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Contatti tra passivo e altre categorie: medio, perfetto, anticausativo

Capitolo 1 Introduzione e premesse teorico-metodologiche

2. Rektionskomposita : uno dei due membri risulta subordinato a un membro reggente (preposizione o elemento di origine verbale).

2.2 Aggettivo: definizione e proprietà

2.3.2 Contatti tra passivo e altre categorie: medio, perfetto, anticausativo

La formazione del passivo può avvenire attraverso mezzi morfologici differenziati, tra cui si possono ricordare il ricorso ad affissi aggiunti direttamente al tema verbale (strategia più comune) o dopo gli altri affissi derivazionali e flessionali (si parla in tal caso di ‘extrafissi’); a particelle che accompagnano il verbo; a un set di desinenze verbali differenti da quelle dell’attivo (come accade in greco antico e in latino); attraverso modifiche fonetiche del verbo; infine, tramite l’impiego di costrutti perifrastici costituiti da un ausiliare e una forma verbale non finita, solitamente un participio (strategia presente anche in greco antico, in particolare al perfetto)142.

Un tratto che accomuna diverse di queste modalità è costituito dal fatto che l’espressione del passivo non costituisce la loro unica funzione: spesso infatti, come rileva Haspelmath 1990, i morfemi del passivo sono caratterizzati dalla polisemia, per cui sono in grado di veicolare anche altri valori, di cui i più frequenti sono il riflessivo (l’Agente compie l’azione su stesso); il reciproco (più Agenti compiono l’azione gli uni sugli altri); l’anticausativo (indica un processo spontaneo, che non implica la presenza di un Agente); il risultativo (stato che risulta da un’azione precedente, valore possibile sia per i transitivi sia per gli inaccusativi)143; il passivo potenziale (il soggetto può subire una determinata azione) e il fientivo (divenire ciò che è indicato dalla base verbale)144. Tra

questi, come si avrà modo di vedere nel corso della trattazione, risultano particolarmente rilevanti per lo studio dei composti passivi il potenziale, l’anticausativo e il risultativo, sulle cui caratteristiche si tornerà in dettaglio nei capitoli successivi145.

Alcuni dei valori sopra elencati (p.es. riflessivo, reciproco, anticausativo) sono riconducibili alla categoria ‒ riconosciuta come diatesi distinta dalla tradizione grammaticale greca ‒ del medio. Quest’ultimo, pur includendo una pluralità di significati, si caratterizza per la mancanza “of an actor distinct from the patient ‒ either the actor does not exists at all (anticausative), or it coincides with the patient (reflexive, reciprocal), or it is perceived as a potential, non actual participant”146, mentre il passivo implica sempre la presenza di un Agente, anche quando non espresso; medio e passivo sono però accomunati dal tratto della subject affectedness. Il medio può costituire una categoria flessionale autonoma (p.es. nell’aoristo greco) oppure impiegare le medesime desinenze del passivo: infatti, è stato dimostrato che in diverse lingue il passivo è solitamente uno sviluppo tardo del medio (e dunque anche della morfologia deputata alla sua espressione) e che, nello specifico, esso deriva dalla funzione anticausativa, tramite una generalizzazione del medio anticausativo (indicante eventi spontanei inagentivi) a contesti che ammettono la presenza di un Agente147. Inoltre, la relazione del passivo con l’anticausativo diviene ancora più evidente nel momento in cui si considera quella che da Haspelmath è stata individuata come la funzione originaria del passivo, ovvero l’inactivization dell’evento denotato dalla base verbale148, in quanto mentre l’anticausativo

142 Diverse modalità di formazione ricavate da Haspelmath 1990 (ma cfr. anche Gil 2001 e Keenan-Dryer 2007 per la

distinzione tra strict morphological passives e periphrastic passives). Sulla distribuzione di forme sintetiche e analitiche di passivo a livello interlinguistico e all’interno della stessa lingua vd. Gil 2001, pp.901-2, così come per i diversi tipi di verbi impiegati in qualità di ausiliare (cfr. anche Keenan-Dryer 2007, pp.336-9 e Haspelmath 1990, pp.38-9).

143 Come scrivono Nedjalkov-Jaxontov 1988, p.17 “resultative per se is voice-neutral. But the resultative from transitive

verbs typically expresses a state of the patient of the latter which usually surfaces as subject in a resultative construction, and therefore the agent has to be deleted. This results in an intersection of the properties of resultative and passive”.

144 Vd. Haspelmath 1990, pp.32-7. L’autore cita inoltre il riflessivo-causativo, il deobjective (presenza di un soggetto

non specificato) e il desubjective (soggetto non specificato, i.e. il passivo impersonale). Haspelmath stesso riconosce (p.32) come la polisemia delle marche del passivo sia stata notata da numerosi studiosi, per esempio Langacker-Munro 1975 e Shibatani 1985; sulle “constructions that resemble passive” vd. anche Keenan-Dryer 2007, pp.352-9.

145 Vd. in particolare il cap.9 per l’anticausativo e i capp.10, 12 14 per il risultativo. 146 Gil 2001, p.906. Lo studio di riferimento sul medio è Kemmer 1993.

147 Vd. Gil 2001, p.906 e Haspelmath 1990, pp.44-5; il contatto tra passivo e medio è rilevato da numerosi autori, cfr.

p.es. Keenan-Dryer 2007, pp. 352-3. Per un parallelo con gli aggettivi sigmatici (sviluppo del passivo a partire da un valore intransitivo) vd. infra., in particolare la prima parte del cap.9. Sul medio e il passivo in greco vd. tra gli altri Bakker 1994.

148 Cfr. Haspelmath 1990, p.52, dove si osserva che l’origine semantica di vari affissi del passivo (tra cui il greco -η-) è

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esprime di per sé un processo spontaneo inagentivo, il passivo sottrae (o quantomeno pone in secondo piano) a eventi di per sé agentivi proprio la componente di agentività attraverso la rimozione dell’Agente.

Oltre alla frequente condivisione dei suffissi tra passivo e altre categorie, va evidenziato che anche le forme perifrastiche del passivo, costituite da aux + participio, in alcune lingue (p.es. lingue germaniche come inglese e tedesco, o come in latino e in greco antico e moderno) coincidono o presentano forti analogie con costrutti impiegati per altre funzioni, in particolare con il perfetto (anche attivo) e predicati nominali in cui il participio è impiegato con valore aggettivale149. Infatti, in modo analogo al perfetto, anche il passivo può esprimere un valore di tipo risultativo, con la differenza che lo stato risultante dell’azione non è attributo all’oggetto ma al partecipante che a livello sintattico compare come soggetto pur conservando il ruolo (in genere) di Paziente: come scrive Cennamo 2006, “O-oriented patterns150 with a marked verbal morphology and a perfective- resultative interpretation, denoting the state resulting from a previous action, as affecting the O argument, instantiate [...] so-called resultative-stative passives”151.

L’esistenza di un legame tra le categorie di passivo e di perfettività in diverse lingue è stato messo in luce a più riprese da parte degli studiosi, per esempio da Langacker-Munro 1975, i quali affermano che, come il passivo, “a perfective sentence makes an assertion of existence ‒ the existence of an accomplished or realized state resulting from an earlier event”; in particolare, entrambi i tipi di frase (perfettiva e passiva) esprimono la realizzazione “of a relationship between an event and a participant” (oggetto o soggetto) che si trova “in the state of having been affected by the event’s occurrence”152. La condivisione della medesima costruzione (aux + part.perf.), dunque, non fa altro che esplicitare il nesso sopra descritto tra le due categorie153.

Mentre nella scelta dell’ausiliare si riscontra (almeno nelle lingue IE) la tendenza a riservare

essere all’espressione del passivo/inaccusativo e avere a quella dell’attivo154, si rivela invece costante la presenza del participio perfetto, il quale di per sé non è né attivo né passivo, ma risulta ambiguo tra “Perfectivity” e “Passivity”, ragion per cui le sue proprietà dipendono dal contesto sintattico di occorrenza155. Abraham, nello specifico, sostiene che i morfemi di part.perf. possiedano un significato stativo, da cui discende uno “non-agentive adjectival status”156 che può comportare un’ambiguità nell’interpretazione delle perifrasi con il part.perf. come verbali o nominali (participio come parte nominale o complemento predicativo): del resto, come osservato da Givón, “in some

temi verbali non-inattivi con la funzione di “inactivize these stems”. Sul rapporto anticausativo-passivo e le difficoltà nel distinguerli vd. anche Kulikov 2001, pp.392-3.

149 Uno stesso pattern aux + PP può risultare ambiguo tra i due tipi di lettura, come si avrà modo di vedere estesamente

nei capitoli dedicati al confronto tra AV e participi (in particolare cap.12 e 14).

150 Oggetto nella corrispondente costruzione transitiva.

151 Cennamo 2006, p.314. L’object-oriented resultative è spesso indicato anche come statal passive. Nonostante stativo

e risultativo spesso siano accostati in letteratura e talora impiegati come sinonimi, in realtà solo il risultativo presuppone una particolare “Aktionsart or Aspect, namely that of telicity/terminativity/perfectivity” (Abraham 2006a, p.20). Cfr. anche Lehmann 1991, p.200 (sul tedesco): “only transitive verbs that express a telic situation form a stative passive”. Come notato anche supra, esistono anche passivi dinamici, che descrivono un’azione in corso di svolgimento (p.es. the

house is being built); nonostante la presenza di perifrasi progressive passive, Keenan-Dryer 2007, p.341 osservano che

in genere le forme di passivo sintetico hanno valore dinamico in opposizione alle forme perifrastiche, “commonly interpreted as stative or perfective”: mentre le prime “focus attention on the action”, le seconde “focus attention on the state of the object, perhaps regardless of whether an external subject is responsible”.

152 Langacker-Munro 1975, p.824 e p.827.

153 Oltre alle lingue sopra citate, cfr. anche Genušiene 2006, p.47 sul lituano: “passive forms with a perfective participle

of perfective terminative verbs are combined forms: they serve as the perfect form of actional passives but also as statal passives expressing the state of the subject-patient ”.

154 Ma cfr. ingl. have been + PP o greco moderno έχω + ‘infinito’ per il perfetto passivo.

155 Vd. Abraham 2006a e 2006b sulla ‘past participle ambiguity’ e sulla relazione tra perifrasi perfettive e passive. Nella

sua analisi l’autore prende in considerazione principalmente il tedesco, ma anche l’inglese e marginalmente il latino.

156 Abraham 2006a, p.11. Cfr. anche Maslov 1988, p.72 il quale enfatizza invece la componente risultativa: “The

participle itself denotes a state resulting from a preceding action. Therefore inside the verb-phrase it initially has the meaning of a resultative”.

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languages, such as English, a passive clause arises diachronically from, and still resembles structurally and relationally, predicative-adjective (stative-resultative) clauses”157.

La difficoltà nel distinguere perifrasi verbali e aggettivali verrà affrontata in maggior dettaglio nei capitoli dedicati al confronto con il participio, in particolare in quelli riservati all’età ellenistica e tardo-antica (capp.12 e 14), dove si dovrà far fronte a numeri esempi di tale ambiguità.