ETÀ ARCAICA (VIII-VI a.C.)
Capitolo 3 Composti in τος attestati in età arcaica 0 Introduzione
2. Verbi di percezione (fisica e intellettuale) e verbi indicanti processi e attività mental
2.3 Verba affectuum
Un’importante classe all’interno dei verbi indicanti processi mentali è costituita dai cosiddetti verba
affectuum69: gli aggettivi in -τος da essi ricavati sono infatti in età arcaica piuttosto numerosi, e si prestano pertanto a essere raggruppati su base semantica a seconda dello stato d’animo che essi esprimono. Come il resto dei verbi indicanti attività mentale, anche i verbi di emozione sono verbi
62 Il referente è infatti rappresentato non più da chi apprende ma da ciò che viene appreso (ϕιλοσοϕία).
63 Come nota Allan 2002, p.71, il significato di µαίοµαι, infatti, è inizialmente di carattere concreto (‘cercare attraverso
il tatto’).
64 Quest’ultimo è stato spiegato in vari modi da grammatici e lessicografi, che hanno riconosciuto sia un valore passivo
sia attivo (vd. Appendice 1).
65 Cfr. -µνηστευτος.
66 Poi in senso più generico ‘perseguire, sollecitare’.
67 Un signifcato simile è espresso anche da ἐξαίρετος, per il quale vd. par.5 (inserito sotto a causa del significato del
verbo base αἱρέω ‘prendere’).
68 Viene glossato in vari modi, a seconda del contesto in cui appare. Esso è presente anche come PM nei composti
ἀκριτόµθυος ‘che parla confusamente; di senso oscuro’ e ἀκριτόφυλλος ‘dal fitto fogliame’.
69 Proprio per la vastità dell’ambito semantico ricoperto ho ritenuto opportuno trattarli separatamente dai verbi indicanti
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che indicano 2-participants events (Esperiente e Stimulus) di cui il soggetto è parte inerente70: la possibilità di costruire il medesimo evento dalla prospettiva dell’uno o dell’altro partecipante e il carattere [+ affected] del soggetto rendono l’eventuale presenza della doppia diatesi in queste forme un fenomeno atteso71.
L’unico composto riconducibile all’ambito della gioia è l’esiodeo κακόχαρτος (Op.28, 196, detto rispettivamente di Ἔρις e ζῆλος, da χαίροµαι) ‘che gioisce nel male’, con PM aggettivale (ma uso sostantivato) e significato attivo72.
Alla stessa radice di χαίρω, ma dal verbo denominativo χαρίζω ‘dire o fare cosa gradita, compiacere’, è riconducibile l’omerico ἀχάριστος ‘privo di grazia, spiacevole’(Od.8.236, 20.392), con significato affine al possessivo ἀχάριτος. Questa forma è difficilmente classificabile in termini di diatesi, anche se in seguito svilupperà un significato propriamente attivo ‘ingrato (i.e che non ha gratitudine)’, p.es. in Hdt., X., E., e passivo ‘non ricambiato, non corrisposto’ (X.).
Il sentimento (tipicamente epico) dell’ira è invece espresso da due forme, entrambe non composte:
- χολωτός < χολόοµαι ‘essere irato’ (attivo χολόω ‘far arrabbiare, provocare rabbia’) si riferisce a chi è irato/prova ira e ricorre in entrambi i poemi (p.es. Il.4.241, Od.22.26) come epiteto di ἔπος73; - νεµησ(σ)ητός < νεµεσάω ‘essere arrabbiato, provare risentimento’, invece, indica sia chi è ‘incline all’ira’ (Il.11.649), ma anche ciò/chi ‘causa indignazione o ira’ (Il.3.410, Od.22.59) e dunque la merita. L’oscillazione tra questi diversi valori si riflette nei commenti di lessicografi e scoliasti74. In età imperiale (Plutarco) questa forma è attestata con il valore di ‘vendicativo’ o ‘che merita vendetta’, ancora una volta con oscillazione tra attivo e passivo.
L’ambito dell’amore è invece coperto dai derivati di ἀγαπάω e ἔραµαι/ἐράω. Dal primo è ricavata soltanto la forma semplice ἀγαπητός ‘amato’, ‘di cui ci si deve accontentare’ (detto di un figlio unico, anche sostantivato, vd. p.es. Od.2.365, Il.6.401)75; dopo Omero questa forma è attestata
anche con i significati di ‘adeguato a’ (Pl., X., etc.) e ‘desiderabile’ (Pl., X., LXX). Da ἔραµαι/ἐράω invece derivano sia la forma semplice ἐρατός ‘piacevole, amabile’ (Il.3.64, Hes.Th.879; dal LSJ il significato passivo ‘amato’ risulta solo in Tyrt.10.29) sia i composti ἐπήρατος ‘piacevole, delizioso’ (p.es. Il.9.228, Od.8.366, Hes.Op.63) e πολυήρατος ‘assai piacevole, molto amato’ (p.es.
Od.15.126, Hes.Th.404). In questo caso dunque non si assiste a oscillazioni tra attivo e passivo, ma
tra un significato passivo (sempre orientato allo Stimulus) e un significato in cui il valore verbale appare attenuato.
La sola forma omerica riconducibile all’ambito della meraviglia è l’aggettivo semplice ἀγητός ‘ammirabile, straordinario’ (< ἀγάοµαι), attestato in vari passi dell’Iliade (p.es. 22.370, 24.376) e in
70 Vd. Bakker 1994, p.32.
71 Come osserva George 2005, nei verbi medi esprimenti emotional states l’identificazione del passivo risulta
problematica, soprattutto in Omero: poiché i verbi di emozione appartengono a un ambito semantico che spesso è associato nelle lingue del mondo al middle marking, è meglio considerarli medi anche in greco (cfr. posteriorità dell’attivo causativo), mentre il passivo è sicuro solo dove in presenza di overt passive marking (p.es. χολωθείς; vd. George 2005, pp.47-8).
72 Numerosi sono i composti in -χαρής, in prevalenza intransitivi.
L’interpretazione passiva ‘rallegrato dal male’ può forse essere esclusa sulla base del fatto che χαίρω è usato soltanto come intransitivo (anche se -το- ha la capacità di ‘passivizzare’ basi intransitive).
Εrcolani 2010 n.28 p.131 afferma che il significato di questa forma potrebbe essere “che gode della sfortuna altrui”, mentre la forma attesa sul piano morfologico sarebbe *κακοχάρτης (con un SM con il suffisso agentivo -της). Sul valore attivo di questo composto vd. anche West 1978, p.148 (ἡ ἐπὶ κακοῖς χαίρουσα, o, in alternativa, ἐφ’ᾗ οἱ κακοὶ ἐπιχαίρουσιν, come proposto dagli scholia vetera).
73 Come notato da Probert 2006, pp.174-5, mentre Risch 1974, p.24 considera questa forma un derivato del verbo
χολόω. Sul rapporto complesso tra verbi denominativi in -όω e AV in -τος vd. Tucker 1990, pp.276-9 e pp.297-306.
74 Vd. Appendice 1.
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Hymn.Ap.Del.19876. Allo stesso ambito semantico appartengono le due forme semplici θαυµατός e θαυµαστός, la prima attestata nella formula θαυµατὰ ἔργα (Hes.Sc.165 e fr. 204.45 M.-W.), nell’Inno a Hermes (vv.80, 440) e a Dioniso (v.34), la seconda nell’Inno a Demetra (v.10, come avverbio) − oltre che in epoche successive. Il significato è sempre ‘meraviglioso, ammirabile’, anche se θαυµαστός acquisisce l’accezione particolare di ‘strano, assurdo’ e in Euripide ‘che deve essere venerato’(Hipp.106 οὐδείς µ’ἀρέσκει νυκτὶ θαυµαστὸς θεῶν “non amo dei che hanno culto la notte” Pontani). Se θαυµαστός è chiaramente derivato dal verbo denominativo θαυµάζω, il SM di θαυµατός può essere invece ricondotto al sostantivo θαῦµα77; R. Lazzeroni, per esempio, considera l’affiancamento di θαυµατός con θαυµαστός un segno del processo di integrazione dei derivati in - τος all’interno del sistema verbale78.
Da µεγαίρω ‘invidiare’ deriva invece il composto ἀµέγαρτος, che, a partire dal significato base (passivo-potenziale) ‘non invidiabile’79, è attestato nei poemi omerici e in Esiodo con il valore di ‘triste, melanconico, miserabile’ (vd. p.es. Il.2.420, Od.11.400, Hes.Th.666); mentre in età imperiale e tardo antica (Opp.H.4.412, Paul.Sil. in AP11.60) esso presenta anche il valore (sempre passivo) di ‘non desiderabile’.
Alla sfera semantica della paura, in cui i composti in -τος saranno in seguito piuttosto produttivi, è riconducibile la sola forma ἀτάρβητος ‘che non ha paura’ (< ταρβέω, τάρβησα, p.es. in Il.3.63, Hes.Sc.110): si ha dunque il caso di un aggettivo in -τος indicante un’emozione rappresentabile come uno stato (‘essere spaventato’) orientato verso il soggetto-Esperiente (‘che non teme’).80 Al tempo stesso va segnalato anche l’utilizzo (posteriore) nel significato, sempre riferito all’Esperiente, di ‘non spaventato’ (almeno secondo quanto segnalato da LSJ), p.es. in IG XIV 1003.2 (ἵστορ ἀταρβήτων, Ἡράκλεες, καµάτων, datata al II d.C.).
Più numerosi sono invece gli aggettivi derivati da verbi che significano ‘faticare, sopportare, stancarsi’, che sono caratterizzati dalla possibilità di assumere significato attivo, con orientamento al soggetto-Esperiente (cioè chi sopporta o si stanca, ancora una volta [+affected] dall’azione) o passivo e orientamento verso ciò che deve essere sopportato.
Da ἔχω (nel significato appunto di ‘sopportare’) deriva la forma con alpha privativum ἀνεκτός, impiegato in entrambi i poemi omerici nell’accezione passivo-potenziale ‘che può essere sopportato’ (p.es. Il.1.573, Od.20.84, spesso preceduto da negazione, con il significato complessivo di ‘insopportabile’); questo valore è conservato anche nelle epoche successive81.
Hanno invece il soggetto come referente ἀµόγητος ‘instancabile’ (< µογέω ‘sopportare fatiche’)82, attestato come aggettivo in Hymn.Hom.8.3 e sotto forma di avverbio ἀµογητί ‘senza fatica (i.e. senza stancarsi)’ in Il.11.37, e ἄκµητος (< κάµνω ‘faticare, soffrire’) ‘non stanco, infaticabile’ (Hymn.Ap.520, ma ‘che non ferisce’ in Nic.Th.737)83.
Duplice orientamento, anche se con modalità differenti a seconda delle forma considerata, esibiscono i derivati di τλάοµαι ‘sopportare’, di cui in Omero sono attestate tre forme:
- la forma semplice τλητός, attiva orientata all’Esperiente (‘paziente, che sopporta’) in Il.24.49, ma passiva con referente lo Stimulus (‘che deve essere sopportato’) nel V a.C. (p.es. A.Pr.1065, S.Aj.466);
76 ἀγαστός è registrata in LSJ come forma più tarda di ἀγητός e ricorre dal V a.C.
77 Così per esempio Chantraine 1933, p.305, citato in Probert 2006, p.174; secondo l’autrice il -σ- presente in
θαυµαστός non è etimologico.
78 Vd. Lazzeroni 2010, p.262. Nel LSJ viene invece proposta una derivazione verbale anche per θαυµατός < θαυµαίνω
(*θαυµn̥-yω).
79 Cfr. Hsch. µεγαρτός ‘invidioso’.
80 Anche il composto sigmatico ἀταρβής ha lo stesso valore attivo (anche causativo).
81 I derivati di ἔχω sono molto numerosi e selezionano vari significati della base verbale di partenza; vd. infra (cap.9,
par.1.2) per il rapporto tra -σχετος, -εχής e -οχος.
82 Cfr. anche l’avverbio omerico ἄµοτον ‘insaziabilmente, incessantemente’, da Beekes ricondotto alla radice *meh
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‘get tired’ (vd. Beekes s.v.); da questo avverbio viene ricavato in età ellenistica l’aggettivo ἄµοτος ‘violento, furioso’. Chantraine invece lo ritiene derivato dalla stessa radice (*men) di µέµονα (DELG s.v), come Forssman 1986.
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- il composto ἄτλητος, passivo ‘insopportabile’ nell’Iliade (9.3, 19.367, ma anche in Hdt., Pi. e nei tragici (in Eschilo, Ag.408 ha il significato di ‘che non deve essere osato’), ma attivo in AP9.321 (si tratta dunque di un uso posteriore) e in un passo di Eliano (NA16.28, come avverbio); al tempo stesso, va segnalato che il verbo ἀτλητέω ‘non sopportare, essere impaziente’ è attestato dal V a.C. (S.OT515);
- πολύτλητος (Od.11.38) ha invece solo il significato intransitivo ‘che sopporta (o ha sopportato) molto’ (trasl. ‘miserabile’).
Un significato sia attivo sia potenziale è invece possibile per ἐπιεικτός (< εἴκω ‘cedere, ritirarsi’)84 che, sempre preceduto in Omero dalla negazione οὐκ, significa ‘che non cede’ (e quindi ‘indomabile’, p.es. Il.8.32, Od.19.493), ma anche ‘(non) ammissibile, appropriato, conveniente’ (Od.8.307, Luc.Astr.15)85.
Problematica dal punto di vista etimologico è invece la forma ἄλαστος, attestata sia nei poemi omerici (Il.24.105, Od.4.108) sia in Esiodo (Th.467). Il significato sembra infatti oscillare tra ‘che non dimentica o non può essere dimenticato’ (con la consueta ambivalenza tra attivo e passivo) e ‘insopportabile’ (riferito p.es. a πένθος); inoltre, questa forma viene usata come epiteto di Ettore in
Il.22.261 (LSJ ‘thou whom I will never forget nor forgive!’) e dal V a.C. ricorre nel significato di
‘esecrabile, maledetto’ (p.es. S.OC1482)86.
All’ambito semantico dell’onore sono invece riconducibili due sole forme, ἀτίµητος (< τιµάω ‘onorare’)87 ‘non onorato, disprezzato’ (poi anche ‘non valutato, non stimato; senza prezzo’), attestato in Il.9.648, e ἀγέραστος ‘non onorato con doni, privo di ricompensa’ (Il.1.119, Hes.Th.395), che forse però è da considerare un possessivo da γέρας (così Lazzeroni e Frisk)88.
Sebbene gli sviluppi semantici l’abbiano allontanata dal valore primario della radice da cui deriva, si può ricordare all’interno di questo gruppo αὐτόµατος, dalla radice *men- ‘pensare’ (cfr. µέµονα, µαίνοµαι), lett. ‘che agisce di proprio impulso’, ‘che si muove da sé’ (in seguito anche ‘spontaneo, naturale’), che ricorre da Omero in poi e ha come referente il soggetto sintattico del verbo89.