dal computo della percentuale ex art. 182 bis, 1 e 6 co., l.fall. riguardi l’intero credito “in funzione” dell’accordo di ristrutturazione, non soltanto la frazione dell’80% al quale è accordata la prededucibilità nel successivo fallimento, in quanto nel contesto di quel tipo di soluzione negoziale della

      

18 V., infatti, BARTALENA, op. cit., 2974.

crisi la prededucibilità non assume alcuna rilevanza, tale da spiegare la previsione normativa in esame20.

La lettera dell’ult. comma dell’art. 182 quater l.fall. equipara - comprendendole in un’unica disposizione - l’esclusione relativa agli accordi di ristrutturazione e quella relativa al concordato preventivo. Ciò induce - sebbene, certo, l’argomento non abbia carattere decisivo - a ritenere che l’una e l’altra abbiano la medesima portata, la medesima estensione riguardo all’importo del credito del socio.

Ciò premesso, appare possibile pervenire ad una ricostruzione capace di conciliare il riconoscimento della natura chirografaria della frazione del 20%, da una parte, con la previsione nell’art. 182 quater, ult. comma - almeno stando al suo mero tenore letterale - di un’esclusione dal voto dell’intero credito al rimborso vantato dal socio finanziatore, dall’altra.

A tal fine, si ritiene necessario verificare se il limite al potere di voto testualmente previsto dal legislatore per i soci finanziatori “in funzione” abbia natura soggettiva21, ossia se rivesta rilievo determinate per la sua applicazione la connotazione di partecipante alla società finanziata di chi ha erogato il prestito. Circostanza che sembrerebbe trovare conferma già nella lettera della legge, la quale fa esplicito riferimento ai creditori di cui al 2 comma “anche se soci” 22.

Nell’ambito della disciplina del concordato sia fallimentare (art. 127 co 5 e 6), che preventivo (art. 177, 4 co.), sono previste ipotesi di esclusione dal voto di natura soggettiva, ossia dipendenti dalla particolare posizione del creditore rispetto al soggetto sottoposto alla procedura concorsuale. E tali esclusioni trovano pacificamente la loro ratio nell’esigenza di evitare possibili distorsioni dell'impiego del voto rispetto a quello che è l'unico interesse, a tutela del quale quella prerogativa è concessa - cioè la migliore e più rapida soddisfazione dei crediti chirografari23 -, o, con formula ancora più significativa, nella presunzione assoluta di conflitto d'interessi con gli altri creditori concorsuali24.

Si tratta, dunque, di verificare se anche l’esclusione soggettiva dal voto dei soci finanziatori per la parte del 20% del loro credito - (che si ritiene) avente rango chirografario - adempia la medesima funzione.

      

20 Sui motivi di tale conclusione v. oltre dove si tratterà appunto dell’esclusione riferita agli accordi di

ristrutturazione.

21 V. PRESTI, I crediti, cit., 935, secondo il quale (seppure in relazione alla versione anteriore al 2012

dell’art. 182 quater l.fall.) l’esclusione ha carattere misto perché dipendente sia dalla connotazione oggettiva del titolo del credito sia da quella soggettiva di chi l’ha concesso.

22 L’espressione è evidentemente volta ad attribuire rilievo specifico non alla condotta oggettiva di

finanziamento, ma allo status del soggetto che ne è l’autore.

23 BONSIGNORI, Del concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca. Legge fallimentare, a

cura di Bricola-Galgano, 1979, 259; sull’interesse dei creditori v. più recentemente l’approfondimento contenuto in D’ATTORRE, I concordati ostili, Milano, 2012, 17 ss.

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