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ETÀ ARCAICA (VIII-VI a.C.)

Capitolo 3 Composti in τος attestati in età arcaica 0 Introduzione

3. Verba dicend

Una categoria ben più numerosa nell’epica arcaica è invece rappresentata dagli aggettivi in -τος ricavati da verba dicendi, all’interno dei quali è possibile individuare varie sottoclassi. Si tratta infatti di una categoria complessa99, poiché i verbi che a essa appartengono manifestano, a seconda dell’uso, differenti caratteristiche sia sintattiche (il numero dei participanti all’evento ‒ e dunque degli argomenti del verbo ‒ è variabile: può essere presente solo chi parla, chi parla e ciò che viene detto, eventualmente anche la persona a cui si parla) sia semantiche (p.es. azionalità: l’azione può essere telica, p.es. ‘dire una cosa’, o meno, p.es. ‘parlare’, che indica un’attività).

3.1 Verbi con significato generico

a. φηµί ‘dire, pensare’100. Gli aggettivi in -τος derivati da questo verbo costituiscono un gruppo abbastanza numeroso; il significato è sempre quello passivo di ‘detto, pronunciato’ o passivo- potenziale di ‘esprimibile’ (con eventuale attenuazione del valore verbale, come nella forma semplice φατός in Hes.Op.3, dove ha il valore di ‘famoso’), per cui il referente è rappresentato da ciò che è (o non è) oggetto del discorso.

I composti di più antica attestazione sono la coppia antonimica θέσφατος-ἀθέσφατος, che, a partire dal significato letterale (passivo) di ‘pronunciato (deciso)101/non pronunciato dal dio, inesprimibile’ (p.es. θέσφατος in Il.8.477, Od.4.561, ἀθέσφατος in Il.3.4, Od.7.273) sviluppano presto il valore traslato di ‘straordinario, meraviglioso’ (p.es. Od.7.143). Il PM è dunque costituito da un sostantivo in funzione di Agente, che viene ulteriormente prefissato nel caso di ἀθέσφατος102.

Un PM costituito da una forma avverbiale si trova in un altro composto attestato in Omero, sempre di significato passivo, παλαίφατος ‘(pre)detto in tempo antico’ (p.es. Od.9.507, anche ‘di antica fama, leggendario’), mentre uno hapax in Hymn.Herm.443 è invece νεήφατος ‘rivelato da poco’ (νεήϕατον ὄσσαν ἀκούω), sempre passivo e con PM aggettivale.

Passive o passivo-potenziali sono anche le due forme attestate in Esiodo, φατός ‘dicibile’ (Sc.230, con il valore di ‘famoso’ in Op.3) e ἄφατος ‘non detto, senza nome’ (Op.3 ἄϕατοί τε ϕατοί τε)103, per la quale è possibile anche il valore potenziale ‘che non può essere detto’.

b. Alla radice del verbo ἐννέπω ‘dire’ (*sekw-) è riconducibile soltanto il composto con alpha privativo ἄσπετος ‘inesprimibile’104 (p.es. Il.8.558, Od.5.101) e, per traslato, ‘immenso, infinito’ (p.es. Od.4.75)105. Si tratta di una forma poetica con significato potenziale, adoperata come epiteto di oggetti ed entità di varia natura (αἰθήρ, ἀλκή, ὕλη, κῦδος, κτλ).

99 Per questo motivo, nonostante i punti di contatto con i verbi che indicano attività mentali, si è scelto di trattarli

separatamente; per esempio, Givón 1990, p.41 raggruppa assieme perception-cognition-utterance verbs (p.es. see,

know, think, say). George 2005, p.114 invece sottolinea la vicinanza dei verbs of speaking ai verbs of giving, in quanto

comportano il trasferimento (anche se non materiale) di un’idea.

100 Sul legame tra verba dicendi e verbi indicanti processi mentali vd. Rose 2014, p.469: “verbs of speaking regularly

develop from roots referring to mental processes”.

101 θέσφατος sostantivato vale ‘decreti divini, oracoli’ (n.pl.). Beekes “what has not been decided by God, i.e. what does

not fit a given order”; al PM si trova la forma *θεσ- < dhh

1s-, ovvero θεός prima della tematizzazione. Forse alpha in

ἀθέσφατος non è da intendere come privativo ma pleonastico.

102 Per questa coppia vd. anche Moreschini Quattordio 1973b, pp.201-2. Mentre θέσφατος ricorre non solo in Omero,

ma anche nei lirici e nei tragici, ἀθέσφατος è limitato invece alla lingua epica (Omero ed Esiodo). La studiosa nota inoltre che in θέσφατος “il valore etimologico è perfettamente conservato”; ἀθέσφατος in alcuni passi (p.es. Κ 5-6, λ 373) conserva il valore etimologico originario “che neppure un dio potrebbe esprimere”, mentre in altri luoghi omerici e in Esiodo “il composto ha subito un’usura semantica che ne ha offuscato il significato preciso: ciò che è «indicibile persino a un dio» può ben essere di volta in volta a seconda che lo richieda il contesto «immenso, copioso, innumerevole, interminabile»” (p.202).

103 Cfr. ἀφατέω dub.sens. in IG V, 1 209.34.

104 Questa forma presenta il grado zero della radice, come l’aoristo e, inoltre, contiene la variante -ετο- del suffisso,

impiegata in particolar modo all’interno dei composti negativi, e costituisce pertanto “a typical example of the original type” (< *n̥-skw-eto-s, con grado zero della radice); vd. Probert 2006, p.175. Nelle epoche successive, tranne alcune rare occorrenze in prosa, esso conserva il proprio carattere poetico.

105 Vd. Moreschini Quattordio 1973b, p.203; questo aggettivo ha subito in modo analogo ad ἀθέσφατος un

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c. -(ρ)ρητος (ἐρῶ) Nell’epica arcaica sono presenti tre composti ricavati da questa radice: la forma semplice ῥητός ‘pronunciato, stabilito’ (p.es. in Il.21.445), ma anche ‘di cui si parla = famoso’ in Esiodo (Op.4), ampiamente documentata anche nelle epoche successive, dove si arricchisce di un significato potenziale (‘che può essere pronunciato’, per esempio in Platone) e di varie accezioni ‘tecniche’ (p.es. ‘di uso comune’ nel linguaggio in Apollonio Discolo; ‘razionale’ in matematica); la forma con alpha privativum ἄρρητος, in Od.14.466 e in Hes.Op.4 ‘non pronunciato, di cui non si parla’, dal V a.C. anche con valore potenziale (‘che non può essere pronunciato o divulgato; inesprimibile’); infine, la forma con preverbio παράρρητος, attestata nell’Iliade sia con valore passivo ‘che può essere persuaso’ (9.526 παράρρητοί τ’ἐπέεσσι “disponibili alle parole” GI) sia attivo ‘che persuade’ (13.726 ῞Εκτορ ἀµήχανός ἐσσι παραρρητοῖσι πιθέσθαι “Ettore, tu sei impossibile da persuadere con le parole”). La doppia diatesi di questo composto fa sì che nell’accezione attiva esso si riferisca a chi si parla, in quella attiva a ciò che viene detto (che ha però il ruolo ‘attivo’ di persuadere).

d. -φραστος < φράζω Non direttamente nei due poemi omerici ma in Hymn.Herm.80 e 353106 è attestato il composto con alpha privativum ἄφραστος, nella doppia accezione rispettivamente di ‘inesprimibile’ (che presuppone φράζω = ‘dire’) e di ‘non percepito, non visto’ (corrispondente al medio-passivo φράζοµαι ‘pensare, meditare’)107; negli aggettivi composti postomerici è quest’accezione a prevalere. Al di là di questa differenza, che non ha ripercussioni sul piano della diatesi, dall’età ellenistica è attestato per ἄφραστος anche il significato attivo ‘che non dà segni’, in Nicandro e, in seguito, Nonno di Panopoli (D.9.134, 22.82).

3.2 Verba appellandi

Dai due verba appellandi108 ὀνοµάζω e καλέω ‘chiamare’ derivano invece tre forme omeriche. Ὀνοµαστός (‘che può o che deve essere chiamato, evocato’) è attestato nell’Odissea (p.es. in 19.260, sempre nella formula Κακοΐλιον οὐκ ὀνοµαστήν “Ilio esecrata, innominabile!”) e in Esiodo (Th.148 οὐκ ὀνοµαστοί ‘che non devono essere nominati’); dal V a.C. e in un verso di Teognide (v.23) è attestato il significato ‘famoso’, con indebolimento del valore verbale.

Passiva (con una forte connessione con il verbo) è la forma semplice κλητός ‘chiamato, scelto’109 sia nell’Iliade (9.165 ἀλλ’ἄγετε κλητοὺς ὀτρύνοµεν “mandiamo messi scelti”) sia nell’Odissea (17.386 οὗτοι γὰρ κλητοί γε βροτῶν ἐπ’ἀπείρονα γαῖαν “questi sono cercati fra gli uomini sulla terra infinita”). Nell’Iliade è presente poi la forma con PM aggettivale πολύκλητος, che occorre in due passi nel significato di ‘chiamato da molte terre’ (4.438 πολύκλητοι δ’ἔσαν ἄνδρες “erano genti diverse”; 10.420-1 ἀτὰρ αὖτε πολύκλητοι ἐπίκουροι/εὕδουσι “invece i gloriosi alleati/dormono”)110.

3.3 Ambito della gloria

Un gruppo particolare è poi costituito dai verbi attinenti alla sfera semantica (particolarmente importante nell’epica) della gloria; il significato è in questo caso quello di ‘essere famoso’ (stato), tranne che per i derivati di πυνθάνοµαι (vd. infra), dove l’essere famoso o meno si configura come risultato dell’‘essere udito, essere oggetto di un discorso’.

La forma isolata ἀριδείκετος ricorre ampiamente in Omero ed Esiodo; ha come PM il prefisso ἀρι- ‘molto’, mentre il SM è connesso alla radice di δείκνυµι e il significato nel complesso è quello

mentre a p.205 la studiosa parla per entrambi di “generalizzazione di significato”. Su ἀθέσφατος-ἄσπετος e sul valore dell’elemento θεσ- vd. anche Durante 1971, pp.102-4.

106 Sulla dizione di quest’inno vd. Cassola, p.173.

107 Vd. Allan 2002, n.158 p.169: “φράζοµαι is not a true perception verb since it more often denotes purely cognitive

activities”.

108 καλέω può però essere accostato ai verbi che esprimono un ordine o una richiesta.

109 Vd. anche Napoli 2000, p.251: in quanto derivato da un verbo non-telico, κλειτός (ma anche λωβητός ‘disprezzato’,

ἀτίµητος ‘non onorato’) non ha un valore risultativo.

110 Amman 1956, p.21 classifica κλητός e κριτός nell’ambito delle espressioni che appartengono al terreno del diritto e

della comunità; entrambi indicano infatti delle persone selezionate ufficialmente all’interno di un gruppo per determinati scopi (il valore di ‘famoso’ sarebbe uno sviluppo posteriore).

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di ‘famoso’ (perché ‘molto indicato/mostrato’111). Sempre da δείκνυµι, ma con significato diverso, deriva la forma οὐρανόδεικτος, tradotta ‘che si mostra nel cielo’, (anche se un’interpretazione passiva ‘mostrata/rivelata dal cielo’ non può essere esclusa), attestata nell’Inno omerico a Selene (Hymn.32.3)112.

Al verbo κλύω ‘ascoltare, comprendere’ ma anche ‘aver fama’ (derivante dal fatto di essere oggetto di ascolto)113 sono invece da ricondurre gli AV in -κλυτός114, -κλειτός (spesso ricorrenti

come vv.ll.), che selezionano questa seconda accezione e presentano quindi il significato di ‘famoso’ (con attenuazione della componente verbale). Le due forme assunte dal SM corispondono a due gradi distinti della radice IE *kleu- ‘ascoltare’: κλυτός viene dal grado zero (cfr. skt. śrutá-, lat. in-clutus), mentre -κλειτός rappresenta l’evoluzione della forma costruita sul grado pieno *κλεϝετός (< *kleṷ-e-tós)115. Κλυτο- è presente anche come PM in composti quali κλυτότοξος ‘con un arco famoso’ e κλυτοπώλος ‘con i cavalli famosi’116.

Oltre che come forme semplici, κλυτός e κλειτός ricorrono anche come SM di composti con PM sostantivale (δουρι-, ναυσι-, ὀνοµάκλυτος117 ‘famoso per la lancia/le navi/ il nome’, l’ultimo anche ‘dal nome famoso’), costituito da prefisso (ἀγακλυτός, -κλειτός ‘molto illustre’) o da avverbio (τηλεκλυτός, -κλειτός ‘di lunga fama’) e da preverbio (περικλυτός ‘famoso; nobile, eccellente’ e πρόκλυτος ‘udito in passato’)118. Il valore oscilla dunque tra un passivo vero e proprio (‘udito’) e uno stato (‘essere famoso’)119.

Per gli AV in cui compare un PM sostantivale, in particolare δουρι- e ναυσι-, si può ipotizzare un’origine come univerbazioni, come mostra la presenza della desinenza di dativo120. La maggior parte di queste forme sono attestate in entrambi i poemi omerici, con l’eccezione di ναυσίκλυτος, - κλειτος (solo nell’Odissea) e πρόκλυτος (solo in Il.20.204 πρόκλυτ’ἀκούοντες ἔπεα “udendo i racconti famosi”)121.

Sempre afferenti all’ambito semantico della fama/gloria (connessa all’ascolto) sono i due composti in -πυστος (< πυνθάνοµαι)122 attestati nell’Odissea, ἄπυστος ‘non udito, di cui non si ha

111 Vd. Moreschini-Quattordio 1973a, p.188: “questo aggettivo è sempre utilizato in sintagmi di valore attributivo”. 112 Probabilmente, come rilevato da Cassola, questo inno ha forse una datazione più tarda.

113 Il verbo κλύω significa propriamente ‘udire’: si è scelto però includere in questo punto la trattazione dei composti in

perché nel SM -κλυτος il significato ‘udito’ ha ceduto il posto a quello di ‘famoso’.

114 Cfr. i possessivi sigmatici in -κλεής.

115 Vd. Beekes s.v. κλύω e Probert 2006, p.175 (impiego della forma estesa del suffisso -ετο- applicata al tema del

presente, caratterizzata dal grado pieno della radice).

116 Si tratta dunque di bahuvrihi (tesi sostenuta tra gli altri anche da Risch 1974, p.183). Vd. Durante 1976, p.103:

“L’impiego del participio *kluto- come primo o secondo membro di composti è comune a epiteti e nomi personali”. Cfr. Dubois 2000, p.50, il quale, riprendendo un’osservazione di Meillet 1929, osserva che “the το-adjectives of Greek appears as first member of compounds only when the verbal adjective has become a simple adjective (as in κλυτότοξος, λεπτόλογος)”.

117 δουρι-, ναυσι- sono attestati come PM per entrambe le forme di SM, ὄνοµα solo con -κλυτος.

118 Su περικλυτός vd. Bologna 1980, p.179: “la funzione epitetica dell’aggettivo è indicata chiaramente dalla

banalizzazione semantica che esso subisce nelle diverse combinazioni; tra queste pare storicamente motivata quella con ἀοιδός, nella quale l’epiteto antico rimanda ad una determinata concezione della natura e delle funzioni dell’aedo. Motivato contestualmente è solo l’uso di Σ 326, se si intende περικλυτόν riferito a ὑιόν”.

119 Probert 2006, p.174 considera -κλυτος intransitivo.

120 Lo stesso vale per ὄνοµα (accusativo di relazione); in entrambi i casi (dativo e accusativo) si tratta di complementi

che restringono la sfera cui si applica l’aggettivo (vd. anche infra, par.12.5.2). Secondo Tribulato 2007, p.542 ὀνοµάκλυτος (così come πόδαργος, στόµαργος, κορυθαίολος) può aver avuto origine dall’univerbazione di un sintagma contenente un accusativo di relazione (ὄνοµα) e un aggettivo (κλυτός), ‘famoso per il nome/nel nome’; questo composto però viene a essere interpretato come un bahuvrihi ‘dal nome famoso’. Una posizione analoga è sostenuta anche in Tribulato 2006 (vd. in particolare p.166 e p.168).

Sul rapporto tra i composti con PM κλυτο- o SM -κλυτός vd. Stefanelli 1997, pp.256-7 (sulla questione dell’ordine determinante-determinato all’interno dei composti).

121 Durante 1976, p.95 considera ὀνοµάκλυτος, τηλέκλυτος importanti ‘isoglosse poetiche’, cfr. náma śrútyam VIII, 46,

14 (Rigveda) e toc.A ñom-klyu ‘fama’, B ñem-kälywats ‘illustre’ per il primo, ved. dīrghaśrút per il secondo.

122 Cfr. -πευστος e -π(ε)υθής. A rigore, πυνθἀνοµαι ‘chiedere per sapere’, andrebbe classificato tra i verba petendi; si è

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notizia’ e ἀνάπυστος ‘ben conosciuto, noto’. La forma ἄπυστος è utilizzata non solo con valore passivo (riferita dunque a ciò che è oggetto del sentire, come in Od.1.242123) ma anche attivo (‘che non sente, che non conosce’, sempre nell’Odissea (5.127, 4.675), con uno spostamento del referente dall’oggetto della conoscenza al soggetto dello ‘sentire/apprendere’. Nel primo passo il significato passivo è forse reso chiaro dall’accostamento con ἄϊστος, mentre il valore attivo negli altri due passi è indicato dalla reggenza (4.675 ἄπυστος µύθων non era ‘all’oscuro delle parole’, detto di Penelope: genitivo oggettivo) o dal contesto (Zeus che non è all’oscuro di quanto accade)124.

3.4 Emotive speech act

Un ulteriore gruppo è costituito dai verbi indicanti emotive speech act, che includono da un lato verbi di biasimo o approvazione, dall’altro verbi di pianto, lamento, etc.: come osservato da R. Allan, tali verbi implicano “a strong emotional ‒ or at least mental ‒ involvement on the part of the speaker”, per cui il loro soggetto “can be assigned the semantic role of experiencer”125. Il grado di transitività non è dunque elevato, in quanto, anche nei casi in cui sia presente un secondo partecipante, quest’ultimo è solo parzialmente affected dall’azione e non subisce un mutamento di stato126.

3.4.1 Biasimo

Vi sono tre forme riconducibili a verbi che esprimono biasimo (µωµάοµαι, ὄνοµαι), tutte di significato passivo: ἐπιµώµητος ‘che deve essere biasimato’ (Hes.Op.13), ὀνοστός ‘spregevole’ (Il. 9.164)127 e ἀµώµητος ‘non biasimato, irreprensibile, privo di errori’ (Il.12.109).

3.4.2 Piangere, lamentarsi

I quattro composti omerici derivati da κλαίω e δακρύω ‘piangere, lamentarsi’ esemplificano bene l’originaria indifferenza alla diatesi degli aggettivi in -τος, in quanto presentano tanto valore attivo (‘che piange’) quanto passivo (‘pianto’), a seconda che si riferiscano a ciò che è oggetto del pianto/lamento o al soggetto dell’azione (fortemente coinvolto in essa); questi verbi, inoltre, presentano punti di contatto con i verba affectuum e i verbi che indicano un processo corporeo128.

Da κλαίω derivano due forme: ἄκλαυστος129 ‘non pianto’ (Il.22.386, Od.11.54, in coppia con ἄθαπτος ‘non sepolto’, in riferimento agli onori funebri) e ‘che non piange’; il valore attivo è presente nell’Od. (4.493-4 οὐδέ σέ ϕηµι/δὴν ἄκλαυτον ἔσεσθαι “ti dico che non resterai senza pianto”) e ricorre poi nei tragici (LSJ porta come esempi A.Th.696, E.Alc.173, S.El.912). Il secondo composto, πολύκλαυτος, è attestato in Hom.Epigr.3.5 con valore passivo di ‘molto lamentato’, con il quale ricorre anche nei tragici e nell’AP; il significato attivo ‘che si lamenta molto, che causa molto lamento’ è attestato invece in Empedocle e, in seguito, in Mosco e Quinto Smirneo130.

Accomunati ai derivati di κλαίω dai PM (alpha privativum e πολυ-, tra i più frequenti PM omerici) sono i due composti riconducibili a δακρύω: ἀδάκρυτος che in Omero ha solo il significato attivo ‘che non piange’ (Il.1.415, Od.24.61), e il passivo πολυδάκρυτος ‘pianto molto’ (Il.24.620; passivo è anche πολυδάκρυς)131, con una sfumatura deonticanell’Odissea (19.213, ‘che va pianto’, anche in A.Th.1040, Ch.333). Entrambi i composti sono però attestati anche nel valore

123 Significato potenziale ‘non udibile’ in S.OC489.

124 Nei commenti però è glossato generalmente come ἀνήκουστος. 125 Allan 2002, p.78.

126 Azione che non ha carattere ‘concreto’. Vd. anche George 2005, p.211: “verbs of threatening, blaming, persuading:

verbs of speaking in which tries to affect the emotional state of the listener”.

127 A queste forme può essere aggiunto ὀνοταστός (< ὀνοτάζω ‘biasimare, ingiuriare’), congettura in Hymn.Aphr.254

(edizione di Allen).

128 In entrambe le categorie il soggetto è profondamente coinvolto dall’azione/processo. 129 Anche con la v.l. -κλαυτος, accolta nel TLG; GI scrive ἄκλαυ(σ)τος.

130 Questo AV è piuttosto frequente anche nelle iscrizioni.

131 Lühr 2004a analizza questo composto come un bahuvrihi dotato del suffisso aggettivale -τος (p.169); vengono

analizzati come bahuvrihi anche ἀπύρωτος, ἀγέραστος, ἀχάριστος, ἄπρηκτος, ἀκήρατος, ἀτάρβητος (p.176). Secondo Tucker 1990, p.32 l’origine di ἀδάκρυτος è denominativa (< δάκρυ).

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opposto a partire dal V a.C., cosicché ἀδάκρυτος significa ‘non pianto’ in S.Ant.881132 (τὸν δ’ἐµὸν πότµον ἀδάκρυτον οὐ-/δεὶς ϕίλων στενάζει “e la morte mia illacrimata nessuno dei miei cari lamenta” Cantarella), mentre πολυδάκρυτος ‘che piange molto’ in E.Hec.651 (Λάκαινα πολυδάκρυτος ἐν δόµοις κόρα “gemono figlie di Sparta in casa fra le lacrime” Pontani)133. Questi esempi dimostrano come la mancanza di un orientamento inerente sia un fenomeno che, in particolar modo in alcune categorie di verbi, prosegue nel tempo.

3.5 Verbi che significano chiedere, supplicare (verba petendi)

In Omero sono attestati vari aggettivi in -τος derivati da verbi che esprimono una richiesta, un desiderio, una supplica; la Struttura Argomentale di tali verbi può richiedere fino a tre argomenti (chi chiede/oggetto della richiesta/persona a cui viene rivolta la richiesta). In Omero il significato delle forme appartenenti a questo gruppo è passivo (eventuali casi di attivo sono sviluppi successivi) e il loro referente può essere rappresentato sia dalla persona cui è indirizzata la richiesta sia dall’oggetto richiesto; l’intepretazione attiva invece implica l’orientamento dell’aggettivo verso il proponente della richiesta.

a. Da ἀράοµαι ‘pregare, invocare; maledire’ derivano la forma semplice ἀρητός ‘maledetto’, riferito a γόος in Il.17.37134 (in Saffo, Supp.6.3 ha il significato apposto di ‘desiderato, invocato’) e il composto con PM aggettivale πολυάρητος (-αρατος), presente nell’Odissea (p.es. 6.280, oltre che in Hymn.Dem.220) con il significato di ‘molto desiderato, molto invocato’ (‘maledetto’ solo in epoca posteriore). Entrambi gli AV sono passivi e orientati verso la cosa o la persona oggetto dell’azione espressa dal verbo ἀράοµαι.

b. εὔχοµαι: la forma semplice εὐκτός ‘desiderato, pregato, augurato’ ricorre in Il.14.98, dove sembra assumere un significato quasi equivalente a un participio passivo (‘cose desiderate dai Troiani’ Τρωσὶ µὲν εὐκτὰ γένηται “si realizzino i voti dei Troiani”135), mentre il valore potenziale ‘augurabile, desiderabile’ è posteriore (vd. p.es. E.Ion.642, Isoc.12.243). Dalla stessa base deriva anche il SM -ευχετος, che compare nel composto πολυεύχετος ‘molto invocato, molto desiderato’ in

Hymn.Dem.165 (riferito a persona, ὀψίγονος)136.

c. Da λίσσοµαι, λίτοµαι derivano composti con SM -λιτος o -λι(σ)τος, i passivi τρίλλιστος ‘invocato tre volte (i.e. spesso)’ in Il.8.488 e πολύλλι(σ)τος ‘invocato con molte preghiere’ (Od.5.445, Hymn.Dem.28 e Ap.347)137; λιστός ‘che si piega alle preghiere’ è presente come v.l. di στρεπτός Il.9.497 in Pl.R.364d.

d. Da θέσσασθαι deriva solo l’aggettivo composto con preverbio ἀπόθεστος ‘disprezzato, non preso in considerazione’ (detto del cane Argo in Od.9.296).

Nell’epica arcaica, dunque, gli aggettivi derivati da verba petendi hanno in genere significato passivo e, a seconda del caso, qualificano o ciò che viene chiesto/invocato o l’entità cui viene rivolta la richiesta.